.

.

giovedì 23 giugno 2011

WIMBLEDON 2011 – KIMIKO ACCAREZZA L’IMPRESA




Day 3 – Dal vostro inviato nella tana di Jack lo squartatore 


Nella fatalista scaramanzia di chi non conosce niente dell’arte orientale, si poteva, al più, sperare che l’esecuzione non fosse troppo cruenta, per Kimiko Date. Quarantuno primavere ed ancora sul centrale, a giocarsi un secondo turno. Lei che diciassette anni prima su quello stesso campo si batteva in un’epica semifinale contro Staffi Graf. Passano anni e protagoniste, ma questo meraviglioso esemplare di tenacia, tecnica e volontà zen, rimane lì. Deliziosa, minuscola ed arrembante. Icona vivente del tennis nel sol levante. Contro Venus Williams, la terrificante vatussa di rientro, c’era poco da fare, si pensava. E non solo per quel paletot da gran dama che bardava la maggiore delle sorellone. Invece Kimiko smentisce tutti, ancora una volta. Di quel campo e di quell’erba conosce ogni filo. Regge e addirittura scappa via. Il grazioso topolino kamikaze affronta di petto l’energumena furia. Anticipa, attacca, sferruzza e gioca voleettine ardimentose. Si avventa in corpo a corpo a rete, dei quali provi un po’ di paura per la sorte di quei 160 centimetri scarsi. Sbagli ancora, perché quella, non solo ne esce viva, ma addirittura vincente. Non ci si crede, davvero. Avanti 5-1 prima, poi riacciuffata e quando sembra tutto perso nel tie-break, il coraggio infinito di vincerlo.
Mentre fuori piove a catinelle, sotto il tetto del centrale Kimiko s’avventa, rintuzza ed incoccia d’incontro le micidiali sassate della gigante dalla pelle d’ebano. L’altra emette irreali urla triviali della jungla cannibalesca, lei risponde con urletti di dolore, ghigni di stridula temerarietà morente e vivissima. Si arrende solo al terzo set, 8-6. Perché le favole non sempre hanno un lieto fine. Ma la giapponese rimane una delle cose che rendono ancora interessante la Wta. Inconsapevolmente, e non solo per il bellissimo match che producono, Kimiko e Venus dimostrano l’epocale pochezza dell’intero movimento. Se per vedere un bellissimo incontro bisogna rimanere attaccati ad una indomita 41enne ed a queste sorellone che lasciano, rientrano e giocano quando meglio le pare, senza uno scorcio di preparazione adeguata. Amen.
Il resto delle terza giornata non ha vissuto grandi sussulti. Procedono spediti Nadal e Murray. Nessun patema anche per Gasquet, Roddick e Berdych. Si ferma invece dopo una caduta ad inizio match la corsa di Raonic contro Gilles Muller. Riprenderà oggi sotto di un set Del Potro contro lo gnomo Rochus. Entrambi dalla parte di Nadal. La macuba di Manacor è implacabile. Una specie di rituale voodoo. Sconfitta che non desta troppo sconcerto, quella di Verdasco schiantatosi contro l’olandese Haase, a suo agio su questa superficie.
Ma la vera, e gaudiosa sorpresa l’ha offerta un italiano: Simone Bolelli che continua a cavalcare il suo destriero pazzo. Era già fuori contro una semisconosciuta pertica francese oltre la duecentoquarantesima posizione. Ripescato, riesce finalmente a dimostrare l’efficacia dei suoi colpi. Batte addirittura Wawrinka, in tre set. Il piccolo Federer di Budrio non riesce a battere quelli scarsi, e compie imprese con quelli forti. Il problema è che per trovare quelli forti, occorre prima battere quelli scarsi, mi riferiva un raffinato filosofo della cabala, morto d’inedia lo scorso anno in un ospizio per geni incompresi. Stavolta, ancora, ci ha messo una pezza il ripescaggio. E’ comunque innegabile come il movimento (maschile) dell’Italtennis stia vivendo sussulti, se non di normalità, di crescita evidente. Bisogna ammetterlo per non commettere un peccato mortale. Dopo questa magnifica sgroppata brada sui campi, però, uno che ha una memoria appena superiore a quella di un criceto nano, potrebbe riprendere ciò che accadeva solo dodici mesi fa. Il talento bolognese non andava nemmeno a Londra. Doppio, criminoso peccato, tecnico e storico. L’erba non è adatta per il suo gioco, meglio, di gran lunga la terra battuta di Torino, dicevano, con gran sicumera, fior di tecnici, psicologi e pizzicagnoli. Sulla terra il suo difetto di scarso ribattitore si nota meno. E pazienza se su quei campi lenti occorre anche correre il doppio, ed i winners del suo repertorio vengono smussati. La coperta era troppo corta, e chi lo gestiva preferiva bruciarla del tutto, in pieno stile tiriamo a campare italico. Perché, come oggi dimostrato, sul veloce si prova a migliorare per il futuro quel difettaccio di una risposta non brillante e soprattutto può imporre i suoi colpi senza dover trottare, lui che è una graziosa statuina di piombo. Il servizio ed il dritto penetrante e spesso vincente, che fanno la differenza. Possono farla, almeno, se le meningi tengono. Ri-amen. Preghiamo. 

6 commenti:

  1. vista la sofferenza patita contro una giocatrice di fioretto,vista la precarietà della forma di venusia e vista la buona performance contro la cavallona che dici abbiamo possibilità?

    RispondiElimina
  2. Ciao Anonimo (1,2 o 3? Boh),
    Se ti riferisci a Maria Josè contro Venus...beh, la cavalla furia lascia giocare, non ha il winner. Venus, pur non trottando ed in condizioni rabberciate, invece sa come fare i punti. Possibiltà ce ne sono sempre, basta non dirlo in giro..

    RispondiElimina
  3. ero marco comunque...sono in incognito per "non dirlo in giro".

    RispondiElimina
  4. Ah, ok Marco. Ottimo. Occorre pessimismo scaramantico di stampo veteromarxista. =)
    Vediamo.
    Vado a farmi sei/sette vodka lemon. Dopo aver visto questa tedesca con la faccia da topo morto che frigna quando perde, frigna quando si fa male e frigna anche quando vince (e quando va al cesso? chi lo sa), ci vogliono proprio...
    Ciao, alla prossima.

    RispondiElimina
  5. che partita dimitrov-tsonga! Il bulgaro e un fenomeno...che pensi di questo giocatore? Ciao e a presto!

    RispondiElimina
  6. Visto qualcosa, che il bulgaro possegga la stoffa del campione, è cosa evidente. Ora però deve dimostrarlo, può farlo dopo la palestra-purgatorio formativo dei challengers. Tra i giovani è quello di maggiore prospetto (a livelli molto alti). Ciao a te.

    RispondiElimina


Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.