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lunedì 26 settembre 2011

MARTINEZ SANCHEZ E TSONGA, IL DOLCE LIBECCIO D'AUTUNNO


Le ferite dei big. Ormai ci siamo abituati. La fase del post slam regala piccole soddisfazioni, mentre i big ricaricano le pile o stanno a guardare in vista di impegni più importanti. Djokovic sarà  a guarire come un automa nella sua navicella personale impressurizzata da naturali eventi, mentre Nadal bada a non perdere il ritmo, sgroppando 8 ore al giorno con una specie di Aceto in groppa a scudisciarlo nei fianchi. Persino Federer ha annunciato il forfait per il Masters 1000 di Shanghai. Problemi e piccoli malanni, per lo svizzero che non è più fanciullo. Anche lui, malgrado un tennis infinitamente più naturale e meno erculeo, paga qualche acciacco. Lo svizzero nella sua algida e chiusa aristocrazia, non esterna mai i malesseri in modo plateale. E’ nel personaggio. Leggenda narra come non si sia mai ritirato durante un match Atp. Non cadrà mai in volgari e sguaiate sceneggiate in salsa "meroliana" da moribondo. E nemmeno inizierà un torneo dichiarando: “non sto bene, spero di arrivare alla seconda settimana, almeno”. Al limite, perde. Si pensa che ha semplicemente giocato male o che sia troppo vecchio, ormai finito e quant’altro. E forse aveva solo una caviglia in disordine.

Jo e Maria Josè. La bellezza salverà il mondo. Se solo la pazzia ci aiutasse a dare credito a Dostoevskij. Concluso lo slam nuovayorchese, sublimazione dell’energumena esasperazione fisica, il medio spettatore, avvinto come l’edera da nobili gesta decadenti, può respirare e riprendere quel mezzo sorriso fatalista e coglione. Una fiammella di speranza nel vuoto pesante ed increscioso che incombe sulle nostre teste. C’è ancora del bel tennis che vince, signori. Non saranno major, e neppure Masters o mandatory vattelapesca, ma a Metz e Seoul risplendono di luce propria Jo Tsonga e Maria Josè Martinez Sanchez. Il francese avrebbe dovuto vincere il piccolo torneo di casa anche sciabolando in equilibrio con una giara in testa. Invece soffre con Mahut, ed in finale pasticcia allungando una partita già vinta. Poco male, chiude in tre set contro Ivan Ljubicic, attempato croato con espressione di malinconia dimessa ed una fascetta tergisudore sul luccicante cranio a forma di lampadina, che è autentico eccidio dell’estetica e trionfo del comico surreale. Qualcosa che non sarebbe balenata nemmeno nella mente malata dell’ideatore dei Simpson. Vince Jo, guardo qualche sprazzo, ed è sempre smeriglio per occhi ormai cisposi ed atrofizzati alla bruttura. Un piccolo orgasmo intermittente, il tennis del transalpino. Bordate al titanio e carezze come piuma di struzzo. Il sorriso sornione su quel faccione,  e le sue soluzioni esplosivamente spumeggianti, sono generatori di gioia allo stato puro ed incontaminato. Riuscisse ad inserirsi nella lotta al vertice, sarebbe manna dal cielo. O un surreale film neorealista moldavo.
L’altra notizia clamorosa giunge da Seoul. Maria Josè Martinez Sanchez fa suo il secondo torneo stagionale. Come sopra, altro momentaneo sollievo di uno spirito brutalizzato dalle valchirie dementi. Se la volleante spagnola è in stato di grazia, può sfarfalleggiare tranquillamente tra le prime venti. Se è anche diretta da musiche celesti e sorretta da divinità propizie, battere molte delle maniscalche top 10. In finale regola un’altra di quelle che, nel mio particolarissimo libro mastro, si lascia guardare. O almeno, non provoca rigurgiti ed istinti omicidiari: Galina Voskoboeva, kazaka in bella crescita dopo un infortunio. In Corea si sono uditi anche degli abominevoli “ahhhuuuiiiih”, ma fortunatamente sono durati il tempo di sue set.

La campagna rumena degli italiani. Volandri monito ed insegnamento. Insomma, liete novelle senza null’a pretendere, ma sempre liete. Peccato solo che la tv federale (pur encomiabile nel farci vedere diversi eventi, altrimenti trascurati), abbia optato per i due tornei sbagliati ed infinitamente meno allettanti tecnicamente: gli altri. Bucarest, dove forse ci si attendeva l’afono acuto di un italiano e Guanghzou che ha visto primeggiare la discreta sudafricana Chanelle Sheepers, pure lei in crescita. In Romania finisce per vincere il bel talento tedesco Florian Mayer che, quasi un eroe moderno contro gli arrotamenti di seconda fascia, fa fuori buoni mestieranti terricoli ed Andujar in finale. Italiani, si diceva…beh, si difende da par suo Filippo Volandri arrivando ad una inattesa semifinale. Se in gioventù gli avessero insegnato a servire, e fatto giocare qualche torneo sul veloce, forse avremmo da molti anni un top 30 capace di vincere tornei, come gli altri paesi. Meno male che in un bello spot ora Pietrangeli invita a giocare sul cemento e lasciar stare la terra, cosa da vecchi. Peccato che prima c'erano solo quelli in cemento armato grezzo. Ci si arriva sempre con trent’anni di ritardo alle cose. Ma noi siamo l’Itaglia. Si svela anche nell’atp la buona speranza Giannessi, uno che con costanza e buona sorte può diventare una specie di Nadal versione numero 100 al mondo. Il ragazzo sembra avere buon carattere, che nel tennis conta sempre molto. Dovrebbe migliorare un rovescio ballerino e vulnerabile, magari iniziare a giocare anche sul veloce, ma qui si ritorna al discorso di cui sopra. Lui ha dieci anni meno di Volandri, ed è ancora in tempo. Male anche Starace, che si ritira contro Riba. Sta malissimo, è moribondo. Si vede. Poi tre quarti d’ora dopo entra in campo e vince il doppio (vincerà anche il torneo). Una roba imbarazzante. Gli italiani un po’ sono stati perseguitati dall’ufficio inchieste internazionali, ma se evitassero simili pantomime (bastava giocare tre games ancora), non darebbero nemmeno modo di pensar male. C’era anche Seppi, l’italiano da veloce. Ah, sì. Quello che, anche sforzandosi e pensando al grottesco embargo federale del sultano, si fa fatica a sostenere. Invece di andare a Metz (ci è andato anche Diego Junqueira), sciorina le robotiche ed insipide flatulenze racchettare in Romania. Sarà anche per il simbotico rapporto d’amore coi Carpazi e gli svolazzanti pipistrelli, ma tant’è, appena trova uno dei due/tre terraioli insidiosi (Chela) raccoglie un sacchetto di pistacchi e torna in Sud Tirol.
In questo allettante proscenio, si è conosciuto il nome dei nostri avversari nel primo turno di Davis: La Repubblica Ceca in trasferta e (presumibilmente) sul veloce. Via con grandi pronostici ed illazioni. Stavolta ancor più facili che con il Cile: Se Stepanek e Berdych giocano e sono al 30% di forma dopo l’Australian Open, si lotterà per fare un punto. Su veloce, terra, sabbia o ghiaccio. Se non ci saranno allora si può anche pensare di giocarsela contro i vari Dlouhy, Rosol, Hajek e co.

2 commenti:

  1. Quando ho letto il risultato ti ho subito pensato.congratulazioni a vicenda marco.

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  2. Ciao Marco. Ci si aspetta sempre lo svolazzo in stile Roma, ma già portare a casa due tornei in un anno (il primo fuori dalla terra rossa), non è male. Anzi...

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.