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lunedì 17 agosto 2009

Montreal, tra i miseri resti di Nadal e le amnesie surreali di Federer, sbuca la regolarità inguardabile di Murray



Nel Masters 1000 di Montreal, le maggiori curiosità, al limite del morboso, erano riversate su Rafael Nadal. Bisogna aspettare il terzo incontro per capirci qualcosa. Il connazionale Ferrer che si rompe un ginocchio, e Petzschner che (al solito) si frattura le meningi, illudono ed allungano l'attesa. Nei quarti, regge appena un set, prima di essere brutalmente spazzato via, come fosse uno qualsiasi, dalle sventagliate terrificanti del bombardiere di Tandil Del Potro, che mostra tutta la cruda ed evidente realtà. Nadal è una specie di fantasma che si trascina sofferente. Semplicemente improponibile, e doloroso a vedersi. Almeno questo, non era difficile da prevedere. Complimenti agli sciacalli che lo stanno distruggendo, gettandolo nell'arena in simili condizioni.
Un discreto Tsonga raggiunge Federer nei quarti. La partita di gran lunga più interessante del torneo, facile a prevedersi. Nessuno invece avrebbe pronosticato potesse raggiungere picchi della più alta tragicommedia dell'arte. Alì-Tsonga comincia ad aggredire. Serve bene, colpisce sassate di dritto e attacca ad ogni piè sospinto, a suon di ganci e difese feline della rete. Sempre con il folle ed arrembante progetto d'attacco, ben fissato nel cervello. Il monarca elvetico, fin troppo remissivo, si limita ad una difesa svogliata, provando a limitare il dritto terrificante del francese, col rovescio in back. Ma raggiunge ugualmente il tie-break. E ancora uno Jo spumeggiante che si butta a rete, armato del suo impavido coraggio, aggancia in tuffo una voleè, e sul successivo passante sbagliato dello svizzero, porta a casa il primo set 7-6. Gran match, non c'è che dire. Peccato che Jo si faccia male al gomito, in quel tuffo pazzesco. Sul cemento, mica sull'erba. Chiama il medical time-out, gioca solo per dovere, ma a ritirarsi non ci pensa minimamente (vi saltano in mente gli svariati, patetici, insopportabili ritiri di Djokovic, per una pellicina d'unghia sbucciata?).
Tsonga crolla, perde il secondo 6-1. Oramai rassegnato, va sotto 5-1 nel terzo, contro un Federer, al solito puntiglioso nell'infierire sui cadaveri arrendevoli. Tranne poi, distrarsi con nobile svogliatezza, quando la vittoria è oramai lì, soltanto da acciuffare. Forse pensa alle due gemelline, alla moglie Mirka intenta nella poppata serale. Chi può dirlo. E comincia a sbagliare in modo inverecondo. Jo, che a carattere non è secondo a nessuno, capisce che ci può provare, raccoglie le energie rimaste, si dimentica del dolore fisico, come un pugile in piena trance agonistica, e picchia ad occhi chiusi come fosse l'ultimo colpo. E la leggenda elvetica seguita a sbagliare l'impensabile. In un clima surreale, passa da 5-1 a 5-6 0-40. Federer si squote dal sonno mortale, giusto per annullare i tre match point e rifugiarsi nel tie-break finale. Ma è solo un'illusione. Lo svizzero completa una prestazione di agghiacciante e quasi impassibile suicidio, con il doppio fallo che regala la vittoria ad un Alì Tsonga ammaccato, indomito e bravissimo nello sfruttare lo spiraglio.
Allarmante l'atteggiamento del numero uno al mondo. Uno di quelli bravi a stilare tabelline, mi dirà che può succedere che il più forte tennista di tutte le ere geologiche perda una partita che conduceva 5-1 nel set decisivo, contro un avversario infortunato e che non riesce più a rimandare una pallina dall'altra parte. Ok, succede. La realtà è che da almeno due anni, Federer gioca con piglio ed attenzione solo i tornei dello slam. Negli altri mostra la sua controfigura svogliata ed in ciabatte. Negli slam poi, ha anche la possibilità di rimediare ad un improvviso torpore sonnecchioso, grazie ai tre set su cinque. Due su tre, le amnesie gli sono fatali. Quindi in prospettiva US Open, è una sconfitta che non fa testo, e lo vedo ancora super favorito. Rimane la riflessione, da povero incompetente in materia: il più forte di sempre, certe partite, non le perderebbe nemmeno in allenamento.
Nelle semifinali, Tsonga si arrende a Murray (la partita non l'ho vista), e Del Potro doma in tre tirati set Andy Roddick, come già fece una settimana prima a Washington. In finale, dopo i primi due parziali di battaglia, Murray domina nettamente il furente argentino al terzo. Lo scozzese continua nel suo inguardabile progetto di tennis difensivo. Ma fino a quando vince, ha ragione lui, alla faccia dello smidollato spettatore esteta. Un autentico pallettaro di talento, persino divertito nel volerlo celare, concedendo solo qualche rovescio pennellato qui e là, come briciole ai petulanti piccioni. Potrebbe fare di tutto col suo braccio, ma si limita a difese e giochetti dormienti che costringono gli avversari a dover fare la partita, e quelli spesso la perdono in preda a crisi isteriche. Solo Federer ha il gioco per abbattere le sue difese estenuanti. A pieno titolo, Murray si conferma l'unico avversario temibile per Roger, a Flushing Meadows, con Del Potro in terza fila, e Tsonga eterna mina vagante. Il cemento è senza dubbio la superficie in cui lo scozzese è più efficace, ma è bene non rimarcarlo troppo, gli inglesi, pur di vederlo vincere a casa loro, sarebbero capaci di sostituire l'erba di Wimbledon col cemento armato.

Le donne giocavano a Cincinnati. E si realizza il sogno di Flavia Pennetta, prima italiana della storia ad entrare tra le prime dieci. A meno che l'aspirante Rino Tommasi che me l'ha riferito non si fosse fumato troppo oppio, pare che in 115anni, erano riusciti nell'“impresa”, altri 26 paesi, prima di noi. Niente male, si sa che siamo un popolo lento. La precisazione non toglie nulla ai meriti della nostra tennista. La ventisettenne brindisina che smoccola in castigliano stretto, prosegue il magic moment anche a Cincinnati, portando a quindici la striscia di vittorie consecutive. Nell'ultimo anno, Flavia Pennetta ha mostrato dei miglioramenti impressionanti. Il talento non si può insegnare, ma il lavoro può portarti a livelli d'eccellenza. Molto più solida al servizio, più pesante e meno fallosa sul dritto, da sempre il colpo più vulnerabile del suo repertorio. Capita addirittura, di vederla reggere e vincere lo scambio prolungato sul dritto incrociato contro Venere Williams, battuta nei quarti. Ok che la venere d'ebano vestita di giallo smagliante (al pari della sorella Tyson Serena, sbattuta fuori dalla modesta Bammer) concepisce questi tornei come blanda sgroppata d'allenamento in previsione degli slam, ma è sempre un segnale. Flavia è italianissima, ma si è formata tennisticamente e migliorata in Spagna, e questo non si può negare. Raggiunge le prime dieci, e di certo non stona vederla lì in alto, al posto di una Petrova o Ivanovic che oramai non vale le prime 100. Si è opposta ai gorgheggi truculenti delle altre assassine di tennis, con grazia femminile, eleganza e bellezza compita. Il che non guasta. Ci può rimanere tra le prime, soprattutto se ai progressi tecnici, continuerà ad abbinare la capacità di mantenere la concentrazione nei momenti caldi del match, mostrata in questa estate. Ora manca una bella semifinale in uno slam, magari a New York.
Sempre a Cincinnati, altro motivo d'interesse, era il ritorno alle competizioni di Kim Clijsters, dopo oltre due anni d'assenza, e l'improvviso ritiro a soli 24anni. Tutt'altro che gradevole da vedere, ma con un'ottima carriera alle spalle. Cinque finali di slam, con un successo negli US Open. E con la connazionale Justin Henin, centoventisei volte più talentuosa e vincente, ad oscurarne la stella, altrimenti di livello assoluto. Ebbene, la belga dalla perenne espressione ingrugnata da Buffy di “tre nipoti e un maggiordomo”, gioca come se il tempo si fosse fermato, non lasciando trasparire alcuna ruggine. Bel filotto di vittorie, contro Marion Bartoli “Beppa Giosef” (fresca di vittoria a Stanford e doppio successo sulle sorellone Williams), poi la veterana svizzera Patty Shcnyder, riccetta mancina dal tennis piacevole e sempre fastidiosa, e dulcis in fundo, in una partita che sembrava vinta, poi compromessa, dimostra di non aver perso la tigna da combattente, battendo Svetlana Kuznetsova, campionessa in carica del Roland Garros. Kim si arrende solo nei quarti a Dinara Safina, al solito ben concentrata e solida nei tornei che contano poco più di niente, se non a mentenere lo scettro di numero uno. Il ritorno dell'olandese è comunque positivo per l'intero movimento, e in questo clima di carestia, oro colato. Kim Clijsters è ancora relativamente giovane, ed in tempo per ritornare ai vertici, visto anche il livello tecnico-tattico scadente nel quale e sprofondata la wta.
La finale (che ovviamente non ho visto), si gioca tra le sgroppate ippiche della Jankovic ed i nitriti strazianti di Dinara. Credo si sia giocato a Capannelle, o all'ippodomo di Saint-Denis. Buone sul miglio, ma con la racchetta in mano, le più deboli numero uno della storia. Ha vinto Jankovic, mi dicono dei sopravvissuti. Che iddio ci salvi dall'orrore galoppante.

4 commenti:

  1. Ciao!! ho letto con interesse il tuo post. Relativamente alla WTA faccio 2 conti dell'ultimo mese: le Williams utilizzano, come dici, i tornei minori per allenarsi, una Pennetta vince Cincinnati e una Pennetta scotta perde malamente a L.A. e dice di non tornare per il momento in Italia per concentrarsi sulle sfide (spiagge e shopping??) americane, un'altra nostra talentuosa come la Schiavone -che psicologicamente mi pare tutt'altro che leonessa-perde tremendamente alternando belle partite, una Sharapova inguardabile e inascoltabile (io la multerei per quelli che erano urletti e ora sono urlacci di rabbia del tipo "se non metto sto dritto in campo la ditta di rossetti e
    belletti non mi rinnova il contratto". Una Bartoli, agghiacciante visione, con un servizio-sevizio e lo sguardo vivo di un balenottero incagliato ai lidi ferraresi. La Safina che tra un maxicono e l'altro si vince i torneini ed è nr.1. Chiuderei, non so se sei d'accordo, la Wta e aprirei la OWTA, Old Wta, per riveder giocare Navratilova, Graf ed Henin. Alcune col Linidor ma sicuramente più abili e cerebrate.
    Mi sa, caro mio, che oggi, nonostante i nitriti, ciò che forse salva la Jankovic e le fa vincere le ultime partite è un pò quello che contraddistingue la Dementieva e poche altre: un minimo di materia grigia. Lo so, lo so, la Jelena, anche lei, cambia più rossetti che racchette, tra un Gatorade e un massaggio, interrompe il gioco in modo irritante... la Dementieva, poverina, sembra uscita dalla cassa di un Magazzino GUM, ma macina gioco onest…però ho l’impressione che abbiano un pizzico di furbizia in più e di intelligenza, anche solo per far quadrare i conti a fine mese e pagare i creditori. A presto!! Bruno

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  2. Ciao Bruno, ben ritrovato.
    Devo ammettere che non ho seguito molto le ultimissime vicende della wta. Quanto alla Pennetta, penso che abbia pagato fisicamente le troppe partite giocate (magari eliminare qualche anacronistico doppio in stile velina bionda e mora, non sarebbe male). Ma è anche stata inconsciamente vittima della sindrome d'appagamento, dopo i bei risultati ed il traguardo raggiunto. Francamente, credo che le top ten siano l'obiettivo più alto cui può ambire. Si spera solo che riesca a rimanerci un pò, e vinca qualche altro torneo. Francesca Schiavone, piaccia o no, quarti di finale di pura esperienza strappati a Wimbledon, mi pare nella fase calante della carriera. L'Italiana che più mi fa godere le meningi è Robertina Vinci, ma col fisico che le ha dato madre natura, per lei è dura. Oltre alla meravigliosa ricamatrice Romina Oprandi, meteora oramai scomparsa per problemi fisici. Nel quadro delle più "forti", continuo a credere che le sorellone, se e quando lo vogliono, siano le più forti del lotto. A New York (risultati di questi tornei a parte), le vedo favorite, davanti a Dementieva, Safina e Jankovic. Le prime due sono atavicamente sopraffatte dalla sindrome delle perdenti nate e del braccino che si ritrae in prossimità dell'arrivo, l'altra pare stia deambulando con orrida regolarità. Ed alla lunga, malgrado non abbia il colpo vincente, i suoi insipienti palleggi e le sgroppate equine, più noiosi di un film in lingua iraniana, possno anche prendere il sopravvendo sulla ferocia dissennata di altre. Su quello hai pienamente ragione. In ultimo, "l'affaire grugniti", che ha oramai assunto contorni tragicomici. Proprio stamttina mi trovavo a commentare un articolo sulla presa di posizione della wta: "Cominciare con l'educare le giovani, per evitare o limitare questo fenomeno". Giustissimo, sacrosanto. Poi però penso alla Lacher De Brito, sedicenne che a Wimbledon ho visto giocare contro Francesca Schiavone. Qualcosa di orridamente inenarrabile. Strillava come un'invasata, dal momento in cui preparava il suo colpo, fino a quando quello dell'avversaria non fosse partito. Un concerto quasi continuo, che gelava il sangue nei polsi. A metà tra i gorgheggi di Nilla PIzzi ed una vitella da latte agonizzante in un mattatoio. Pare che addetti ai lavori, e qualche arbitro, l'abbiano rimproverata, invitandola alla moderazione grugnitoria. E la giovinetta, con grande candore, ha risposto: "Chissà perchè non dicono niente alla Sharapova". Come darle torto? Che senso ha educare le giovani, quando le presunte star di questo sport, continuano nell'orrendo esercizio rantolante, fastidioso per lo spettatore, figuriamoci per l'avversaria...
    Sarà perchè sono stato sempre un fan della rivoluzione francese, ma prima di educare le nuove generazioni, dovrebbero tranciare di netto le teste coronate...=) Ciao, a presto.

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  3. grazie per la risposta, Picasso. Per pura curiosità ho cercato su google la foto della De Brito; sembra la sorella minore di Patty Schnyder. Probabilmente non sarà mai testimonial della Sony ma di qualche lacca per capelli, se saprà giocare bene. Mi spiego, dunque, perchè il rimprovero a lei e a Maria no. A presto!!!

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  4. Beh, si, un pò ricorda la riccetta svizzera. Una massa di capelli non indifferenti. Se non per la lacca per capelli, potrà sempre essere ingaggiata da qualche lega "anti mattanza truculenta dei vitelli da latte". =) Ciao.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.