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giovedì 23 settembre 2010

THOMAS MUSTER, IL RITORNO DEL LEONE SDENTATO


Sono passati sei anni da quel maggio 2004. Ero uno dei fortunati, in una serata da vecchi lupi, ad assistera ad un match elettrizzante, indimenticabile ed avvincente. Federer? Agassi? Nadal? No, McEnroe e Muster. I due si affrontano nel torneo di veterani giocato in contemporanea con gli Internazionali, e nobilitato sul campo centrale. John McEnroe 45 anni di genio ormai brizzolato, e Thomas Muster 37 anni di forzuta ed ossessiva voglia di recuperare ed arrotare palline in modo compulsivo. L'attempato genio ribelle qualche giorno prima aveva rifilato un eloquente 6-1 6-0 ad Omar Camporese, imbolsito italiano di 34 anni, che non correva da professionista, figuriamoci come ex. Il vecchio leone dal mancino tennis muscolare, aveva invece smesso pochi anni prima, ma anora in condizioni fisiche eccellenti. Ricami e merletti da una parte, forzuto tennis da automa dall'altro. Qualcuno stenterà a crederci (o forse no), ma quel match è rimasto nei miei ricordi, più di una finale romana tra Federer e Nadal, due anni dopo. Che volete farci, le rotelle mi girano all'incontrario.
Malgrado l'infida terra, il clima da tregenda e la maggior "giovinezza" dell'avversario, Supermac regge alla grande. Servizio e volèe su prima e seconda, attacchi in contro tempo, parabole accarezzate e rantoli da indomito combattente. E le solite scenate da istrione pazzo. Non solo regge, ma vince persino il primo set. E non lo vince semplicemente, domina a suo modo lasciando le briciole ad un'avversario ridotto ad inerme fascio di muscoli avviliti. Stringe il pugno e lancia un urlo triviale. Ma il biondo austraco non ha nessuna intenzione di mollare, e continua a correre e congegnare i suoi tremebondi arrotoni a tutto braccio da un lato all'altro del campo, come inguardabile macchina crivellatrice. E' un match di esibizione, direbbe qualcuno. Ma non ha visto quei due, per cinque minuti. Provato a cogliere i loro sguardi. Le parole, quasi insulti e smozzicate frasi intimidatorie che si lanciano.
Il genio americano cala inevitabilmente, ed il confronto diviene equilibrato, di un'intensità eccezionale, come sfida estremizzante di ogni cosa. Eccolo un altro servizio mancino, la volèe stoppata su cui l'austriaco si lancia come un treno. Grugnisce di orrenda sofferenza anche quando corre. La arpiona quasi col telaio e l'altro, appostato come un giaguaro, chiude con una rasoiata rabbiosa. Mac ha sei match point. Alla fine saranno nove, dieci o centoventisei, ho perso il conto. Ma cede il secondo al tie-break ed il terzo pe 10-6 al super tie-break. Il genio ha la faccia furibonda. Il triste ricordo della maledetta finale parigina datata 1984 che ritorna, rivestito di quell'infida, stregata, argilla rossa. Lo stesso, medesimo, implacabile scenario. Un dipinto di esondante tennis lascivamente annichilente e superiore, prima che l'altrui muscolo prenda il sopravvento, inesorabilmente brutto. Lì era il metallico e gelido robot Lendl, qui il terminator austriaco. Quì un'esibizione, lì la finale di uno slam. Ma che differenza fa, in fondo.
Dopo quella partita, elaborai alcune illuminantissime teorie che meriterebbedro d'esser prese in esame dai giudici svedesi del Nobel "per qualche cosa". Senza gli 8 anni di differenza, avrebbe vinto il braccio sul fisico. A parità di età "avanzate", l'austriaco poteva mettere insieme un game, forse due. Ad età invertite, con Muster 45enne e Mac 37enne, nemmeno avrebbero dato il nulla osta per una gratuita carneficina. Riflessioni semplicisticamente incontrovertibili, che richiamano con sinistra puntualità la teoria del "talento". Quella strana parolina che ognuno pensa di interpretare come crede. Che sia la naturalezza di un gesto, o la devozione al lavoro. Persino. Ne farò un pezzo a parte, se me ne ricordo. Con simili elucubrazioni anticipavo le ormai note berbere disfide tra tifosi di Nadal o Federer, nelle quali sono coinvolto più di un dibattito sul tipo di mutande che indossa La Russa o il nome dell'ex presidente del consiglio finocchio passivo della Dc. Fin troppo agevole dimostrare come l'età ed il naturale logorio fisico tolgano proporzionalmente di più a chi fa del tennis una mestieranza di fisicità esondante, lavoro massacrante e allenamenti certosini. Agli altri, a coloro che posseggono insita la naturalezza del gesto tecnico, queli che si allenavano palleggiando cinque minuti, rimane pur sempre il braccio. Naturale ritenere che un Petr Korda (che ne abbia ancora voglia) possa tranquillamente vincere delle partite tra professionisti, passata la quarantina. Allo stesso tempo ovvio considerare come la più folle delle eresie, un Muster ultraquarantenne capace di sprigionare la stessa forza dirompente contro giovani virgulti. Muster ancora in campo dopo i 35, mi appariva l'antitesi mortale di ogni mia crededenza sul talento tennistico, la naturalezza ed altre similari amenità dello spirito. L'unica cosa che mi sentivo di escludere a priori, senza alcun dubbio. Sono infallibile nei miei vaticini. Io le sibille cumane me le scoperei all'impiedi. A volte delle cose non si verificano, ma solo per coincidenze malvagie. Quelle maledette sibille sono delle amazzoni, virago inaccessibili.
E infatti. Notizia di qualche mese fa, Thomas Muster rientra nel circuito professionistico a 43 anni. Lui che beccava legnate inaudite anche nel senior tour. Decide di volerci riprovare. Forse conscio di un livello di gioco inpresentabile, cominciando dai challengers. La prima domanda che balza alla mente è: "ma perchè?". Qualsiasi ritorno è capace di destare curiosità, si riveste di un fascino epicamente coinvolgente. Un'emozione fine a se stessa, che accarezza inevitabilmente il labilissimo confine tra le eroiche gesta di uomini valorosamente indomiti ed il patetismo avvilente di un derelitto uomo anziano, che non si rassegna all'età. Marck Spitz, il più grande nuotatore di tutti i tempi, passata la quarantina provò invano a cimentarsi con ventenni scatenati, e lo squalo degli anni '70 venne ridotto ad una qualsiasi triglia che si dibatteva lenta. Troppo lenta per i tempi che passano inesorabili. Rimanendo al tennis, una ventina d'anni fa ci provò anche Bjorn Borg, uno dei più grandi protagonisti dell'era open. L'orso svedese, nel coinvolgente scenario monegasco, decise di rientrare. Sette anni dopo e con una racchetta in legno divenuta ormai anacronistica, come quei biondi capelli fluenti raccolti dalla vecchia fascetta. Una grottesca macchietta di se stesso, che non riuscì a raccogliere più di cinque games dall'inguardabile ronzino terricolo Arrese. Qualche patetico dollaro e nemmeno una vittoria negli altri tornei giocati i due anni successivi.
E' dello scorso anno il ritorno della deliziosa Kimiko Date Krumm, dopo tredici anni di assenza. La valorosa nippo tascabile è riuscita a rientrare tra le prime 50 ed a vincere persino un torneo professionistico, lo scorso anno, a trentanove primavere. Thomas ci prova, dopo 11 anni di assenza, ma senza una possibilità su mille di ripercorrere le stesse orme. Il tennis facile e leggero della samurai giapponese che sfrutta i colpi altrui quasi in controbalzo, le garantisce ancora una discreta competitività, malgrado gli anni. Thomas invece, secondo pronostico, fatica. Anche al livello "low cost" dei challenger, contro avversari oltre i trecentesimo posto in classifica. Dall'imbarazzante esordio, passando per Kitzbuhel dove perde con decoro e niente più da Dustin Brown, fino alla sconfitta con Gianluca Naso (due bei dritti messi insieme per nominarlo nuovo fulgido talento italiano) a Como. E qui si è scatenata la (purtroppo) lucida follia morta degli italianisti. In molti, non conoscendo nemmeno la levatura del tennista in questione, l'interesse che può muovere la presenza di un ex numero uno al mondo e campione del Roland Garros, hanno cominciato a sbraitare scomposti. Perché dare spazio ad un vecchio ex tennista, quando ci sono tanti ragazzi italiani che meriterebbero di entrare in tabellone? E snocciolano una serie di nomi improponibili. Due secondi dopo sono lì, che si agitano contestando la federazione italiana, rea di mantenere i nostri giovani nella bambagia con tornei e torneini, senza "costringerli" a guadagnarsi la pagnotta all'estero. Essi sono chiaramente vinti da un morbo pestilenziale al cervello, inutile dargli peso più di tanto. Tra l'altro il vecchio leone sdentato in disarmo ha consentito ad un italiano di vincere una partita in un challenger (evento non da poco). Vaglielo a spiegare.
Ma tornando a faccende più serie (figurarsi le altre, direte) quello che sembrava un ritorno impossibile, per Muster si trasforma sempre più nettamente in via crucis atroce. Notizia di due giorni fa, Thomas Muster riesce a vincere la sua prima partita, contro un giovane wild card locale oltre la cinquecentesima posizione, nel challenger di Lubiana. Poi perde nettamente da Alessio Di Mauro, raccattando cinque games, come cinque noccioline. Il siciliano è nient'altro che un onesto lavoratore del tennis, che con mezzo talento di un Bolelli avrebbe fatto dieci anni da top 30.
Ma Thomas, indomito (ottuso?), non si rassegna. Pronte altre wild card da chiede in giro per l'Europa. Un po' mi solleva il fatto che l'austriaco non ottenga risultati. Perché quelle snerchiute credenze, in fondo, non erano sbagliate. E' solo l'attempato austriaco ad essersi intestardito in un tentativo contro ogni logica fisica. Colui che vent'anni fa lavorava sei ore al giorno come un condannato ai lavori forzati per rimanere a livelli d'eccellenza, non può certo competere con la freschezza di giovani modesti ed aitanti giovanotti. Non ha mai avuto il braccio, ora non ha il fisico. O meglio ha un fantastico fisico da 43enne. Magari è solo per fare qualche sgambata, per testare la sua soglia fisica, per divertimento o voglia di agonismo e competizione. Chi può dirlo. Difficile pensare possa arricchirsi con passerelle nei challenger, lui che (dicono) non abbia bisogno di soldi. Ma in fondo è quell'alone di surreale utopia che va contro le leggi naturali, a destare curiosità. Ed impegnandosi un po' con l'immaginazione, ad evitargi una ricaduta nell'atroce spirale del patetismo sportivo.

7 commenti:

  1. Sono magicamente riuscita a commentare, cosa che con gli altri articoli non mi riesce....

    Penso che l'umiliante rientro di uno come lui sia dovuto ai soliti fattori: a volte il denaro (perchè per noi è impensabile ma con il loro tenore di vita a volte si dilapidano fortune) e l'altro motivo probabilmente è che non tutti gli sportivi accettano la loro "seconda vita" finita l'attività agonistica.
    Ossia c'è chi non aspetta altro che la fine della competizione per "vivere" finalmente tranquillo, altri che prendono atto che non poteva durare per sempre seppur con rammarico, e quelli che -non sanno fare altro- e -non conoscono altro-, devono scontrarsi, viaggiare e non concepiscono la loro vita se non con quella strana routine.
    Per quanto mi riguarda se le possono risparmiare perchè spesso rovinano dei bei ricordi.

    "Riflessioni semplicisticamente incontrovertibili, che richiamano con sinistra puntualità la teoria del "talento". Quella strana parolina che ognuno pensa di interpretare come crede. Che sia la naturalezza di un gesto, o la devozione al lavoro. Persino. Ne farò un pezzo a parte, se me ne ricordo."

    Eh beh, Ricordatene, davvero, aspetto questo articolo con ansia!

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  2. Ciao Jess, si credo di aver sbloccato la situazione commenti. Queste tecnologie complesse (!) mi mandano al manicomio. =)
    Io non credo sia questione di soldi, come è stato per Borg. Voglio dire, gioca nei tornei del champions tour, dove i montepremi sono tre volte più ricchi del challenger di Lubiana. Poi, chi può dirlo. La speranza è che si sia voluto divertire confrontandosi coi giovani e testare il suo fisico...non penso abbia pretese. Uno come Edberg invece, col suo attuale tennis batterebbe molti top 100 e più, malgrado i 44 anni..
    Sul "talento", vedrò. Lego il fazzoletto. Ma come la penso si capisce dalle righe successive e dal confronto fatto tra McEnroe e Muster. Ciao, a presto.

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  3. Sì, le 25 tecnologie diverse con le quali bisticciamo ogni giorno spaventano anche me.
    Anche io dubito che nel sua caso sia per i soldi, sarà il "non so fare altro".
    Certo che si capisce come la pensi, l'ho intuito negli altri tuoi articoli ma un giorno leggendo dei tuoi commenti...beh, mi piacerebbe vedertelo sviscerare l'argomento, così approfitterei dell'occasione per farmi due risate sulle descrizioni e paragoni con i nostri amati soggetti con le locuste nel cervello. Beh, forse così bisognerebbe scriverne più di uno.

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  4. Più che altro è pigrizia. Non sono ai livelli del 95% dei parlamentari italiani, che non sanno nemmeno cos'è "gogòl".
    Si, insomma, credo sia un discorso vasto...che non riguarda solo il tennis, ma ogni anfratto della vita. Ma, a che commenti ti riferisci?

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  5. Certo, è un argomento vastissimo ma il tennis è un buon punto di inizio.
    A commenti vecchi tuoi che ho letto tempo fa, non mi ricordo nemmeno in che articolo, dove scrivesti qualcosa del tipo "senza motivazioni e..il talento è quasi un peso del quale sbarazzarsi...o completamente inutile", non ricordo bene, ma mi aveva incuriosito come argomento di discussione

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  6. Ah bon...ne scrivo di stronzate. Non mi ricordo a che proposito. Spesso mi faccio prendere dall'emozione del momento, e proprio non riesco a mantenere le "giuste distanze" (da un film che ho visto ieri). Azzardo...l'ennesimo scempio di un Petzschner, un Gasquet, un Kohli. O al safin dell'ultima tournè. Presumo dopo una loro disfatta contro un agonista corridore qualsiasi. Probabilmente era un paradosso, legato alla delusione o non so cosa.

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  7. sì, doveva essere di una dipartita di Gasquet o Safin, credo.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.