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lunedì 24 gennaio 2011

AUSTRALIAN OPEN 2011 - Dolgopolov non si ferma più


Day 8 – Dal vostro esaltato inviato, compagno di clinica di Gasquet

La supernova Dolgopolov esplode su Melbourne. In un torneo sostanzialmente dominato dalla noia e da pronostici rispettati (di certo non i miei), il tabellone maschile di questa edizione degli Australian Open si allinea ai quarti di finale. Tra scontati protagonisti che onorano il loro ruolo di teste di serie, colpisce e desta la curiosità di tutto il movimento tennistico, un ragazzo smilzo che pare la versione inappetente della “Gioconda” disegnata dal mio gatto (il compianto “Satana”, perché “Napoleone” deve ancora imparare a disegnare e scrivere bene) nella stagione degli amori. E’ esploso sul bollente cemento di Melbourne come luminosa gemma rara, Aleksander Dolgopolov. Ventiduenne ragazzo ucraino, salito agli onori del grande tennis forse con qualche anno di ritardo. A rallentare l’ascesa e l’appuntamento col prevedibile destino, una serie di violenti infortuni e strani morbi debilitanti. Chi segue con maniacale alacrità anche i tornei minori, non poteva non essersi accorto della classe e di quanto naturale talento ribollisse nel braccio di quel capellone, spesso impegnato nel belpaese. Mezzo chitarrista heavy metal e mezzo fromboliere del circo. Rimesse a posto le giunture scricchiolanti di quell’arto ferito, il resto è venuto da se. Veloce, sfiammeggiante.
Anacronistica chioma svolazzante con tanto di cerchietto-coroncina da musa baffuta del dolce stil novo, volto implume da ballerino sbilenco di “amicidimariadefilippi” e gambette gracili neanche fosse uno stambecco deperito, Aleksander ha messo in fila le due più grandi sorprese del torneo. Cinque set per battere la sagoma afflosciata di Jo Tsonga. E la crudele immagine di una leggerezza naturale ad abbattersi sul povero bisonte francese, fatto sembrare ancor più pesante, logoro ed inerme animale ferito. Poteva bastare. Si era portati a credere che quel ragazzo con la nitroglicerina nei colpi, fosse soddisfatto. Qualcuno lo era già dopo la vittoria con Benjamin Becker. La famosa “prova del nove” mancata di Tommasi, e cioè quell’attitudine di chi è protagonista di una grande sorpresa, che inevitabilmente si squaglia mentalmente nel match successivo, era più che un’ipotesi. E invece eccolo lì, anacronistico, atipico, guizzante. A tratti tarantolato. Continua a far partire fendenti come se schizzassero da una fionda invisibile. Anche mentalmente sembra finalmente maturato, senza più quelle isteriche crisi e rotture prolungate, del passato.
Anche il poderoso taglialegna disturbato, cade sotto i colpi dell’ucraino folletto. Aleksander ieri sfidava quel Soderling che in tre match aveva lasciato mangime per pesci rossi ai suoi avversari. Senza paura. Inizia male, teso, contratto. 1-6 e break sotto, prima che liberi il braccio. Movenze fulminee come uno sbatter d’ali di una libellula pazza. E nei colpi partoriti da quell’arto smilzo, la nitroglicerina deflagrante. Sguscia, corre e seguita a tirare neanche fosse un fromboliere ispirato. Fluida velocità che continua ad avvilire la potenza vera dei suoi avversari. Dopo i gancioni di Tsonga, anche le sportellate ignoranti dello svedese allenato dal sempre più sciupato Pistolesi, devono arrendersi. L’abbinamento tra Pistolesi e Soderling continua a suonarmi strano. E viene in mente l’immagine di Bolelli che con l’occhio spento scruta placidi oceani di nulla. Ma mentre si è condotti a simili pensieri incresciosamente morti, quel ballerino coi ciuffi svolazzanti a stento domati dalla coroncina gaia, seguita a volteggiare tirare da ogni angolo colpi invisibili. Recupera lo svantaggio, martella con un servizio tanto atipico quanto efficace. Potrebbe vincere anche in quattro set, prima di chiudere al quinto.
Ventata nuova, ossigeno puro, per un tennis sempre più uguale ed appiattitosi verso tediosi picchiatori o orripilanti arrotatori professionali con la mascella digrignata. Ora l’ucraino si ritrova nei quarti di uno slam, contro Andy Murray che intanto ha bistrattato in malo modo Jurgen Melzer. Il mancino austriaco raccatta quattro games di pura pietà e sfascia qualche racchetta, senza mai riuscire ad iniziare il match. Probabilmente è ancora convinto che il match debba continuare. Nel resto della giornata, Rafael Nadal ha ben pochi problemi col pastorello dormiente Cilic. Già miracoloso nell’arrivare agli ottavi, viste le ultima apparizioni da nosocomio. Di lima e di raspa, affidabile come pochi, alla lunga David Ferrer riesce a disinnescare le bombarde follemente impunite e spavalde del giovane canadese Raonic, dopo aver perso il primo set. Niente di strano, l’iberico è pronto a tornarsene con le pive nel sacco contro il suo connazionale carnefice. Raonic rimane invece una delle note più piacevoli di questo torneo, assieme a “cavallo basso” Berankis.
Pennetta si arrende, avanzano Kim e Vera. Niente da fare per Flavia Pennetta, che malgrado un buon inizio finisce per arrendersi alle mancine bordate di Petra Kvitova. Giovane ragazza ceca dal fisico giunonico, volto da bambinona affranta e ceruleo occhio spento. Ma i suoi colpi fanno male. Niente di nuovo sotto questo sole. Rimane comunque buono il torneo della brindisina che però fa inevitabilmente fatica ad arginare le picchiatrici in buona giornata, senza avere armi naturali per arginarle o difendersi. E finisce per soccombere o provare a tirare colpi che non ha. Un’altra mancina abituata a voler spaccare palline in quattro senza soluzione di sosta è la russa Makarova, già protagonista di un torneo notevole. Per un set prova, in quel suo progetto folle, ad infastidire Kim Clijsters, che poi ne esce d’esperienza. Nessun problema per Vera Zvonareva contro l’intrusa Benesova. Mentre proprio non riusciamo a liberarci dell’abominevole presenza di Agnieszka Radwanska. Doveva essere a casa, dopo il primo turno. Invece ce la ritroviamo nei quarti, orrida, insipiente e col triplo mento che tremola di spocchia inutile. Grazie al successo con la cinese Shuai Peng è ancora lì. Kim ci salvi.

2 commenti:

  1. Avevo giocato 3-1 vittoria di Robin, all'ucraino un pò di fiducia l'avevo data. Ho visto il match in diretta perchè la mia gatta ha partorito stanotte ed allora sono rimasta sveglia. Al primo set ho pensato che sarebbe finita in fretta, forse prima della fine del parto ma poi...probabilmente Dolgopolov davanti al fatto di non aver niente da perdere ha lasciato andare il braccio e a vinto il 2 set. (io ero felice per la mia scommessa e convinta che sarebbe finita lì!!!) E' stato un bellissimo spettaccolo.
    Poi Robin è andato in palla, tanto che non riusciva più nemmeno a picchiare, e se Robin non picchia..diciamo che principalmente i meriti vanno all'ucraino, è stato davvero bravo, Robin forse non si aspettava una partita così complicata e si è innervosito (vedi applauso "simpatico" al giudice di linea).
    In questa partita, al di là delle incontestabili qualità tecnico-tattiche e del talento di Dolgppolov è stato chiarissimo, come giocatori alti, grandi e potenti paghino in mobilità e velocità rispetto a giocatori più bassi e leggeri. Ho perso 2 scommesse, avevo giocato anche Robin vincitore finale, prima o poi uno slam dovrà vincerlo, non demordo, sono cmq contenta per l'esito perchè ha vinto il bel tennis e c'è stata una variante positiva di un Ao maschile molto scontato.
    Jess

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  2. Ciao Jess,
    a me sinceramente l'ucraino aggrada parecchio. Ha una velocità d'esecuzione rara, ed un repertorio divertente. Non pensavo francamente che riuscisse a battere Soderling. L'inizio lasciava presagire una carneficina. L'altro lo ha sorpreso ed è andato in panne.
    Vai tranquilla, che uno slam lo vincerà. A Parigi, o sulla luna. =)
    Scommesse, ah....siamo al punto di non ritorno ormai. Consigli moderatamente pavidi per una scommessa gasquettiana in nottata, ad uso dei lettori:(così li brucio definitivamente): Na Li, Kubot/Marach, righeira Bryan's, Pennetta/Dulko.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.