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martedì 26 maggio 2009

French Open - Giorno 3 - Il Mago rinvia il tramonto




Era la giornata della terza testa di serie, e degli idoli di casa. La pioggia fastidiosa caduta sui campi del Roland Garros, rallenta il programma. Novak Djokovic atteso con curiosità, dopo le tre avvilenti sconfitte in finale, e l'inattesa truculenta battaglia in semi a Madrid, con Nadal. L'esordio, se non significativo, può sempre dare delle indicazioni importanti. Ad un Nadal arruginito ed un Federer sciolto quasi come i tempi della dinastia sanguinaria, si appaia un Djokovic sereno. Il che potrebbe sembrare un paradosso voluto, vista l'indole invasata del serbo. Nole non ha avuto problemi a sbarazzarsi in tre facili set del vecchio lupo dei campi, l'equadoregno Nicolas Lapentti, che oramai rema tristemente attorno al cento. Il bel tenebroso calante, uno con una fugida carriera da sciupafemmine, ed una parallela (onorevole) carriera sui campi alle spalle, si arrende per problemi fisici a metà del secondo set, prima di una prevedibilissima brutalizzazione tre set a zero. Soddisfazione che invece riesce a prendersi l'ipotetico avversario del serbo nei quarti, Del Potro, che tritura il modesto servizio-voleé dell'esperto doppista francese Llodra. “L'orrid'uomo” di casa Monfils, con la sua andatura sgraziata e la proverbiale canotta, si mette tre metri dietro la linea di fondo e comincia la sua scoordinata danza da mufluone in calore. Tramortito dallo scempio anche Bobby Reynolds, che decide di rimanere in campo il meno possibile. L'illusione che Gael e i suoi tanti petardi scoppiati in testa potesse dare forfait, non solo è fallita, ma è parso pure in discrete condizioni. Continuerà ad ammazzare tennis al Roland Garros, per almeno un altro incontro. Peccato solo che l'insensibile federazione internazionale continui ad osteggiarlo, non volendo allungare le vie di fuga del fondo campo. Stando 20-25 metri fuori dalla riga, potrebbe dire la sua per la vittoria finale, ed allietarci ancora di più. Nel tardo pomeriggio, bel match al cloroformio di Seppi col terricolo spagnolo Garcia Loperz. Ammetto di non aver avuto il coraggio di vedere nemmeno uno scambio. Ma non è che ci voglia tutta questa fervida immaginazione. La mozzarella altoatesina scorre via liscia, col suo bel tennis al lexotan. (così mi pare di capire a sentire i risultati che il commentatore snocciola). Poi mi sono fatto una birra ed ho pensato che il mondo è bello, comunque. L'arrotatore iberico smarrito da tanta tremebonda semplicità, avrà ceduto di schianto 6-3 6-3 6-1. Semplice ed indolore (per chi non ha visto).
In contemporanea allo scempio italico (per una volta almeno vincente), andava in onda lo spettacolo Jo-Wilfred Tsonga, quasi esordiente sui campi Parigini. Lo spendido pugilatore-tennista, veniva da una stagione terricola preoccupante, e nemmeno il computer gli aveva dato una grossa mano. Si poteva trovare un avversario più morbido del connazionale Benneteau, uno che nell'anno di grazia (per lui) 2006 fu capace di issarsi fino ai quarti, in singolo ed in doppio, e che le ultime vicende (vedasi finale a Vienna), davano in un momentio di forma ottimo. Avversario infinitamente meno dotato, ma ben più avvezzo di Jo alle infide paludi in terra rossa. Tsonga pare divertirsi (lo dichiara lui stesso), vince il primo in tre quarti d'ora. Poi comincia ad imbrigliarsi, un gigante che annaspa nel mare rosso, alterna stilettate di dritto al fulmicotone, a marchiani orrori. I risultati prodotti dai suoi fondamentali poderosi sono infinitamente meno efficaci, rallentati e resi meno letali dalla lentezza dei campi argillosi. Perde il secondo 3-6. L'altro svolge con abnegazione il suo mestiere da giocatore medio. A tratti sembra di vedere un purosangue correre il miglio con un ronzino macilento, e la cosa incredibile è che il purosangue a tratti pare sprofondare impotente, mentre il ronzino sgambetta garrulo ed tronfio della sua sghemba bruttezza. Poi Jo Tsonga ri prende coraggio, entra nel vivo del suo show. Il servizio prende a funzionare con costanza, i suoi colpi camminano a velocità tripla di quelli dell'avversario. In fondo è semplice lo schema. Bordata di servizio, dritto incrociato a sbattere benneteau fuori dal campo, ed altro dirittone anomalo (con tanto di salto acrobatico) a chiudere il punto. Al limite, una voleé a chidere il punto. Break e secondo set portato a casa. Il pubblico è chiaramente tutto dalla sua parte, mai visto uno squilibrio tale di tifo dai tempi di Noah-Leconte (era un'altra storia). Non ci vuole molto a Jo Tsonga, per portare con se anche gli altri due dalla parte di Benneteau. Ancora dritti al fulmicotone, smash acrobatici, esultanze da psicotico in piena trance, ed un fantastico dritto passato sotto le gambe nel recuperare un lob, che riporta agli occhi dei francesi Noah, e per poco non fa venire giù il Philippe Chatrier. 6-4 al quarto, prima vittoria al Roland Garros e lo young man (come lo chiama Supermac nella cronaca che ho seguito) al secondo troverà Monaco, avversario adatto per saggiarne le reali ambizioni. Oggi l'argentino ha schiantato l'ex uomo delle nevi cipriota Baghtadis, in tre rapidi set.
Streaming ballerino che mi costringe a passare ad una tv argentina. Nella pomposa giornata francese, dove mancava solo una solenne targa commemorativa a Monsieur Schovin, un ruolo importante è toccato alla (quasi) celebrazione alla carriera di Fabrice Santoro, che da queste parti ha giocato 20 tornei. Il piccolo mago francese, negli anni ha saputo farmi ricredere, reinventandosi un tennis assai divertente. E pazienza se il viale del tramonto renda (quasi) tutti più bravi, simpatici, alti e biondi. La realtà è che Fabrice gioca ancora un tennis rispettabilissimo, pur limitandosi a regalare le ultime proverbiali smorzate e magheggi tennistici soprattutto in tornmei minori. Evidentemente si diverte ancora, e riesce a veleggiare senza difficoltà tra i primi cinquanta. Ogni anno qui al Roland Garros sembra l'ultimo. Il gratuitamente crudele 6-0 6-1 6-0 subito da Ferrer lo scorso anno, sembrava aver messo la parola fine tra lui e Parigi, in modo triste. Ed invece eccolo qui, sul Suzanne Langlen, che sgambetta vispo e baldanzoso. Il computers pareva essersi divertito nel mettergli contro un altro attempato pocket-player del circuito, il belga C.Rochus. Stilettate, smorzate e trucchetti da vecchia volpe opposti a palle morte, anticipi ed angoli della piccola formica bionda. Il vero problema è che i magheggi sembrano completamente annullati, letti ed avviliti dal formichiere belga. Altra volpe gnoma. 6-3 6-1, ed i pubblico incredulo che chiede al maghetto un altro sforzo. Il telecronista argentino (tale Javier Frana, buon doppista degli anni 90) ci crede. “Magari questa situazione gli piace, il recupero impossibile...chi lo sa.”. Ed in effetti, Fabrice si squote, vince il terzo. Ora sembra un buffo “tricotage” tennistico invece che una partita. Il mago va subito sotto di un break nel quarto, 5-2 pesante e Rochus serve per il match. Quando sembrava tutto perso e si attendeva solo l'uscita di scena dell'eroe tascabile col buio che calava lento sugli spalti, ad annunciare il tramonto del sole, come un bizzarro connubio divino, ecco l'ennesima magia. Due stilettate quadrumani e servizio strappato a zero. Match in sospeso e pubblico in delirio. Domani riprenderà da 3-5 nel quarto, sotto pure di due set a uno. Il tramonto può attendere.
Altri match semi vintage nei campi del Roland Garros. Il trentunenne Haas, tramortisce il fantasma di Pavel, Giquel rifila una bel 6-0 6-0 iniziale al biondo falegname Shuettler. E chiude 6-4 al terzo. Nota di merito per l'altro rumeno Crivoi. Ma non ditelo al ministro Maroni. Già brillante protagonista a Roma, e qualificatosi per il tabellone principale anche qui a Parigi, con merito. Più che il rudimentale gioco espresso sul campo, val la pena rimarcare la sua storia fatta di infortuni, stenti e tanta volontà, con la quale questo ragazzone rumeno, si sta costruendo una rispettabilissima carriera. Vince il suo primo incontro in uno slam a 27 anni, quando molti comiciano a perdere la voglia. Dieci e lode alla volontà, 5 alla sua mano grezza. Completato il primo turno, senza sorprese da rimarcare. A meno di non voler considerare tale la sconfitta di “culone” Blacke in tre set col semi-carneade argentino Mayer. Nessuna delle prime otto teste di serie perde un set, eccezion fatta per Gilles Simon, che ne lascia per strada due. Curioso come l'unico a destare qualche dubbio sia stato il superfavorito Nadal.
(Tristissimo) capitolo wta. Giornata tenuta a battesimo dalla ex numero uno Jelena Jankovic. E immaginatevi come possa sentirsi uno che si sveglia con uno scempio simile. Delitto del gusto puramente estetico e tecnico. Jelena col suo bel visino equino, passeggia contro la rassegnata Cetkovska. Talmente tranquilla la serba, che ci ragala solo un paio delle sue proverbiali spaccate sfibra muscoli in allungo. Notevole gonnellino rosa pastello della randellatrice incarognita Kuznetsova, che brutalizza un'ignara giovinetta francese, che gli oppone flatulenze mancine, ed ha il pregio di farsi notare per il gonnellino rosso (rosso batte rosa 2-0). Serena Williams, sempre più versione amazzone incerottata in body nero arancio, si complica la vita perdendo il secondo set al tie-break con la scolastica e leggera ceca Zakopalova. Pure lei tutta fuxia, con venature giallo canarino. Ribadisco la mia stima per i marchettari (da marca sportiva, eh) del tennis, oramai alla frutta. Body a parte, Serena chiude 6-3 al terzo, ma appare ferma, pesante e in condizioni pessime. Proprio in exremis, bella vittoria 6-4 al terzo della mancina spagnola Martinez Sanchez, sulla cinese Peng. L'iberica feticista del serve and volley, mi aveva entusiasmato a Roma e va avanti. Magari potrebbe inserirsi nella parte di tabellone di Serena.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.