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martedì 16 febbraio 2010

JOHN MCENROE, 51 ANNI DA GENIO


Auguri ad uno dei più grandi, geniali e discussi personaggi del tennis moderno. Dal campo alla cabina di commento, sempre onnipresente ed iperbolico protagonista.
Tra una stordente carezza ed un volgare improperio. Boccoli rossicci o ingrigiti ciuffi ribelli. Diciassette anni, come cinquantuno, sempre con negli occhi quell'aria luciferina da arruffato geniaccio mascalzone. Ribelle al di là del volgare ed umano scorrere degli anni. Amato ed odiato. Adorato e detestato. Venerato quasi fosse un semidio pagano, ed insultato come l'ultimo degli irriverenti ladroni. Spesso le due cose messe assieme, nell'arco di qualche secondo. Quelli che andavano dalla solita sceneggiata furente, ad una volè stoppata. Un ricamo che moriva lento dall'altra parte, pieno di grazia finale. Vince sette slam, sedici compresi i doppi. Quando ancora il doppio aveva un senso. E molti di più ne avrebbe vinti, se a quei tempi l'Australian Open non fosse snobbato come un challenger di infima categoria. Ma non è quello che conta. Ha vinto meno di altri, ma John Patrick McEnroe rimane il tennis. Genio e poeta senza età. E gli sponsor se lo contendono, ideatori di videogiochi ultramoderni lo mettono in prima pagina contro Nadal o Federer. Lui che iniziò a giocare ed accarezzare palline con una racchetta di legno. Perché il genio non ha tempo.
Estasi rabbiosa e incanto. Un vero terremoto ribelle e urlante, che sconvolse il fin troppo ingrigito mondo del tennis di fine anni settanta, fatto di ottuagenari spettatori tintinnanti e mummificati. Cacciato dall'esclusivo England club del Queens, per aver consigliato un poco ortodosso e scandaloso uso della racchetta ad una improvvida ed attempata nobildonna, che osava intralciare il suo campo d'allenamento. Geni si nasce, negli eccessi come nei capolavori. Fascia rossa in testa, piedi paralleli alla riga, tic schizoidi e poi gran servizi per fiondarsi come un proiettile verso la rete. E stordirla con volè e merletti. La racchetta come proseguimento naturale e flessuoso dell'arto. Il braccio sinistro di Dio sceso in terra, in una mente diabolicamente blasfema. Tutto ed il contrario di tutto. Una sprezzante rasoiata o un colpo di fioretto che lasciava senza fiato estasiati spettatori ed avviliva increduli avversari.
“You cannot be serios” strillato sul mondo. Arbitri, pubblico, giudici, avversari, una vita alla ricerca di quell'Io guizzante e rabbioso, che sfuggiva al suo controllo. E perché un nemico bisognava pur crearselo. “You cannot be serious” urlato a vomitato a pieni polmoni verso l'arbitro ingessato, e liberare tutta la sua frustrazione in faccia al mondo intero. Paranoicamente solo contro tutti e contro se stesso, nel destino di un incompreso. Cosa poteva capire un becero giudice di sedia, di quello che scorreva nella sua testa? Improperi, volgarità inenarrabili, scenate intrise di odio sincero. Come osano “quelli lì” chiamare un mio colpo fuori? Il genio non sbaglia mai, anche quando sbaglia. Espulso e squalificato, a trent'anni come a cinquanta, in uno slam o in un torneo esibizione opposto all'inoffensivo Malivai Washington. "Nessuno ha mai capito che mi comporto così per nascondere la timidezza", dirà poi.
Vittorie, record e umana noia. Il trono di Wimbledon scippato all'imbattibile orso svedese, con frustate imprevedibili e ricami imprendibili. Vince tutto, poi si annoia, come tutti gli uomini. Riprende con due bimbi a tracolla sotto lo sguardo di un'attricetta figlia d'arte, quando oramai nei campi dominavano i missili di Agassi e Becker. Ed il tennis moderno imponeva al talento divino, la malsana idea di contaminarlo col plebeo allenamento di uomini piccoli. Arriva ugualmente vicino a rivincere uno slam, poi smette nel '93. Anzi no, perché il genio non ha mai smesso. Basta guardare un torneo, leggere un giornale. Dove c'è tennis c'è sempre Supermac. Prova persino a proporsi come allenatore-psicologo-factotum di un Gasquet in disarmo o di un Federer in crisi mistica. Candidature, ovviamente non prese in considerazione. E cosa vuoi che possa insegnare, John McEnroe? Lui era genio assoluto, istinto puro. Rabbia e poesia che non possono insegnarsi, ma nascono improvvisi dalle viscere e da una mente intimamente folle.
Dove c'è tennis, c'è ancora lui. Immortale Supermac. Dai logorroici commenti da cronista, a concerti rock in cui suona e ulula note stridule, a dichiarazioni sensazionalistiche, spesso in controtendenza rispetto a quello che aveva proferito due minuti prima. Chi può dirlo cosa ci sia nella sua testa. Adora l'eccesso e l'iperbole, ed è istinto naturale. Sul campo, come con le parole. Ora si prepara alla nuova stagione del senior tour, circuito di ex campioni nel quale primeggia ancora. A chi, un filo sorpreso dalla sua eterna voglia di competizione, gli chiede come stia, risponde di sentirsi ancora bene. Scherza sulle fans oramai attempate, poi lancia qualche allarme sul braccio che fa male. Quarant'anni a tirar palline beffarde si faranno pur sentire. Il brusio incredulo si espande nella sala stampa. Supermac col braccio dolente, è una fitta al cuore degli animi sensibili. Perché i suoi match valgono ancora la pena di essere seguiti, in religiosa attesa dell'ennesima ed inedita parabola futurista. Specie da chi non ha avuto la ventura di vederlo al suo apice, e deve sciropparsi Robredo e Monfils.
Poi rinsavisce, ritorna irriducibile ed orgoglioso. Dichiara che giocherà Deleray Beach, Zurigo e Boston. E promette battaglia contro quei "ragazzi", Ivanisevic, Sampras e persino la new entry Marat Safin. “Certo tirano ancora forte, ma sono qui per vincere...”, e lancia una occhiataccia diabolicamente beffarda, col viso da cinquantenne “supermoccioso”. Che Supermac sarebbe altrimenti. E' intimamente convinto di poter battere ancora tutti. E che quella palla era sulla linea. I geni sono così.
Scritto per Tennis.it

5 commenti:

  1. Ciao Picasso!!!
    Mirabile ritratto di McGenious (auguri!!!lo stesso giorno di mia mamma!) grazie!
    Mi sono mancati i tuoi articoli! Ti seguo sempre anche su tennis.it complimenti per la tua rubrica! Lì però non ti posso molestare :ppp
    A presto, ciao!

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  2. Ciao Silvia,
    grazie, fai gli auguri alla mamma, nata in un giorno in cui gli astri erano propizi. =)
    Ma puoi sempre lasciare qui i tuoi commenti, per ora di là è impossibile.
    Ciao, a presto.
    p.s. fremo e ardo per Picasso-Verdasco. =)

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  3. Toh, vedo ora che Picasso se la vedrà con tale Lacko... ok che con lui non si sa mai ;) però si può sperare almeno in una buona giornata illuminata dai. Dopo rischia di trovarsi a scelta uno dei massimo perticoni del circuito (Isner o Karlovic), o volendo Malisse ah sarebbe bello.
    A presto ciao!
    Ps il tuo articolo sul Richard radical-terricolo mi ha fatto venire male, non si può vedere Gasquet che ci diventa un Ferrer qualsiasi!

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  4. Eh si, avevo ancora in testa Verdasco. sarebbe stata una bella partita.
    Malisse è già fuori, figurati.
    Su Gasquet, la sconfitta con Chela ed il doppio giocato assieme a Vassallo Arguello (!). dimostrano che proprio torto non avevo. Chiamami pure Otelma. Oramai è morto, purtroppo.
    Ciao, a presto.

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  5. l'ho copia/incollato da me, grazie. achab1.0

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.