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martedì 22 giugno 2010

Federer all'ultimo respiro




WIMBLEDON 2010 - diario di (fuori) bordo - day 1




Dev'essere una strana sensazione chiamarsi Falla. Nel giro di un mese il mancino tennista nato in Colombia affrontava per la terza volta il suo carnefice Roger Federer. E quello, con la faccia da "campesinos" rassegnato, s'inventa una partita memorabile. Ribattute di gran riflesso, buone geometrie leggere, ossessivi dritti incrociati a cercare il rovescio del gran monarca. Per poi partire con imprevedibili frustate di dritto. Il re è nudo, stizzito, a tratti incredulo. Come tutti del resto. Pathos e gridolini sugli spalti. Due set a zero per quel mancino che continua ad avere dipinta sul volto l'espressione di chi è vessato dalle gabelle. Il padrone di Wimbledon, con le sue sonanti sei vittorie, non riesce ad organizzare uno straccio di rimedio a quegli schemi così semplici e leggeri. Anzi, come spesso gli accade in simili circostanze, nel tenrìtativo di punire con ferocia l'ardire dell'avversario, va fuori giri.
Il povero Falla, che poi povero non è se ha vinto oltre un milione di dollari in carriera, si ritrova ad un passo da quella che a mia memoria sarebbe una delle più grandi sorprese della storia del tennis moderno: Avanti due set, 4-4 nel terzo e 0-40 sul servizio dell'elvetico. Tre possibilità del colombiano per andare a servire per il match, poi divenute quattro. Roger, tutto bello ed elegante nel candore del completino bianco con vezzose costine è terreo in volto. Si salva con un bel passante di rovescio, poi a Falla trema il braccino creolo al momento di chiudere una volèe. Sport crudele e diabolico il tennis. Quel colpo di volo in qualsiasi altro momento lo avrebbe concluso agevolmente. Federer non solo esce dalla buca, ma vince il terzo set. Quando si pensa ad un assolo svizzero, l'assurdo pomeriggio londinese continua a regalare emozioni. Il colombiano seguita a macinare giochi e martellare il nervoso svizzero. Arriva a servire per il match, l'eroico campesinos sudamericano. Ma ancora gli trema la mano, inesorabile. Due erroracci e via. Federer è una specie di miracolato vivente, che poi domina il tie-break del quarto, e vince, con tanto di impietoso 6-0 al quinto. E vincerà pure il torneo, a questo punto.
Si salva anche il redivivo "nosfreatu" Davydenko. Sotto di due set contro Kevin Anderson, sudafricano bianchissimo, legnoso come pochi, ma che su queste superfici rapide è brutto cliente. Nosferatu mulina le gambine rachitiche, lancia dei lamenti leggeri e tremendi, ma recupera due set. Tutto di bianco, con la maglietta a girocollo e i mutandoni larghi, sembra davvero un infermiere-sguattero in malarnese. Ma di gran tigna, lui che dimostra almeno 93 anni, la spunta alla distanza: 9-7 al quinto.
Previsti e prevedibili patemi anche per Djokovic. Il serbo non recupera due set, ma è ugulmente costretto al quinto, in un match concluso sotto i riflettori ed al coperto. Solito spettacolo di immodesta protervia e tracotanza. Gran vincenti e grappoli di erroracci, discese a rete da marionetta impalata. E per poco il lillipuziano belga Olivier Rochus, uno dei più bei rovesci classici in giro, non gli fa la festa. A margine, l'angolo del serbo è sempre più grata dell'ucciardone. Ora c'è anche il fratellino minore di Nole, il più invasato di tutti. E la "Famiglia Addams" è al completo.
Il resto della giornata ha visto l'eliminazione di Marin Cilic per mano di Florian Mayer, una sorpresa, ma solo perché arrivata così presto. Fuori anche Wawrinka per mano di Istomin. Passano agevolmente Roddick, Monfils e Gabashvili. Qualche patema per Taylor Dent. Il volletore americano che sui prati lotta all'arma bianca quattro set col terricolo calante Chela, indica qualcosa che non gira nel verso giusto: L'erba non più erba, o Dent non più Dent.
Capitolo donne. Avanzano in carrozza le due belghe Kim e Justine, facile anche Venus, Bartoli e Petrova. Vince con qualche difficoltà Jelena Jankovic, la cui bellezza potrebbe far uscire dal coma chiunque, e poi stecchirlo definitivamente. Doma in due set la giovanissima promessa british Laura Robson, tipetta dal buon futuro, ma che per ora si è fatta notare solo per aver dichiarato quanto le sue colleghe siano delle lascive ragazzacce dedite all'amor promiscuo. Sorpresa, ma solo se si guarda al passato, è la sconfitta di Ana Ivanovic contro la attualmente più quotata israeliana Peer. Vicenda ormai nota quella della serba strepitante e bizzosa come una puledrina riottosa. Non le arriva ossigenazione al cervello. O forse il cervello non ce l'ha. Il demiurgo Gunthardt sta provando a capirlo. E immagino maledica il giorno in cui ha accettato di allenarla.
Italtennis arrembante. Si chiude con uno sfolgorante 0-4 la prima giornata. Persino Francesca Schiavone tradisce le attese. La fresca regina del Roland Garros cede alla russa Dushevina in tre set. Sconfitta che può anche starci. Specie se si considera l'italiana come una trentenne di gran valore, che vale le prime 10/15 e che a Parigi ha trovato due settimane di magia ancestrale. Se poi si è commesso l'errore di crederla la grazia divina ed improvvisa, capace di completare il gran slam per i prossimi tre anni, ecco che la sconfitta riveste significati di tragedia. Niente può Maria Elena Camerin contro Kim Clijsters. Dignitosa resistenza di Paolo Lorenzi a Montanes, e prevedibile sconfitta di Starace contro Kohlschreiber. Un set vinto a causa del prevedibile pisolino del "kohli", e tanto di 6-0 subito al quarto dal napoletano. Ma tanto a lui cosa può importare di Wimbledon, tra poco c'è il fondamentale impegno di Umago.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.