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sabato 2 luglio 2011

WIMBLEDON 2011 - FINE DEI GIOCHI


Giornata mortale - Dal vostro inviato, pronto all’insano gesto

Per chissà quale malata distorsione mentale nascosta nel subconscio, provando a riflettere sulla finale di questa ferale edizione di Wimbledon, mi viene alla mente un’immagine improvvisa, come un flash avvolto da una luce scarlatta. Devo proprio aver deragliato. Nemmeno un pasticciere freudiano travestito da venditore di pomodori pachino, potrebbe salvarmi. Al limite sancirebbe in modo inequivocabile la mia omosessualità latente. Già mi vedo sul lettino: “Come dottore, che c’entra? Ho solo sognato di scambiare un tenero bacio al chiaror della languida luna con Gabriela Sabatini (non la versione giovanile dalla tamarra capigliatura, ma quella odierna, da splendida quarantunenne), mentre venivamo accarezzati dalla spuma di mare e da un sinuoso e conturbante rovescio di Hana Mandlikova che però non ci aveva la testa”. Quello mi scruta, con un refolo di commiserazione, sbuffa, “embè? E’ chiaro come il sole che lei ha una sessualità incerta, è attratto dall’impugnatura della racchetta, un simbolo fallico, ed allo steso tempo anela carezze da una donna inesistente. Lampante sintomo di omosessualità latente, tendente all’autodistruzione nichilista”. Avrebbe concluso.
Poi ho provato a pensare a dell’altro. Magari un Edberg-Becker ormai preisistoria, o Ivanisevic-Rafter, finale un filo più vicina ai tempi moderni. Tutto per non pensare a quella cosa che domani andrà in scena sul centrale. Perché passi per uno, ma addirittura tutti e due i finalisti, anche a Wimbledon, somiglia all’accanimento verso un uomo…
Ma bando a questi discorsi a metà tra quelli di un vecchio giocatore della bocciofila ed i nostalgici ricordi di Abraham Simpson (dotta citazione, ad uso e consumo dei lacchè), rivelo che per la prima volta da anni a questa parte, non seguirò le finali dei Championships. Preferirò il mare e il sole (ammesso che non grandini), al solito, scontato e ritrito spettacolo di bruttezza estremizzante che ci vendono come gran agonismo. Ah, lo agonismo. Quanto ci mancava. Gli esperti lo anelavano da anni come manna dal cielo. Pose marziali, facce trasfigurate, occhi carichi d'odio brutale, gran corse inumane, recuperi, scivolamenti, urlacci, pugni al cielo e vamos/ajde a tutto spiano. Il copione è quello, già noto. Visto una volta, visto per sempre. A chi può interessare la sedicesima replica di Ben Hur? Ormai le bighe non eccitano più. Chi vincerà conta poco. Lo deciderà il fato, o un infortunio che impedisca ad uno dei due la proverbiale ostentazione di fisicismi "hors-category". Nessuna possibile variante tecnica o psichica, da potermela rendere interessante, neanche ad inventarla.
Due parole però, le merita lo sconfitto vincitore. Già, vincitore. Perché a volte il risultato del campo è uno sterile, insignificante dettaglio. Anche oggi Jo Tsonga ci ha provato. Ma era difficile, quasi una missione impossibile scardinare l’implacabile muraglia dell’orrore. Freddo, cinico, reattivo. E' cresciuto enormemente Novak Djokovic. Se non lo ammettessi sarei un fazioso, uno di quelli che rappresentano il maggior problema per i governi (della libera repubblica delle banane), come Santoro. Ha imparato a fare volèe se non belle, almeno efficaci, ad attaccare di più quando necessario. Il resto lo fa quella reattività mostruosa, sorretto da una condizione fisica impressionante. Appena posto rimedio al malvagio problema alimentare, va che è una scheggia. Pure Enzo (con la zeta volitiva), il mio barista, da quando segue la dieta giusta per i celiaci, stappa birre con maggior lena ed occhi a palla. Ogni tanto emette urlacci da posseduto, e a breve credo gli leveranno la patente da oste per condurlo in un centro d’igiene mentale. Una casa di cura dove gli esaltati cronici guariscono coltivando bietoline agresti.
Il match si presenta come uno stridente confronto di opposti stili, tennistici e di vita. Da un lato le imprevedibili estrosità del bisonte francese, dall'altro l'impostata e costruita essenza stilistica del neo dittatore delle classifiche mondiali. Senza dover leggere un ponderoso tomo di sociologia applicata al lombrosismo, te ne accorgi guardando gli angoli dei due contendenti, di quanto l'uomo sia differente. Viva iddio. Sorridente e di una bellezza particolare, la ragazza nel box di Tsonga. Algida ed esagitata bellona comune e senza attrattiva, la girlfriend del serbo che si agita come l’avessero drogata col pepe di cajenna. Disordinati e scanzonati i francesi, persino felici e sorridenti nel sostenere in modo gioviale il loro protetto. Una marziale sequela di facce livorose, al box del serbo. Ci sono proprio tutti. Fidanzata, genitori, incontenibile fratello minore. Tutti come fossero ad un tremendo bivio: festeggiarne la prima comunione o assistere alla sua tumulazione in battaglia. Volti scuri ed atroci, esultanze livide di rabbia che ben fanno il paio con quelle del proprio rampollo. Che roba, che roba. Dovrebbero pur avvertirli che non vi sarà nessuno scotennamento o taglio di carotidi, ma su quel prato stanno giocando ad uno sport. Dovrebbero, prima o poi.
Ma c’è anche un match sul campo. A tratti entusiasmante e costellato di tuffi spettacolari, con Jo alla disperata ricerca di sfondare o della rete. Impresa titanica, abbattere il mostro creato da chissà quali menti sadiche. Una macchinetta sparapalline all’incontrario. E’ come se doveste immaginare di tirare colpi vincenti e provare a fare punto, mentre dall’altra parte un meccanico automa robotizzato, il Frankenstein con fattezze da Aigor vi riprende tutto, qualsiasi colpo devastante o ricamo. Il francese perde tutto o quasi lasciandosi recuperare un break di vantaggio nel primo set e cedendo di schianto nel secondo. Due o tre fiammate di regale potenza, balzi  da funambolo a rete conditi da ricami leziosi, e questo bisonte che intaglia il cristallo recupera un match quasi perso, con l'altro avanti di un break anche nel terzo e poi addirittura pronto a servire per il match. E’ un inno alla gioia estrema, uno Tsonga in queste ritrovate condizioni fisiche. E pazienza se ha gettato via due set, se si scioglierà ancora, inevitabilmente. Ancora un paio di dritti monumentali ed un tuffo da stunt-man a rete, prima di un tie-break sontuoso. Dirompente e carico a mille, riesce a salvare due match point e chiudere.
Eccita gli spettatori, gonfio di orgoglio e carisma naturale. Persino Pippa Middleton, attesa con ardore sugli spalti per qualche possibile regal smutandamento improvviso, si eccita tutta e applaude come una foca assai contenta. Tutto è naturalmente avvincente in questo tennista. Dai colpi, atipici nella loro violenza, alternati a dolcezze inattese, fino a quell’atteggiamento da sornione felino sorridente. Un tornado spontaneo ed imprevedibile in ogni gesto. Il carisma è qualcosa che non si può definire o insegnare. Sta in un impercettibile gesto, un colpo o un movimento di ciglia che trascina le folle, le fa vibrare di naturale e contagioso entusiasmo. Il carisma o ce l’hai, o non ce l’hai. O provi goffamente a costruirtelo. Basta guardare dall'altra parte della rete quella sagoma spiritata e sovraeccitata, carica di invasate ed innaturali gesta, tecniche e comportamentali. Nessun guizzo di naturalezza, implacabile e macchinoso come quegli interminabili palleggi prima del servizio. Solo una improvvisata platea del foro-colosseo, avvezza  a corride ed esecuzioni cruente, poteva eleggerlo beniamino.
Il terzo set vinto al tie-break è una specie di trionfo, l'apoteosi rivitalizzante di questo sport morente. Quasi che qualcuno si volesse divertire a posticipare la prevedibile e tragicamente attesa evoluzione degli eventi. Che la bellezza e la gioia del tennis non volessero arrendersi all'ecatombe sensoriale di Serbia. La gioia provasse addirittura a resistere alla protervia invasata. Inutile, perché nel quarto set il serbo riprende il controllo, approfittando di un'iniziale rilassatezza del francese e tenendo quel vantaggio fino alla fine. Perché la differenza chi riesce a diventare numero uno e tutti gli altri, sta proprio nella forza mentale, nella costanza e capacità di approfittare degli altrui svaghi. Che poi sia questo uno dei motivi per cui preferisco un divertente numero 12 o 13 senza coppe che sia Tsonga (o chi per lui), al numero uno che si chiami Djokovic o similia, rimane un mio grave problema.

8 commenti:

  1. Sarà forse un grave problema, ma ti rassicuro, non sei l'unico ad avercelo =)

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  2. Sicuro? Pensa che oggi pioveva, e dunque non ho potuto tener fede al proposito di andare in spiaggia. Non ho resistito. Ho visto 3 minuti e 47 secondi della finale "femminile". Ho dovuto girare sedutastante ad un doppio "leggende" in stile Harlem globetrotter, Bahrami/Castle-Cash/Woodforde. Fischiettando un motivetto swing anni '40. =)

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  3. Problema un pò comune ma io credo che qualcosa guarderò ma non con gli occhi attaccati allo schermo, tra il mocio, un caffè, pettinerò il gatto, annaffierò le piante, ancdrò a prendere l'acqua al distrubote che la regione ha messo in piazza ...poi uscirò in bici.
    Che ne pensi di Murray e della sua eliminazione, io non mi spiego perchè il primo set sia stato equilibrato e poi mattanza. Tattica cambiata da Nadal? O Murray ha mollato il ritmo perchè era troppo alto quello che doveva tenere?
    Grazie Petra!
    Jess

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  4. Beh direi che almeno hai deciso di passare al vero tennis, il che é pressoché normale, no? =)

    Io ho veramente deciso di staccare il cavo sto w-e, non voglio saperne assolutamente nulla... l'unico sbocco informativo sul tennis sarà questo blog, perché non voglio assolutamente leggere altrove della "grandezza e determinazione del Djoko" o "dell'immenso cuore" del mancino di Manacor... e perché non voglio assolutamente veder associato il concetto di "tennis" con le due finali del Championship...

    Quindi, aspetto con impazienza i nuovi post e soprattutto le pagelle, ma col "tennis" (questo "tennis") ho chiuso fino alla tourné americana!!!

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  5. Se non altro nella finale "femminile" era possibile tifare per una delle due atlete (o almeno contro una delle due). In quella maschile si può tifare solo per una pioggia di meteoriti sul Centrale.

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  6. @Star,
    ho trovato opportuno non trattarne nemmeno. Anche perché ho visto solo la fine. Poco da dire, non so se davvero lo scozzese avesse dei problemi fisici, ma certo è che non sembra ancora in grado di quella costanza utile per battere lo spagnolo in un 3 su 5. In questo momento l'unico in grado di reggere mentalmente lo spagnolo è Djokovic.
    Petra ha reso tutto, se non più bello, meno orrendo. =)

    @Siro,
    Che dire...se solo volessi, potrei scrivere anche adesso della finale maschile, senza vederla, in modo impostato e canonico. Non credo sbaglierei di molto ed occorrerebbe solo inserire i risultati. Non ci vuole nemmeno un grosso sforzo di fantasia. Non me ne vogliano i tifosi dei due ma i loro match saranno anche agonisticamente tirati, personalmente li trovo privi di attrattiva tecnico-tattica e riflessi psicologici.
    Mi trasformerò in "pagellaro" prossimamente. =)

    @Krentak,
    in fondo sì, tra le donne (come spero sia trapelato nel pezzo pubblicato oggi) v'era una maggior inclinazione a favore della ceca. Quanto a quella maschile...pioggia di meteoriti a bagnare questa finale, non lo so. Pare splenda un bel sole a Londra, mentre qui invece piove. Il mondo va proprio all'incontrario. =)

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  7. pensa un po,a kvitova-sharapova ho preferito una divertente finale juniores broady(inglese!)-saville con vittoria del secondo(australiano) in un campo 1 gremito 2-6 6-4 6-2 per la disperazione dei sudditi di sua maesta che nemmeno tra gli u18 riescono a trionfare ai championships:)

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  8. Broady almeno è inglese inglese, credo. Comunque, per inciso, gli inglesi non riescono a vincere nemmeno nel doppio "over 45". Bates/Jarryd sconfitti da Cash/Woodforde in finale.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.