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martedì 1 settembre 2009

Us Open 2009 - prima giornata - Kim Clijsters convince, Venus arranca, Martinez Sanchez svolazza



Dici Flushing Meadows e ti saltano alla mente le immagini sgranate del quarantenne Jimbo Connors, con gli occhi fuori dalle orbite e i pugni roteanti al cielo. Ai meno sensibili ricorderà soltanto un terribile tanfo di sugna e carne di vitella sbruciacchiata, tipico dei fast food yankee. In linea con quell'istantanea anche l'immagine di Kim Clijsters, che ad occhio e croce, mi appare vagamente inquartata nel suo completino rosso-orange. Un ibrido tra la mucca carolina e quella color lillà della milka. Ma tant'è, sarà l'effetto di un 16:9 immaginario. Pinguedine e girovita a parte, la bianchiccia belga, convince. Spazza via con un periodico 6-1 la malcapitata ucraina Kutuzova. Disarmante debolzza dell'avversaria a parte, fornisce una notevole prova di forza, esibendo il solito tennis regolare e solido dal fondo. Dopo oltre due anni, è ritornata già a livelli d'eccellenza. E su quello non potevano esserci dubbi. Nel deserto stordente del tennis femminile, persino la 39enne piccola kamikaze “tettine frementi” Kimiko Date in Krumm, dopo tredici (13!) anni d'assenza è rientrata, giocando alla pari con giovinette star come Wozniacki e Lisicki. Sembra che la 35enne Mary Pierce pensi seriamente al ritorno, e pare (voglia il cielo) un'ideuzza stia balenando anche nella mente di Justine Henin. E forse, anche la 43enne Andrea Temesvari, qualche match lo vincerebbe. In ogni caso, Kim appare preparata fisicamente e mentalmente, ed è già al livello delle migliori. Veleggia verso un ottavo da giocarsi fino all'ultimo punto, contro Venus Williams. E con la venere d'ebano sofferente alle ginocchia, che in nottata (quando oramai dormivo della grossa), patisce le pene degli inferi per venire a capo della boscaiola russa Dushevina, nuovi orizzonti si aprono per la mamma volante olandese. Sulla strada di Kim non ci sarà invece la bella serbo-australiana Djokic, che dopo i quarti in Australia, pare sempre più svogliata ex. Perde dalla belga Flipkens e la panzetta ballonzolante, la dice lunga sul suo reale impegno per tornare ai vertici.
Vede le streghe Samantha Stosur, venuta a capo della sempre teminbile combattente nipponica Sugiyama, in tre tiratissimi set. In scioltezza lo scempio sgraziato Marion Bartoli, sempre vezzosa nel servire, quanto un ippopotano che si appresta ad eseguire lo schiaccianoci. Veleggiano tranquille Francesca Schiavone e Flavia Pennetta, che lascia le briciole alla rumena Gallovits. Pochi patemi per Mauresmo e Zvonareva, ipotetiche future avversarie di Flavia, e che si sbarazzano di Mattek e “cavallo basso” Llagostera Vives. Vittoriona Azarenka, in agghiacciante giallo ocra, trancia brutalmente l'altra giovane e malcapitata rumena Dulgheru, con ferocia simile a quella di Maroni e Larussa messi assieme. Ma quello di Vittoriona non è odio xenofobo. E' innocentemente posseduta dal demonio. Piccola, dolorosissima sorpresa, la sconfitta dell'estone Kaia Kanepi, ad opera della cinese di taipei, Chang. E mi chiedo come potremo fare a meno di questo aggraziato esempio di beltade femminea. Fuori anche Camerin e Brianti, e non è che ci si potesse aspettare molto.
Serena, lascia per un set a bagnomaria la ex grande promessa yankee Alexa Glatch, la cui carriera fu messa in pericolo da un pauroso incidente d'auto tre anni fa. Oggi l'americanina dal gioco lineare, ha l'espressione pallida da sventurata teeneger alle prese con uno tsunami, ma ce la mette tutta. Nel secondo poi, Serena dilaga senza pietà. Michelle Lacher De Brito, come un fastidioso spiritello urlante, recupera da 1-6 3-5, e vince al terzo con la francese Johansson. Incredibile, pare gramigna inestirpabile. E le sue urla inumane (lo hanno detto in cronaca, non invento), risuonano atrocemente anche nei campi attigui. La pupilla dei miei occhi, Martinez Sanchez “farfalletta volleatrice”, affronta senza timori Sibilla Bammer, che non è una maga, ma che lo scorso anno, a New York, aveva raggiunto i quarti. Serve male la spagnola, ma sopperisce con tocchi improvvisi e svolazzi prodigiosi verso la rete. Malgrado un intoppo sul 5-2, porta a casa il primo set 6-4. Ma è un chiaro presagio funesto. Va sotto di un break ad inizio del secondo, spreca una palla break su una facile (per lei) volè. Comincia ad essere infilzata puntualmente dai passanti dell'esperta e tignosa austriaca. La nostra eroina fluttuante, aggredisce meglio in risposta di quanto non faccia sul servizio. E senza ottenere niente o quasi dalla battuta, si va poco lontano. Infatti perde il secondo 6-1. Nel terzo ritorna ad attaccare con costanza, smorzate e volè accarezzate, gioca di puro godimento offensivo, e va a servire per il match sul 5-3. Le si appanna la visierina, perde a zero il servizio, spreca malamente un match point affossando un dritto, sul 5-4. Diventa un match dominato dalla paura estrema. Quando in Italia è notte, la farfalletta salva una palla break delicatissima sul 5-5, con un balzello divino in prossimità della rete. Oramai rantola di sofferenza, ma si arriva al tie-break decisivo (a New York, non si va ad oltranza, come a Wimbledono o Parigi). Maria Josè prende un minibreak, e lo mantiene con le unghie, fino al 7-5 finale. Ora la graziosa volleatrice trova l'abbordabile qualificata Kreber, e al terzo, l'imponente sagoma di Tyson Serena, con le narici spalancate e fumanti d'odio purissimo.

Ma veniamo al tabellone maschile. Nel match più interessante di giornata (per me), il rovescio fatato di Mikhail Youzhny era opposto a Mathieu, francese completo, buono per ogni superficie e costante (verso il basso). Nella finale di Davis di qualche anno fa, il transalpino si fece recuperare due set e finì per perdere al quinto. Intento com'è, nei suoi delicati sogni a metà tra il mondo lillipuziano e Jack lo squartatore, il testone russo regala il primo set e comincia a giocare solo nel secondo. Serve sul 5-4, ma spreca tutto inanellando tre doppi falli da tregenda. Nel game succesivo difende una palla coi denti e pizzicando rovesci melodiosi, passante di dritto e lob al volo di rovescio che bacia candidamente la linea, e ancora rovescio lungo linea a tutto braccio, all'incrocio delle righe. Delicata carezza di volè, demi-volè stoppata da Dio del tennis, poi altri drop e rovesci merlettai da sturbo, a chiudere 7-5 il secondo e dominare il il terzo e quarto. C'è qualcosa da aggiungere? Youzhny sta tutto lì. Un set giocato da numero 400, l'altro da numero uno assoluto, un altro ancora da numero 10. Se uno prova a capirci qualcosa, rischia di finire i suoi giorni in un centro di igiene mentale.
Pacioso esordio di sua maestà Roger Federer con la giovane wild card americana Devin Britton. Un diciottenne col cappellino al contrario, il naso dantesco e l'epressione da liceale appenna uscito dalla saga dei nerds. A mezzo sguardo, quello che ci vendono come promessa ricca di talento, mi pare in possesso di un ottimo servizio e fondamentali di una gioiosa prevedibilità offensiva. Inevitabilmente paga l'emozione, salivazione azzerata e palpitazioni a mille, da bimbo che si trova nel bel mezzo di un film di terrore, come vittima protagonista. La sostanza è che non riesce a mettere una pallina in campo per un set. Semplicemente imbarazzante. Scorre via liscio a suon di servizi e dritti regali Roger, quasi impietosito, si permette dei nobili ed innocui svaghi ad inizio secondo e terzo set. Il suo primo incontro vero sarà al terzo turno, con Lleyton Hewitt, che intanto spazzola via l'insipiente tennis bailado di Thiago Alves. Donald Young, ventenne talentuoso (per davvero stavolta) coloured mancino, da almeno quattro anni viene indicato come erede di John McEnroe (lo ha incoronato lui stesso, in piena e sensazionalistica trance logorroica). Ma tralasciando la bestemmia gratuita e la verità evidente che un altro McEnroe non potrà esistere nel mondo degli umani, si nota subito quanto il giovinetto americano ci sappia fare. Ha mano dolce, ricama e attacca il fortino dello spagnolo Robredo. Lotta per due set, poi si spegne come una fiammella leggera. E più che Supermac, continua ad apparire la controfigura mancina e più scarsa di Malivai Whashington. Dopo un ottimo inizio stagione che pareva allontanare il viale del tramonto, Radek Stepanek si presenta ai nastri di partenza di Flushing Meadows con qualche giuntura scricchiolante. Ma il suo elegante, benchè sofferente, servizio e volè, basta e avanza per imbrigliare Simone Bolelli. Attaccato e colpito senza sosta come un pupazzetto, nel suo angolo debole (quello sinistro). Per battere in modo matematico azzurro, che incappa in una prestazione incresciosa (tre servizi persi nel primo set), bisogna aggredirlo, l'ha capito anche l'ispettore Nick Belane. Coach Piatti e molti esperti continuano a predire futuro da top ten per il bolognese. Ma nel 2010, diamine. Per ora basta uno Stepanek rattoppato a mostrarne le lacune. Ancora italtennis sugli scudi della tragicommedia. Seppi-Kohlschreiber, e se pensate che Marzullo provochi sonnolenza e leggera insofferenza, con picchi di subdolo invito al suicidio, non avete visto cinque minuti di questo match mortifero. Agonismo pari a quello di un tonno venduto a tranci al mercato rionale. Ringraziando il cielo, ritrovo il campo di Martinez Sanchez-Bammer, prima che mi si atrofizzi il cervelletto, lasciandoli al loro destino. Alla fine vince il tedesco, che sarà anche tremendamente incostante, ma ha un rovescio che è tra i migliori del circuito. 6-0 6-4 6-4. Visto che mi tocca completare la (solita) caporetto italica, cito anche Potito Starace, riuscito nell'impresa di perdere in tre set (annesso 6-0 finale anche per lui) con Chiudinelli, un gustoso mix tra il signor Rezzonico e Fausto Gervasoni del canton Ticino. Cavato il dente e l'impiccio di uno slam “che non gli piace” (testuali parole), ora il napoletano potrà dedicarsi a qualche prestigioso torneo, chessò, il masters 0,5 della Val Pusteria.
Apro una finestra sul v.m. 18anni e deboli di cuore: L'argentino Leonardo Mayer, con la sua bella scucchia serrata e l'impugnatura simile a quella di un'accetta, stupra tennis arrotando ingobbito come un ossesso, e batte Golubev, avanza tronfio della sua bruttezza anche Davydenko, ed Hernych la spunta di orrida tigna, al quinto, con Shuettler. A dispetto di acciacchi di diversa natura, passano senza patemi anche altri due out (ma molto out) sider: Blake e Soderling. Lo svedese si disfa del terricolo Montanes, pure lui claudicante. A questo proposito, mi viene una riflessione assai profonda: Due terzi dei tennisti lamenta infortuni, più o meno gravi. Questo sport è diventato più cruento del football americano giocato senza protezioni, o i tennisti stanno diventando delle delicate giunchiglie al sole di agosto? Nel secondo caso, propongo un corso di formazione nella “palestra del dolore”, tenuto da Rino Gattuso, a suon di roncolate furenti sulle rotule.
Il godibile tedesco-russo Misha Zverev, finisce scorato e senza benzina (non è la prima volta e temo non sarà l'ultima), beccando un tondo 6-0 nel quinto set dall'inguardabile pennellone iberico Grannollers, quando avrebbe potuto batterlo in tre set. Imbarazzante prestazione di Tommy Haas. Per tre set sonnecchia contro il modestissimo qualificato colombiano Falla, mancino dall'aria triste e con divertenti colpi anticipati, ma troppo leggero e poco più che un giocatore della domenica. Ebbene, il tedesco riesce a tenerlo a galla, sempre sotto nel punteggio, sempre bravo a recuperare e lasciarselo scappare nuovamente. Partita che assume picchi di surreale incredulità. Tommy monologa con se stesso, ride in modo schizoide, si dileggia con sarcasmo. Un set pari, tiebreak nel terzo, e sul set point che il colombiano si gioca col servizio (peggiore solo di quello di Volandri), il tedesco si risverglia dall'inquietante torpore, piazza una bella volè in sicurezza, pallonetto millimetrico in corsa e passante di dritto, per chiudere 9-7. Poi dilaga nel quarto, lasciando comunque un'impressione angosciosa.
Per la serie le favole che commuovono (ma anche no), persino la Turchia riesce a portare un tennista al secondo turno (l'italia tenterà l'impresa con Fognini o Cipolla). Tal Ilhan, a me sconosciuto, proveniente dalle qualificazioni, batte al quinto il meno talentuoso dei fratelli gnomi Rochus, Christophe. L'altro, Olivier, lascia una manciata di games a pupazzetto Kunitsyn, incappato in una giornata di atrofia cerebrale.

2 commenti:

  1. Devo ancora riprendermi per la "beltade femminea",complimenti pezzo davvero divertente dall'inizio alla fine.
    Andrea

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  2. Ciao Andrea, scusa per l'inumano ritardo e grazie mille. Che qualcuno riesca ad arrivare alla fine è già una bella soddisfazione. Qunto alla beltade, eh già, capita raramente di vedere simili bocciuoli delicati... =) Ciao a presto.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.