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mercoledì 3 marzo 2010

Bagliori di Gulbis



Torna a far parlare di se, il talentuoso tennista lettone. Dalla precoce esplosione, passando per la profonda crisi del 2009. Fino al ritorno a Delray Beach, dove la scorsa settimana vince il suo primo torneo Atp
Gli inizi da predestinato. Era il 2007 quando un giovane lettone, nato nelle povere terre dell'ex provincia sovietica, iniziò a far parlare di se. Un ragazzone imberbe, dinoccolato e dai tratti vagamente michelangioleschi, che sulla rossa terra del Roland Garros, infierì con poderosa sfrontatezza su Tim Henman, attempato british alle ultime volate d'attacco. Apparve evidente quanto Ernests Gulbis possedesse le stimmate del predestinato, benchè ingabbiato in un approccio ai match ancora acerbo.
A quel flash seguirono altre dimostrazioni suadenti, intervallate dai soliti limiti e da un atteggiamento a tratti lunare. Carenze caratteriali, che vennero legate alle sue origini. Figlio di un miliardario eccentrico che soleva viaggiare con aerei privati. Ricco in un paese che poteva offrire ben poche strutture per il tennis, spedì il figlio in Germania. E sotto le sapienti mani di Niki Pilic, Ernests cresce irrompendo nel circuito. Ai primi stenti, il ritornello è lo stesso: "viziato, figlio di papà, senza fame e voglia di soffrire...". Il mondo ribolle di talenti baciati dagli dei, che dissipano tutto, cullati dall'agio. Dispersi, viziati, e svogliati. Ma Pilic, uno che nel suo palmeres di "talent scout" ha gente come Ivanisevic, Becker o Stich, continuava a raccontarne meraviglie. Il ragazzo non è uno dei tanti. Salta le inutili trafile junior, subito alla prova di fuoco dei challengers e futures. Ancora bambino con le guance paciocche, contro i pirati dei tornei minori, che con braccio ruvido e barba ispida non ti regalano nulla. E' forse stato quello il contrappasso cui il tecnico croato lo ha sottoposto, per fargli dimenticare le agiatezze e scoprire la "strada".
Spaventa Nadal a Wimbledon. Gulbis seguita ad alternare meraviglia ad amnesie estatiche. Gioca tre set maiuscoli a Wimbledon 2008, contro il Nadal nella fase più luminosa della sua carriera. Gran servizio e saette a rimbalzo di una naturalezza infinita. Dardi imprevedibili e geniali, che mettono in difficoltà il maiorchino, cui strappa l'unico set del torneo (oltre ai due di Federer in finale.). Sempre nel 2008, a Montecatini, con la sua Lettonia fa visita all'Italia. Gli bastano due prestazioni altalenanti per battere Fognini e Seppi. Anche lì con scorci di talento purissimo, ma più di due match non li può giocare. E l'Italia vince la permanenza in serie B di Davis. E non vorrei che qualche arrembante patriota irrompa, tacciandomi persino di citare la gaudiosa realtà dei fatti.
L'Annus Horribilis. Lo scorso anno sembrava quello buono. E invece il lettone sprofonda in una crisi infinita. Quasi una dispersione spirituale. Sconfitte in serie e la classifica che diviene improponibile, accostata a quel braccio benedetto. Prende a seguirlo l'argentino Gumy, ex allenatore di Safin. Uno abituato alle teste matte, grazie alla surreale palestra cui lo costrinse Marat. Arriva al vertice più basso della sua ancor giovanissima carriera. Per non farsi mancare nulla, trascorre anche qualche ora in un commissariato di Stoccolma. Quasi una delle "storie di ordinaria follia" versione lussuosa. Scoperto in flagranza di reato assieme ad una giovane escort. Ed in quei luoghi così morigerati, il mestiere più antico del mondo è ancora reato. Un episodio che aumenta l'alone di maledetto ed autolesionista talento, che circonda Gulbis.
La rinascita nel 2010. La stagione attuale sembra quella della resurrezione sportiva. Già i sentori, ed un barlume di voglia di riproporsi, si hanno in Qatar, dove si destreggia dignitosamente con Federer. Ma è nella trasferta americana, preludio ai Masters 1000 di Miami ed Indian Wells, che la rinascita si palesa in modo più convincente. A Memphis si gioca un bel quarto di finale contro Thomas Berdych. E' il solito Gulbis, incostante, quasi scocciato. Look vagamente bohemienne ed incurante, sguardi di chi del mondo che lo circonda ha un'infima impressione. Cespuglio di capelli arruffati, barbetta rossiccia e trasandata. Per lo smidollato romantico, mezzo "gattone" Mecir, mezzo Marat. Impressioni incoraggiate appena lo vedi prodursi in fiammate abbaglianti. Smorzata accarezzata con dolcezza, lob irridente al volo, ed un debordante rovescio a dipingere le linee del campo. Genialità ammaliante. Tocco e potenza naturale che fanno rivedere qualche istantanea del giovane Safin. Soprattutto nel modi di appoggiarsi al rovescio bimane, o scovare angoli pazzeschi. Il lettone alterna ancora momenti di pura gioia dirompente, a buie eclissi. Sotto 1-4, gran rovescio nascosto che non fai in tempo a veder partire e si salva dal baratro. Lo guardi in faccia e capisci in modo nitido di quanto quella partita la vincerà. Si è proprio convinto che la vuol vincere. Ed inizia una bella rimonta. Ace di seconda, servizio vincente sempre di seconda, nel tiebreak finale, a completare l'opera. Esattamente ciò che distingue un purosangue, magari pazzo, da un tennista qualsiasi. A Memphis non riesce a vincere il suo primo torneo, perché con Querrey inizia a giocare solo nel game finale. E' così, cosa vuoi farci?
Vincente a Delray. Ma l'appuntamento è solo rimandato di una settimana. A Delray Beach abbatte tutti, compreso il bombardiere Karlovic in finale. E' presto per parlare di esplosione definitiva, ma è uno squillo importante. Potrebbe non diventare mai un numero uno, semmai divenire scheggia impazzita ed imprevedibile, portatrice di virulenta bellezza intermittente. Qualcosa di simile a quel russo folle. E in un movimento troppo uguale a se stesso, sembra ossigeno.
Scritto per Tennis.it

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.