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martedì 13 settembre 2011

US OPEN 2011. SAMANTHA STOSUR ANNIENTA L'URAGANO SERENA


Day 0 – Dal vostro inviato, che ha sognato d’esser preso a roncolate da una rassicurante Serena. Dunque si guarda bene dallo scriverne male. Pagelle del torneo femminile. Precise, puntigliose ed immutabili come la manovra economica di un paese del terzo mondo.


Samantha Stosur. Non si può non essere felici, quando vince Samantha Stosur. Ma non per la sua storia personale, ricadendo in un filmato da submentali lucciconi con colonna sonora strappa lacrime degna di un servizio di Studio Aperto. Piace perché malgrado quel fisico da Mastro Lindo è tennista fragile, spesso ricaduta vittima di un torpore da arruffata cerbiatta con gli occhi spauriti, nelle fauci del leone di turno. La gran perdente, titolo guadagnatosi sul campo e grazie a mille incresciosi svarioni, vince gli Us Open 2011. Forse come premio di una carriera. Fa suo uno slam che avrebbe potuto vincere tranquillamente nel 2010, e lo fa grazie ad una prestazione inimmaginabile, contro una Serena Williams versione tigre che ha usmato il sangue. Quindi dal valore doppio. Quasi un lieve contrappasso surreale. Fa piacere, perché la cangura d’Australia stretta nel suo poco appariscente tubino da palombara, è il trionfo della semplicità. Ancora una delle poche a saper fare quasi tutto. Quando se ne ricorda. Poca inutile apparenza, nessuno strepito e molta sagacia tecnico tattica. Semplicità e completezza che sono virtù rara, nell’era del velinismo racchettaro e dello spara e fuggi dominanti nell’attuale Wta. Malgrado le maldicenze superficiali, Samantha non è solo schioppettate di dritto, ma anche lodevoli difese in back per arginare la furia di Serena e ripartire in composto attacco violento. Aggira e colpisce la belva americana allibita, con una semplicità impeccabile. Trasforma quella che doveva essere un’annunciata e feroce esecuzione sommaria, in un capolavoro di sagacia. E senza che sul traguardo le tremi il braccio, il respiro si faccia affannoso e gli occhi diventino fiammelle spaurite. Che è la novità epocale.

Serena Williams. Se vi aspettate che io possa scrivere male di Serena, scordatevelo. Mai lo farò, perché ogni tanto sogno di ritrovarmela in un vialetto del Bronx, armata di nude mani e di un sorrisetto poco rassicurante. E poi, diciamocelo, fa simpatia questo cucciolo di Tyson. Ferma un anno, ritorna come niente fosse a dominare lo strepitante branco di capre tibetane, con ferocia inaudita. Batterebbe anche Seppi e Volandri, in coppia. Vince due tornei, arriva in finale agli Us Open brutalizzando tutte, annessa la numero uno. Tutto perfetto fino alla finale, dove è sorpresa da una sontuosa Stosur. Non se l’aspettava lei, non l’attendeva nessuno. Quasi allibita di fronte alla gran prestazione dell’avversaria, alla fine prova solo a ributtarla di là, con esperienza, conoscendone l’indole autolesionista. Che però stavolta non trema. Appare recuperata, se ne avrà voglia, per tornare agevolmente al numero uno. Condisce la sconfitta con l’ennesimo siparietto minaccioso verso la malcapitata “arbitressa” con manie di protagonismo degne di Collina, rea di averle chiamato un punto disturbato dal roboante “c’mon”. Come se i belluini ragli delle altre non disturbassero il punto in corso, mica quello già (quasi) concluso. Sarà per quel fisico imponente, ma ogni suo gesto viene armato di violenza intimidatoria. A me fa tanto ridere vederla, piccata ed incredula, esplodere nelle sue scenate. E quasi ironia incompresa, come quella di Zeman. Così come promise di ammazzare Maria Josè se solo si fosse azzardata a venire ancora a rete, o un’improvvida giudice di linea occhialuta, che scappò via a gambe levate come in un film di Charlot. Scene che rimangono, in fondo.

Caroline Wozniacki. Tutta di bianco come pulzelletta alla prima comunione, voleva vincere il primo slam della sua carriera. Ma certo. Ormai sta battendo tutti i record di permanenza al numero uno senza aver vinto uno slam. Surclassati gran personaggi d’illustre rango come Safina e Jankovic. Ma davvero può niente per controbattere la violenza di Serena. E quando una netta sconfitta della numero uno non desta alcun clamore, ma anzi conferma i pronostici, è sintomo che qualcosa non quadra. Talmente avvilita Carolina, che scaglia in terra la racchetta in modo goffo. E’ giovine, e se avrà questa costanza di rendimento negli anni a venire, potrà anche vincerlo uno slam. Magari per sfinimento o in una busta di patatine. Quando Serena e Kim non ci saranno più, e con la ventura di un tabellone da epifania…ed altre coincidenze disegnate dai Maya. Chi può dirlo.

Angelique Kerber. Ma da dove salta fuori questo curioso esemplare mancino? Fisico tarchiato, gambe da Briegel d’antologia, sembra un misterioso incrocio tra un cinghiale selvatico ed un balenottero con l’esaurimento nervoso. Cosa danno da mangiare i tedeschi alle loro tenniste? Tutte cresciute a pane e crauti in qualche acciaieria o fabbrica dove si lavora il titanio. Questa è, se possibile, la più estrema e spartana delle tante e virgulte picchiatrici teutoniche (Goerges, Petkovic e Lisicki). Ma è inquietante ed irriducibilmente goffa anche in difesa. A suon di animaleschi tombini di dritto fa fuori le malcapitate Radwanska e Pennetta. Da numero 92 gioca la semifinale, e mette paura persino a Samantha Stosur. Emette delle tremebonde urla canzonate, in uno strambo idioma. Ogni tanto, nell’enfasi della furia, pare di sentirla grugnire anche uno struggente “kammon”. A scambio in corso, mentre violenta la pallina. A proposito dei punti disturbati di cui sopra. Poi ha anche tempo di spaccare una racchetta. Sbattendola in terra? No, colpendo di dritto. Sì, avete bene inteso, spezza il manico della racchetta in due dopo aver colpito l’ennesimo tombino. Se non l’arrestano, dubito che ce ne libereremo facilmente.

Andrea Petkovic. Mamma del carmine. Questa rude tedesca mi mette un’ansia terrificante. E’ asfissiante. Una fitta al costato ad ogni macchinoso colpo sofferente che partorisce. Tra un balletto e l’altro finisce per giungere ai quarti, dove fallisce miseramente la prova del nove di ogni buona randellatrice: sfinire a suon di mazzuolate Caroline Wozniacki manco fosse un pupazzo delle giostre. Non ci riesce mica.

Anastasia Pavlyuchenkova. Sempre in attesa della grande esplosione, stavolta le riesce di stendere Francesca Schiavone (“ahuiiiiiiiih”, ecco che ho pagellato anche lei e non ci pensiamo più per i prossimi tre anni), dopo avere ridicolizzato la Varenne de noantri Jelena Jankovic. Niente può contro Serena. Avrà anche il fisico di una mortadella suprema che rotola gaia, ma mi diverte il suo bascluar compito per il campo. E’ addirittura più dotata  e meno spocchiosa di altre, e se dovessi scommettere su qualcuna che vincerà uno slam, prenderei lei invece di Wozniacki o Petkovic.

Flavia Pennetta. Un bel torneo, cui manca la ciliegina della semifinale. Batte con diligenza l’urlante Sharapova, esce vincente da una sfiancante battaglia con la tignosissima Shuai Peng. Cede solo, nel giorno post apocalisse meteorologica, all’esemplare Kerber. Una che al di là della classifica, se imbrocca la giusta tramontana può battere molte. Radwanska compresa.

Vera Zvonareva. Ah, che gran tristezza pervade il mio spirito nel vederla tutta ingobbita, soccombere ancora. Stavolta alle maggiori risorse offensive di Samantha Stosur. Forse sotto il suo influsso magnifico, è riuscita nel miracolo di rendere l’australiana una vincente. Rimangono quei begli occhioni abbaglianti come melancolici fanali che oltrepassano una spessa coltre di nebbia in una funesta notte d'amore e morte. Non ha un colpo vincente che sia uno. Ma gli occhi dello innamorato, vanno oltre. Ed io me la immagino sempre sbronza di vodka scadente che balla una kalinka in un locale di Sanpietroburgo, tra avvinazzati in preda al delirio mistico che battono le mani a tempo.

Maria Sharapova. Preferisco un infervorato comizio di La Russa, a questa squilibrata valchiria che, sempre più grave e pericolosa, pare evasa da un manicomio municipale. Pennetta ce ne libera, entrando per i prossimi due secoli nel novero delle “sante liberatrici dell’orrore”.

Kvitova/Na Li. Nel fantastico mondo della Wta puoi vincere uno slam e poi perdere al primo turno da una rumena che le busca da Albertina Brianti, in quello successivo. Le campionesse di Parigi e Wimbledon sfarfalleggiano a vuoto, incapaci come tutte di mantenere una forma accettabile per più di un mese di fila. Sembrano Djokovic del 2009.

Ana Ivanovic. Torna negli ottavi di uno slam, per fortuite congiunture di sorteggio e ritiro delle Cetkovska. Magra come un chiodo arrugginito, neanche fosse reduce da un mese di prigionia a Mauthausen. Si muove meglio e tira meno forte. Ma sempre fuori. Più che nel fisico, dovrebbero cercare forme di vita in quel cervelletto grande quanto un nocciuolo di cerasa.

Heahter Watson. Teenager moretta d’Inghilterra. Ordinata, diligente e con già buona personalità impunita. Manca solo un pizzico d’esperienza, altrimenti avrebbe disinnescato Tony Dallara Sharapova già al primo turno. Ma si farà, credo.

3 commenti:

  1. Ciao Picasso,

    ti scrivo in calce al femminile, per evidente presa di posizione anti-wrestling (sport peraltro adorabile, specie ai tempi di Hulk Hogan, magari senza racchetta però).

    Sono davvero contento per la Stosur, perché ha sempre un contegno esemplare e perché è una grande tennista, come del resto Serena, la quale evidentemente suscita sempre applicazioni rigide del regolamento. E che, pur essendo una belva inferocita, non ha lesinato un atteggiamento quasi affettuoso con la Stosur, sedendole accanto.
    Anzi forse la parola giusta è rilassato (da Serena!).
    Si rilassarsi, quello che non si riesce più a fare guardando le partite maschili che non siano dei primi turni. Viva Bagdatis, veramente.
    Ciao a presto.

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  2. Ciao Arturo,
    capisco. Sì, il wrestling commentato da Dan Peterson era bella cosa. Per un bambino di 8/9 anni. Magari tra dieci anni vedremo anche nel tennis qualcuno con la maschera che fa il salto dalle corde.
    Serena credo paghi un'immagine forte. Qualsiasi cosa faccia sembra voglia davvero ammazzare qualcuno. Se lo fa Masha è elegantissima.
    Oh, Baghdatis...il sorridente bacherozzo cipriota. E pensare che fece una finale in Australia quattro anni fa. Pensando alla finale di ieri...sembrano passati centoventi anni. =)
    Ciao, a presto.

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  3. COME SI POSSA AMMIRARE QUELL' ESEMPLARE DA PALESTRA A CUI MANCA SOLO IL P..E, RIMANE UN MISTERO E DI MISTERI CE NE SONO TANTI. HO GOTUTO QUANDO LA NOSTRA RACCHIETTA ITALIANA SCHIAVONE LE HA DATO UNA SONORA LEZIONE DI TENNIS. IL MASCHIO AUSTRALIANO (STOSUR) E' CAPACE DI DARE MAZZATE ALLA PALLA SENZA CRITERIO E CERVELLO, CAMMINA COME HO VISTO FARE A CONAN IL BARBARO.SALUT

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.