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lunedì 12 ottobre 2009

Djokovic, il trionfo del nulla



Scusandomi per il vil plagio di una raffinata boutade presidenziale, Novak Djokovic, più simpatico che bravo, vince il torneo di Pechino. Il serbo si dimostra solido e costante, un autentico giocatore di vertice. Quando Federer riposa, Murray lecca le ferite, Nadal è ridotto ai minimi termini, Connors si ostina a non voler rientrare a 57anni, e Del Potro paga un'infiacchimento da festeggiamenti e da Yanina (uhuhuh...deve avere un guizzo niente male, Yanina), nei tornei di livello inferiore c'è sempre lui, Novak Djokovic. Se volete, “medioman” o “cosa brutta”. Anche perchè gli altri, Verdasco, Soderling o Cilic, pagano un inspiegabile timore riverenziale verso il dittatorello dalla scucchia volitiva, e l'abnorme testone spinoso. Proprio Marin Cilic, viene abbattuto dal serbo nella finale. Il croato, che pure aveva piallato con classe e pazienza i miseri resti di Nadal, si disperde.
Marin da Medjugorie, ha un bel talento per il tennis, gioca meglio del serbo, è più gradevole, possiede una notevole completezza di colpi per il tennis moderno. La sua palla viaggia più veloce, tira i suoi colpi con facilità e movimenti più brevi e naturali rispetto agli inguardabili e pachidermici sbraccioni di Djokovic. A guardarli distrattamente per qualche scambio, sembra ci siano almeno due categorie tra i due, a favore di Cilic. Ma l'indolente croato col talento stipato tra le sopraciglia unite si smarrisce, ritornando giovane gibbone dormiente. Perde quattro games di fila alla ripresa del match, affossa un facile smash ad un passo dal doppio break di vantaggio, serve ugualmente due volte per il secondo set, partorendo due games di battuta da film dell'orrore. Ed alla fine la spunta il regolarista sgraziato. Cilic ha ancora limiti di tenuta mentale, oltre a quelli sugli spostamenti, che lo faranno penare sulla terra e sull'erba ogm, ma è già un bel progetto di campioncino.
Scene di giubilo senza contegno sulle tribune. Pare, ma è solo una congettura maligna, che l'atp stia pensando di recintare con delle grate in stile maxiprocesso all'ucciardone, il box dell'entourage serbo, al solito sobrio e misurato. Sono molto distratto, ma non mi pare di intravvedere mamma Djokovic, vero spettacolo nello spettacolo, una che non ci pensa due volte a mostrare il pacifico segno del tagliagole all'avversario. Ma tant'è. Piaccia o non piaccia (a me un po' meno di un molare cavato a viva forza), Djokovic rimane comunque un personaggio. Uno che fa parlare, su cui poter ironizzare all'infinito. Per dire, uno che va in conferenza stampa con la divisa del Milan (questo Milan), o è da rinchiudere o il cervello non ce l'ha.
Due parole, ed un commento tecnico molto serio, merita Rafael Nadal. Dopo la mise rosa frou-frou del Roland Garros, degli stilisti svitati ce lo presentano in divisa verde ramarro, con mutandoni alla zompafossa, neri a quadrettoni. Sembra di vedere una tartaruga ninja sbiadita, uno smarrito pretoriano padano che fa lo spiaggiante sul lago Iseo o il vecchio coniglio sparapallina afflitto da mutazione genetica. A vista d'occhio è un giocatore diverso rispetto al passato. Corre come, e forse più di prima, ma ha perduto l'antica e disumana espolosività muscolare. Continua a trottare ed uncinare palline fuori dalle righe, neanche fosse capitan uncino l'arrotino. Ma non rimanda più inumani vincenti o arrotoni terrificanti nelle gengive dell'avversario. Ora i suoi colpi divengono facile preda di sapienti attaccanti piallatori come Del Potro o Cilic, che infatti, in semifinale lo demolisce con sapida fierezza. Carne da macello per giovani mattatori. Calma e gioventù che nei quarti non aveva avuto Marat Safin. E la partita del russo è finita dopo aver vinto un godurioso primo punto: palla corta, pallonetto, e stop volley. Poi basta, troppa fatica mentale aspettare il quarto colpo per demolire il muro maiorchino, pur pieno di falle, e ciao Pepp.
Forse sulla terra potrebbe vincere anche ridotto così. Ma fa comunque parecchia tristezza vedere il diavolaccio maiorchino conciato come un Muster qualsiasi. Con qualche chilo in meno, in questa seconda carriera, Nadal vale i primi dieci (forse qualcosa di più), ma si ferma sempre appena trova l'esecutore spietato ed in giornata di grazia. Poi in futuro chi può dirlo, non sono mica Nostradamus. Dopo che le ginocchia avranno ripreso solidità, chissà. Del resto, anche Seppi (o Bolelli) potranno entrare tra i primi dieci, ed io il prossimo anno posso tranquillamente vincere Wimbledon azzeccando due settimane di trance sbronza
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P.s.: Non avendo la stringa di blog v.m 18anni, mi scuso per la foto. Un pò forte, lo ammetto. Ma quella ho trovato. E così è lui, che ci posso fare. E giammai vi salti in mente che io utilizzi la stessa tecnica di Emilio Fede, solito mostrare un'indimenticabile foto di Prodi con la bocca a culo di gallina.

3 commenti:

  1. beh...in realtà il torneo cinese metteva in palio un bel gruzzolo e tanti punti...un torneo minore, per modo di dire...se Flavia l'avesse vinto non avrebbe dovuto fare necessariamente Linz e non avrebbe cominciato a pensare seriamente all'Isola dei famosi...comunque, tra Novak e Svetlana, non c'è che dire...un torneo "lombrosiano"... Dicono che i due, volendo festeggiare in modo insolito e new age le loro vittorie, abbiano tirato tardi coi loro entourage al ristorante "Al drago d'oro" di Pechino, facendo a gara a chi mangiasse più involtini plimavela. Naturalmente, ha vinto Svetlana, 23 rutti a 20.
    Ciao!!!

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  2. Ciao Bruno,
    E' un torneo minore rispetto ai Grand Slam, ed i Master 1000. Per il resto era un torneo di buon livello. Anche se a leggere il livello del torneo di qualificazione, credo avrei avuto buonissime probabilità di entrare in tabellone. (Bendato).
    Troppi entusiasmi ed attese su Flavia Pennetta. La migliore italiana rimane Romina Oprandi. Peccato abbia perso l'80 di funzionalità del braccio, e vaga oltre il numero 300. Ma era straordineeeiriiia. (faccia alla Arrighe).
    Ciao, alla prossima.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.