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lunedì 10 agosto 2009

Pillole di tennis dal mondo, aspettando Flushing Meadows



Occorre fare alcune precisazioni, a completamento dei post precedenti.
Rafael Nadal. Raccontai della sua, al solito, sincera intervista. Diceva di sentire ancora dolore alle ginocchia, di aver sbagliato a giocare troppo assuefacendosi al dolore, e concludeva escludendo una partecipazione al Master 1000 di Montreal. Nemmeno 12 ore, ed il factotum-negriero-domatore zio Tony, preoccupato che il suo puledro di disabitui alla sofferenza, sentenzia con sicurezza: “Rafa giocherà a Montreal”. E Kunta-Kinte Nadal risponde: “Obbedisco”. Per la serie, a furia di scrivere fregnacce, spesso ci si prende. Mi chiedo, a quando la rivolta degli schiavi? In Canada giocherà, forse arriverà pure in fondo, se ha un briciolo di condizione. Ma occhio, al terzo turno potrebbe trovare il Picasso-scasso Petzschner, che gli darà due set a zero. Il problema è che il nostro pittore stralunato, al terzo non ci arriverà.
Richard Gasquet. La federazione internazionale si rivolge al Tas di Losanna, contro la riduzione della squalifica. E si prevedono altre piogge di ricorsi e ricorsucoli degni dell'azzeccagarbugli. Se l'intento è ridurgli il cervello in brandelli e condurre all'autolesionismo un ragazzo fragile, come fecero con Pantani, potrebbero farcela. Il “pirata” subì più processi che Totò Riina “'u tratturi”, e mica è uno scherzo (forse lo sa pure Travaglio). Fortunatamente Richard non è italiano, già mi vedevo centinaia di magistrati raccomandati e sfaccendati, pronti ad iniziare un vorticoso giro di danze, in febbrile allarme ed anelanti copertine di “novella 2000”. Prevedevo anche un ricorsino sulla “amoralità del bacio linguato peccaminoso”, e un altro per “fornicazione demoniaca e lussuriosa fuori dal matrimonio. A morte il peccatore”, sospinti dall'ira funesta del vaticano
Tornando alla attualità stringente. Nel mese seguito a Wimbledone, e che precede Flushing Meadows, succede poco o nulla. Tanti piccoli personaggi in cerca d'autore, mentre quelli forti, si leccavano le ferite, riposavano le membra in spiagge tropicali o si spupazzavno le neonate figliuole (Federer è diventato papà di due gemelle. Quando si dice, Jimmy il fenomeno anche in quel campo). Anacronistico ed insensato il rigurgito europeo sulla terra battuta, quando la stagione volge al cemento. E infatti, per la serie “il ritorno dei morti viventi”, “Nosferatu” Davydenko, vince due tornei. Un po' Agassi, moltissimo Klaus Kinski ottantenne, il russo esangue ritorna tra i primi dieci. Soderling fa il gradasso tra le sue lande, il francesotto Chardy, uno da tenere d'occhio in futuro, vince a Stoccarda.
Nomi delle retrovie, americani cementari rampanti e vecchie star in declino hanno invece animato l'inizio della stagione americana sul cemento. Star assoluta del mese (pensa te) Sam Querrey, spilungone americano che piazza tre finali consecutive. Sull'erba di Newport perde da Ram, a Indianapolis s'arrende al redivivo Ginepri (per come l'avevo visto a Wimbledon, non mi sarei fidato a fargli attraversare da solo la strada), e finalmente, a Los Angeles, batte in finale il carneade australiano Ball (non chiedetemi chi sia e come giochi). L'americano dallo sguardo ceruleo inquietantemente simile a quello di Jeffrey Dahmer (il cannibale di Milwaukee), è un battitore-picchiatore della stessa scuola di Roddick. Ma l'originale bastava e avanzava. Ieri si è concluso il torneo di Washington, ai nastri di partenza, quelli immediatamente alle spalle dei fab-four. Finale tra Roddick e Del Potro, con l'argentino che la spunta in tre set tirati. La torre di Tandil comincia alla grande il difficile periodo che lo vedrà impegnato a difendere i punti conquistati lo scorso anno, pena una paurosa discesa in classifica. L'impressione, è che se mantiene una forma fisica accettabile, a New York sarà il terzo favorito, dopo Federer e Murray.
Capitolo Wta. Oltre alla meravigliosa vittoria della farfalletta Martinez Sanchez in Svezia, di cui scrissi a tempo debito, poco altro fino ad ora. Solito, inutile, torneo minore vinto dal mammuth Dinara Safina, utile solo a farle mantenere il trono di cartapesta. Trova una settimana irripetibile Marion Bartoli. Una con la faccia da Beppa Giosef (se non sapete chi è: “Alan Ford”, fumetto di Magnus&Bunker, la mia formazione giovanile). La francese, quando gioca e perde (sempre) con le italiane, tira fuori la storia dei baffetti, mandolino, mafia, arbitri corrotti e del pizza-pizza marescià. A Stanford vince il torneo battendo in fila le due Williams, versione balneare. Sempre contro Venus spiaggiante, Maria Sharapova raccatta tre games e qualche buccia di lupini salati. Traete voi le conclusioni.
A proposito di Italtennis, note di merito per l'ammirevole formichina Sara Errani, e per la splendida Flavia Pennetta. Brava a Palermo, e fantastica a Los Angeles, dove mette in riga Zvonareva, Sharapova (va beh) e Stosur. La brindisina avrà anche un gioco scontato e piuttosto scolastico, non ha la potenza di altre, ma nel marasma insipiente della wta attuale, senza nitrire e scalpitare, dimostra di poter stare tra le prime dieci. Ed in più, ha anche una bellezza composta. Per il resto, estate di alti e bassi, con il culmine nella finale del prestigiosissimo torneo di San Marino (e ho detto tutto): Seppi-Starace. Chi l'avrà vista, non avrà più nulla da temere. Nemmeno le ronde neo-faziste-padane o un comizio di Mastella, potranno scalfire la sua serenità mentale. La notizia più importante (figurarsi) è la pace siglata tra federazione italiana e Bolelli. Con il nostro Federer monco, che difenderà nuovamente i colori azzurri, in modo impavido. Non sapevo le cause della lite, figuriamoci se conosco i motivi della pace. E quanto me ne possa fregare. Ciò non toglie che è sembrata una mezza pagliacciata. Il ritorno del bolognese è importantissimo, così hanno scritto quelli bravi e preparati, perchè l'Italia potrà contare nuovamente sull'esplosivo doppio Seppi/Bolelli. Neanche fossero McNamee/Mcnamara. La realtà, è che l'Italia non ha un doppio vero dai tempi di Brandi/Mordegan.
Chiudo coi miei ram-polli. Tsonga sempre più in crisi involutiva, Petzshner che vince qualche bella partita (Mardy Fish, scalpo eccellentissimo), e quando entrerà tra i primi venti, qualcuno si ricorderà di questo pazzo, che ci credeva ciecamente anche quando era numero 300. Marat Safin sorprende il mondo, vincendo due partite in fila, con Ginepri e Gulbis. Tre, se contiamo la circense esibizione da baraccone vinta con Sampras. A Montreal trova l'orridissim'uomo Monfils al primo turno, e darei un rene (ma pare non lo voglia nessuno), pur di vedergli prendere a pallate e demolire quell'osceno muro di gomma sghembo coi mutandoni. Gli altri si dibattono nei challenger. Xavier Malisse dopo aver vinto Granby, raggiunge la finale a Vancouver. Pare che la salubre arietta canadese faccia bene alle sue ossa scricchiolanti. In una finale sponsorizzata dalla mutua, perde da Baghdatis, cipriota gradevole e con la faccia da Yeti (malgrado la tosatura che lo rende più umano) e che si infortuna anche per salire sull'autobus. Pure lui una specie di resuscitato. Mahut fa qualche semifinale, ma gli manca il picco, guadagnando qualche posto in classifica. L'airone Stakhovsky, nemmeno quello.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.