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venerdì 26 febbraio 2010

Master Dubai, cadono i semidei



Lo scenario del torneo negli Emirati Arabi, si presenta simile ad un campo di guerra. Tra defezioni, infortuni, scarsa condizione e sconfitte dei migliori
A Dubai si sta giocando un bel Master 500, preludio per i più importanti impegni di Indian Wells e Miami. Assenti i lungodegenti Nadal e Del Potro, e i malconci dell'ultimo momento come Federer, l'alone da “clinica della mutua” colpisce anche chi si è presentato negli Emirati. “Nosferatu” Davydenko, reduce da cinque mesi giocati a livelli disumani, inizia a mostrare qualche crepa, ritornando simil Klaus Kinski 86enne. Cede a causa di un problema al polso (azzardo, artrite senile) dopo aver perso il primo set con Michael Berrer, rudimentale tedescone che Pistolesi sta accompagnando a discreti livelli. Potrebbe voler dire qualcosa per il nostro Bolelli, forse no. Sicuramente i destini dell'Atp non dipendono da quello.
Murray alternativo. Ma l'autentica moria della vacche del torneo arabo, non s'è arrestata, investendo oltre ai fisici anche i torpori mentali, che si trascinano come i postumi della sbronza australiana. Andy Murray cede al secondo turno. Le copiose lacrime post finale Australian Open, avranno leggermente minato il suo debordante ego. Ora è convinto di vincere soltanto una dozzina di slam, e di potersi accontentare di un solo lustro come numero uno al mondo. Può essere. Probabile anche che stia furtivamente studiando dal manuale “come vincere uno slam prima che Federer si ritiri.”. E fedele al capitolo II, comma 3, ha appreso una delle regole fondamentali: Concepire i master 500 come allenamento agonistico per arrivare in condizioni decenti nei master 1000, e smaglianti nei tornei dello slam. E infatti Andy giochicchia, prova colpi e schemi alternativi assai interessanti. Come il serve and volley, apprezzabile variante del suo repertorio, che è sconfinato (occorre farsene una ragione). Lo scozzese perde da Tipsarevic, dopo una bella battaglia di tre set.
Tipsarevic, il pensatore incostante. Il serbo è uno dei personaggi più interessanti del circuito. Spessi occhiali e barbetta eremitica (anche quando la taglia, è come se ce l'avesse incorporata) a dargli un'aria da filosofo pensatore, abbinati a piercing e tatuaggi. Uno di quei “portatori di pessimismo”, che tanto minano l'ottimismo anticrisi. E per cui Proust non è un pilota di formula uno o un tronista di “uomini e donne”. Uno strano, insomma. Sul suo braccio non ci sono solo disegni da bi-ergastolano, ma persino una citazione colta di Dostojevski: “La bellezza salverà il mondo”. Magari non sarà lui a contribuire all'agognata salvezza sognante, ma fa lo stesso. Janko è un tennista eternamente incompiuto ed incostante. Gioca bene mezzo torneo ogni dieci e nel giro di tre giorni riesce a mostrare tutto ed il contrario di tutto: Al challenger di Belgrado perde da “carismio” Karol Beck, poi torna normale tennista a Dubai eliminando Seppi, e il giorno dopo fa “Jimmy il fenomeno” battendo il numero tre al mondo. Complice un incontro di boxe (perso ai punti, con gran dignità) con la vodka, un paio d'anni fa pensai valesse la pena di sostenerlo, e che fosse più forte di Cilic. Poi me ne sono dimenticato.
La vittoria di Tipsarevic su Murray, finisce per rivalutare l'onorevole sconfitta subita da Seppi, battuto dal serbo in due tirati set (chiusi come tutti possono immaginare, col bianchiccio braccino che si ritrae). Lo scrivo con sarcasmo, ma sono pronto a giurare che qualche patriota dannunziano, lo ha pensato davvero. Anzi no, dopo la rinuncia all'azzurro, il mattatore altoatesinio è diventato scarso per tutti. Magari diventa forte sul serio (vabbè). A conferma di una urticante incostanza genetica, Janko poi perde nettamente da Youzhny nei quarti. Ed il russo, se le formiche carnivore che infestano il cervello ed il fisico da tornellista gli danno tregua, diventa l'uomo da battere. Se appunto. La carriera del russo è costellata dai se.
Damiani Jo, imbarazzante controfigura di Cassius Jo. S'arrende anche Jo Tsonga. Male, male, malissimo. Dopo la comparsata marsigliese, altro momento bassissimo del tennista pugilatore francese. Si può solo sperare che anche lui si stia allenando. Da abbagliante Mohamed Alì dai muscoli scintillanti che incanta e demolisce, a Francesco Damiani, molliccio, livido e suonato dopo dodici riprese. Lento, goffo, svogliato. Caracolla pesante per il campo scrollando il testone, e perde da Ivan Ljubicic, croato che intimamente ha già smesso, ma che continua a fare bei risultati. Bontà sua. Rimane un set da meraviglia tennistica giocato da Jo contro Michael Llodra. Una delle più belle ore di tennis dell'intera stagione. Tsonga vince 11/9 il tiebreak del primo set. Va a fare i bisognini, e quando rientra, il connazionale volleatore gli comunica che non ha più voglia di giocare. E ancora non ho capito perché. S'era scocciato o forse era troppo bello per essere vero.
Cilic in ribasso, Djokovic resiste. Tra i presunti aspiranti al trono, resiste un turno in più Marin Cilic. L'inquietante ombra di Ivanisevic, che può essere allenatore almeno quanto il Doctor Lecter maestrina in un giardino d'infanzia, sembra già produrre i suoi nefasti effetti. Il visionario croato si arrende al “giocolierismo” impiegatizio di Jurgen Melzer. Avessi detto Leconte. Per il resto, tiene Novak Djokovic, malgrado una prestazione a tratti orrida col connazionale Victor Troicki, ragazzotto rigido e meccanico, con la testa a forma di ovetto pasquale e stucchevole pugnetto perenne incorporato. E dopo un set e mezzo ancor più imbarazzante mostrato contro Ljubicic. A metà tra “Ridolini” e “La famiglia Addams”. E gli emiri, che già la scorsa settimana avevano assistito allibiti alle demoniache evoluzioni di Victoria Azarenka “Linda Blair” posseduta da belzebù, invocano nuovamente la benevolenza di Allah, dopo aver visto compostissime gesta provenienti dall'angolo di Nole. A metà tra il circo Togni e gli imputati dietro le grate nel maxi processo all'Ucciardone.
Scritto per Tennis.it

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.