.

.

sabato 12 settembre 2009

US Open 2009 - dodicesima giornata (inesistente) - Nadal, e l'improvvisa ostentazione del dolore



E venne l'acqua. Un pioggione biblico come non si vedeva ai tempi di Noè, blocca il programma degli US Open. Ancora da completare il quadro dei 4 semifinalisti maschili. Dopo Federer-Djokovic, il posto tutt'altro che tranquillizzante al fianco di Del Potro, se lo contendono Nadal e mano de piedra Gonzalez. Match sospeso sul 7-6 6-6 per lo spagnolo. Imbarazzante l'iberico, non tanto per il gioco espresso, ma per l'atteggiamento. Nervoso, frenetico, acciaccato, ansioso, monologante. Mai visto in quel modo. Oramai un incontro di Rafa è un mix tra “Er medici in prima linea”, e “Salvate il soldato Jane”. Una via crucis insostenibile. Ai già noti problemi alle ginocchia usurate, si è aggiunto un misterioso dolore addominale, ora manca che lamenti lo sfibramento violento del bulbo pilifero, ed il sempre annoso problema alle doppie punte.
Contro il cileno, richiede lo stop medico. Tutti preoccupati, si levano degli “ooohhhh” trepidanti del pubblico. Lui si fa rattoppare sul campo, lo imbracano con una vistosissima panciera fantozziana, ed il punto dopo eccolo lì, che sgroppa come un indemoniato frullante, peggio di prima. Arrota, tira e corre. Insomma, una ostentazione del dolore insopportabile per chi guarda, ma soprattutto per l'avversario. Inevitabilmente condizionato nel contrastare un miliziano, apparentemente ferito a morte, e che poi si ritrova dall'altra parte come un satanasso, a riprendere tutto l'umanamente immaginabile. Certo, non è il Nadal dello scorso anno, ma ci siamo vicinissimi. Più che una condizione fisica scadente, paga la difficiltà a giocare sul cemento, il non poter pattinare in recupero, come è solito fare sulla terra battuta, ma anche sul truciolato d'erba di Wimbledon degli ultimi anni. Per il resto, l'idea che questo ragazzo di 23anni continui la carriera in questo modo, con ogni partita trasformata in un campo di primo soccorso medico in guerra, non mi alletta molto.
Ad un certo punto, sono arrivato ad una conclusione illuminante. Mia nonna mi diceva sempre: “Ok, io ti ci porto al mercato, ma poi non voglio che ti lamenti”. Così anche Rafa, poteva decidere di giocare o starsene a casa, ma una volta deciso di partecipare, ha l'obbligo di stringere i denti, non lamentarsi. Senza dover mostrare ad ogni partita il cerotto del dolore sul pancino, levandosi la maglia (cosa mai fatta prima). Quasi a dire a strillare mondo: “Avete visto, pure con la bua tremenda, riesco a vincere.”. Un comportamento che sarebbe plausibile per molti, non certo per lo spagnolo, sempre corretto e sofferente in silenzio, attento a non farci pesare gli acciacchi. Sembra sia una precisa scelta, quella della autogiustificzione, sua o dello staff che lo circonda. Tranne poi, al limite del surreale, a chi lo interroga sulla salute, sentirlo rispondere quasi seccato per la domanda inopportuna: “Non ho voglia di parlare dei miei infortuni”. Sarà.
Io preferisco ricordare un vecchio signore sulla quarantina che somigliava ai gladiatori nell'arena. Mica uno qualsiasi, aveva vinto slam, inanellato record di tornei vinti e settimane al numero uno al mondo. Nel 1991, a 39anni, sul centrale di New York giocò due battaglie di cinque ore, e un'altra di 4. Alla fine di ogni partita rischiava di rimanere piantato sulla sedia, con la schiena a pezzi. Due fisioterapisti lo conducevano a braccia, lungo le scale degli spogliatoi. Ma durante la partita nessuno se ne accorgeva. 24 ore steso nel letto, e poi era pronto per un'altra battaglia. A quasi quarant'anni, dopo 23 spesi a combattere sui campi, non richiedeva stop, non faceva pesare a tutti il suo fisico logoro e in frantumi, tenuto assieme da un sortilegio che somigliava ad una magia. Era Jimmy Connors l'immortale, e trascinava il pubblico al delirio più totale. “Io sono qui a spaccarmi il culo a 39 anni, e tu fai quell'over rule?” ruggiva verso l'arbitro. “It's very clear”. Rispondeva quello. “It's very clear my butt!”. Chiosava Jimbo.






La magia dell'impossibile (il punto più bello della storia del tennis)


3 commenti:

  1. Picasso, visto la milady Serena cosa ha fatto in campo? L'hai vista la giapponesina guardalinee correre verso l'arbritro tremante e terrorizzata? Altro che Semenia. Cmq sono contento per la Cljisters sempre grintosa ma mai offensiva. A presto!!

    RispondiElimina
  2. Ciao Bruno,
    si, visto...ma io sinceramente non so come avrei reagito, mi avessero fischiato il primo fallo di piede del torneo, sul match point di una semifinale. Forse è stata fin troppo duchessa...=)
    Immagino contentissmo per la vittoria della mamma belga. Sinceramente all'inizio del torneo non me l'aspettavo...ciao.

    RispondiElimina
  3. Poi, a dire il vero, c'è qualcuno che in situazioni un pò meno disprate, decide pure di andarsene con una protesta non violenta, dando all'avversario per u buono un servizio fuori un metro. Ma lì si è ai livelli del genio ssoluto. Ri-ciao...=)

    http://www.youtube.com/watch?v=gKagveO0Jf8

    RispondiElimina


Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.