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sabato 4 giugno 2011

ROLAND GARROS 2011 – IL VENERDI’ DI REDENZIONE. FEDERER CHIUDE IL CERCHIO


Giornata X - Dal vostro inviato che attende con ansia la finale femminile, scoprendosi segreto ammiratore di Mao Tse Tung

Era scritto nelle stelle, forse, dovesse essere proprio lui a chiudere quell’atroce cerchio iniziato a Londra. Quarantuno successi consecutivi per Novak Djokovic, da Federer a….Federer. Ci si era ormai messi l’anima in pace. Un detrattore della prima ora provava a pensare a dell’altro. Anche cambiare sport da visionare saltuariamente. Niente da fare, quello strano robot snodato pareva di un altro pianeta. Inarginabile, impermeabile a tutto, orridamente inscalfibile. Atrocità sensoriale allo stato puro. Vincerà degli slam, ok. Diverrà numero uno, va bene anche quello. Sopportiamo tutto con cristiana rassegnazione agnostica. Batterà anche il record di vittorie consecutive appartenente a McEnroe 1984. Stop, alt. Va bene tutto, ma non le irridenti prese in giro. Sembra la sadica punizione ad opera di una religione malvagia. I record sono fatti per essere battuti, ma non si può sopportare a cuor sereno anche la beffa ultima, che sia proprio il mostro robotico a spegnere l’invincibile poesia di Supermac. Configura un atto di genocidio tennistico. Mancava un solo match all’inevitabile epilogo, complice la fantastica rinuncia nei quarti di Fognini (ignaro salvatore del Tennis e meritorio di un monumento).
L’atmosfera sul “Philippe Chatrier” è quella delle grandi occasioni. Eccitazione, gridolini ed un cielo di cemento a preconizzare gli eventi più straordinari o nefasti. Roger Federer provava a mettere fine a quella striscia terrificante. Tutto iniziò con me, e tutto finirà con me, deve dirsi tra se e se, appena convinto d’esser Dio. Sembra quasi se lo ripeta mentalmente quando strappa il servizio in apertura al serbo. Boato terrificante del pubblico parigino. Può dirsi tutto dei francesi. Che mangiano lumache e mettono le baguettes sotto le ascelle, ma sanno riconoscere il tennis dalle corride. L’elvetico è la solita gelida maschera compassata. Non trapela niente, nulla, tranne quella intima convinzione superiore. Aveva steso con grazia sovrannaturale Monfils e Wawrinka, ma con Djokovic si rischia ancora di assistere ad altro sport. Si decide tutto o molto in quel tie-break del primo set. Il serbo è in una esaltazione fisica e mentale da far paura. Chiamate gli artificieri, i caschi blu, la protezione civile, vien da gridare nell’osservarlo snodarsi come informe essere e riprendere i colpi definitivi dell’ex numero uno. Un rovescio controtempo che fila via a velocità della luce, acciuffato in tuffo col telaio, rovescio nell’altro angolo ripreso quasi steso in terra. Fino allo smash finale sul quale nulla può, e pallina levata dalla tasca e gettata dall’altra parte quasi con regale stizza di Svizzera. Deve fare il punto quattro volte Roger. E stavolta si è messo in testa che può anche farlo.
Vince il tie-break e vola avanti anche nel secondo set. Incredibile a Parigi. Il mostro annaspa, vacilla. Fa le faccette ironiche. Se la prende col fato. Sorride mostrando i denti. Bellissimo e simpatico, certo. Simpatia confinante con una nevralgia mortale all’ipotalamo. Il pubblico non sta nella pelle. Mai visto un tifo simile, di quelli che vogliono trascinare all’impresa. Ed ecco i surreali e ritmati incitamenti “Rvrojer”, con la francofona “erre” arravogliata. Qualcosa di simile si era visto solo con l’ormai ex Guga Kuerten all’ultima passerella di commiato, o col quarantenne Jimbo che portò il bimbo Chang al quinto e salutò, come istrione immortale, uscendo sorretto a braccia da due infermieri. Ma intanto Federer vola. Una prestazione monumentale, impeccabile, stellare. Serviva un match perfetto e lui ha deciso di giocarlo, quel match perfetto. Nessuna pausa o svago, che negli ultimi mesi finiva per punirlo. E’ mentalmente sereno, lo svizzero. Forse deve aver capito che la vita da numero tre al mondo, quando hai già vinto tutto, non è poi malaccio. Che cercare a tutti i costi quel numero uno, finiva per asfissiarlo e logorarne la mente. Si sta bene da numero tre, basta continuare a pensare intimamente di essere il numero uno. Per un match o un torneo. Il servizio fila via come non avveniva da tempo, decisivo ed implacabile nei momenti cruciali. Un vecchio maestro mi ripeteva sempre: “Quando sei in difficoltà, pensa prima al servizio, se quello funziona, tutto il resto si ricostruisce attorno”. Ovviamente la teoria non può valere per Volandri.
Avanti due set a zero, e grande sorpresa alle porte. Federer che batte Djokovic, una sorpresa? E’ il segno dei tempi e di questo sport pazzo. Solo un anno fa sarebbe sembrata una barzelletta. Il pubblico non si tiene. Altri cori commoventi. Djokovic patisce, fa ampi e teatrali gesti di livorosa impotenza. Federer continua a veleggiare come danzando su nuvole ovattate. Frustate melodiose di dritto e rovesci improvvisi che lasciano l’altro di sasso, in terra, con le gambe divaricate. Il rovescio va, come nei giorni delle sinfonie migliori. Solo una pausa ad inizio terzo set, rimette in corsa il serbo che s’insinua nello spiraglio come un satropo. Inizia ad ostentare pose marziali e cameratesche, digrigna l’orrida dentatura, guarda i facinorosi al suo angolo sbarrando gli occhi da Aigor. Terrificante. Non ci sta ad uscire di scena a quel modo. Rintuzza e contrattacca come una furia, e porta a casa il terzo set. Ed ora? Potrebbe cambiare tutto, il pubblico lo capisce e continua nel martellante accompagnamento rosso-crociato, vorrebbe sospingerlo a braccia. Djokovic non lascia più niente, arriva su tutto e tira da posizioni improponibili. Sulle righe. Lo svizzero è in ritardo col fisico, ma bilancia il tutto con un braccio che è sinfonia celeste. E stavolta non molla, sembra non voler mollare. C’è ancora una mezz’ora di luce prima del buio incombente. Quasi scontato che i due si giochino il quinto set il giorno dopo, quando Nole va a servire per il quarto. Altre quattro fiammate elvetiche suggellate da un marziano rovescio lungo linea, ed è 5-5. Inevitabile decisone al tie-brak. Assolutamente perfetto Federer, un orologio implacabile al servizio, ed è trionfo. Una lezione inattesa, forse. L’incredibile coincidenza di eventi e record alle porte, tutti stroncati sul nascere. Djokovic vincerà altri slam, diventerà numero uno al mondo, ma quel record proprio no. E Federer come il maestro, ci teneva a dimostrare al virgulto discolaccio futuro numero uno, chi lo è ancora in pectore. Per un match, o due. Vedremo.

4 commenti:

  1. Caro Picasso,
    per mancanza di tempo non ho più avuto modo di seguire assiduamente il tuo blog, anche se da febbraio ad oggi un saltino a leggere le tue divertenti cronache tennistiche l'ho fatto con una certa regolarità.
    Eccoci qui, dunque, all'ennesimo scontro fra Roger Federer e Rafael Nadal nella finale di uno Slam.
    Prestazione insperata, per certi versi miracolosa, quella di ieri di Roger.
    Murray, per contro - e se ancora ce ne fosse stato bisogno - , conferma la sua pochezza; soprattutto caratteriale.
    Temo che la finale se la prenderà Nadal: da un lato per via dei soliti problemi psicofisici di Roger (l'età che avanza e il complesso-Nadal mai davvero eliminato, malgrado qualche serata di grazia come all'ultimo atto del Final Master 2010, dove comunque si giocava su sintetico indoor e con un Nadal spompato dalla maratona della sera prima - condizioni non propriamente uguali a un tempestoso RG su terra rossa); dall'altro lato per via dell'effettiva stanchezza (soprattutto fisica) cumulata nell'impresa contro Djokovic.
    Insomma, simbolicamente la sua battaglia Roger l'ha già vinta: grazie probabilmente a una (insperata) spinta di orgoglio, è riuscito a rovinare la festa a chi lo aveva sistematicamente sopraffatto negli ultimi mesi, bloccando oltretutto il tran-tran della presunta invincibilità.
    Ma di tutta questa storia, il vero vincitore - o, per dirla in termini francesi che in questo caso rendono meglio l'idea, il vero "gagnant" - sarà Nadal. Fresco e riposato come una rosa, come suo solito, Nadal si presenterà in condizioni smaglianti - avvantaggiato persino dal fatto che davanti a sé avrà il buon Rogerone, battuto e umiliato innumerevoli volte, specie sulla terra rossa, specie a Parigi.
    Paradossalmente avrebbe avuto più possibilità di vincere Nole questo RG che non Federer.
    Sarò l'uomo più felice della Terra se il mio pronostico dovesse rivelarsi sbagliato.
    Alla prossima, Fabio

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  2. Ciao a te Fabio (intuisco tu non sia il Fabio che ha commentato ieri, dunque),
    sì, ennesimo scontro. Tutto da decifrare. Nadal è andato i crescendo. Come sempre gli capita negli slam, affina la condizione di partita in partita. E ieri è stato in poltrona a guardare gli altri due che si sfibravano. Un giorno dovrebbe però bastare a levare via molte scorie relative alla stanchezza. Stiamo parlando di atleti a tutto tondo. Certamente lo spagnolo parte coi favori, ma dopo ieri è difficile fare previsioni. Certo è che ieri Federer ha ridato un po' di magia ed imprevedibilità a questo tennis che appariva ormai indirizzato verso un nuovo (e meno avvincente) duopolio. Comunque vada a finire.
    Tra poco intanto inizia la finale "femminile". Francy nostra già si scalda. Bellissima come una divinità greca (maschia). Fremo. Ho il palpitizio come Cicchitto con un sinistro cappuccio calato in testa, quando parla del messia onnipotente. =)
    Ciao, a presto.

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  3. Sempre fantastici i tuoi resoconti ironici. Quello della finale femminile è fantastico! Purtroppo Dopal ha vinto e non lo sopporto. Speravo vincesse Djoko (sospetto pure lui...) la finale per generare una bella crepa nella lucida macchina da guerra. Federer ha tremato nei momenti topici. Non si può perdere il primo da 5-2..........perso quello era già tutto scritto. Amen

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  4. Ciao Daniel, grazie. Ben gentile. Certe volte però, basta solo riportare i fatti, per far ridere. =)
    Quanto alla finale maschile, concordo. Federer come raramente a Parigi ha dimostrato di poter battere Nadal, ma s'è spento davanti a quelle due o tre occasioni enormi avute. In primis sul 5-2. Avanti di un set si poteva assistere ad altro match. Vediamo come vanno le cose a Londra. Ciao, a presto.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.