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mercoledì 15 settembre 2010

US OPEN 2010: "IL REGNO DEL TERRORE DI NADAL"




Rafael Nadal dominatore assoluto. Niente può un Djokovic svuotato dall'impresa con Federer. Murray nuovamente versione ameba, crisi americana. Continuano le tragiche avventure de "I 4 cavalieri dell'apocalisse" italica. Le pagelle



Rafael Nadal: 8. Vince il terzo Slam consecutivo nella stessa stagione, in un 2010 da incorniciare. Quello che ancora mancava al suo palmares, Flushing Meadows. A chi non piaceva la monarchia elvetica, ecco servito il regno del terrore iberico. Raggiante dichiara che finalmente i problemi al martoriato ginocchio sono alle spalle. Nessun losco intruglio a base di lucertole masupiali tritate, code di bisonte indiano e unghia di unicorno bianco. Merito di illuminate iniezioni di proprie piastrine nella zona ferita. Nulla di sconciamente proibito. Tutto lecito se effettuato in una singola zona del corpo o a macchia di leopardo. Ma non ditelo a Zeman, però. Tutto di nero nei match notturni o ombrati da nubi funeste e di un giallo catarifrangente col sole a strapiombo quasi volesse ancora nascondersi come nei due tornei di reparazione, per poi guizzare come una belva assetata di sangue. Il maiorchino ha crivellato ogni avversario. Due, tre, quattro disumane sventole, sempre prodigiosamente riprese e rimandate dall'altra parte con effettacci diabolici e ritrovata profondità. E pressante aggressività quando serve. Poco da dire, in queste condizioni fisiche lo spagnolo rasenta l'imbattibilità anche sul cemento. Pioggia, sole, vento o un principio di tornado, al limite gli scompongono la chioma sempre più simile ad un inquietante nido di chiurlo. Altro conto è se possa mantenere questo livello inumano oltre due settimane. Difficile prevedere uno che è riuscito a smentirci più di una volta. Un po' ci si mette anche la ritrovata buonasorte a sgomberargli la strada. Fortuna travestita dall'insipienza dei presunti avversari che si autoeliminano come tacchini. Ma mai successo fu più netto e senza appello.


Novak Djokovic: 7,5. "Se Djokovic vince Flushing Meadows vado in esilio in Indocina, dove vivrò facendo il guidatore di bighe orientali", ebbi a scrivere tre giorni fa. E per mettermi ansia, quello s'impegna sul serio a fare il tennista. Forse invidioso per le iniezioni al ginocchio iberico, si sarà fatto stillare piastrine ossigenate nelle meningi. In semifinale contro Federer mette da parte quei fronzoli di contorno da mediocre guitto o semi-personaggio del wrestling prestato alla racchetta (qualcuno aveva ancora dubbi sull'innaturalita studiata di certi siparietti?). Un toro di Pamplona fumigante ed eccitato col pepe di cajenna. Potenza e fisicità dirompenti e senza tregua. "Toro scatenato" con la faccia atroce di Igor/Marty Feldman di "Frankenstein Jr.". Ed alla fine riesce finalmente a battere Federer dopo tre ore e mezza di lotta. Niente da fare nella finale, in cui cede a Nadal in quattro partite dopo aver dato tutto. Neanche la pioggia ed un giorno di riposo in più riescono a fargli ritrovare energie mentali, evidentemente svuotato dalla girandola emozionalmente e fisicamente devastante della semifinale. Il suo angolo però, rimane da grata dell'Ucciardone. La Cbs mostra le urla originali di babbo Djokovic sul break decisivo del match con Federer. Raggelante. Qualcosa da studiare per ammirare di più l'evoluzione sociale nelle specie animali. Ma da uno che va in giro con una maglietta su cui è stampata la "sindone" del figlio, cosa vuoi attenderti.


Roger Federer: 6,5. Altra gran battaglia persa in volata. Sembra ormai abitudine e costante del Mozart elvetico, quella di smarrirsi sul filo quando non può esibirsi nell'assolo perfetto. Stavolta si mette Djokovic tra lui e l'attesa finale con Nadal, che quasi per un sortilegio o inconscio desiderio, viene ancora a mancare. Trova un Djokovic in stato di trance psico-fisica, e lui ci prova anche. Dichiara con candore d'aver lasciato per strada i due set per preservarsi in vista della finale. Evidente ammissione di immodestia latente, che pur lasciando enormi meriti al serbo, si riscontra anche nel modo di affrontare alcuni match. Intestardito, quasi punto nell'orgoglio accetta la lotta furibonda a due mani, e di nudo muscolo contro un avversario straripante. Come spesso accade quando un villico "racchettista" prova l'ardire di rispondergli a tono. L'impressione è invece che il suo pur alto livello non possa nulla contro simili espressioni di tennis fisicamente esondante. Poteva provare con più costanza due o tre delle milleduecento soluzioni che offre il suo tennis. Essere Federer può anche essere difficilissimo. Facile essere modesti quando ci si chiama Davydenko.


Mikhail Youzhny: 7. Come un quadro decadente, ecco un pazzo nel bel mezzo della tormenta. Fermo e piantato sul cemento, con la placida follia che rischia di esplodere da un momento all'altro. La palla scappa via, lui la osserva e quel braccio che vive di vita propria la addomestica di rovescio. Pieno, tagliato o affettato come un lascivo colpo di scimitarra, te la pone e te la serve dove desidera. Esce vittorioso nella battaglia di rovesci con Wawrinka, poi è davvero troppo Nadal. L'iberico avanti due set ed un break nel secondo, zompa come un satanasso eccitato esibendogli i pugni chiusi. Uno prova ad immaginare il trionfo totale che lo consegnerebbe alla immortae leggenda: Misha che con tutta calma depone la racchetta e chiude la questione a nude mani callose. Gli basterebbero pochi istanti per sistemare la questione. Speranza vana.


Stanislas Wawrinka: 6. Ci voleva tutta l'impalpabile essenza di Murray per fargli dimenticare un'indole da esagitato fustigatore di "mezzecalzette" e rassegnato perdente talentuoso coi più forti. O Murray incarna alla perfezione la tipologia della "mezzacalzetta", da consegnare al Devoto Oli. Fate un po' voi. La realtà è che stende il fantasma di Scozia con sferzanti frustate di rovescio meccanicisticamente congegnate nella galleria del vento Pininfarina. Tutto eccitato come un pingue torello da monta svizzero si ripete con Querrey, prima che Misha Youzhny faccia giustizia sommaria. Mezzo punto in meno per quel marchiano e chiassoso lombrosario al suo angolo. Peter Lundgren ed altri attempati ceffi semi-avvinazzati che paiono una band Heavy Metal anni '70 caduta in disgrazia, con attaccatura di fluenti chiome degna del miglior Strippoli.


Fernando Verdasco: 6. C'è tutta l'essenza di Verdasco, in questo Flushing Meadows. Rischia l'ennesimo scempio con Fognini. Pialla Nalbandian a suon di sberloni schioccanti a palmo aperto. Si costringe a recuperare due blasfemici set di svantaggio a Ferrer. Poi ancora fulminanti sbracciate che fanno ballare la rumba a Nadal. Per mezz'ora, s'intende. Poi s'arrende. Stanchezza e sudditanza. Nel mezzo, la fulgida seconda (o prima?) attività di "sciupaserbiatte" procede a gonfie vele. Pure Caroline Wozniacki pare esser caduta come una pera matura.


Robin Soderling: 6-. Quasi lesso al sole come un riottoso totano, si salva per miracolo contro Heider-Maurer al primo turno. Nei quarti, una specie di tornado tropicale abbattutosi su New York ("il Kanepi") gli sposta la palla, levando il tempo ai suoi sbraccioni di rabbia accecata. Le intemperie della grande mela non hanno rispetto del killer seriale scandinavo, che per l'omicidio perfetto ha bisogno delle giuste condizioni ambientali. E di un paio d'occhiali da miopia, ogni tanto.


Gael Monfils: X. "Muoviti come una farfalla e pungi come un'ape", diceva Mohammed Alì. Gael si muove come una salamandra impazzita e punge quanto un'istrice glabra. Qualcosa di difficilmente descrivibile. Canotta da tamarro, mutandoni-mare quadrettati e persino due simil ginocchiere a lasciar presagire quello che è il suo tennis: Brutale sevizia acrobatica di ogni cosa. Pirouette, scoordinate corse folli fino a sbattere contro i tabelloni come un pupazzo di cera ponga, rischiando la morte per sfibramento contemporaneo di ogni muscolo del corpo. E poi altre sceneggiate, finte zoppìe, il pit-stop delle scarpe logorate, le suole che stridono sul cemento come colonna sonora a quello strano sport che ha in testa. Vince scippando il quinto set a Kendrick, poi si issa fino ai quarti. Ma buon Dio, qualcuno lo fermi in tempo.


Andy Murray: 4. Ennesima puntata de "i dolori del giovin baronetto ultrà alla ricerca di quel titolo che giammai vincerà e che lentamente lo condurrà al delirio autodistruttivo". Una normale passeggiata di salute col solito perdente Wawrinka si trasforma in "nigntmare" senza fine. Ridotto in fantasma formaggino, non vede più biglia. Divelto dal tracotante svizzero minore. Senza nemmeno provare a reagire. Disarmante e impalpabile come una spora. Il suo tennis sofisticatamente tantrico ha una grande difficoltà d'esecuzione. Esige lune ispirate, ed un avversario fuori forma. Altrimenti rimane infima espressione di "barzottismo" tennistico.


Querrey/Isner/Fish: 5,5. I tre dell'Ave Maria sono il dipinto dell'insipida decadeNza. Una volta su quei campi gli americani ammiravano Sampras ed Agassi, Connors e McEnroe. Ogni paese ha la sua crisi. Noi una volta avevamo Caratti e Pozzi, ed ora nessuno.


Michael Llodra: 7. Il torneo lo ha vinto lui, secondo me. "Ormai fare serve&volley con chi ti risponde missili a 150km/h è un suicidio". Ma che bel suicidio ricercato, signori. Incurante di tutto, il trentenne francese sfida quei missili terra aria, eliminando Thomas Berdych. Qualcosa che rasenta la dolce utopia. Sevizio e volèe mancine sferruzzate. Colpi da fondo brevi e completamente privi di infestate rotazioni di moderna maniscalcheria. Affetta come il burro anche Hanescu, prima di ricadere vittima di un infortunio antico e del Male primigenio (Robredo).


Benoit Paire: 6+. Vince 7-6 al quinto con Schuettler (sempre lui, inestirpabile incrocio tra ortica e gramigna). Dopo essere stato sotto di due break e 5-2 nel quinto, ma anche avanti di due set. Poi avanti due set a uno con un break di vantaggio nel quarto, cede di schianto a Feliciano Lopez. Insomma il giovanotto possiede tutti i crismi per diventare futuro adepto della setta di ispirati attratti dalla vittoria/sconfitta tormentata. Poi leggi che il suo idolo è Marat e che a lui interessa solo fare un bel punto, e pensi che possa crescere bene.


Richard Gasquet: 6. "Ero dotato, sono dotato. A volte mi guardo le mani e mi rendo conto che sarei potuto diventare un grande pianista o qualcosa del genere. Ma che cos'hanno fatto, le mie mani? Mi hanno grattato le palle, hanno scritto assegni, hanno allacciato scarpe, hanno tirato la catena del water ecc. Ho sprecato le mani. E la testa.". Charles Bukowski non conosceva Gasquet, ma rende bene l'idea. Carne, sangue, muscoli ed un gran talento gettato via con pavida incuranza. A lui che importerà, in fondo.


Feliciano Lopez: 6. Bellissimo, malinconico ed un filo inutile come "Synphonicity", riproposizione in chiave sinfonica del delirante "Synchronicity" dei Police, ad opera di uno Sting ormai fuori come un geraneo.


Ferrer/Robredo. 6. Meglio di una puntata de "la macchina del tempo" con Cecchi Paone ad illustrarci l'evoluzione (inesistente) dell'uomo paleozoico. Il primo zappa il cemento con la mascella squadrata, va persino avanti di due set, prima che Verdasco rinsavisca e vinca al quinto. Il cavernicolo esce dal campo coi capelli davanti agli occhi e l'asciugamano serrato tra i denti. L'altro torna a sciorinare efficace tennis simile a tortura indocinese. Cadono tutti stecchiti come tafani, secchi, devastati spiritualmente da tanto orrore. Portati via in barella prima Benneteau e poi Llodra. Youzhny, che a queste cose non ci pensa, lo rispedisce a casa con due manrovesci ben assestati.


Italtennis. Non si vince una partita a New York dal 2008. L'aria piena di smog della grande mela avvizzisce i sensibili animi dei nostri tennisti, poeti, santi e navigatori (dell'insipienza più assoluta). Ci toccherà aspettare frementi che spalmino il primo turno in quattro giornate, per poter vedere un nostro indefesso eroe in campo il giovedì. Nell'ordine: Le sacre spoglie di Bolelli (4) fuori nelle qualificazioni. Starace (4,5) perde (come da pronostico) contro Almagro, gridando "I'm italian, we like terra battuta, pizza, pummarola in coppa and San Marino international tournamènt! Uè.". Fognini (6) porta ancora Verdasco al quinto, ma non gli riesce lo scalpo. Ma il must rimane l'eroico combattente montanaro, Andereas Seppi (4-). Pugnace, sanguinario ed arrembante. Voglia il cielo ce lo piazzano su un campo dove non ci sono telecamere, e probabilmente hanno affisso anche il cartello "v.m. 18 anni". L'indomabile caldarense si fare recuperare due set da Grannollers, perdendo al quinto. Dopo simile prova di forza e temperamento debordanti, si dichiara disponibile per la Davis. Ma nessuna paura, i nostri fantastici quattro cavalieri dell'apocalisse italica sbarcano immanenti nell'italica peninsula per il fondamentale Masters 1100 abarth di Genova. E nel loro habitat naturale da tennisti di provincia, eccoli appaiati tutti e quattro nelle semifinali. Mentre dall'altra parte del globo dei pazzi si giocano la seconda settimana di uno Slam. E da domani via come il vento per la sfida di Davis alla Svezia, che vale il ritorno nella serie A. Sul veloce. Sarà, ma c'è ancora chi si fa certe domande, prova a spiegare l'inspiegabile. E non è un caso che il selezionatore svedese stia seriamente pensando al 54enne Borg o a un fiordo, come secondo singolarista.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.