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martedì 26 gennaio 2010

Australian Open - nona giornata - Nadal, la resa dell'irriducibile ferito


Appiccio il vile strumento multimediale, e pare vi sia una strana atmosfera mistico-religiosa, a dirigere le sorti di un triste match di quarti di finale. Marin Cilic, allampanato e ombroso croato di Medjugorje, è nel culmine di una delle sue proverbiali amnesie da pastorello visionario. Deambula lento ed impacciato, aggrotta, impotente, le sopracciaglia da gobbo di notre dame. Scruta terrorizzato il suo angolo, come in preda a crisi di panico. Si è appena fatto recuperare due set di vantaggio, da Andy Roddick.
Il solerte speaker ricorda come l'americano sembrasse morto, sul punto del ritiro, alla conclusione del secondo set. E invece ora è risorto, come un Lazzaro col cappellino e senza occhi. Il buon Andy ha anche guadagnato in protervia, da quando un luminare allenatore, gli ha insegnato che al tennis si gioca pure col rovescio, e che il baseball è un'altra storia. Vaga per il campo con l'aria di chi vuol strillare al mondo: "ce l'ho pure io il rovescio!". La maggior completezza e varietà di soluzioni di un giovane pastorello dagli altalenanti umori, opposta all'esperienza di un tennista abituato a gestire da anni, situazioni delicate. Era questo il canovaccio iniziale. Tra amnesie spirituali e rinascite fisiche, giusta conclusione al quinto. Come per magia, quasi ubbidendo a dettami superiori, Marin si rimette a spazzolare angoli e righe. E il match se lo porta a casa.
Prosegue il leggiadro cammino della divina Justine Henin. Dopo la smunta vampiressa perdente Dementieva, l'orca obesa Kleybanova, il giovane e furioso armadio a quattro ante Wickmayer, è la volta di Nadia Petrova. L'esperta russa col girovita da massaia emiliana che impasta i tortelli, ed i bicipiti da lanciatrice del giavellotto con barba di 24ore, aveva lasciato un game a Kim Clijsters, e un set alla randellatrice Kuznetsova. Le premesse per un match interessante, c'erano tutte. Justine gioca con pazienza, rintuzza le sfuriate del balenottero russo, lo sposta, goffo e pesante, da un lato all'altro, per poi affettarlo con un rovescio di kashmir, o una volè fatata. Nadia annaspa orrenda. Malgrado un completino rosa frù-frù, che la fa apparire un confettino di un quintalata, si difende con le unghie. In fondo, della nutrita pattuglia russa cui hanno scientemente espiantato il cervello, è una di quelle che pensa di più. Almeno per una frazione di secondo. Justine vince senza strafare, con la calma dei forti, in due set molto tirati. Autentica opera d'arte tattica e tecnica. Nessuna come lei, riesce ad abbinare queste due essenze primarie del tennis.
Zheng-Kirilenko, più che un quarto di finale, si preannunciava come una puntata de "il mondo di Quark". La bionda russa, ululante emula, più graziosa ma ugualmente fastidiosa, di Maria Sharapova, si è messa in triste luce, a Melbourne. Un rantolo via l'altro, eccocela nei quarti, a non far disperare i feticisti dell'urlo invasato. Ma siccome non ci si deve far mancare nulla, davanti a lei, una cinese minuta. Zheng, si chiama. E chi è? Qualcuno mi dice che ha fatto persino la semifinale a Wimbledon 2008, prima di ritornare nelle retrovie. Ah, ok, rispondo. Sarà perchè in quell'estate preferivo fumare l'oppio per rilassarmi, invece che guardare il tennis. O perchè, come diceva quel tale "'sti cinesi so' tutti uguali...", ma io quel cosino lì, proprio non so chi sia. Il mio rifiuto, potrebbe nascere anche da un filo di delusione. Era un quarto di finale che avevo già disegnato nella mia mente: Maria Josè Martinez Sanchez, contro Masha Sharapova. Con la giuliva farfalletta a mandare al manicomio la valchiria bionda, piena di livore strepitante. Pazienza. Purtroppo, ecco questi due affari curiosi, che si agitano con estrema insipienza.
La piccola cinese gioca neanche malaccio. Angoli, attacchi, back, voleettine. E poi tantissimi urli di guerra striduli e pugnetti roteati al cielo, quasi stesse dando la caccia alle mosche. Buon Dio, l'orrore invasato ha contagiato anche il disciplinato oriente asiatico di Mao Tze tung. "Ma certo che se s'incazzano i cinesi...", diceva quell'altro. La piccina esaltata domina in lungo e largo. Kirilenko pare reduce da una cruenta battaglia coi vietcong. Coscia fasciata, ed il fisioterapista a rimetterle in sesto la schiena. E, ancor più agghiacciante, Igor Andreev trepidante, che la assiste con sguardo demente, dagli spalti. Ammetto, non sapevo di questa bizzarra liason. Ma una, i guai se li va a cercare da sola. Avesse scelto di accompagnarsi a Youzhny, ora Maria avrebbe una manciata di slam in bacheca. Oppure svernerebbe silente, in un centro di igiene mentale. Vince Zheng, in carrozza. Alleluja.
Nadal-Murray. Il match della giornata. Un quarto di finale che vale almeno la semifinale. Il quasi ritovato eroe iberico, frullante palline arroventate, contro il raffinato stratega dal nobile braccio, che spesso si strangola da solo, con le sue mani. E poi urla. I "vamosssss", esplosi a pieni polmoni di Rafa, opposti ai "c'mon" di stizzita spocchia britannica, strillati con espressione assente, a metà tra il viziato baronetto snob e l'hooligan squilibrato. L'arrembante mowgli impavido, che sfida il vampiro dalla dentatura spaventosa. Il negriero zio Toni, contro mamma Murray, grottesca bacucca ultrà.
Volendo addentrarsi in saccenti discorsi di tecnica spicciola, lo scozzese è uno dei pochi a poter contrastare il Nadal al meglio, con la tattica. A saper domare i diabolici drittoni incrociati carichi top spin dell'iberico, col suo magnifico rovescio bimane. E senza lasciarsi sbattere in terza fila, come tanti. Forse il solo a possedere la giusta pazienza, e a non dare troppi punti di riferimento allo spagnolo, alternando attacchi e prese della rete, allo scambio dal fondo. Ma qui mi fermo, per non dare troppo sfoggio di onnisciente competenza. Il punto è, capire se Rafael Nadal, sia davvero ritornato ai monumentali livelli che gli competono. Nel caso, potrebbe rivelarsi un match memorabile. E che io, impegnato al tornio, non posso vedere. Me lo sarei gustato in replica, sgargarozzando tre o quattro birre a set. Parteggiando con distacco, per il meno artefatto spagnolo, che a pelle, mi fa più simpatia. O meno antipatia.
Purtoppo, mi giunge una ferale notizia. Nadal, sotto di due set e 3-0 nel terzo, abbandona la lotta, per problemi al ginocchio. Si può solo ipotizzare il dolore dell'irriduciblie combattente, e farsi le solite sciocche domande, sull'effettiva capacità di un uomo, di poter reggere ritmi talmente esasperati. Ben sapendo, che una risposta non ci sarà. Comunque sia, seguaci inferociti del top spin, o snob del tennis pennellato a parte, un gran peccato.

3 commenti:

  1. Ciao Picasso!
    Ma guarda un po' Marino...sono proprio contenta per lui (Roddick mi sta un po' lì lì devo confessare anche questa). E ora deve vedersela con colui che mi è più insopportabile, povero chicco, speriamo non mi si smarrisca e riesca a ricompiere l'impresa dell'US Open!Alla fine della partita quando ha salutato il pubblico Marin mi ha inquietata, ha alzato le braccia chiudendo gli occhi con aria mistica, che comunichi davvero con la santa vergine?!
    Quanto a Murray-Nadal, me la sono vista, i primi due set molto intensi, il primo non ne parliamo, agonismo come piovesse, vamos e c'mon (grrrr) a gratis, grossi regali reciproci che alla fine lo scozzese è stato più bravo a cogliere. PARE e dico pare che Nadal lamentasse fastidio al ginocchione già alla fine del primo set, nel terzo set si vedeva che si muoveva come camminasse sulla cera, per non gravare troppo sulle povere giunture.
    Manco a dirlo "tenevo" per lui, che mi fa venire meno orticaria, ma guai fisici a parte Andy ha meritato, mi duole alle gengive ammetterlo ma è così.
    Ah oggi su Eurosport da Mats e Annabelle Croft c'era ospite Pat Rafter, a momenti piangevo davanti alla tv...ed è sempre un bel vedere d'uomo eheh!
    Ciao a presto!
    PS capitolo calcio, a me che sono della Juve è rimasto solo il cappio cui appendermi fate vobis...

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  2. Il tennis maschile di questo periodo rende quasi ogni quarto di finale, e di certo ogni semifinale, bello come una finale. O no?

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  3. Silvia,
    Ho poi visto qualcosa. Al di là delle urla bilingue e dei pugnetti, gran match. Peccato sia finito così.
    La mia memoria è assai labile, ma a NY lo scozzese fu letteralmente preso a pallate da Cilic. Certo, a sentire Murray: "Pensate quello che volete - uno stizzito "voialtri", ci stava bene - , ma io so come ho giocato in quella partita. Posso vincere il torneo.", pare sicuro.
    Rafter, francamente potrebbe avere anche la faccia di Stepanek, il mio giudizio rimane tale. E gioca ancora magnificamente. Ho visto qualcosa della finale di Londra con Edberg, in dicembre. Sono sicuro batterebbe ancora Seppi o Petzschner. 6-1 6-2. Ciao. =)

    Ottanta/Cento
    Si, grandi partirte, ed equilibrio tra i primi otto, quindi ogni quarto può quasi dirsi quasi una finale, anche per livello di gioco. Fino a qualche anno fa, accadeva col tennis femminile, che il torneo iniziasse dai quarti - se non dalle semifinali. Ora la tendenza è capovolta. Tra le donne c'è eqilibrio dietro alle due o tre, mentre i primi otto uomini, sono nettamente più forti degli altri. Tranne l'inserimento di Tsonga al posto di Soderling - infortunato - e Cilic per Del Potro - infortunato pure lui -, e che di certo non sfigurano, non ci sono state sorprese. Davydenko-Federer e Djokovic-Tsonga promettono bene. Ciao, alla prossima.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.