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lunedì 30 novembre 2009

Master di Londra, Davydenko incoronato Mastro




Un Master fatto di grande equilibrio, partite combattute, in cui tutti battono tutti e perdono con tutti. Provo a mettermi nei tristi panni della Gelmini, e fare un bilancio scolastico. Tra Maestri russi dalla spaventosa sagoma draculesca (Davydenko), rudi professori emergenti (Del Potro), supplenti esaltati (Soderling), annoiati presidi dal sangue blu (Federer), simil-Pierino virtuosi dell'onanismo acrobatico (Murray), bulletti senza cervello (Djokovic), ex capi d'istituto rivoluzionari (Nadal), studentelli pavidamente zompettanti (Verdasco).
Davydenko: 8. La forza della schiva semplicità al potere. Il cencio esangue, senza capelli, e che porta a spasso spallucce scoscese e fisico da cavalletta deperita, diventa il meritato “maestro dei maestri”. Stretto in una maglietta accollata, e pantaloncini ascellari di fantozziana memoria, esibisce un tennis essenziale, pulito e utile alla bisogna. Tutt'altro che gradevole a vedersi, ma al tennis gioca meglio di tanti sopravvalutati fantocci tracotanti da prima pagina. Piedini artritici sempre piantati nel campo, e continui anticipi da play station. Senza mai arretrare di un centimetro, il nostro bell'eroe transilvanico, sfinisce un Federer svagato, e in finale disinnesca le alabarde infuocate di Del Potro. Con la forza della semplicità, e sfruttando l'arma dell'anticipo, e angolazioni esasperate. Davydenko è il più forte dei non campioni. E quando campioni non ce ne sono o giocano con sufficienza urticante, lui la partita la porta a casa. Con modestia ed umiltà operaia trottante. E alla fine Nosferatu sorride gentile, quasi schernendosi. Un refolo di ammirazione sgorga spontanea, pensando a quando ha ammesso con candore, che non vincerà mai uno slam. Nell'epoca in cui cani, porci e simil Bolelli indisponenti, fanno proclami altisonanti e fuori dalla grazia di Dio, vien (quasi) da tifare Davydenko.
Del Potro: 6,5. Perde, vince, perde ancora. Ma lascia l'impressione che lo ritroveremo a grandi livelli per un decennio. Reduce da acciacchi fisici, e meritati sollazzi con la leggiadra Yanina, non lo credevo capace della finale. Riprende un match quasi perso contro Soderling, esibendo carattere da scafato combattente della Pampa. Più che l'evidente roncola furente, a colpire è la solidità mentale raggiunta dal ventenne bombardiere dagli occhi taglienti. In finale non riesce mai ad entrare in partita, restando con il colpo in canna, disarmato dalle angolazioni prodigiose del russo. Qualcuno dovrebbe spiegargli che nei pressi della rete non ci sono branchi di piranha affamati.
Federer: 5,5. Sua maestà danzante sulle punte, quasi annoiato dal ciarpame volgare e petulante. O se volete, giovin signore bizzoso ed accigliato, per l'insolenza della schiavitù, che osa destarlo dal riposo dei giusti. Comincia ogni partita in babbucce e vestaglia di kashmir. Svogliato come chi è obbligato a tirar banali palline. Si presenta a Londra vagamente inquartato e semovente, ma soprattutto svuotato mentalmente. Incredibili passaggi a vuoto e partenze false, più facilmente recuperabili nel tre set su cinque, che non nelle partite al meglio dei tre. Deprecabile atteggiamento di fastidio, dritti raccapriccianti e scalcioni a palline, neanche fosse un Ferrer talentuoso. Perde ancora con Del Potro, calato oramai nella parte di arrembante killer spietato. Arriva comunque in semifinale, ma basta un Davydenko qualsiasi per rispedirlo alle meritate vacanze, alle gemelline, e a gozzoviglianti banchetti a base di amorevoli manicaretti preparati da Mirka.
Soderling: 6,5. Eroe per caso. Chiamato all'ultimo minuto come riserva di Roddick, non lo fa rimpiangere (non ci voleva poi molto). Immaginate un boscaiolo eremita, in arrotolate maniche di camicia scozzese a quadrettini rossi e neri. Spacca i suoi tronchi d'abete nella quiete assordante della montagna, e d'improvviso impazzisce. Brandisce l'accetta come a voler sterminare tutti, in piena trance omicida. Strabuzza gli occhi orrendi e appallati, e gioca partite da esaltato psycho killer della racchetta. Ecco, così vedo Soderling. Sorprendente semifinalista, arriva ad un passo dallo sfondare anche Del Potro, smarrendosi sul più bello. Pervaso dal talento cristallino dell'antipatia naturale, se ne va imbufalito, infischiandosene di speaker e saluti al pubblico.
Djokovic: 5. Avvezzo ad eufemismi e fregnacce, mi sembrava il più in forma di tutti. Nel circostante clima da gita di fine anno, infortuni, e squilibri mentali, rimaneva il più accreditato alla vittoria finale, sfruttando la sua oscena regolarità. Non gli riesce neanche quello. Paga una sola sconfitta, disarmante e avvilente, contro un Soderling esagitato. Lo vedremo nel 2010. Purtroppo.
Murray: 5. Che dire. Un inerme fuscello iracondo, che rema frustrato, in balia delle roncole altrui. Oramai schiavo di un presunto talento, e delle sue, sovente suicide, capacità strategiche. Si attende sempre che inizi a giocare. E non lo fa mai. Per carità, sfortunatissimo nell'uscire per differenza games (uno). Altra tragedia per gli inglesi in crisi d'astinenza, arrivati ad innamorarsi di un figlio dell'odiata terra scozzese.
Verdasco: 4. Anvedi come perde Nando, è sempre lui. Il mio mito. Zompettante agonista di plexiglas. Dal famigerato 6-4 al quinto patito con Nadal a Melbourne, il secondo mancino di Spagna s'è inventato perdente di gran temperamento cinematografico. Vero artista della sconfitta acrobatica. Uno sconfinato repertorio da virgulto, servizi velenosi, attacchi mancini, angolazioni ed anticipi briosi, volèe e difese della rete acrobatiche. Anche a Londra gioca alla pari e a tratti meglio di tutti, ma finisce sempre con lo scivolare goffamente sul traguardo, come Dorando Petri. Oramai lo sanno tutti.
Nadal: s.v. L'unico a non vincere nemmeno un set. Da quando è tornato, è sempre crollato miseramente al cospetto dei primi dieci. Niente di nuovo, dunque. Eppure m'ero illuso che a Londra potesse scovare residue riserve d'orgoglio. Ma senza forza, chi ha fatto del tennis muscolare una ragione di vita, non può nulla. L'anima finisce per perire, agonizzante, non sorretta da quel fisico gladiatorio, esasperato in modo folle, per diventare quello che era. Finisce per assecondarlo tristemente, con rassegnazione. Sforzandomi nell'esercizio della metafora raffinata, il Nadal attuale è come un uomo senza pene, che pretende di infilarsi un preservativo. Uno e trino, essendo anche ferrato in preparazioni atletiche e medicina dello sport, posseggo in tasca l'unica soluzione. Sbattersene di sponsor, classifiche e punti, e stare fermo per sei mesi. Aspettare che le giunture possano nuovamente sopportare il suo tennis sovrumano, per qualche anno ancora. Anzi, vi preannuncio una trattativa in corso con zio Toni. Vedremo, chiedo molto: Una cassa di beck's giornaliera.

6 commenti:

  1. Occhio. Verdasco il quinto a Melbourne l'ha perso per 6-4 e non 7-6. Per 7-6 erano finiti il terzo e il quarto set.

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  2. si però il contro smash è stato formidabile.

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  3. @Marco, ti riferisci a quello di Federer contro Nosferatu? Si bello assai. Non vorrei dirlo, ma pure Petzschner fa un bellissimo punto a partita.

    @Benedetta, certo 6-4. Chissà perchè ricordando quella partita, penso al 7-6 anche nel quinto. La sostanza non cambia. Nando è un bluff gradevolissimo, ma sempre bluff. E' in lizza per entrare nella mia personale top ten di ram-polli. Ciao.

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  4. E chi se l'aspettava che vincesse Davydenko?^^

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  5. Ciao Marty, di certo non io. Che ho cannato tutte le previsioni. =)

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  6. non ne dubito però quello di federer non è stato un semplice bel punto,un colpo così vale almeno un set per cui si và al quinto.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.