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mercoledì 16 settembre 2009

US Open 2009 - Pagelle, vincitori e vinti


Uomini
Del Potro: 9. A vent'anni vince il suo primo slam. Il lungo argentino gioca un torneo maestoso. Innocue distrazioni con l'incubo delle vecchiette che ritirano la pensione (Koellerer), e contro il talentuoso croato indolente (Cilic). Poi abbatte senza tante remore Nadal. In finale paga l'emozione, ma è bravissimo a sfruttare lo spiraglio che il monarca elvetico gli fornisce. Ma poi, per batterlo, ci vuole personalità e carattere che si palpano. Imbraccia fucile ed artiglieria, e comincia a fare fuoco. Servizi, dritti che paiono meteoriti fulminanti. E pensare che qualche intenditore lo metteva al sesto posto tra i favoriti (solo perchè è numero 6 al mondo, chiaro).
Federer: 8. Arriva alla finale fluttuando, col minimo sforzo. La quarta consecutiva del 2009. Come fosse cosa semplice per gli uomini. E la finale l'avrebbe anche vinta, non avesse rimesso in vita un avversario fortissimo, ma spaesato ed in difficoltà. La reazione composta e serena dopo la sconfitta, dimostra quanto il tarlo del record, lo avesse destabilizzato nel 2008. Assieme alla sagoma invasata di un maiorchino impertinente e dispettoso, che si scuoiava pur di non fargli raggiungere il traguardo. Ora che non gliene cale più molto, se ne avrà voglia, svolazzerà ancora, senza patimenti.
Nadal: 7. Arriva in semifinale senza entusiasmare, e imbattersi in ostacoli seri. Dolori addominali a parte, il modo in cui Del Potro lo spazzola via, fa impressione. Forse è iniziata la seconda carriera dello spagnolo. Meno frenetica ed ossessiva, e più studiata. Un rifrullante sparapalle giudizioso, insomma. Magari senza dover trasformare i futuri tornei in una continua e stucchevole serie di “Doctor House”.
Djokovic: 6,5. Bravo e costante nel raggiungere la semifinale (ho impiegato mezz'ora a battere questa frase). Ma soffre e torce la mascella volitiva contro l'esordiente Witten, 27enne orsetto americano semi-professionista, coi rotoli dell'amore e il triplo mento. Uno che farebbe ridere anche alla corrida. Con Federer poteva vincere solo se una pioggia di meteoriti avesse investito la terra. Il picco migliore del suo torneo: le imitazioni ed il siparietto con John Mcenroe. Col genio brizzolato in maniche di camicia, che gli ruba anche la platea da showman.
Cilic: 7. Il croato col talento nascosto nelle sopracciglia, malgrado quell'espressione da cinquantenne afflitto dalle tasse, di anni ne ha solo venti. Ed è già vicinissimo ai primi dieci al mondo. Sale in cattedra e fornisce una fiammante lezione tecnico tattica al novello pallettaro ricercato, Murray. Dritti ad uscire, rovesci tagliati, discrete volèe. Lo slavo indolente, con un minimo di continuità diventerà un bel protagonista.
Gonzalez: 5-. Vince di randello contro altri due picchiatori (Berdych e Tsonga). Rende dura la vita a Nadal per due set. Poi, dopo la pioggia, raccoglie un tondeggiante 6-0 al terzo. Qualche dietrologo ci ha visto un bell'assegnone dell'organizzazione, per evitare i milioni di danni dell'eventuale spostamento del programma. Io non ci credo mica. Però 6-0 dal maiorchino attuale sul cemento, non lo beccherebbe nemmeno il sessantenne Paolone Bertolucci dopo essersi scofanato quattro chili di pajata.
Murray: 4--. Lo vedi ciondolare come un fuscello svogliato, sei metri fuori dalla riga, per rispondere al servizio di Cilic. Un ragno paziente che progetta elaborate, cervellotiche e raffinatissime tele, e poi finisce per strozzarvisi da solo. Pare un genio incompreso. La vedrò solo io, ma è una involuzione imbarazzante quella dello scozzese. Sempre più borioso ed autoflagellante ectoplasma coi denti affilati.
Verdasco: 6-. Tommy Haas travestito da Babbo Natale con turbe psichiche, gli regala gli ottavi. Poi doma le bordate di Isner, dimostra a tratti come possa battere ad occhi chiusi Djokovic, ma alla fine cede. Un gradevolissimo galletto da combattimento perdente. Perchè se gli altri non s'impiccano, i quarti di finale rimangono il suo obiettivo massimo.
Roddick: 4,5. Sulla fiducia. Dopo le belle evoluzioni londinesi, era atteso ad un gran torneo. Perde la battaglia delle mazzate col connazionale Isner. Match del quale, ovviamente, non ho visto nemmeno un'istantanea.
Dent: 7+. Il vecchio panda, per sua stessa ammissione, gioca e serve col freno a mano tirato, per i gravi problemi alla schiena. A New York se ne dimentica. Vince due battaglie tremende a suon di servizi e volèe, che trascinano il pubblico ed entusiasmano i vecchi romantici dell'arte volleatrice.
Petzschner: 5. I risultati dell'estate me lo davano in inquietante fase di normalità. Vince al quinto contro Stakhovsky (la più bella partita immaginaria del torneo, perchè non l'ha trasmessa nemmeno Teleneurodeliri libera). Avanti due set ed un break con Juan Carlos Ferrero, smette di giocare, perchè deve andare a raccogliere delicate violette e fiori di lillà, lungo le rive in cemento armato dell'Hudson.
Tsonga: 4,5. Batte qualche pupazzetto vestito da vittima sacrificale. Si ferma agli ottavi contro il picchiatore più esperto Gonzalez. E la triste impressione, è che di quel poderoso pugilatore che spiegava le ali nei pressi della rete, rivedremo solo qualche fiammata.
Monfils: 5,5. Per un set fa il muro di gomma sghembo con Nadal. Finisce con la lingua penzoloni al quarto. Semplicemente inguardabile. Lo immagino sgraziato ed impacciato anche nello scolare la pasta.
Marat Safin: 8 (alla carriera). Gioca un set che rimanda ad antiche e lunari bellezze. Gli altri tre come se avesse un impegno improrogabile, e più importante. Quasi a voler far capire qualcosa. Che sia stata l'ultima recita, fors'anche volutamente significativa, è sicuro. Magari tra due anni gli tornerà la voglia, e vincerà gli Australian Open in bermuda hawaiani. E a noi intanto, rimangono Roddick e Djokovic.
Italtennis: 1. Come l'unico set che portano a casa i nostri cinque alfieri (Flavio Cipolla). Sarà per la prossima. Lo scorso anno, Del Potro battè Simone Bolelli a Roma (o Montecarlo o Forlimpopoli, non mi ricordo, ma è lo stesso). Un illuminato tecnico, squillò grossomodo: “Che peccato, contro un giocatore così modesto, Simone non è riuscito a far valere il suo maggior talento.”. Ora, quello ha alzato la coppa di Flushing Meadows. Il nostro, alzerà le coppe del reggipetto di Ximena. Sono scelte di vita. Chi può dargli torto.
DonneClijsters: 9. Niente di strepitoso, nessuna scena eroica. Fila via facile facile la mamma belga. Mette in riga ottuse valchirie, invasate sparapalle, strepitanti e convintissime starlette con la faccia truce e spocchiosa, supponenti Williams affusolate e massicce. Dopo aver passato due anni a cambiare pannolini. Con la forza di un gioco senza fronzoli, ma vincente. Cervello ed agonismo, sorrisi e serenità mentale. Sembra poco, ma è una giunchiglia che spunta nel deserto.
Wozniacki: 7,5. Camomillosa ragazza polacco-danese assai bellina, a cui hanno messo una racchetta in mano. E lei se la cava neanche malaccio. Ordinate pallate difensive, ma almeno intelligenti. Doma con pazienza e senza sbraitare, il randello folle della Kuznetsova, poi quello più acerbo e sgraziato di Wickmayer. In finale troppo forte e pesante Kim Clijsters per il suo livello.
Serena: 6. Forse la pantera feroce pecca di eccessiva sicurezza, e la mamma belga la rispedisce sulla terra. Si becca il penality point sul match point, dopo aver minacciato di uccidere l'improvvida giudicessa di linea che le chiama un fallo di zampa. Ma non l'ha fatto. Mezzo punto in più per il self control col quale evita l'efferato omicidio.
Pennetta: 7,5. La Spagna ha trasformato una velina bruna inoffensiva e puramente scenica, in giocatrice solida, concentrata, aggressiva e completa, ampiamente meritevole delle prime dieci. La Federazione italiana esulta. Sarà. In ogni caso, Flavia si traveste da impietosa Steffi Graf d'annata ed annichilisce avversarie su avversarie. S'arrende solo a Serena, ma senza sfigurare. Vedere Wozniacki in finale e Wickmayer in semi, fa sorgere il rimpianto per un tabellone sfortunato.
Oudin: 8. La più lieta novella degli US Open. Viene fuori da cruente battaglie con tre valchirie russe da top ten. La diciasettenne biondina americana ha carattere, personalità ed agonismo non artefatto in modo grottesco. E soprattutto gioca benissimo a tennis. Un autentico miraggio nelle steppe subsahariane della wta. Piccola, ma compatta e ben piantata nel tirare i suoi fondamentali gradevoli e quasi piatti. C'è vita, insomma.
Wickmayer: 7. La giovane ed imponente belga col fisico da ginnasta, s'infila in un lato del tabellone semideserto. Grezza e rudimentale, senza lo scorcio di una tattica, tira colpi di badile ad occhi chiusi. Fino a quando il tennis ordinato di Caroline Wozniacki, in semifinale, non ne sveli i limiti artigianali. Se qualcuno avrà la pazienza di insegnarle le regole basilari del tennis, potrà anche entrare tra le prime dieci. Buon Dio.
Bondarenko: 6. Arriva ai quarti senza battere nessuno. Basti pensare che lo scalpo migliore è stato una ex tennista, Ana Ivanovic. Poi Yanina Wickmaier la investe a colpi di roncola nelle gengive.
Na Li: 6,5. La cinese è una di quelle che gioca con rotazioni ortodosse, attaccando da fondo in modo ordinato. Nemmeno malaccio da vedere. Schianta con candore Francesca Schiavone, scentra palline a caccia di tordi contro Kim Clijsters.
Venus: 4. Da anni non ne azzecca mezza, lontano dai prati di Wimbledon. La venere d'ebano, col ginocchio bardato come gazzella ferita, perde un match vagamente surreale contro Kim Clijsters. Poi vince il solito, inutile, doppio inferocito, con la sorella. Giusto per non far soffrire molto il conto in banca dell'azienda Williams.
Martinez Sanchez: 7 (+). Fatuo godimento dello spirito. La farfalletta vollatrice volteggia aggraziata, rabbiosa e vincente nei primi turni, per poi schiantarsi delicatamente contro il trattore fumante Serena. E tolta Kim Clijsters, è l'unica a metterla in difficoltà, creando gioco e inventando tennis. Antico e gradevole. A noi che tifiamo Sparta e mai Atene, può anche bastare.
Kuznetsova: 4,5. Le si aggrovigliano braccia e meningi, nel tentativo di demolire Caroline Wozniacki.
Safina: 4. Vedere quel donnone basculante vagare per il campo, correre in avanti come una impacciata centometrista, con le guancione che ballonzolano paonazze, sta diventando un inutile strazio. Una morsa che stringe il cuore. Si salva con la forza della disperazione nei primi due turni, contro una teenager australiana ed una semisconosciuta tedesca kamikaze. Poi cede ad una ceca di terza fascia. Dumbo travestita da Bamby, non vincerà mai uno slam. Paura e consapevolezza, che poi sono stessa cosa, la stanno distruggendo.
Dementieva: 3,5. L'esangue russa col collo da cigno spelacchiato, ci mette tutta l'esperienza e la tigna indisponente che possiede, contro Melanie Oudin. E il trottolino con gli occhi da tigrotto la infilza a suon di dritti incrociati. Sulla carta d'identità di Elena c'è scritto: tennista perdente (di livello).
Sharapova: 4. Un passo in avanti rispetto alla statua di sale urlante, “ammirata” al Roland Garros e a Wimbledon. Sfigura meno della connazionale Dementieva, senza però che le sue urla da mucca in preda ad una crisi di nervi compulsiva, riescano ad impressionare la piccola Melania. Se poi le metteranno anche una museruola, sarà meglio per tutti.
Jankovic: 3-. Perde contro un rudimentale fabbro ferraio kazako travestito da tennista maschia, che tira due bordate in campo, ed altre venticinque sugli spalti alla ricerca di ignari venditori ambulanti. E quella che fa? Con l'avversaria in black out neurocerebrale che sbaglia e sorride senza senso, quando bastava tirarla dall'altra parte (come al solito) per vincere, si mette in testa di voler trasformare il suo tennis sgroppante e demente, in rischia-tutto. E sbaglia più dell'altra. Poi si piega, mostra le terga e scorata, implora un segnale dal cielo. O qualcuno che le impianti il cervello di una capra su una faccia da cavalla. Sarebbe già qualcosa.
Petrova: 6. Più bella che brava.
Schiavone: 6. Il circolo degli esorcisti dovrebbe fornirle una medaglia ad honorem, ed una effigie di Monsignor Milingo che sorride bonariamente. Con esperienza navigata, esorcizza le sfuriate demoniache di Victoria Azarenka Linda Blair posseduta. Tira dritto facendo poco caso ad urla raggelanti, bestemmioni kilometrici, racchette fracassate, roncole bestiali. Negli ottavi si spegne contro il tennis offensivamente lineare di Na Li.
Azarenka: 3. Vedi sopra. Il lato nudo e crudo di Belzebù col gonnellino.

2 commenti:

  1. mi chiedevo, caro Picasso, se i due Safin abbiano qualche problema con l'idea di "vittoria", come se vincere fosse una responsabilità troppo grossa...boh?
    A quando nuovi post?
    Ciao Bruno

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  2. Ciao Bruno,
    di sicuro, l'unico mezzo gene impazzito che li accomuna, riguarda una certa fragilità mentale.
    Per il resto, uno ha interpretato una carriera basata sul "chi se ne sbatte, in fondo", ma grazie ad un talento enorme, ha comunque vinto due slam. L'altra è una professionista impeccabile, quasi ossessiva. Ma essendo poverissima tecnicamente, uno slam non lo vincerà mai. Tranne cataclismi ancestrali.
    Altri post, non lo so, quando capita. Magari per gli Australian Open, sempre se le ronde padane non mi prendano a schioppettate, ributtandomi a mare. Ciao... =)
    Ciao

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.