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mercoledì 21 aprile 2010

Lazzaro Nadal



Il recente ritorno di Rafael Nadal alla vittoria, ha alimentato una ridda di voci trionfanti, a celebrarne la rinascita sportiva. Ma dopo e frettolose sentenze di morte, v'è solo la normalità di un atleta che sebbene menomato, è ancora capace di vincere e forse essere il migliore sulla terra battuta.
Tra morti e rinascite immaginarie. La mitologia sportiva s'è sbizzarrita, arricchendosi di nuovi fascinosi capitoli. La tragica epopea del campione ferito, che si ridesta come un Lazzaro travestito da guerrigliero Tupamaru, ha il suo perché. Fertile terreno per le più fantasiose e manichee disfide tra tirannici altezzosi e sacche di resistenza che riemergono dalle steppe. Il guerriero che si rialza dopo essere caduto, stremato e logorato dal precedente tentativo di issarsi oltre la soglia dell'umano e del dolore. Fine letteratura sportiva. Inutili sforzi di fantasia da laboratorio di scrittura creativa drogata. Favole per fanciulli cresciuti, cui ci piace credere. Epiche gesta virgiliane a parte, Nadal non è tornato, perché non se n'era mai andato definitivamente. Tra la belva ferita da destinare al mattatoio e la rinascita sportiva c'è una via alternativa, forse più gelida e meno poetica. Nadal non è resuscitato, semplicemente non era mai morto. Crederlo, potrebbe voler dire sommare un altro errore a quello originale.
La vittoria monegasca. Il maiorchino è tornato a sollevare una coppa, dopo quasi un anno di digiuno e dieci tornei senza vittoria. Dubbi incresciosi per chi guardava, ma soprattutto per lui, tormentato, limitato ed impaurito nel generare il solito tennis muscolarmente disumano, prigioniero di un fisico che non lo assecondava più. Dopo un acceso conciliabolo col Mago Otelma, il Mago Gabriel e Paolo Fox, ed un accurato consulto delle illuminanti profezie di Nostradamus, pronosticai un suo pronto ritorno alla vittoria, appena rimesse le sue poderose e pur ferite gambe sui terreni argillosi. Dove il margine di vantaggio da cui partiva era talmente ampio, da consentirgli comunque di lottare e vincere coi migliori, malgrado la limitazione fisica Quando ogni tanto ci si prende, si deve gonfiare il petto con soddisfazione. Con un Picasso top 15, e Dancevic in semifinale a Wimbledon, ci si potrà ritirare a vita privata e bullarsi col proprio salumiere, intento ad affettare il prosciutto. Al costo di rasentare la blasfemia biblica, con Nadal è indispensabile fare un parallelo "Avanti Roland Garros 2009" (A.R.) e "Dopo Roland Garros 2009" (D.R.).
Nadal Ante Roland Garros 2009 (A.R.). Invicibile sul rosso, fenomenale altrove. Prima del nefasto torneo parigino, lo spagnolo raggiunse livelli di gioco inarginabile. Le forsennate artigliate mancine da posizioni impossibili, grazie ad una esplosività di gambe e piedi senza eguali, gli consentirono di primeggiare anche laddove pareva tecnicamente impossibile. Capace di vincere sui terreni veloci, ed assolutamente inarrivabile sulla terra battuta, dove quel frullante diavolaccio della Tasmania non conosceva avversari palpabili. Flavio Cipolla sapeva come fare. In un sogno allucinato, anche Petzschner ne avrebbe avuto le facoltà, ammorbandolo di solluccherosi rovesci in slice sul lato sinistro del campo, e partendo con saettanti dritti dal lato opposto. Sempre nella remota ipotesi che l'uncinata folle dell'iberico non gli strappasse la racchetta di mano. Tutto è possibile, al di fuori dell'iperuranio. Persino che Moccia si creda più avvincente di Cèline. Per poi scrivere "tre metri sopra il cielo".
Manda in frantumi le convinzioni Federer. Lo spagnolo diviene materia di studio. frotte di tecnici si interrogano su come arginare quel diabolico ceffone di dritto in top spin, tirato da dietro la riga di fondo. Un colpo capace di ribaltare la situazione di difesa o indurre lo smarrito elvetico all'errore ed all'avvilimento estremo. John McEnroe balzò in piedi, con l'espressione da sciente squilibrio sensazionalistico: "Io so come aiutare Federer a battere Rafa sulla terra.". Ovviamente, nessuno fece caso ai deliri di un vecchio genio egocentrico. Il variopinto e sconfinato repertorio tecnico dell'elvetico avrebbe potuto arginare il forsennato tennis del Nadal da rosso, come pura idea. Sconfitta dopo sconfitta, intervennero, inesorabili ed implacabili, le varianti psicologiche. Il misterioso "piccolo male", così grave da dover citare Freud, il complesso di Edipo e "L'Esorciccio". E un Roger sul viatico della pazzia reale, bianco come un cencio e smarrito. Simile ad un vitellino da latte, in quella paradossale umanizzazione del tiranno che non può accettare l'umana sconfitta, cui si assiste a Melbourne 2009.
Il Dopo Roland Garros (D.R.), normale top ten superfici rapide, ancora vincente sulla terra. I dieci tornei giocati sul veloce D.R., sono lì. Testimonianza visiva e statistica, di un iberico incapace di generare lo stesso tennis esasperato ed esasperante. La nitida fotografia di un campione in palese imbarazzo fisico, pur encomiabile nel tentativo di non arrendersi. Provare ad avanzare e fare qualcosa di diverso o esporsi ad ulteriori infortuni, laddove ha cercato un estremo ritorno (New York e Melbourne). Ma senza i mezzi antichi per poter contrastare picchiatori che un tempo ammaccava senza pietà. Da più lati si sono intonate le funebri note del De profundis sportivo. Esattamente come ora si gorgheggiano i gaudiosi inni di rinascita pasquale. Non era defunto allora, non è tornato invincibile adesso, dopo la vittoria a Montecarlo. Una cavalcata rabbiosa in cui ha rullato avversari fuori dai primi dieci, incapaci di sostenerne il ritmo, o con la stessa fiducia di agnelli sacrificali nel periodo di quaresima.
Il nuovo Nadal. Rafa è semplicemente un nuovo tennista. Un atleta che forse in anticipo, ha iniziato una seconda carriera. Il proverbiale schiaffo arrotato che sbatte malcapitate marionette in terza fila, riappare ogni tanto, spesso divenendo più corto e più contrastabile dagli avversari. Simile condizione che ricorda a sprazzi quella antica (forse al 70-80%), lo espone alla sconfitta sul terreni rapidi, contro avversari in giornata di grazia e capaci di colpi pesanti (Del Potro, Soderling...). Basta, ed è sufficiente ancora per dominare il torneo di Montecarlo, tritando avversari non irresistibili, e forse giocarsela anche per la vittoria del Roland Garros, dovesse arrivarci in buone condizioni di forma. Aiutato dalla superficie, nella quale il margine di vantaggio che un tempo aveva sugli altri era talmente ampio, da consentirgli delle riserve. Un Nadal non ai livelli mostruosi del passato, ma comunque in grado di tenere, ed un Federer senza più la sicurezza mentale degli ultimi mesi, prospettano una stagione sul rosso interessante più che mai. Chi vivrà vedrà. Tra morti, resurrezioni e logorii.

2 commenti:

  1. Ciao Picasso,
    pur non essendo un nadaliano, devo riconoscere che, a parte le folli pennellate dei giammai vincenti, uno dei momenti davvero memorabili del tennis recente è stata la sua vittoria a Melbourne.
    Lì, a mio parere, è riuscito veramente ad andare "oltre": oltre il fatto che era una superficie a lui non congeniale (molto più dell'erba lenta di Wimbledon); oltre il fatto che dall'altra parte c'era Federer, che non giocò neanche male, su una superficie invece a lui graditissima; oltre il fatto che usciva da quella incredibile semifinale con Verdasco, che diede il suo meglio, per poi ovviamente perdere (non ci furono di certo svolazzi artistici, ma che partita da cuore in gola).
    Saluti, Arturo

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  2. Ciao Arturo,
    nenche io faccio parte dei Nadalisti. E' vero, in quell'AO fu pauroso. Ma, forse per il valore che ha rivestito, rimane più impresso il suo successo sui prati londinesi, nel regno di Federer. Dove era impossibile solo immaginarlo. Vincerà ancora, ma come ho scritto, difficilmente lo vedo ancora a quei livelli, che andavano oltre l'umano.
    Ciao, a presto.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.