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martedì 17 gennaio 2012

AUSTRALIAN OPEN 2012 - COME PERDE UN ITALIANO




Day 2 - Tennisti italiani dalle spalle strette...e un giorno il vento, l'altro troppo caldo...non vincono mai

Un falso storico, bassezza autentica, solo pensare ch’io sia contro i tennisti tricolori. Voglia il cielo fulminarmi entro mezz’ora, se non scrivo il vero. Al limite fu Moretti, e non un Picasso qualsiasi, a creare il comune modo di sentire, terrorizzato all’idea che il suo futuro figlio da grande diventasse “simile ad uno di quei tennisti italiani con le spalle strette, che non vincono mai e ne hanno sempre una…ora il vento, ora troppo caldo…”. Io mi limito a guardare la tragica realtà e constatare come quella geniale affermazione sia ormai solida ed immutabile come uno dei tanti imperiosi ed incrollabili monumenti del nostro belpaese. Abbiamo il Colosseo e tennisti scarsi (oltre che poco divertenti).
Paolo Lorenzi vive la soddisfazione di una vita, giocando sulla Rod Laver Arena contro il numero uno al mondo. Merita cinque minuti della mia attenzione, il buon Paolo. Se non altro per quell’espressione emozionata e fanciullesca. Tornando al discorso di cui sopra, assieme a Cipolla, uno che non si può mai criticare o ridicolizzare, a prescindere, per via di palle quadre ed impegno. Djokovic comincia lento ed il nostro eroe riesce ad andare addirittura avanti, raggranellando due eroici games e strappando qualche applauso. Poi l’altro alza il livello d’allenamento e fa 17 games di fila (6-2 6-0 6-0). Non poteva sperare troppo Filippo Volandri, che un malvagio (fino al sadismo) sorteggio aveva accoppiato al bombardiere Milos Raonic. Fa qualche games, tiene con dignità (6-4 6-0 6-1). Ma anche lui è italiano. Malgrado l’ultima sfolgorante presa di coscienza delle Fit per bocca di Pietrangeli nel leggendario spot e di Nadal con la bua alle ginocchia (si gioca tanto sul cemento, eh), Pippo da anni conosce solo la terra battuta. Fosse nato in Francia o in Germania avrebbe imparato a servire e giocare sul rapido, costruendosi una carriera da continuo top 30. Invece è uno di quegli italiani tipici con la racchetta. Quasi uno spiaggiante a Gabicce mare. Che un campo veloce lo vede solo se costretto, non prima dei 18 anni (prima si corre il rischio di malattie infettive). Ci si muove come pensionato anchilosato e serve delle fiatelle impresentabili. Cosa può inventarsi contro questi bombaroli? Niente. Partecipare, se la classifica costruita certosinamente sui campi in terra gli consente di arraffare il lauto premio di partecipazione. Chiamatelo fesso. Non è colpa sua, ma dell’istituzione tennis italiano nell'acme della sua inettitudine secolare. E a niente gli serve l'epocale e tardiva svolta: “la terra battuta è superficie per vecchi…gioca sul veloce, ragazzo!”. Che fregherà a Pippo nostro? Lui è ricco, ha 31 anni una bella figheira come fidanzata (nel vero senso del cognome) e riesce a difendersi solo sulla terra. Troppo tardi.
Ma come dimenticare Potito Starace. Esempio classico di tennista italiano all'estero. Fortunato il napoletano, a trovare uno dei giapponesi di ultima generazione (nemmeno il più forte), tale Tatsuma Ito. Match alla portata, malgrado il nostro giochi sul cemento come se stesse attento a non rompere le uova di struzzo, correndo come una marionetta anchilosata. Imbarazzante. Poi per carità, c’è troppo caldo…e quelle fastidiose mosche australi. Meglio la terra, ed il nostro bel clima temperato. Anzi, addirittura preferibile la neve ed un bel caminetto innanzi a cui sorseggiare una bella “vecchia romagna”. Finisce per lagnarsi, sbattere racchette in terra, comportarsi da fratello grande del rospo stufoso Almagro. E perdere, ovviamente, da Ito. Ito, ito. Pietrangeli commissionato dalla sempre tempestiva Fit, continua a martellare (“gioca sul cemento, e gioca sul cemento ragazzo, daje”), ma a Potone che importa? Ha ormai trent’anni, mica può imparare adesso. Via, con tutta la simpatia, aspettando di vincere il challenger di Fuorigrotta o l’atp di Umago se stavolta  gareggeranno solo over 80 della classifica.
Chi, nei modi almeno, sfugge a questa tragica regola dell’italiano (tennista) all’estero, è Andreas Seppi. Sarà perché forgiatosi sui monti, vicino al regno asburgico, ma questo gioca meglio sui campi veloci. Il risultato però non cambia. Il tigro montanaro finisce per soccombere nettamente a Richard Gasquet. Abbinamento comico e tendente all’anagonismo suicida (Gasquet) o mortifero (Seppi). M come tennis, i due provengono da pianeti diversi. Diametralmente opposti.  Autentico fenomeno dal braccio divino Richard, normale impiegato del catasto Andreas. Il tennis è uno dei pochi anfratti di sport e arte minore in cui l’italia, per colpa di numerose generazioni di dirigenti incapaci, è inferiore alla Francia. E lo sarà fino a quando i danni causati da questi (attuali compresi) non si saranno affievoliti. Al francese basta accelerare in punta di racchetta, che il nostro felino albino cede, smarrito. (6-3 3-6 6-3 6-1). Fuori tutti gli italiani, tranne Cipolla. Quello limitato e senza talento. Lo hanno appena detto al tg-studio aperto. Un giornalista esperto di ippica, forse
Italia a parte, vince e convince Philipp Picasso Petzschner, che travolge 6-0 6-0 6-2 Lukas Rosol. Sorprende, perché non lo ritenevo capace di rifilare un doppio sei-zero nemmeno ad una belante capra di montagna. Peccato che ora trovi Raonic. Inizia male, recupera da 2-5, issandosi fino al tie-break, Xavier Malisse. Ha un set point, poi perde il primo set a favore di Roger de Vasselin. Amen, mette le racchette nel borsone e se ne va. Soffrono un po’ Andy Murray e Jo Tsonga, ma alla fine vengono a capo rispettivamente del giovane Harrison e dell’armadio Istomin. Avanti anche gli outsiders Ferrer, Monfils e Simon. Continua a coprirsi di ridicolo il lettone senza testa, Ernests Gulbis. Vince il primo, e poi raccoglie cinque games nel resto del match contro Llodra.
Nel tabellone femminile, un trionfo di glamour e bellezze patinate, che si dimenano nella torrida estate australiana. Tra una Masha Sharapova che cede le briciole (un game) alla velina Dulko, senza nemmeno dover urlare al massimo, e Maria Kirileno che demolisce la ragazza di casa Jarmila Gajdosova. Soffre, azzoppata e semovente Sabine Lisicki, ma trova qualche tramontana di colpi per prevalere sulla giovane e spaurita Voegle, cui si atrofizza il braccio sul traguardo. Passeggia in sourplace violento, la favorita Petra Kvitova. Passano anche Vinci ed Errani, oltre alla sempre bella e languida Vera Zvonareva, russa dai magnetici occhi di ghiaccio. Resiste e la spunta dopo terrificante maratona con la rumena Dulgheru.

2 commenti:

  1. Gennaro Marco Devincenzis18 gennaio 2012 alle ore 01:32

    Ciao Picasso!
    Niente da eccepire per l'articolo, e geniale il commento di Moretti. Volevo solo complimentarmi per la penna (o per la tastiera, in questo caso). Sei di gran lunga il giornalista tennistico italiano più divertente da leggere. Non smettere di curare il blog, mi raccomando! Leggere i tuoi articoli mi solleva dallo sconforto che mi assale quando guardo i risultati degli italiani. Ridiamo per non piangere, insomma.

    Marco

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    Risposte
    1. Salve Gennaro Marco,
      grazie per il complimento, ben gentile. Giornalista è una parola forte. Dovrei farmi i capelli stile Bargiggia. =)
      Quanto all'italtennis ed al resto, scrivo perché mi diverte...su ciò che mi piace. Gli italiani purtroppo non sono vincenti, e neppure divertono (come può farlo un Gasquet, un Petzchner o un Llodra). Allora non mi resta che trattarne in questo modo...ironico, all'interno di una tragica evidenza. =)
      Ciao, a presto.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.