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sabato 28 agosto 2010

MASTERS 1000 TORONTO: LA ZAMPATA DI MURRAY


A Toronto si rivede un Murray in gran spolvero che fa suo il torneo. Federer ancora a corrente alternata, Djokovic in ripresa e Nadal nuovamente a disagio sui terreni duri. (le pagelle).

Andy Murray: 8. L'aria salubre delle acciaierie canadesi deve ispirarlo assai nel liberare mente e gran braccio. Gioca un altro torneo sontuoso mostrando quello che da anni potrebbe essere e non è ancora. E forse mai sarà. Ridimensiona le ambizioni del ritrovato Nalbandian, aggressivo e geometricamente ineccepibile, evidenzia tutti i limiti del Nadal cementizio. Fino alla finale, vagamente venata di surreale e simile ad un divertente "ciapa no", in cui prevale su Federer. Il fuscello scozzese è ora atteso all'ennesima prova del nove: Riuscirci anche in uno slam. Inquietante l'abbraccio finale alla bacucca mamma factotum, con occhiali alla "renegade"-cacciatrice di triglie.
Roger Federer: 7-. All'inizio l'attenzione era tutta per quella mise rosa frù-frù che avrebbe entusiasmato Aldo Busi. Poi picchi di gran tennis alternati a distrazioni e passaggi a vuoto inquietanti. Fisiologici, direbbe qualcuno che la sa lunga. Questo è il nuovo Federer. Il suo problema, più che nel fisico, risiede nella testa. Nel non riuscire a mantenere l'imperioso livello di gioco oltre un'ora. Esibizione di tennis monstre, poi l'avversario (il Berdych o Djokovic di turno) rimesso in vita, e ad un passo dalla sconfitta il prodigioso recupero. Ma non sempre l'avversario è pavidamente consenziente. In finale con Murray, match a tratti pregevolissimo, non può bastare una manciata di acuti formidabili alternati a marchiani errori da smemorato di Collegno.
Rafael Nadal: 6-. La festa è finita. I dieci tornei sul veloce senza vittorie, prima della cavalcata primavera-estate su terra e a Wimbledon, non erano un caso. Il cemento rimane la superficie in cui più fatica e si mostra senza difese, contro gente che gioca a livelli d'eccellenza. Servizio poco offensivo e prodigiose arrotate difensive che sul cemento non producono gli stessi effetti devastanti. Pur in condizioni fisiche ottime, ancora non basta per prevalere anche su questi campi.
Novak Djokovic: 6,5. Inatteso, riemerge dopo un'ora di autentica umiliazione sportiva impartitagli da Federer in semifinale: 6-1-2-0. Tutto giallo ocra con sbreghi alari sulla maglietta, assai in voga nella Germania anni '30, sembra avvilito, impotente. Poi è bravissimo a sfruttare la chance che Federer gli offre (e lo svizzero, almeno una te la porge sempre, cavallerescamente). Consistente, implacabile ed esaltato come non lo vedevo dalla famigerata semifinale di Madrid con Nadal. Al suo angolo, il duo "Gianni e Pinotto" continua ad annuire in sincrono. Sono vestiti in modo identico, come gli anziani nelle comitive in gita al Vaticano. Una visione tremenda. Novak va ad un passo dal servire addirittura per il match, prima che l'altro metta la freccia. Ritrovato, sembra.
David Nalbandian: 6+. Dopo la bellissima cavalcata a Washington, era atteso alla conferma. Ed il pingue argentino non si fa pregare. Si sbarazza delle Kessler terricole (Robredo e Ferrer) e supera anche Soderling, prima di cedere ad un Murray esaltato. Sforzandosi di non vederlo paonazzo e sudato già dopo due scambi, è evidente come sia più fresco di altri, avendo giocato meno. Se il fisico regge, il suo bulimico ed esondante talento, lo rende (imponente) mina vagante a New York.
Thomas Berdych: 5,5. Ha raggiunto un buon equilibrio tattico, dopo anni di suicidio ottusamente violento. Certo. E' tennista capace di vincere su ogni superficie. Ci siamo. Forse vale i primi 5/6 al mondo. Può essere. Ma quell'attitudine da pavido allocco piumato, è l'ultimo fardello da cui liberarsi per fare il salto di qualità. Come a Wimbledon, il braccio smunto inizia a vacillare quando serve per il match. Allora fu graziato da quella inenarrabile fiatella di rovescio a metà rete di Federer, in Canada lo svizzero non ha pietà.
Alexandr Dolgopolov jr.: 6+. A vederlo, simile ad una svolazzante ballerina di bolero, non gli daresti due lire. Ma questo ragazzo ha nel braccio un lancia razzi devastante. Dopo anni di infortuni e tentativi nei challenger, sembra arrivato il momento della sua esplosione a grandissimi livelli. Ed il cemento agevola i suoi colpi poderosi. Quasi specializzato nella caccia alle quaglie della Patagonia in migrazione canadese (Petzschner e Youzhny): Le fa sfogare, giulive e starnazzanti, per un set, e poi le impallina senza pietà.
Le scherzose foche dell'Ontario. Gasquet/Stakhovsky: 7,5. Uno dei migliori accoppiamenti possibili, nel tennis moderno. Il lascivo airone dei radioattivi cieli ucraini e lo spelacchiato cigno in disarmo. Si vive tutto il match nella fiduciosa attesa di un paio di punti fini a se stessi, che allevino lo spirito troppe volte deturpato dai Querrey e Ferrer. Il francese è più impalato del solito per i problemi alla schiena e svogliatamente, concede alla platea qualche bel ricamo. Attacco di rovescio lungolinea, e demivolè stoppata che somiglia all'incanto estatico e finale. Poi perde nettamente, facendo sembrare l'ucraino un cuore di drago. Clonateli. Ernests Gulbis: 5+. Il lettone che vincerà gli Us Open (un anno o l'altro), è ancora claudicante per gli antichi problemi al ginocchio. Ma riesce a fare partita pari contro Soderling, grazie ad un tattica illuminata: Chiudere lo scambio al primo colpo brutalmente naturale o con smorzate a go-go come non si vedeva dai tempi di Ilie Nastase. Non vince, ma se solo sta bene fisicamente, cominciate a tremare. Jurgen Melzer: 4,5. Geniale nell'arrivare nei tornei che contano già spompato dall'esecrabile mietitura di punti nei tornei europei low cost. La sconfitta con Seppi in quel di Umago deve aver inevitabilmente minato il suo ego. E perde contro l'eroe di casa Polansky. Uno che con quel nome sarebbe da arrestare per libidinose molestie tennistiche, e che vede i primi 150 come un miraggio. Philipp Petzschner: 3-. Qualche suo biografo lo dà in condizioni fisiche precarie. Lui, inde-fesso, continua a giocare in ogni dove, come un Harlem Globetrotter appena uscito da un centro d'igiene mentale. E quando mi ricapiterà più di entrare ovunque in tabellone, si sarà detto con insospettabile acume. Ma cosa vuoi aspettarti da un tizio con le meningi fratturate in tre punti ed un ginocchio malconcio? Un lobotomizzato sciancato può solo collezionare cinque sconfitte di fila o vincere gli Us Open. Philipp Kolschreiber: 6,5. Nei tornei importanti il Seppi tedesco (ma divertentissimo e pieno di talento) sale in cattedra. Raggiunge i quarti di finale, poi va in scena la duecentoseiesima ed ispiratissima esecuzione de "L'incompiuta de Kohli". Contro Nadal, per un set l'ermellino teutonico sciorina tennis che è pura sinfonia celestiale. Poi si spegne progressivamente e l'esperienza del campione iberico ha il sopravvento. Mikhail Youzhny: 5,5. Il russo mentalmente instabile, dopo qualche illusorio torneo d'inizio anno lottato ad armi pari (anzi, superiori) coi più forti, è tornato in se. Ha il gran merito di liberarci dall'inquietante e soporifera presenza del fantasma formaggino Gilles Simon. Poi il prevedibile delirio masochistico lo rapisce mentre stava affettando con classe Dolgopolov. Ritrovato, per l'autodistruzione.
Italiani d'estate. Fabio Fognini: 6. Un italiano che si avventura in America somiglia ad un astronauta che pianta la bandiera sulla luna. Il "McSafin" nostrano è una specie di pioniere. A Toronto passa le qualificazioni e poi supera lo spettro di quello che fu Stepanek, prima di arrendersi a Davydenko. Non è molto, ma abbastanza. Sarà anche per l'età, ma il ligure, baldanza e passo da bullo impettito a parte, è l'unico della ciurma italiana a dare l'idea di un tennista vero, di quelli che hanno ambizioni internazionali e nessuna paura di confrontarsi coi più forti in tornei di livello, invece che vivacchiare furbescamente gabbando il computer. Uno normale insomma, stranamente italiano. Seppi/Starace: s.v. Il riposo dei guerrieri, dopo la sfolgorante estate di conquista. Ora v'è febbrile attesa per il torneo di Bucarest, dopo l'inutile trasferta agli Us Open. In Romania, non essendoci nessuno, una semifinale o finale si può arraffare con destrezza. Intanto si sono guadagnati almeno un'altra stagione da top 50. Il resto si vedrà, con un po' di buona sorte possono anche salire tra i primi trenta, continuando l'inebriante lotta per la prima posizione nel ranking italiano. E guarderanno dall'alto gente come Llodra e Stakhovsky. Entusiasmo alle stelle tra i tifosi italici. Simone Bolelli: 7,5. Dopo mesi trascorsi a remare in challenger terricoli come un Pere Riba qualsiasi (che a differenza dell'iberico non vince e non entra tra i primi cento), il suo nome figurava tra gli "altenates" delle qualificazioni a Cincinnati. La rinuncia di qualcuno gli apre le porte delle qualificazioni, e lui si cancella immediatamente. Immagino, esibendo un tragico sorriso fantozziano: "Stavo a scherza', ma credevate davvero che...". Pare sotto illuminato parere dell'équipe di studiosi che lo seguono, e che ne hanno consigliato un ritemprante ferragosto in riva al mare, con secchiello e palette a costruire castelli di sabbia e trovare cavallucci marini.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.