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lunedì 16 novembre 2009

Parigi Bercy, ci sono abitanti nel pianeta Nibiru. Ecco le prove



Tra sonnolenze dei più forti, malinconici addii, e fulgidi esempi di stupro tennistico, cosa rimane? Niente, o Philipp Picasso Petzschner. Il pittore tedesco era alla difficile ricerca della sesta sconfitta di fila. Al limite passare il turno e poi battere Federer in due set. La terra sarebbe implosa di sgomento, con oltre due anni di anticipo. Era tutto scritto nelle profezie Maya-bis, malgrado le reticenze del pentagono su questa verità scomoda. Di fronte a lui, Julien Benneteu, francese dal tennis a tratti brioso, perdente buono per ogni superficie e stagione. Picasso comincia ispiratissimo e concentrato. Saette, pennellate morbide e suadenti a dipingere angoli folli, in una sinfonia delirante. Un alieno, proveniente dall'oscuro ed inesistente pianeta di Nibiru. Ha i tratti del viso tirati, deciso come non mai. Pare persino convinto di essere un tennista. Uno di quelli bravi, che fanno i quindici e vincono le partite.
Dura fino al 6-4 5-5, poi gli si spegne l'ottundente lampadina fulminata, stipata nella scatola cranica, e ritorna aspirante vice-apprendista venditore di granite alla menta piperita. In Lapponia. Deambula storto, sparacchia pallate oscene e fuori di senno, esibendo la proverbiale espressione da triglia lessata con spruzzatina di limone. In pochi minuti eccolo, il nostro Picasso-scasso, in tutto il suo essere sofisticatamente inetto e smagliante: 4-6 7-5 5-0 Benneteau.
Inquadrano l'allenatore del tedesco. Ebbene, non vi stupite, Petzschner ha un allenatore, non un dottore della mente. Il poveraccio ha le mani nei capelli inesistenti e l'espressione distrutta. Si chiede perché nella vita abbia voluto fare l'allenatore di tennis e non il raccoglitore di cicorie nella foresta nera. La sua creatura svitata, vaga impotente e quasi divertito del suo nulla assoluto. Ride, mastica qualcosa, sbuffa e ride ancora. Poi comincia un teatrino meraviglioso. Ghirigori circensi e tocchetti irridenti, di quelli che non si provano nemmeno in allenamento. Chiama l'istant replay su una palla uscita di tre metri abbondanti. E gliela concedono. Il pubblico ride di gusto. Pure l'arbitro ride e scuote la testa. Lui fa spallucce e aggrotta le sopracciglia orrende. Seguita a ricamare l'impossibile, chiama un'altra moviola, con l'avversario già pronto a servire dall'altra parte. Crea finalmente il suo punto: smorzata velenosa di rovescio, pallonettino burlesco, altra smorzata irridente, ed ancora pallonetto vincente. Risolino subnormale, pure l'arbitro ride, di nuovo. Ridono tutti. Benneteau con la lingua penzolante, lo scruta come si fa coi matti pericolosi.
Si ritrova 3-5 da 0-5, e per poco non gli riesce l'immortale rimonta, da raccontare nei libri di psicologia spiccia o di ricette esquimesi. Rimonta stroncata sul nascere, quando lui stesso capisce di potercela fare, tornando ad interpretare il serioso tennista. Ecco svelato cosa deve essere Petzschner. Spettacolo fatuo e folkloristico. Onanismo cerebrale. Null'altro. Come tennista regolare, è poco convincente a se stesso.
Dopo simile spettacolo di genialità surreale, ed i successivi struggenti addii di Safin e dell'eroe di casa Fabrice Santoro, il torneo ha esaurito ogni miserabile interesse. Del russo ho già scritto abbondantemente. Il “coccodrillo” sul maghetto francese, lo rinvio. Pare che “magicien” abbia deciso d'iscriversi all'Open d'Australia, volendo diventare il primo tennista capace di giocare slam a cavallo di quattro decenni. Del resto, confesso, non ho seguito nemmeno un fotogramma, periglioso per la mia incolumità spirituale.
Si arriva a Djokovic-Monfils. Non è difficile azzardare una finale di atroce bruttezza estetica. Il solo pensiero potrebbe provocare un improvviso incanutimento dei peli pubici, all'improvvido spettatore. Ci sono poche cose, capaci di parificare un simile abbrutimento dell'animo. Chessò, un comizio di "moderazione xenofoba delle libertà" della On. Santanchè, nei vari salotti tivvì, in cui va per la maggiore.
Il serbo, al di là delle banali disquisizioni estetiche e volendosi addentrare nella manovalanza spiccia, si conferma tennista di grande costanza e solidità. In autunno torna sempre alla ribalta, grazie alla sua macchinosa regolarità. Raccatta quello che lasciano gli altri, con sapida bruttezza. Le foglie morte cadono malinconiche, parallelamente al tennis ricercatamente morente di Murray. Sua maestà unta dal signore, Federer, riposa il sonno dei giusti. Novello “bell'addormentato nel bosco” versione sacra. Dispensa intelligentemente i suoi nobili sforzi nei tornei del grande slam, degli altri, cosa può impipargli? Li affronta con lo stesso impegno mentale ed animus pugnandi offerto, quando uno schiavetto gnomo gli lima le unghie del mignolo regale. Lui può. Del Potro, esaurita la sua missione superiore, giustiziare epicamente Safin, si rompe. Nadal è oramai rassegnato a non poter/dover più ripetere quei picchi disumani dello scorso anno, e che lo avrebbero inevitabilmente portato a schiattare come una cicala rifrullante.
Ad intralciare la strada del serbo, ecco spuntare, denso di fiero raccapriccio, Gael Monfils. Reduce da 126 infortuni muscolari, dovuti all'intorcinamento muscolare cui si espone, a causa del suo urticante non-tennis ossessivamente difensivo. Il dinoccolato ginnasta francese, tra una spaccata spettacolare assai ed un recupero sgraziato e ritorto, avvinghiato ai teloni di fondo, raggiunge la finale. Amen. Lo guardi in faccia, con la sua bella lingua penzoloni dopo l'ennesimo recupero orrendo, e pensi che il tennis giocato col braccio sia oramai morto. Alla fine, chiedo venia, proprio non so chi dei due abbia potuto “vincere”.

4 commenti:

  1. Ma questa tua lievissima idiosincrasia nei confronti di Djokovic (che solo i lettori più accorti avranno colto tra le righe dei tuoi post), dipende esclusivamente dal suo carattere/atteggiamento o è legata anche al suo gioco?

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  2. Mi fa piacere tu abbia colto questa impercettibile inclinazione. Sei una grande osservatrice/lettrice. E poi, si sa, ci tengo a mostrarmi equidistante, assai obiettivo e con la riga di lato. =)
    Quale dei due motivi? Semplice. Possiede entrambe le caratteristiche. Un mix esplosivo. Ciao, a presto.

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  3. Anch'io non capisco questa tua lievissima antipatia. Tra i pretendenti al trono, lo trovo il più continuo e il più affidabile. Non ti piace il suo gioco, e questo lo capisco. Da amante di Marat, come potresti amare lui? Ma a me sembra vario e inventivo. Non fa il vassallo. Sarà un po' invasato forse. Ma senza eccessi, e poi è capace di ironia e autoironia. A me a pelle piace e parecchio, anche perchè lo vedo un possibile antagonista del Monarca.

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  4. Ciao Benedetta,
    benedetta donna, immagino tu sia nuova di questo posto. Sicuramente, mi diverte tantissimo ironizzare su di lui. Si presta moltissimo. Ho scritto decine (centinaia?) di volte, perché uno del genere non può piacermi. Al punto che qualcuno può pensare io sia prevenuto. Ma va là... =)
    Macchinoso, finto e costruito. Nel gioco e negli atteggiamenti. Uno con gli occhi di una ferocia vista solo nei campi di guerra, che vuole fare il simpatico per forza, per copione. Il carisma non te lo costruisci, ci nasci col carisma. Anche quando rompe una racchetta è goffo e detestabile. Non lo fa d'istinto, ci pensa. Tremendo.
    Sul gioco, bah, de gustibus...”vario”...se Djokovic ha schemi vari, la Binetti è di sinistra. A meno che per varietà non intendi, quando si esibisce in quelle trucide affettate di rovescio, o nelle smorzate agricole che gioca, digrignando la scucchia invereconda (una riuscita e quattro a metà rete). Oppure quando caracolla come un pupazzetto impalato di caucciù a rete, e gioca volèe rabberciate, quasi stesse impugnando un'accetta preistorica.
    Il discorso sulla monarchia, il vassallaggio, valvassini, valvassori e sacche armate di resistenza, mi ricorda qualcuno. Teoria divertente, ma finisce lì . Del Potro è forse vassallo? E Murray? E Nadal fin quando stava in piedi? E il Roddick di Wimbledon? Il vero problema non è il vassallismo, ma questa gente non ha continuità. Spero di non aver peggiorato le cose. Ribadisco, Djokovic non mi piace. ciao, alla prossima (discussione civile).....=)

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.