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domenica 3 luglio 2011

WIMBLEDON 2011 - KVITOVA REGINA, PASSANDO SUL NIGHTMARE DI SIBERIA



Giornata -1 (se vorrà il cielo) - Dal vostro inviato, sull’arca di Noè

Il principale lassù dev’essersi divertito parecchio, nel vedermi disfare la tenuta da piccolo marinaretto, a causa di una pioggia equatoriale. Allagamenti ed interventi della protezione civile, come non se vedevano dal 1972. Tutto per farmi venire meno allo spiaggiante proposito di sdegnata indifferenza per le due tristi finali. Nella piovosa Londra invece, splende un tiepido sole. Poco male, entro nel bar-agenzia scommesse per sorseggiare un bel caffè post pranzo luculliano. Su di uno schermo una manifestazione pedatoria, nell’altro la finale femminile di Wimbledon. Mi assiepo sotto il secondo. Muto e senza sonoro, voglia il cielo. Ma le urla siberiane, non so per quale irreale motivo, riescono a trapanare anche quel muto silenzio e tintinnar di cucchiaini e tazzine. Sono l’unico a guardare quella strana “cosa”, poi si aggiunge un cingalese alto 1 metro e 42, vestito come un piccolo coloniale della savana a caccia di elefanti. Sorride mostrando i denti laschi e tiene in mano una scheda appena giocata. Ha pronosticato Kvitova in 2 set. 15 euro giocati, per una vincita netta di 45. Un dritto il ragazzo, si vede. Certamente più di me, che per mera codardia gasquettiana ho pronosticato la ceca vincente a 2,50, senza azzardare il risultato esatto.
Il ragazzo agita tutto il suo metro e quarantadue, malgrado il match sia in perfetta parità e le due si studino a suon di roncole. Pare fosse medico nel suo paese, il Bangladesh, qui vende angurie per strada di giorno, e la sera lavora come pizzaiolo. Ed allora prendo il coraggio a due mani, e gli chiedo: “Senti, tu che sei del ramo, ma perché quella grida come una pazza?...voglio dire, io non ci capisco nulla, ma vorrei sapere quale vantaggio trae da quel concerto malato…”. Quello non capisce il senso della domanda, o forse arriva ben oltre, facendo un semplice ed esemplificativo gesto dell’indice. Lo rotea all’altezza della tempia, e ride. E’ pazza, già. Forse. Quindi lo incalzo: “Ma dal punto di vista anaerobico, tu che certe cose le hai studiate, gode di qualche benessere gemendo come una partoriente?”. La sua espressione si fa un po’ più seria, poi in un incerto italiano, sguaina la seconda pennellata di saggezza medica: “Penso che aiuta a non pensare a niente e tenere la testa occupata…”. “Sì, gioca senza penzierrr, senza penzierrr” (con zeta sibilata), gli fa eco il barista Enzo, nell’atto di preparare due espressi. Quanta saggezza in quelle parole dell’uomo medio, altro che una redazione di indefessi tecnici inconsapevoli delle immani cazzate che dicono-scrivono.
Medito profondamente. Forse è anche vero. Masha provoca in modo naturale una scarsa ossigenazione del cervello, per stordirlo in modo preventivo. Esala versi animaleschi solo per non pensare a niente. Aiuta l'inesistenza della tattica. Vuoi che un eretico pensiero partorito dalla mente ne guasti il proposito di tirare ogni cosa con virulenta forza demente? Giammai. Il pensiero sta abbandonando questo sport. Lascio l’allegro convivio, proprio mentre la giovane ceca Petra Kvitova strappa il servizio all’avversaria. Il ragazzo fa un piccolo balzelletto di contentezza. Anch’io ne sono moderatamente felice.
Torno a casa, il tempo di appicciare lo strumento, e non resisto all’insana curiosità mista a godimento per l’orrore. Petra Kvitova domina, giganteggia. Sembra una specie di umiliazione sportiva. Certamente lo sarà nella mente dell’algida regina di Siberia. I colpi della ceca partono dalla racchetta più fluidi e facili, decisamente più eleganti rispetto a quelli dell’esagitata statua russa. Avanti un set, ed anche un break nel secondo. Per quanto i break contino nel tennis femminile, per battere questa Masha tornata a buoni livelli dopo l’infortunio, bisogna essere bravi a tenere la propria battuta, tanto sulla propria quella mette in atto l’acme del suo scellerato patto di inutile forza accecata. Spara via tutto, prima e seconda a quasi 200km/h. E’ una non-tattica anche questa, ben conscia che deve tenere il pallino in mano e tirare la qualsivoglia. Una volta attaccata infatti, finisce in padella come un totano panato. Petra invece, più mobile della russa (ci vuole davvero poco, lo è anche uno scaldabagno) e tennisticamente più intelligente (lo sarebbe anche una noce di cocco marcita), è brava a prendere sempre l’iniziativa, spostando l’urlante totem biondo. Un dest-sinist agevole ed al terzo colpo quella rimane goffamente in ginocchio. Tiene con gran personalità, non lasciandosi intimidire dai latrati orrendi dell’altra. Poi lancia pure strani urletti di auto incoraggiamento, così striduli da sembrare surreali, se partoriti da una ragazzona così imponente. Guaiti da Pincher rapidi ed ancora gran randellate mancine prodigiose.
Mi sorge una domanda incresciosa: ma questa Masha fenomenale, avrà mai tirato un colpo, se non di attesa, almeno intermedio o d’approccio, in tutto il torneo? Può una cosa simile vincere Wimbledon? Con quel dubbio atroce, sposto tutto e mi dirigo su uno spelacchiato campo di periferia, per vedere qualcosa di più piacevole. Giocano un doppio di “leggende”. Pat Cash già campione in singolo una ventina d’anni fa con la stessa piratesca bandana a scacchi e Mark Woodforde, rosso mancino pluri vincitore del doppio assieme al suo compare Woodbridge, sempre parecchi lustri fa. Contro di loro una coppia vagamente surreale, l’impostato inglese Castle, un po’ a disagio, e Mansour Bahrami, 55enne macchietta iraniana di comicità naturale, sempre delizioso nelle sue sceneggiate da Charlot improvvisatosi mago. Voglio dire, si vede di tutto, come in uno spettacolo degli "Harlem Globetrotters". Il quasi sessantenne iraniano si lancia in gustosi giochi da rabdomante con le tre palline in mano, le fa sparire. Chiede l’occhio di falco su colpi fuori di tre metri, si prodiga in almeno una dozzina di fulminei e precisi colpi sotto le gambe recuperando pallonetti. Pat Cash all’improvviso passa nel campo degli avversari per un divertente muro a rete a tre contro Woodforde.
Poco dopo vedo il risultato della finale femminile: Petra ha portato a compimento la missione, vincendo anche il secondo set. Trionfa la ceca con gli occhioni malinconici ed il viso perennemente afflitto, con pieno merito, dimostrandosi nettamente la migliore e più dotata del lotto, in questo torneo (e più in generale circuito) ormai ridottosi a violento tiro al bersaglio.

2 commenti:

  1. E' vero il pensiero sta abbandonando questo sport ma vince ancora chi pensa si più, e siamo almeno felici sia stata la ceca.
    Da qualche parte è iniziata questa teoria del tira tutto e sempre più forte, è risultata vincente e via. Credo che nel tennis la costante presenza, spesso invadente dei genitori preferiti hai coach veri abbia altro danno, si cerca di vincere a tutti i costi non di dar spettacolo e giocare bene
    Ma un post sulla finale prima delle pagelle io lo vorrei solo per la foto che sceglieresti.....(la camicia di papà è splendida come mamma con il crocefisso in mano)
    Jess

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  2. Sì, la ceca ha comunque un suo percorso di crescita ben evidente. La Masha quella è, infortunio a parte, è la stessa di quando aveva 17 anni.
    La finale, non l'ho vista. Dico sul serio. Ma la foto l'avrei messa ugualmente. Stasera vedo, c'è una vasta gamma di diversi orrori. Niente male nemmeno il presidente serbo. E poi ci si sdegna per "l'ultrà Ivan". Quello almeno è ultrà di professione. =)

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.