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martedì 6 settembre 2011

US OPEN 2011 - SCHIAVONE, CHE PECCATO (NO, MA VERAMENTE)

Day 8 – Dal vostro integerrimo conta-cantastorie, che ieri attorno alle 20, 11 ha messo a palla questa storica canzone celebrativa (di cosa? Immaginate, immaginate…).

La palpitazione è a mille. I budelli fibrillano di patriottica emozione. Vuoi mettere? Francesca Schiavone si gioca l’accesso ai quarti. Peccato solo non poter beneficiare del commento tecnico di Fabretti. Innanzi a lei nuovamente quell’allegra lonza russa di Anastasia Pavlyuchenkova. Prevarrà ancora la “classe immensa” di Francesca o la violenza di Anastasia? Anche stavolta la spunterà la comprovata esperienza dell’italiana sulla freschezza spregiudicata della russa cicciottina?
Il primo fotogramma che vedo riguarda l’azzurra. Si sta allegramente mungendo il pacco di gusto, come un cowboy avvinazzato. Un lieve imbarazzo mi percorre la schiena, ma va beh. L’incontro è abbastanza equilibrato e di agile lettura brail: Schiavone avrebbe tante soluzioni da mettere in campo, ma non capisce quale adottare. Alla fine, sceglie la solita mezza. Niente “uiahhhh” e moltissimi, troppi “ahuihhhhhh” accomodanti, centrali e corti, buoni per aggiustare la biglia sul dritto della russa. Il piccolo pachiderma possiede invece meno soluzioni, e le sbaglia quasi tutte. Ha un viso simpatico, questa ragazzotta dal doppio mento e coi rivoli di ciccia attorno alla ventrazza da birra. Infonde simpatia. Bene educata, senza eccessi o picchi di bizzosa ed altera attitudine divistica. Si piazza in mezzo al campo e sciorina i suoi lodevoli tentativi di accelerazione. Buoni, talvolta. Rotola goffamente, la piccola e basculante tennista dell’est che, ancora acerba e zavorrata da quegli spostamenti pachidermici, non ha ancora espresso tutto il suo potenziale. Ci vorrebbe poco all’italiana, per primeggiare: Spostarla. Vuoi che la “più talentuosa tennista in circolazione” non ci riesca? No, non gliela fa proprio. Capita. Facile cianciare seduti su una poltrona, col condizionatore che ti rinfresca le meningi. Ti domandi anche a cosa servano quei laceranti ragli con cui accompagna i colpi. Cosa aggiungano ai suoi schemi. Niente. Se già quella visita a corte con sperticate lodi ad un pazzo satiriaco non l’avesse portata ai minimi termini, contribuisce solo a rendermela meno simpatica di Gasparri e Santanchè che ballano una mazurca.
Normale che appena la mortazza di Russia alzi la soglia del suo gioco, prevalga. La tecnica, la solidità mentale e l’esperienza della combattente italiana soccombono innanzi alle spartane soluzioni di questa immatura ed ancora mentalmente fragile ragazzona coi cosciotti simili a prosciutti di Parma. Strana conclusione, bizzarra. O forse tremendamente falsa e fuorviante, è solo la premessa. L’assioma principale, che è ormai diventato un luogo comune. Fotografia sono gli ultimi tre punti: Anastasiona si abbatte goffamente su una volèe alta, la affossa in rete, cannando il match point. I fantasmi iniziano a ronzare nel suo povero cervelletto. E’ bianca come un cencio bianco. “Ha perso”, mi dico. All’esperta leonessa di mille battaglie, basterà rimettere la palla dall’altro lato. Che ci vuole. Invece ecco l’istantanea lampante: Doppio fallo. Amen. “ahuiiiiiiiiih” strillo dalla gran disperazione, nel più profondo scoramento.
Serena poi divora quel che rimane delle rinsecchite carni di Ana Ivanovic, senza versare nemmeno una goccia di sudore. Tragica, la “serbiatta”. Smagrita e come un chiodo, forse per migliorarne gli spostamenti, a scapito della potenza. La coperta è sempre corta, ma è lampante come bisognerebbe solo lavorare su quel cervello atrofizzato, altro che fisico. Buona prova di carattere di Caroline Wozniacki che la spunta in rimonta sul maggior tennis di Sveta Kuznetsova (se possibile, più femminile di “Ahuiiiihh”, coi suoi baritonali “uhhhhooohhhhh” da scaricatore portuale). Altro subnormale passo di danza dell’asfissiante Andrea Petkovic, che passeggia su Carla Suarez Navarro.

Federer in camporella, Djokovic vede la strega Dolgopolov, Tsonga giganteggia. Il tempo è tiranno, ma due parole le si devono spendere anche per gli ottavi maschili. Alexander Dolgopolov regala un set di quasi leggenda, opposto all’immane mostro Djokovic. Una libellula pazza e schizoide che svolazza sull’Arthur Ashe. Tennista magnifico questo ucraino, di imprevedibile genio atipico. Affettuzza, corre e poi parte con una fiammata accecante. Frenetico, leggero, naturalmente incontrollabile. Djokovic sembra ammattito, reso pazzo da quel tennis che non puoi prevedere. Ci vuole tutta l’esperienza del serbo per chiudere un delirante ed infinito tie-break (16-14). Non a caso, compreso il pericolo che poteva scaturirne, esulta come se avesse completato il grande slam 2012 (bene augurante per lui, questa). Gli altri due set, fanno poca storia. Se Dolgopolov avesse retto tre ore a qui livelli, sarebbe un top 3. Con l’aggiunta d’esser divertente come un top 30 perdente.
Nei quarti sarà derby serbo contro  Tipsarevic, che vince alla distanza sull’encomiabile “mosquito” Ferrero. Janko dopo la sconfitta patita da Seppi nello stokeriano paesaggio di Eastbourne, deve essersi detto con decisione: “O smetto o così non posso andare avanti, ho toccato il fondo. Devo inziare a fare il serio, dopo questa…”. Nella notte, Federer passeggia e lascia tre noccioline a Juan Monaco, argentino miracolato da un sorteggio benevolo. Per lo svizzero ottavo che rimanda a recenti e virulenti naufragi, contro Jo Tsonga. Il francese la spunta al quinto set, dopo una fantastica maratona, sull’idolo di casa Mardy Fish, alla fine un po’ malfermo. Match che riconcilia con quel che rimane del tennis. Completezza tecnica, attacchi, rasoiate piatte, ricami e quella rete che, per una volta, non è vista come qualcosa di retrò da osservare con sgomento sdegnoso, ma da aggredire con volèe ora morbide ora radenti. Poderoso, divertente ed esplosivamente geniale, l’istrione di Francia. E contro Federer sarà altro gran match.

Quarti femminili:

Wozniacki-Petkovic (45%/55%). Grande equilibrio. Costretto, mi giocherei la tedescona che, pur macchinosa come nessuno, ha più soluzioni.
Serena-Pavlyuchenkova (85%/15%). Confronto senza storie. Un po’ sono in apprensione per le sorti dell’adorabile bisontino russo. Sei games vinti e sarebbe già trionfo. Quantunque anche il solo uscirne incolume fisicamente, sarebbe tanto.
Zvonareva-Stosur (60%/40%). Ah, si. Le due perdenti per definizione, si ritrovano faccia a faccia. La maggior potenza dell’australiana, contro la squilibrata regolarità di Vera. Vincerà la più fresca e chi avrà meno paura. Forse la russa, anche perché l’altra è reduce da due durissime battaglie.
Pennetta-Kerber (70%-30%). Occasione della vita per la brindisina. Se non si farà travolgere dall’emozione (ma ha già dato prova di quanto sia solida di testa), può  prendersi la prima semifinale in uno slam.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.