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giovedì 4 giugno 2009

French Open - giorno 11 - Federer, giovin signore ridestato alla prova di del Potro



Supermac con una bandana da “vecchio pirata”, in un campo secondario divertiva (ed ovviamente vinceva) un doppio assieme ad altri veterani. Giusto il tempo di godere di qualche sprazzo, di un'immancabile nuova traiettoria che il poeta del tennis offre ancora. Tanto basta avere un po' di nostalgia, tipica del malinconico osservatore di gesta tennistiche. Poi comincia il programma della giornata, che avrebbe allineato le altre semifinali, maschili e femminili.
Cominciano le donne, e stranamente (ma poi nenche tanto), gli organizzatori offrono il centrale alle due sorprese del tabellone femminile, Samantha Stosur e Sorana Cirstea, rumena reduce dalla vittoriosa battaglia con Jelena Jankovic e nuova beniamina del pubblico. Pronostico aperto, in apparenza. L'australiana è giocatrice da anni nel circuito, buona doppista (due slam vinti, tra l'altro), ma mai arrivata a questi livelli in singolo, e sul punto di chiudere la carriera lo scorso anno, per una infezione virale. Bastano pochi scambi per capire che la giovane rumena oggi avrebbe avuto vita difficile. Forse stanca, inconsciamente soddisfatta del torneo straordinario, la ragazzotta col viso impertinente, si trasforma da tigrotto da combattimento, in semplice leprotto sperduto. La Stosur non fa niente di speciale, si limita a proporre il suo gioco d'attacco, prende l'iniziativa, tira di dritto e di rovescio appena possibile. Quello che non era riuscita a fare la pavida serba due giorni fa, perdendosi in lobbate insipienti e spaccate gratuite. L'australiana vince i punti decisivi, porta a casa il primo 6-1 e scappa nel secondo, 4-1 pesante. Alla povera Sorana, malgrado un tentativo di recupero che la porta al 3-4, non resta che remare dal fondo, agitare invano la coda di cavallo. Quasi mai riesce colpire col dritto, ad accelerare col rovescio bimane, che di solito riesce a variare con disinvoltura. Vince la Stosur 6-1 6-3.
Sull'altro campo stanno dandosele di santa ragione la randellatrice incarognita Kuznetsova e Serena “Tyson” Williams. La russa pare più controllata e meno fallosa, porta a casa il primo set al tiebreak e scappa avanti di un break nel secondo. Già nei giorni scorsi avevo azzardato una Serena difficilmente vincitrice. La possente americana mi era parsa più pesante e fallosa del solito. Ma quando meno te lo aspetti, non solo riesce a recuperare il break, ma finisce per vincere il secondo set 7-5. e portasi avanti di un break nel terzo. Le due continuano a suonarsele indifferenti. Per un attimo mi soffermo a pensare cosa mai potrebbe pensare Suzanne Langlen, cui è dedicato lo stadio in cui le due si stanno affrontando come pugilatori (maschi) da saloon. Poi preferisco non pensarci più. Quando Serena sembrava avviata alla semifinale, ecco che qualcosa s'inceppa. Comincia a sbagliare, pare un giovane ippopotamo spaesato. La russa non si fa pregare, prende campo e continua a clavare come un'ossessa. Recupera il break e chiude 7-5 al terzo, dopo quasi tre ore di battaglia che definire cruenta sarebbe riduttivo. Semifinali femminili allineate: Safina-Cibulkova e Kuznetsova-Stosur. Pronostico a senso unico e probabilissima rivincita della finale di Roma, tra le due russe. Si spera (la fede è importante), se non più spettacolare, almeno più combattuta.
Sul centrale andava di scena la rivincita di quella che fu la semifinale dell'anno scorso: Federer-Monfils. Dodici mesi fa, l'elvetico s'impose in quattro set, non senza patemi. Oggi c'era una gran curiosità. Federer ha mostrato il suo tennis meraviglia ad intermittenza, alternandolo a passaggi a vuoto da pianista smemorato, che lo hanno portato ad un centimetro della lama della ghigliottina contro Haas, a mezzo metro contro Acasuso. Nello sgraziato Gael, i francesi (che come noto sono grandi consumatori di vino) riescono a vederci qualcosa di simile a Noah, e pensano possa persino vincere il torneo. Tra me e me, credo la cosa assolutamente irreale, ma in un torneo dove sorprese e quotidiane teste coronate mozzate l'hanno fatta da padrone, non mi sorprenderei più di nulla. Comincio ad osservare l'incontro, e penso che se fosse con me mio figlio (immaginario), gli accarezzzerei la testa, dicendogli: “Guarda figliolo, a ma non interessa se ogni tanto ti concedi uno spinello, ma vedi quello con la maglia celeste? Quello è il tennis. L'altro, il buffo tizio allampanato in canotta gialla invece, è l'esatto oposto, quello che tu non devi mai fare. Promettimelo.”. Il confronto è tremendo, l'elvetico danza leggero sulle punte, accarezzando l'argilla, il dinoccolato coi petardi scoppiettanti in testa, corre da un lato all'altro con l'incedere scoordinato, quasi avesse sotto le scarpe delle molle storte, che lo fanno balzare da una parte all'altra. Lo svizzero vince il primo al tiebrek (annullando anche un set point), poi va via, liscio come l'olio, con Monfils che cala d'intensità. Domina il secondo set per 6-2. Se non è proprio un Roger super de luxe, è sicuramente un de luxe normale, senza picchi, ma anche senza quei cali che lo hanno portato a danzare attorno al baratro nel turno precedente. Gael continua a dannarsi e servire bene per rimanere agganciato, sembra impugnare uno strano arnese, a metà tra la clava e uno scalpello primordiale, invece che una racchetta, mentre l'avversario continua a suonare il suo violino. Sul 4-4 del terzo, l'istantanea che descrive la partita, più di ogni altra parola. “L'orrid'uomo” francese (detto in maniera simpatica, ovvio), è talmente avvilito ed impotente, che prova a tirare seconde di servizio a duecento km/h, segue persino due servizi a rete (nell'intera carriera lo avrà fatto cinque volte), ed ovviamente, con quell'imbarazzante impugnatura cavernicola, le brutalizza, affossandole in rete. Vince il “giovin signore” elvetico, viziato e reso talvolta indolente dal suo sconfinato talento, ed in semifinale se la vedrà con l'argentino Del Potro. La “torre de tendil”, di partita in partita mostra più convinzione. Oggi, coi suoi fondamentali poderosi, e con quel diritto che riesce a variare in modo straordinario, ha letteralmente annichilito, l'onesto rematore iberico Robredo, abbattendosi su di lui come una violenta ondata. Impressionante dimostrazione di forza, con il suo braccio veloce come quello di un pistolero cattivo del far west. Duro come roccia, braccio caldo e veloce, e mente fredda. Devo ammettere che la sua crescita costante mi sta sorprendendo. Roger parte ovviamente favorito nella semifinale, ma non saei così convinto della sua vittoria. Di sicuro Del Potro non regalerà nulla.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.