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giovedì 8 ottobre 2009

La zampata di Marat, l'angoscia di Gasquet



Gian Giacomo Bartezaghi, assai avvezzo a vivere d'espedienti e scommesse in deprimenti sale gioco, ieri, col palinsesto in mano, m'aveva dato una dritta precisa: “Due set a zero Gonzalez su Safin, due set a zero Simon su Youzhny. Su queste due non si può proprio sbagliare.”.A Pechino, Marat Safin entra in campo tutto di nero, accolto dal tripudio strepitate della folla. Delle giovinette imbracciano un enorme cartellone: “Marat, we believe in you.”. Se ci credono loro. Il gigante russo comincia come una sfiammeggiante supernova abbagliante. Senza paura, timori e paturnie. Con l'espressione rilassata, tira dritto per dritto per la sua strada. Voglia il cielo, che qualcuno conosca quale. Sembra persino correre bene. Sul 2-2, salva una palla break con un miracoloso recupero, uscendo vincitore da uno scambio infinito. L'idea pazza che abbia voglia di giocare, che si sia svegliato bene, è nitidissima. Travestita dalla solita illusione degli stolti. Ultimamente ci ha abituato a mezz'ore di antica brillantezza, come svogliata concessione. Ma tant'è, sarà che il 41 di febbre mi fa delirare con più lungimiranza, ma mi dico che se solo vuole, è uno dei pochi capaci di colpi angolati, che disarmino le sassate furenti di Fernando Gonzalez. Se.
Ogni punto conquistato è uno strepitio orientaleggiante per l'eroe russo. E quando dopo un poderoso attacco di dritto, con ampi gesti delle mani sospinge fuori il lob di difesa del cileno, i decibel degli urletti raggiungono livelli imbarazzanti. Gonzalez, che pure è uno che ha fatto finali di slam e vale i primi dieci, assiste allo spettacolo senza poter fare nulla. Marat sfonda con fluide accelerazioni di controbalzo, folgoranti e precise. Ha persino un barlume di progetto tattico che balena in quel testone. Rovesci bimani angolati e dormienti, talvolta slice, ad impedire che “mano de piedra” esploda il randello terrificante di dritto, per poi partire con bordate mostruose, oggi anche efficaci. Le poche volte che Gonzo prova ad esplodere la carocchia fumante, totalmente fuori giri e posizione, sparacchia lontano dalle righe. Altro scambio nella diagonale rovescia, che sembra affettata da lame ora delicate, ora radenti, gancione di dritto a sfondare, magnifica volée di rovescio in allungo a chiudere. Marat s'invola 5-2. Il pubblico è in delirio. Inquadrano un'attempata donna sulla cinquantina, con gli occhi a mandorla dietro spessi occhiali, imbraccia un cartellone con la foto del russo, e la dicitura: “Marat sposami”. E' il chiaro segno del declino di un campione.
Ma il russo continua nell'incredibile stato di grazia marziana, vince il primo set 6-3, altro recupero miracoloso sulla smorzata del nastro, e volleetina facile facile. Roba da non credersi, corre pure. Mai visto giocare così da tre anni a questa parte. Ma la rottura è in agguato, basta un semplice punto. C'è da stare in guardia. Avanti di un break anche nel secondo, seguita a servire come in paradiso e non sbagliare nulla. Mano de piedra non sa proprio cosa fare, imprigionato nella diagonale rovescia. E non è nemmeno un colpo malvagio, prova a lavorarlo con perizia. Ma quell'altro pare sospinto dalle divinità di un tempo, per un giorno. Senza black out. Scalcia nervosamente una pallina, e viene giù il palazzetto, urletti eccitati e frementi di giovinette e vecchie bacucche. E ridono tutte, giulive e costipate. Un'altra imbraccia un pupazzetto. L'avvilito cileno prova a far capire che c'è anche lui, palleggia coi piedi come un virgulto pedatorio, e dal pubblico si leva qualche malvagio “buuuuh”. Assiste impotente ad uno spettacolo imprevedibile, con la sua bella faccia volitiva da teppista del bronx, in una delle puntate della serie televisiva “Starsky&Hutch”.
Ancora saette e bordate annichilenti del russo ispirato. Eccolo lì il vero numero uno al mondo, altro che chiacchiere. Se solo riuscisse a produrre quel gioco per più di un ora. Se, appunto. Ma tanto basta, oggi. Altro magnifico anticipo di rovescio, demivolè difesiva, e smash in gancio, stile Jimbo Connors d'annata. Spettacolo vero, dimostrazione di forza serena di uno a cui non importa più nulla. Chiude 6-3 6-4, e saluta con la stessa espressione di quando perde.
Domani lo attende Rafael Nadal. Il maiorchino fatica a battere terga prominenenti Blake, dopo aver rischiato persino contro l'ex uomo delle nevi Baghdatis, cipriota col fisico di cristallo, tenuto assieme dal nastro adesivo. Bartezaghi mi ha già dato il pronostico. Ma evito di riportarlo. Tra l'altro, in quel di Tokyo, Youzhny, in permesso premio dal neurodeliri di San Pietroburgo, la spunta in tre set su Simon.
Sempre in Giappone, Richard Gasquet prosegue il titubante ed apprensivo tentativo di rientro. Dopo la grottesca storiella del bacio alla cocaina con una pulzella e la grazia di un clemente Grand Jury, il ritorno per lui non è certo facile. Pare che Mariano Puerta si sia disperato. Poteva evitare la squalifica a 4 anni raccontando di un appassionato gioco di lingue con un camionista, pieno come un otre di nandrolone.
A Richard non deve essere sembrato vero di trovare Picasso Petzschner al primo turno. Ci vuole davvero uno sforzo di fantasia notevole, per trovare uno col cervello più in disarmo del suo. Anzi, l'altro non ce l'ha nemmeno, il cervello. Al suo posto una candela spenta, che per misteriosi motivi crea cera rovente. Picasso si produce in uno spettacolo aberrante. Qualcosa di inenarrabile. Il talentuoso francese ha l'espressione del viso serena come non accadeva dal 2005, e colpisce la triglia agonizzante tedesca, con sanguinosi e bellissimi rovesci. La missione di Picasso-scasso continua con proficui risultati. Rianimare anime in difficoltà spirituale. Sotto 3-6 1-3, il pittore surreale gioca il game perfetto. Rasoiata di dritto a uscire, attacco in back e virtuosa stop-volley ricamata, certosino passante di dritto lungolinea, ed altro dritto di puro polso, incrociato e radente, a pulire l'angolo. Tutto contento ed impettito, decide che può bastare così. Si deve concedere gradatamente alle platee, del resto. Gasquet vince 6-3 6-2 in un'ora scarsa.
Oggi il francese aveva un impegno più complicatp. Jo-Wielfred Tsonga, che sarà in uno stato di forma lontano da tempi passati, avrà anche un panettone impresentabile in testa, ma è comunque un giocatore di tennis. E infatti Richard si smarrisce, sbriciolandosi come friabile pasta sfoglia. Vince il primo set, poi comincia a trasmettere ansia. Vaga per il campo come un paperotto spaurito, stecca e affossa, piega la testa di lato dopo uno sconcertante errore e sbuffa inquieto. Senza lo straccio di un'idea tattica. O forse talmente tante, da mandare in cortocircuito la sua povera mente turbata. La realtà evidente è che si espone come un pugile suonato al dritto terrificante di Alì Tsonga, che lo investe (anche con un pizzico di pietà): 4-6 6-2 6-2. E il talentino col berretto calato al contrario, è sempre più disperso, tra galassie svalvolate.

3 commenti:

  1. errore: per fare cassa ai primi turni bisogna sempre giocare la sconfitta di simon.

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  2. Simon va dato per sconfitto a prescindere.
    Ho evitato di citare Maria Josè Martinez Sanchez: 6-4 4-0, E derisione totale di A.Radwanska, a suon di adorabili smorzate e volèe. Torno a casa, vedo i risultati e leggo: 4-6 6-4 6-2 per la polacca, che poi ha fatto la finale. La farfalletta si sarà smarrita d'incanto. Ed il mondo è profondamente ingiusto. Va beh.
    Ciao Marco.

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  3. pero di positivo c'è che siamo arrivati alla posizione 33 la top 20 si avvicina

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.