.

.

giovedì 30 giugno 2011

WIMBLEDON 2011 – LA CONTAGIOSA CARICA DEL BISONTE JO


Giornata 10 - Dal vostro inviato. Il più grande esperto di tennis in Italia e nel mondo. La cosa bella è che alcuni ci credono. Nell’ironia ed autoironia v’è molto dell’intelligenza umana. In chi non ne è capace e nemmeno la comprende, il dipinto della mediocrità più estrema.

Scusate il ritardo, sembra aver dipinto su quel bel faccione da adorabile canaglia, mentre al centro del campo festeggia l’impresa. Genuine gesta da istrione gentile e guascone, che sono l’essenza di Jo-Wilfried Tsonga. Oltre tre anni dopo quell’estate australe, mentre dalle nostre parti si pativano i rigori dell’inverno, fummo rapiti dalle imprese di quel ragazzone tutto muscoli, personalità e carisma antico. Una roccia imponente ed esplosiva. Potente ed inusitatamente, d’improvviso, aggraziata. Un bisonte lezioso, che balla al Bolshoi, si disse-scrisse. Alla faccia dei tanti gran sacerdoti del tecnicismo amorfo e morto nelle loro menti labili, che lo dipingevano tennista solo fisico dal gran servizio, dirittone e poco altro. La meteora impazzita e virulenta, invece, mi spinse all’insano voto da scommettitore folle. Pronto ad iscrivermi ad uno di quei circoli delle libertà (condizionate) se quel rigoglioso fenomeno della natura entro il 2012…
Invece, se si eccettua una breve settimana di grazia parigina, sono seguiti anni di disgrazia, insofferenza, patimento e sinistri cigolii. Quasi sprofondava goffo nell'argilla, remissivo in risposta sui prati, isolate fiammate e grandi crack sul duro. Non se ne usciva. Il debordante fascio di muscoli, nascondeva una fragilità di fondo: La quasi impossibilità a reggere un tennis così meravigliosamente esplosivo. Jo appare un poderoso bisonte di cristallo. La spalla, il braccio, il ginocchio, poi caviglia, polso, rotula e ancora spalla. Sempre qualche giuntura ad impedire l’alchimia. Quasi sconcertati per quel carisma avvilito dal fisico, si arriva addirittura a misconoscere l’alchimia stessa, a rassegnarsi alla tragica iscrizione ai circoli dell’orrore, come pegno mortale per quella evidente crapuloneria tecnica nell’avergli vaticinato un posto nel gotha.
Che Jo stesse finalmente bene, come poche altre volte, lo si era già capito al Queens, storico e rituale torneo di preparazione ai Championships. Una gran vittoria sul solito Nadal alle prime, un filo imbarazzanti, prese di contatto con l’infida erba e la finale persa in volata con Murray. Anche a Wimbledon, partita dopo partita, lasciava sensazioni di crescente speranza ai soliti creduloni, meno insofferenti ma più guardinghi. David Ferrer steso senza troppi preamboli, ed ancor prima quel giovane e purissimo talento bulgaro, Dimitrov, domato alla distanza e d’esperienza. Ieri però, nel suo match di quarti, non aveva di fronte la giovane copia dell'est, ma il Roger Federer vero. Tsonga si conferma in palla. Regge, sbuffa, attacca senza soluzione di sosta. Tutto inutile al cospetto dell’ex numero uno svizzero, quasi perfetto nella sua danza abbagliante. Jo sembra aver ammainato ogni speranza dopo un tie-break del secondo set, perso in modo quasi increscioso.
Ma, tra novità francesi e piccole conferme di Svizzera, il match prende un inatteso viatico, deraglia. Il francese continua a spingere, in quel folle progetto tattico d’asfissiante attacco. Avanti ad ogni occasione, all’ultimo respiro. Federer ne rimane intrappolato, forse sconfitto dalla stessa idea superiore d’aver già vinto. Si rilassa inconsapevolmente, abbassa un filo il ritmo, mentre l’altro riprende a caricare come un bisonte, ora furioso, ora aggraziato  Mai così smagliante sui prati, Jo. Migliorato in risposta, devastante al servizio, implacabile negli uppercut di dritto dal fondo, coraggioso e virtuoso portiere nei pressi della rete, aggredita con una veemenza che non si vedeva dai tempi dell’altro tuffatore da prati, Boris Becker. Si assiste persino a qualche disperato rovescio in recupero, staccando la mano. Il pugilatore transalpino ha il gran merito di prender subito un piccolo vantaggio nel terzo, rimettendosi nella partita dalla quale, lentamente e passivamente, esce gradualmente Federer. Poi è un grande spettacolo giganteggiante, fino al completamento della rimonta. Lungi dall’intonare il duecentoventiseiesimo stucchevole “de profundis” per lo svizzero, rimane comunque l’ennesima sensazione di passivo abbandono a se stesso, malgrado uno Tsonga versione gigante. Due set di sfolgorante dominio antico, ed altri di tre di etereo sonno.
Semifinale terribile ora per il francese, che svegliandosi, si renderà conto di aver fatto qualcosa di grande, ma ancora nulla. Ad attenderlo c’è quella poco rassicurante espressione vagamente strabica appartenente a Novak Djokovic. Il serbo regola d’esperienza il teenager australiano Bernard Tomic, che perde la grande occasione spegnendosi una volta avanti di un break nel terzo set. Avanti due ad uno, chissà come sarebbe finita. Rimane l’impressione di gran consistenza serba, irriducibile anche sui prati, e di un radioso futuro per il ragazzetto australiano, simpatico come acuminato aculeo conficcato in un occhio, ma dal tennis intelligente, completo e qualche imprevedibile guizzo “gattonesco”.
Poco può Feliciano “Deliciano” Lopez, battuto in tre rapidi set da Andy Murray. Rimane il buon torneo dello spagnolo atipico, e la consapevolezza di avere una conturbata fan in più: Judy Murray in love. Sarà per questo che l’hanno visto fuggire, notte tempo, da Londra. Semifinale attesa tra Murray e Nadal, l’eroico Nadal. Quasi tumulato contro Del Potro, persino in dubbio ieri (la risonanza magnetica ha individuato qualcosa, certo: il marchio della Metro Goldwyn Mayer). Ecco quindi le solite sgroppate alienanti e magli arrotati per ridurre a miti consigli le belle geometrie di Mardy Fish. Ma se l’americano fosse andato in fuga ad inizio quarto set, ecco che per magilla, il marchio della Metro Goldwyn Mayers sarebbe riapparso in un nano secondo. Murray per domare lo spagnolo, al meglio cinque set, dovrà trovare il match quasi perfetto.

Due ciance anche sulle semifinali femminili, allineatesi ieri e di scena oggi. Sharapova-Lisicki, derby russo-tedesco di valchirie bionde, nella parte alta. La siberiana è quasi nella forma che la rese tragicamente celebre e non ha avuto alcuna pietà nell’infierire sulla gnoma assassina (di Wozniacki e qualche altra) Cibulkova. Sabine Lisicki, gran rivelazione del torneo, pur provando ad esibire ancora la sua indole di gran perdente auto-capottante, ci ha alla fine liberato dell’inquietante presenza di Marion Bartoli, inestinguibile e straziante combattente esagitata e con la svolazzante coda di cavallo unta di sugna. Più esperta e navigata la siberiana, più intelligente la tedesca. Se quest’ultima, oltre al repertorio di virulenze varie, riesce a mettere in atto le stesse variazioni e smorzate utili a debellare l’incubo francese, può giocarsela. 
Parte bassa occupata dal confronto Kvitova-Azarenka. Entrambe alla ricerca del salto di qualità di una ancor giovane carriera. Match che più equilibrato non potrebbe esserci. La gigantessa ceca dal ventre tipico di chi abusa di bevande al luppolo, sapida e con la calma dipinta nel viso sciapo, è stata autrice di un gran torneo. Per lei ora la prova del nove, contro l’orrenda furia satanica di Vika Azarenka. La nipotina di belzebù, se il match dovesse complicarsi, potrebbe impazzire, emettere urla e bestemmioni da saloon. Il prete esorcista Milingo è i preallarme. Cinquanta e cinquanta, credo.

5 commenti:

  1. Hai descritto Jo perfettamente, l'aggettivo perfetto è genuino, nel gioco e come persona.
    L'ho sentito chiamare "picchiatore" definirlo così è eresia.
    Speriamo! Cmq non mi illudo, non ci voglio rimanere male, è che se gioca bene lui Djokovic lo può battere perchè piaccia o non piaccia anche se l'erba è terba Djokovic è quello che la soffre di più per caratteristiche. Deve restare in trance agonistica 3 giorni Jo.
    Le semifinali femminili sono state inquietanti, oramai hanno quasi le velocità degli uomini ma un gioco monocorde e noioso da morire. Stan davvero messe male...la volee sbagliaata della Sharapova, l'unica richiesta in tutto il match sembrava reggesse un'ascia mica una racchetta.
    Quelli che ne sanno danno qualche chance a Murray e Tsonga steso in 3 BARRA 4 set!

    RispondiElimina
  2. Secondo me Deliciano nostro è scappato dopo aver letto il tuo post xD La visione di Judy arrapata? Orrida quasi quanto un match della Wozniacki xD
    Comunque sia, tornando a cose "serie", brevedibilissima finale Sharapova-Kvitova. Prendo Masha.
    Gli uomini, bah, credo andrà a finire in un Djoker/Rafito.

    RispondiElimina
  3. @Detto bene, meglio non illudersi. Il francese ieri ha fatto un'impresa. Ora ne dovrebbe fare altre due. Può farcela, se tiene ancora altissimo il suo livello...ma ad essere onesti, il Djokovic è lanciatissimo. Se non sbaglio, lanciatissimo verso quel numero uno al mondo. Come a Parigi.
    Wta...ah, si. Masha è tornata in tutto il suo splendore. Picchia ogni cosa ad occhi chiudi. Quanti doppi falli avrà fatto oggi? 16/17 in 9 turni di battuta? Figurati...il gioco di volo, eresia totale. =)

    @Marty,
    un po' di rispetto per mamma Judy. Ella patisce le pene dell'innamoramento. Sì, per una volta ci avevo quasi preso all'inizio del torneo, anche se c'erano le variabili Williams al piccolo trotto.
    Prendi Masha l'urlante? Io prendo l'elefantessa ceca. Chi ci prende, vince in dono un dvd con le urla belluine della siberiana. =)

    RispondiElimina
  4. Che dispiacere.. ho visto solo il tie-break del terzo, che è stata un'apoteosi. Ma nel primo non era avanti di un break?
    A te che è parso, troppo costante Djokovic o troppo maramaldo JW?
    Comunque la differenza sta tutta nel sorriso suo e della sua amica quando ha tirato fuori di tre metri un setpoint, e nello sguardo trucido di tutto il box di quell'altro. Essere Jo Tsonga, tutta la vita. ;)

    RispondiElimina
  5. Ciao Arturo,
    ottimo. Hai colto l'essenza principale di questo confronto. Perfettamente sintetizzata dai due angoli. Da un lato la gioia, nell'altro il livore orrendo. Così come sul campo, la contagiosa imprevedibilità divertente del francese, contro quel concentrato di pose truculente e corse devastanti del serbo.
    Poi certo, Tsonga il match lo ha perso facendosi riprendere quel break. E praticamente non giocando il secondo e metà terzo. Rimane quella bella reazione, se non si vive di soli risultati. =)

    RispondiElimina


Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.