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sabato 28 maggio 2011

ROLAND GARROS – DEL POTRO PROVA AD ABBATTERE LA MONTAGNA



Giornate 5/6 – Dal vostro moderatamente ebbro inviato, che intimamente pensa: e se quei Maya lì non fossero proprio dei ciarlatani?

L’oscurità ferma la folle corsa di Juan Martin Del Potro, lanciatisimo. Verso cosa non è dato saperlo, ma si trattava di una splendida ed epica corsa nell’ingnoto. Peccato, perché l’atmosfera era quella delle grandissime occasioni. Si respirava, nitida e palpabile, la romantica sensazione di un’impresa degna dei tempi antichi. Il dinoccolato ragazzone di Tandil, dopo un anno passato a curarsi ed interrogarsi su un futuro funestato da nuvolosi minacciosi, era giunto a Parigi senza grosse ambizioni. Solo per provarci, reduce da un altro infortunio all’anca.
Ieri entra in campo con l’animo del guerrigliero fiero. Dentro o fuori. Al massimo, all’ultimo respiro. Faccia ed occhi taglienti dei bei tempi e quell’espressione di genuino agonista della Pampa. Ce ne sono state tante in questa edizione del torneo parigino, ma questa sarebbe stata “la” impresa. Provare a fermare l’inarrestabile, l’invincibile Novak Djokovic che macera avversari dall’inizio della stagione. Juan Martin inizia a suo modo, fa quello che sa fare. Senza alcuna esitazione o titubanza dei pusillanimi inferiori. Picchia sodo, aziona quel braccio fulminante e ne esce un match a tratti fantastico. Gran fucilate del pistolero di Tandil, e solita esibizione di atletistico muscolo della roccia serba. E’ in condizioni mostruose, Nole. Lo sappiamo. Lo sanno tutti. Lo sa anche Juan Martin, che però continua. Sassate fulminanti che quell’altro, non si sa come, raccoglie spalmato sui teloni simile ad un geco indistruttibile. E non si accontenta, le rispedisce dall’altro lato, all’incrocio delle righe. Quando uno è in simili condizioni, ha anche il fato dalla sua. Juan Martin allarga le braccia. Una, due, tre volte. 
Perde il primo, ma inizia il secondo set con quella espressione di chi vuole fortemente lo scalpo. Il serbo riprende la qualsivoglia, rintuzza e riattacca? Lui aziona il braccio da Flash Gordon con ancora più decisione. Missili stellari che ora iniziano a mandare il serbo steso in terra, a gambe divaricate. Bel match, mi appassiona. Ed è cosa assai rara. Piazzo “live” qualche euro sull’argentino (a 7,00), tanto per rendermela ancor più avvincente. E quello mi accontenta prendendosi un break di vantaggio. Com’è lontana Roma ed il Foro Italico ridotto ad una specie di colosseo serbo-romano. Il “Suzanne Langlen” invece è tutto albiceleste. Frotte di coloriti, chiassosi e simpatici argentini mischiati ai parigini, spingono Juan Martin Del Potro all’impresa. E’ così ovunque, si sostiene chi sta provando l’impresa. Incitare il più forte all’esecuzione sommaria, rimarrà prerogativa del Foro. Juan Martin continua a spingere follemente, senza sosta. Lo sa bene, ogni pausa può risultare fatale contro un simile avversario bardato con un mantello da supereroe indistruttibile. Eccolo che l’argentino si appresta a servire per il secondo set. E’ fondamentale vincerlo prima dell’oscurità, per far rimanere in bilico il match. Almeno per una notte. Puntuali, due palle break serbe. Due ace, e due servizi vincenti per portare a casa il secondo set. Una dimostrazione netta di come questo dinoccolato argentino oltre al braccio, ha la testa da grande campione. Pensa da numero uno, senza paura.
Domani/oggi sarà quel che sarà. Potrà perdere o vincere, seguitando a martellare senza alcuna sosta. Difficile, improbabile, forse. Ma ha la mentalità giusta, e questo è già un gran bene per il futuro.
Jo Tsonga fa il Gasquet e cede a Stan Wawrinka dopo aver istrioneggiato per due set, avanti di un break anche nel terzo. Si fa riprendere dal grande agonista (con chi il suo animo inferiore gli suggerisce) svizzero. Punito da rovesci magnificamente sprezzanti, il francese termina senza benzina. Povero Jo, che a Parigi riacquista sempre il pugnace animo dell’istrione misto a pugile guerriero, consapevoli tutti che non basterà. In questo pazzo Roland Garros, succede che un riconosciuto guerriero come Jo (al secolo Alì) si trasformi in Gasquet qualsiasi, mentre il vero Richard Gasquet “coeur de lion” (giuro, l’ho letto sul sito ufficiale del RG) ridicolizza il presunto fenomeno Thomas Bellucci, quello che a Madrid per molti (bontà loro) era diventato una divinità greca del nuovo tennis rudimentale. Incredibile quello che in questi giorni avviene sui campi Parigini. Sorprese senza soluzione di sosta o momentanea tregua. Tomba o delirio per scommettitori da terno a lotto. Già alle spalle gli shok Almagro e Berdych, il tabellone maschile vede i tre favoriti ancora in corsa. Già detto di Djokovic, Federer vola sulle ali di una tecnica che è pura melodia. Finché dura, forse fino al truculento incontro con uno dei due carnefici. O forse stavolta no, chi lo sa. Titubanze per Nadal, ma non è certo una novità. Il maiorchino si gestisce e riesce a trovare la forma durante le due settimane come pochi. 
Tutto normale o quasi, senza quella consueta terra di mezzo, falcidiata da eliminazioni eccellenti. Cadon come le foglie suicide. Jurgen Melzer si lascia sorprendere dal perticone ceco Lukas Rosol, tipaccio dai colpi devastanti che fino ad ora (26 anni) era rimasto a lottare nei challengers coi “Di Mauri e Lorenzi”. Floryan Mayer, tennista “caldo” e possibile scheggia fastidiosa, cede all’orsetto “Bubu” colombiano Alejandro Falla. Risultato che non sta in cielo, in terra e nel cosmo intiero. Tranne fratture, fisiche e mentali del tedesco, tanto gradevole quanto accompagnato da espressione triste come la tristezza più melanconica di una fila alla posta assieme ad ottuagenari pensionati che maledicono i governanti. Misha Youzhny, al solito, incontra una giornata di torpore e cede al navigato terricolo spagnolo Albert Montanes. In questo tabellone falcidiato ecco spuntare gente inattesa, pronta ad approfittare dell’occasione, magari direttamente proveniente dalle qualificazioni.
Continua invece la gran corsa di Fabio Fognini che regola alla distanza lo stremato Garcia- Lopez e si affaccia agli ottavi, in gran sicurezza. Il ligure ha battuto in scioltezza avversari da Atp250, distrutti dalla fatica del turno precedente. Poco male, la Dea Bendata può ammiccarti, ma bisogna esser bravi e scaltri nel sedurla. Ora ad attenderlo c’è proprio Montanes che per cavalleria (avendo fatto solo tre set nel terzo turno) si metterà a trascinare un risciò per sei ore. Fognini si conferma l’italiano con più prospettive, pur nella sua intermittente imprevedibilità. Ben più dei passisti da top 50 o del talento presunto Bolelli che fa bella figura contro Murray. Bellino, gradevole a sprazzi. Ma i cui buoni pregi tecnici soccombono agli evidenti difetti tecnici e mentali (come una lunga serie di tennisti che veleggiano nelle retrovie).
Se tra gli uomini le grosse sorprese riguardano solo i possibili antagonisti da seconda settimana o semifinale al massimo, il vero terremoto è avvenuto tra le donne. Salvatasi d’un soffio Vera Zvonareva (che fosse un segnale della “volta buona”?), grazie alla psicosomatica attitudine all’infortunio della Lisicki, quando ha gia perso, si registrano le goffe cadute delle prime due teste di serie: Cede ai suoi ormai cronici malanni alla spalla Kim Clijsters, alla distanza contro la giovin mancina olandese da “mulino bianco (a vento)” Aranxta Rus. Assolutamente ridicolizzata dall’esperta Daniela Hantuchova invece Caroline Wozniacki, numero uno non per sua scelta ma perché il computer, che alcuni calcoli non li fa, ha premiato la sua “pallettaristica” costanza. Sconfitta che, sembrerebbe paradossale ma è così, non fa una piega. La numero uno al mondo, può benissimo raccogliere tre/quattro games dalla numero trenta, se questa sciorina le sue belle geometrie piatte. Tutto sembra volgere a favore delle altre favorite (una dozzina ancora): Azarenka, Kvitova (occhio), Zvonareva (tifo per ella), Petkovic, Li, Jankovic, Kuznetsova (sembrava sull’orlo del ricovero in manicomio, ma ha destato buone sensazioni), Sharapova (ragliante, ma sempre fastidiosa) e Francesca Schiavone apparsa in palla, ed alla difficile ricerca del bis. Fuori invece la tedescona Goerges, ad opera dell’idolo (certo, anche i francesi appaiono un filo disgustati) Marion Bartoli. Due parole le merita (sempre) questa buffa cosa quadrumane che si carica con urla degne di una scimmietta che vola di albero in albero nella foresta amazzonica: bruttezza fisica epocale, tecnica surreal-raccapricciante, ed atteggiamento da Casta Diva. Passi di danza, balzelli ed occhi a pernice. Sarebbe anche divertente, non fosse così truce ed algida. Con quella faccia. Come diceva il filosofo Thomas Milian o Pirandello, non ricordo, “se sei racchia e voi fa’ a vamp, fai solo che ride”.

2 commenti:

  1. Del Potro mi da le stesse sensazioni che descrivi tu, solidità, capacità di rischiare, anche una genuina simpatia/solidarietà per quello che ha passato. E poi quel dritto, quella strana preparazione e quell'impatto con la palla così piatto, bastano a farmelo sembrare più bello di Nadal e Djokovic. Trovasse una maggiore varietà di tagli, chessò una palla corta alla Dolgopolov, non lo fermerebbe nessuno (se non si rompe prima).

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  2. La mancanza di varianti tattiche e tecniche, per non parlare della rete (schivata manco ci fosse un branco di squali tigre) mi fecero dire che il massimo cui potesse ambire era quella quinta posizione Atp. Cmq sia, anche così com'è, credo che se ritroverà la condizione fisica di due anni fa, potrà lottare con quei tre per vincere gli slam.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.