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mercoledì 3 giugno 2009

French Open - giorno 10 - Fernando Gonzalez, El bombardero De La Reina



Ci voleva davvero qualcosa di ultraterreno per farmi diventare meno antipatica Dinara Safina, adorabile pachiderma che deambula goffo per i campi da tennis, imbraccia la clava e randella ingobbita dritto per dritto. E che qualche bontempone continua a considerare sorella del grande Marat. L'avvenimento straordinario che me l'ha resa un docile cucciolo di mammuth, ha un nome ed un cognome: Victoria Azarenka. Bielorussa, rampante esponente della nouvel vague di disumane amazzoni dell'est, stupratrici di palline e timpani del povero spettatore medio, che rimembra Hana Mandlikova, come un miraggio onanistico. E' bene premettere che appena qualche giorno fa sul centrale del foro italico, assieme a qualche altro sciagurato inconsapevole, (Aspettando il match di Martinez Sanchez) fui testimone diretto di una delle partite più atrocemente incresciose della storia di questo sport: La bielorussa opposta ad un altro donnone estone, Kanepi. Semplicemente tremendo. Sotto un sole a strapiombo, qualcuno invocò l'ausilio della madonna di Fatima e delle sue pasorelle, altri credevano di poter volare e facevano il gesto del gabbiano, con gli occhi sbarrati nel vuoto. I più dritti, per sottrarsi al doloroso scempio ed essere condotti nella più mite prigione di Juantanamo, strillavano di essere membri di una cellula dormiente di Al Queida.
Ebbene, Vittoriona non ha la faccia simpatica, e nemmeno fa niente per volerlo sembrare. Già qualche giorno fa, è uscita sommersa dai fischi assordanti del pubblico parigino, dopo un disgustoso teatrino (complice l'ancor più esagitata madre), fatto di urla isteriche, racchette spaccate, strepitii da fuori di senno. Oggi, in un'assolato meriggio, la bielorussa randella come una fabbra inselvaggita, come colta da qualche raptus mistrioso. Urla, strilla, inveisce contro tutti, pare tarantolata, straparla in preda a monologhi o dialoghi col demonio in persona, sbatte la racchetta come una maschia sguaiata, si becca salve di fischi dal pubblico inorridito, e non fa una piega. Tramortisce il povero mammuth Dinara. La sommerge sotto ogni punto di vista, nel tennis (già, perché pare giochi anche a tennis), e nelle urla disumane. Non c'é proprio storia. Cerco di sostenere Dinarona. Penso che le servirebbe un esorcista di quelli forti di stomaco. Mentalmente le consiglio di variare, così non può andare avanti. Che ne so, controbattere al portentoso rantolo lungolinea vibrato (nenache Nilla Pizzi sgozzata, nell'esecuzione di “papaveri e papere”), con mugolii lungolinea. Provare un rantolo smorzato ogni tanto. Ed in effetti, Dinara ci prova. Insiste con grugniti furenti e gorgheggianti contro le urla echeggianti della bielorussa (di gran lunga il suo punto debole). Dovrei fare l'allenatore. Vince Dinara, quando si dice il male minore.
Contemporaneamente, il salmone svedese Soderling, non ha proprio intenzione di fermarsi. Continua nella sua scintillante veste di alieno spiritato, anche contro Davidenko. Che pure aveva giocato un match di rara perfezione contro Verdasco, l'impalmatore di serbiatte. Allo svedese entra proprio tutto. Incredibile. C'é qualcosa di ultraterreno ed irrazionale nel modo in cui sta giocando. Dopo il match meravigliosamente impossibile giocato con Nadal, altro capolavoro. Devastante. Dritti e rovesci angolati e vincenti nei pressi delle righe. Ingiocabile per tutti. Anche per il Nosferatu di “Kinskiana” memoria, che oggi (malgrado il cappellino copri pelata) sembra dimostrare 85 anni, invece dei suoi 82. Il russo esangue si pianta in mezzo al campo sulla riga, nell'atto di voler sembrare un Agassi rachitico. E quell'altro lo riempie di drittoni e rovesci angolati, sventolati baldanzosamente sulle righe. Bordate che si infrangono sull'inerme mucchietto d'ossa russo. Soderling in semifinale. E non era facile psicologicamente, rimanere concentrato, dopo l'impresa di due giorni fa. Non so se è un fuoco di paglia, e non sarebbe nemmeno la prima volta che la carriera di un giocatore subisce una svolta in età matura, ma quello che era solo un cavallo pazzo ed indisponente, da (al limite) primi venti del mondo, sta giocando da numero uno vero. Prima semifinale in uno slam, raggiunta a 25 anni. Lui che in una trentina di partecipazioni, aveva al massimo raggiunto il terzo turno. Si attendono novità dall'alto.
Maria Sharapova, dopo quattro battaglie vinte all'ultimo strepitio invasato, si arrende miseramente alla slovacca Cibulkova. Questa ragazza slovacca dal bel visino e col fisico compatto, non è niente di straordinario. Ma tanto basta per passare sui resti smembrati di Masha la siberiana. Resti che ogni tanto producono urla riecheggianti di rabbia furente, ma che niente possono. Lenta e fallosissima la russa, e senza la benché minima possibilità di sopperire ad una condizione fisica precaria, con qualcosa di diverso. Non possiede schemi e nemmeno mano, per inventarsi nulla. Solo lamenti assordanti di dolore. E non basta. Cibulkova è ad un passo dal rifilarle una (stra-meritatissima) bicicletta da ricordare a lungo, quando la reginetta reagisce all'onta plebea, annulla un match point, si issa sul 2-5, e nella sua mente comincia persino a progettare una rimonta, altri “c'mon” spocchiosi. Poi quell'altra chiude la pratica. 6-0 6-2. E l'intima (mia) speranza che la pin-up provi qualcosa di diverso ed esclusivo. Le piacevoli (e silenziose) pagine di una rivista patinata, una passerella di moda. Attendiamo fiduciosi.
Momento clou della giornata era il quarto di finale maschile tra Fernando “Mano de piedra” Gonzalez e lo scozzese Murray, numero 3 al mondo e favorito (di chi conosce solo di Badminghton o marcia longa). Ero però curioso di vedere il nuovo Murray da terra, forgiato dall'astutissimo coach Corretja. Come avrebbe reagito lo scozzese in versione Kriskstein (esagerando, Wilander dormiente a 42 anni), contro le graniuolate spaventose del cileno? Ebbene, Andy fa quello che tutti si aspettavano, prova ad evitare il dirittone di Gonzo, gioca una partita tristemente difensiva e suicida. E "mano de piedra", che proprio un pivello non è, gli impartisce una assordante e violenta lezione, di tecnica, cattiveria sportiva e potenza. Gonzalez lavora e lo sposta col rovescio bersagliato insipientemente da Andy, e poi si apre il campo per le sue terrificanti sassate di dritto. 49 vincenti, per gradire. 6-3 3-6 6-0 6-4, e prima semifinale raggiunta a Parigi per “El Bombardero De la Reina”. Murray poteva perdere (ma anche vincere) giocando da Murray, ha deciso di perdere come un Jordi Arrese qualsiasi. Ed ha finito per fare la figura del pollo. Non più grande giocatore da veloce, che (Sodering docet) può vincere anche sul lento, ma aspirante giocatore medio da terra. Ovviamente sconfitto. Amen.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.