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lunedì 8 giugno 2009

Roland Garros. Pagelle, vincitori e vinti




Uomini
Federer: 9. Entra nella storia, proprio dove nessuno se lo aspettava. A ben vedere cinque finali consecutive negli ultimi slam, non erano il quadro di un ex-campione alla deriva. Fin troppi scrivani affascinati dall'epopea del campione agonizzante, ci hanno marciato. Ora è chiaro che all'elvetico interessano solo i tornei dello slam. E lì, tre su cinque, riesce sopravvivere ad amnesia improvvise, gli bastano sprazzi intermittenti di una classe sconfinata, per portare a casa partite che sulla breve distanza perderebbe. S'addormenta contro Haas e persino Acasuso, ma sa rialzarsi e vincere. Lotta contro virgulti e sfrontati plebei (Del Potro), li lascia sfogare, e quando quelli sono stremati, emerge col suo tennis immacolato dagli dei, colpi di violino contro rulli di tamburi. A dispetto dell'atteggiamento da nobile riottoso ed incredulo, incapace di accettare le umane sconfitte, avuto dopo l'Australian Open, accetta persino che la sua maglietta si bagni leggermente di umano sudore per colpa di modesti mestieranti di lignaggio infimo.
Soderling: 8. Alzi la mano chi se lo sarebbe aspettato a questi livelli, il proverbiale salmone svedese. Disintegra Nadal, annichilisce Davydenko, riacciuffa un match già perso contro Gonzo Gonzales. “Psycho killer” elettrizzato ed elettrizzante, che prosegue spedito, quasi sorretto da forze ultraterrene. Lo svedese che “ha visto la luce” d'improvviso e deve compiere una “missione per conto di Dio”, viene rimandato sulla terra solo dal marziano vero, Federer.
Del Potro: 7,5. Occhi taglienti, narici spalancate da combattente delle steppe boliviane, e braccio che pare un fucile mitragliatore, veloce possente e preciso. Enormi progressi del roccioso argentino, che come un pistolero del west, per due ore e mezza tramortisce un buon Federer. Stanco, cede al quinto, alla classe del campione svizzero. “La torre di tandil” è uno dei vincitori morali del Roland Garros. Sarà competitivo sull'erba battuta di Wimbledon, e protagonista assoluto sul cemento rovente di Flushing Meadows.
Gonzales: 7. A vederlo pare un reduce di guerra, uno che ne ha viste tante. Col suo fulgido esempio di “tennis ignorante”, “El bombardero” tramortisce Murray, in quella che più che una partita sembra un'esecuzione sommaria, alla quale l'incosciente scozzese mostra il petto. Gonzo, troppo nervoso, getta via la finale facendosi recuperare da 4-1 contro Soderling.
Monfils: 6,5. I francesi sono talmente accecati dal tifo, che vedono in questo dinoccolato ragazzone, qualcosa di Noah. Come dire che Matufello un po' ricorda Robert De Niro. Gael è un muro di gomma che si mette sei metri dietro la linea e rimanda dall'altra parte tutto, corre sgraziato quasi abbia sotto i piedi due molle ritorte. “L'orrid'uomo” (detto con simpatia), riesce a far giocare male tutti, avvinghiandoli nelle spire del suo non-tennis. Meno che Federer, al quale cede nettamente. Perché c'è un Dio nel tennis.
Murray: 3-. Come distruggere (un potenziale) grande giocatore. Mano de piedra Gonzales spazza via il suo grottesco tentativo di tennis da terra. Una specie di mix letale tra Nystrom e Krieckstein. Perde da aspirante terraiolo, nel torneo in cui sono arrivati in fondo spscialisti del veloce. Un pollo cucinato alla parigina.
Davydenko: 6. L'esangue “Nosferatu” ritorna a buoni livelli, quando nessuno lo aspettava. Si piazza in mezzo al campo e manda al neuro deliri Nando Verdasco, neanche fosse la reincarnazione di Agassi, versione post-pensione. Poi nei quarti, il tennis alieno di Soderling lo rimanda nella cesta, e ritorna il bel draculesco Klaus Kinski, versione 82enne.
Robredo: 6. Leggero ed indolore, se si ha la ventura di non vederlo. Trova un buon tabellone ed arriva nei quarti, prima di essere investito da Del Potro, come un'onda anomala.
Nadal: 4. Tralascio la mise rosa intenso, che tanto ha fatto felici le associazioni gay. Trova un Soderling versione monstre, che se lo cucina come un'anatra allo spiedo. Vero o no che abbia la bua al ginocchio, urge una riflessione: Gioca troppo (Montecarlo, Barcellona, Roma, Madrid). Ma come? (protesterà qualche genio) anche gli altri giocano gli stessi tornei. Certo, ma gli altri non arrivano sempre in finale, non hanno il suo gioco dispendioso, esasperato e massacrante per muscoli e le giunture. Inevitabilmente paga un logorio fisico che tennisti più “naturali” patiscono meno. Non è un superman, e rischiano di farlo schiattare come una cicala nel mese di luglio.
Verdasco: 3. Anvedi come perde Nando. Tennista divertente questo mancino spagnolo. Qualcuno lo considera addirittura prossimo all'attacco dei primi 4. Certo, alla play station o nei letti di qualche tennista pulzella. Si vede lontano un miglio che è un bel perdente, mascherato da agonista indomito. La splendida battaglia persa dopo 5ore contro Nadal in Australia, poteva accendergli la miccia. Invece continua a patire la personalità dei più forti, malgrado la faccia truce da presunto combattente. Per adesso. Perde l'occasione di una semifinale alla portata, resuscitando Nosferatu Davydenko, che se ne stava tranquillo nel suo sarcofago di morte.
Haas: 6. L'esperto tedesco, nei tornei dello slam da sempre il meglio. Vince in modo godibile contro gente alla sua portata, si arrende ai più forti. Da perfetto medioman, per due set e mezzo conduce su Federer (senza fare niente). Poi il bell'addormentato svizzero si ridesta, e Tommy perde (senza fare meno di niente).
Cilic: 5-. Una specie di gibbone dormiente. Malinconico prototipo del tennista slavo, talentuoso e svogliato, che quasi si soccia di tirare fuori il talento dalle tasche.
Djokovic: 2,5 L'invasato serbo con l'espressione da tagliatore di gole e la ferocia del nulla negli occhi spiritati, viene smascherato e si rivela un rapanello lessato. Kholshreiber mostra a tutti quanto questo serbo dai tratti somatici lombrosiani, sia poca cosa (rispetto alle pompose premesse). Tecnicamente e tatticamente. Un monocorde Lendl, con entrambe le braccia amputate. Prevedibile come una puntata del tg4, noioso quanto una poesia di Sandro Bondi.
Roddick: 4+. Non è mai stato un tennista da terra. Non è mai stato un tennista e stop, direbbe uno più cattivo di me. In realtà il buon Andy mi aveva incuriosito parecchio, non certo per il suo baseball-tennis. La vita post matrimoniale ce lo ha restituito più smilzo e meno pachidermico, quindi più mobile e meno spaesato sui campi rossi. Sbatte contro Monfils, che riesce a far sembrare tutti inguardabili, figuariamoci lui che già ci mette molto di suo.
Kholshreiber: 4-. Col suo bel crestino accennato e l'espressione da triglia lessata, ci tiene a far capire perchè non diventerà mai un grande giocatore, rimanendo nel limbo dei naif estemporanei. Infligge una memorabile lezione tecnico-tattica a Djokovic, s'addormenta contro il modesto mezzadro dei campi Robredo. Braccio e rovescio da top 3, istinto agonista da campionati di uncinetto.
Tsonga: 6+. Nessuno si aspettava più di un ottavo di finale, neanche i più accecati estimatori (emh..). Complice anche il clima d'esaltazione parigino, gioca un gran match con Monaco. Ed il suo tennis, fatto di esplosive accelerazioni pugilatorie ed esaltanti guizzi da portiere, rimane una delle più belle cose viste a Parigi. Duro come la roccia e delicato come una piuma di gabbiano. A Wimbledon se la gioca con tutti. Nostradamus dixit.
Simon: 3,5. Dicono abbia partecipato, nessuno l'ha visto. Pare fosse infortunato, nessuno se n'è accorto. Soporifero come pochi, presto ritornerà giocatore da top 15-20 (se va bene).
Ouanna: s.v. Che dire. Omino sparapalline furenti che tira dritti come un forsennato, e che ti ritrovi da ogni lato come uno l'incubo peggiore, nel match contro Safin. Ronzino rassegnato all'esecuzione sommaria contro Gonzales. La sua presenza si giustifica solo come bizzarra congiuntura astrale, tanto per far salutare Parigi a Marat, con una battaglia degnamente surreale. Top 80 possibile.
Petzschner: s.v. Ci vogliono 5 set per domare Polhanky, canadese che batterei anch'io, bendato. Poi raccoglie 6 (sei) giochi con Verdasco. Sicuro protagonista a Wimbledon. Quarti, almeno. Come no.
Santoro: 8 alla carriera. In venti occasioni il veterano uncinettatore francese, non aveva mai perso al primo turno. Saluta Parigi uno dei pochi capaci di divertire con le sue stilettate, magheggi urticanti e ricami degni del tricotage. Tanto di cappello.
Safin: 9 alla carriera. Doveva salutare alla sua maniera, contro il semi carneade Ouanna. S'ingarbuglia, perde i primi due set. Mostra sprazzi isolati di antichi fasti del suo tennis devastantemente bello, e vince gli altri due. Avanti nel quinto, e contro un avversario che desiderava solo una bella doccia tiepida ed una birra, riesce nell'impresa di rimetterlo in vita e di giocarsela punto a punto fino all'8-10. Impareggiabile. Splendido esempio di braccio divino e mente votata al drammatico suicidio sportivo. Forse meritava un saluto più degno dal pubblico parigino, fin troppo partigiano. Ci manca già da tre anni almeno, dal prossimo anno ancora di più.
Ferrer/Almagro/Wawrinka: s.v. Non li ho visti. E non è necessariamente un male.
Italtennis: 4. Starace (4,5) vince per abbandono di Zverev, poi allena Murray che si diverte a tenerlo in partita fino al 5-5 del terzo e poi se lo cucina alla coque. Seppi (3), la mozzarella altoatesina continua a giocare il suo tennis utilitaristico e brutto, la cosa tragica è che non vince nemmeno. Bolelli (4) fa la (semi) impresa battendo Berdych, che non sarà fenomeno di intelligenza tennistica, ma i colpi li ha. Poi si suicida contro il rubizzo francesotto Chardy. Storica (siamo a questo punto) occasione di un ottavo mandata alle ortiche. Pistolesi o meno. Fognini (s.v.). L'isterico McEnroe de noantri, che gioca come Jordy Arrese (magari).
Donne
Kuznetsova: 8. Il suo nome iscritto nell'albo d'oro del Roland Garros, non è lo specchio dell'obbrobriosa crisi in cui versa la wta, o per lo meno, non l'unico. Certamente non stride più di quello della Ivanovic. A differenza della serba, la martellatrice russa fa il suo mestiere, ha un barlume di progetto esclusivamente“tennistico”, che può piacere (ai masochisti) o no. Picchia come una fabbra ferraia incarognita dall'inizio alla fine, senza guardare in faccia nessuno, non bada ad inutili dettagli. Esce viva dalla cruenta “battaglia delle mazzate” con Serena, ed in finale approfitta della crisi mistica di Dinarona. Non si può certo fargliene una colpa.
Safina: 6,5. La gigantessa russa si muove come un impacciato mammuth, con le fattezze di una fragile lottatrice di sumo. Dimostra di essere la migliore (per lo meno finché le sorellone Williams non vogliono riprendere a giocare). Strozzata dall'obbligo di dover vincere anche uno slam, per giustificare il suo regno, si affloscia miseramente. Non regge al peso psicologico, e a tratti sprofonda nell'argilla, divenuta d'improvviso simile ad infide sabbie mobili. Gigante delicato come cristallo.
Cibulkova: 7. Sentivi il suo nome, e veniva subito alla mente l'angosciosa immagine di Gael Monfils, che infieriva selvaggiamente sul suo corpicino con la sua proverbiale dote d'allungo, oppure pensavi a “flatulenza arricciata” Melzer, che le mostrava una fantasiosa (ed involontaria) variante del kamasutra. Al limite si ricordavano le sue grida di guerra: “Pome! Pome!” (l'equivalente dell'”Ajde!” della serbiatta, del “c'mon!” di masha, del patriottico “Vamos!” di Flavia Pennetta). Ora il nome di questo furetto biondo sarà legato alla quasi bicicletta, con annessa lezione di gioco, impartita alla Sharapova. Le sarò grato in eterno.
Stosur: 7,5. Un anno fa rischiava di smettere a causa di un virus. Arriva a sorpresa fino alla semifinale, e strappa pure un set alla Kuznetsova. Non strepita, non grugnisce, non è invasata all'arma bianca, non sfoggia pugnetti inutili, non lancia urletti indemoniati, non randella ad occhi chiusi. Se a questo si unisce un gioco completo e coraggioso, nello scenario che offre il tennis femminile, potrebbe rappresentare una (seppur flebile) boccata d'ossigeno.
Cirstea: 7,5. Una delle note più liete di questo Open di Francia. Lotta come un tigrotto, agita la sua coda di cavallo corvina e batte con coraggio la Jankovic. Dritto ficcante e rovescio vario. Sperando non venga inglobata nella indisponente scuderia di top model invasate.
Azarenka. 0,5. Avrebbe pure un rovescio notevole. Sceneggiata isterica rivoltante nell'ottavo contro la Suarez. Salve di fischi del pubblico. Urla paonazza in viso, sbraita come un maschio da osteria, pare posseduta dal demone del brutto, che devasta la bellezza. Nanche fosse la versione più raccapricciante di Linda Blair (la posseduta protagonista de “L'esorcista”). Darei l'ergastolo al maniscalco che l'ha messa in campo, forgiandola in questo modo. Sarà fissa tra le prime cinque, questo curioso boscaiolo biondo. Cosa dire di più? Chi vuole bene al tennis, può solo avvilirsi un po' e non commentare.
Sharapova: 3+. Non è in condizione. Si vede e si sente. Prova a sopperire allo scarso stato di forma, con grugniti ancor più forsennati. Un raccapricciante miracolo via l'altro, la porta fino ai quarti. Cibulkova, quasi impietosita, le evita una meritata bicicletta.
Jankovic: 2. Perde senza braccio e coraggio contro il tigrotto Cirstea. La ex numero uno dal volto equino (si, numero uno, mica sono io a raccontare balle), non è in un momento di grande forma. I suoi incontri sono un misto di speranze e attesa. Che possa regalarci l'ennesima e gratuita spaccata, sfibrandosi i muscoli e ritirandosi in lacrime. Il suo colpo più spettacolare. Iscritta di diritto al gran premio lotteria di Agnano.
Serena: 5. A differenza della longilinea sorella, almeno lotta come un bisontino. Si arrende in una truculenta battaglia delle mazzate contro la Kuznetsova.
Ivanovic: 1,5. La osservi agitarsi, imbizzarrirsi come una bella puledrina riottosa e viziata, roteare pugnetti ad ogni piè sospinto, urlare invasata sui doppi falli altrui, e pensi a quanto quel visino sia sprecato per un'attività in cui conta la mano. Attendiamo fiduciosi una svolta definitiva (moda o soap opera).
Venus: 3. Stanca, fallosa, quasi svogliata. Di gran lunga la migliore di tutte, se solo lo volesse.
Dementieva: 2. Chiedere notizie all'avis che le ha prosciugato gli ultimi milligrammi di piastrine.
Martinez Sanchez: 7. A 27anni la mancina spagnola, sta giocando il suo miglior tennis. Tutto servizio-voleé, smorzate, cambi di ritmo. Godibilissima “farfalletta volleatrice”. Romanticamente fuori dal tempo, ma leggera e con una seconda impresentabile a certi livelli. Manda al manicomio per un set e mezzo Tyson Serena, poi svanisce con la stessa leggerezza. Ce ne fossero come lei, a movimentare partite sempre più simili a cortometraggi iraniani con sottotitoli in uzbeko. Urge una clonazione.
Suarez Navarro: 6+. Per quasi due ore, il delizioso cricetino iberico manda al manicomio ed esorcizza Linda Blair travestita da Azarenka. Poi il suo rovescio che fa godere l'anima, evapora. In calo, ma sempre deliziosa.
Italtennis: 5. Tathiana Garbin (7), esempio di professionalità e serietà, arriva al terzo, battendo la quotata Bartoli. Il resto è un deserto angosciante. A posteriori, poche colpe nella sconfitta della “leonessa” (oramai sdentata) Schiavone (5) contro Samantha Stosur. Pennetta (1 come i games vinti per set) raccatta due games contro la modestissima americana Glatch. Pensi che abbia la bua, ma poi la vedi sgambettare leggera nel doppio (8+ all'accoppiata con la Kirilenko. E Ricci in allarme, pronto ad ingaggiarle per il bancone di striscia) e nel misto.
Istantanee da ricordare in questo Roland Garros 2009, come alghe marce incastonate allo scoglio:
- Masha Sharapova, esausta e paonazza. Seduta sulla seggiola al cambio campo. Il massaggiatore le copre le regali gambe da gazzella, con un pietoso asciugamani. E poi pastura sapientemente tra le cosce sudate della bizzosa siberiana, con un movimento regolare ed intenso, che lascia intendere il peggio.
- Il teatrino rivoltante di Vittoriona Azarenka. Parla da sola, muggisce tutta violacea, sbatte la racchetta con violenza, poi in preda ad una crisi di panico raggelante si mette a strillare frasi in bielorusso alla madre in tribuna, che si agita peggio di lei. Granuiola di fischi, come non se ne sentivano da decenni. Manca il vomito verde per completare la trasformazione in Linda Blair.
- “Mano de piedra”, con la sua volitiva faccia da teppista del bronx, incredulo per una chiamata dubbia, si scaglia con ferocia sul giudice di linea. Un attempato ceppo d'uomo di 60anni, con spessi occhiali da vista. E questi rimane fermo, impietrito, paralizzato dal terrore. Gli tremola solo il doppio mento.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.