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martedì 31 gennaio 2012

AUSTRALIAN OPEN 2012 – PAGELLE SENZA VOTO FEMMINILI. AZARENKA, SHARAPOVA E LE URLANTI ORCHE GESTANTI



L’abortita sfida da numero uno tra i due rumorosi uragani. Allertati pronto soccorsi e nosocomi di Melbourne e limitrofe città. Per i coraggiosi eroi che hanno avuto la bella idea d assistere alla finale femminile degli Open d’Australia senza artigianali, quanto lievi, rimedi, si temevano ricoveri coatti di massa con tanto di timpani lacerati e fragorosi scoppi delle trombe d’eustachio. Alla vigilia della finale gli esperti si sono impegnati a trovare delle credibili similitudini. Tecniche? Tattiche? Ma figuriamoci…cosa vuoi rinvenire di tecnico in quelle invasate martellatrici di ogni cosa. Si provava a capire a cosa potessero somigliare i versi terrificanti che i due uragani biondi con fattezze vagamente umane, riversano sul campo ad accompagnare le loro furibonde roncole. Una lavatrice inceppatasi nel pieno della centrifuga? La sirena congiunta di due ambulanze? Un montone che copula selvaggiamente? Dieci frullatori impazziti? Il motore turbo di una Lotus formula 1 del 1981? Una macchinetta taglia erba di trent’anni fa? Un centinaio di ipotesi, abbastanza credibili. Ma tutte fuori strada. L’orrendo gemito di Sharapova, ormai da anni rinomato ed unico come griffe d’alta moda è uguale, pari pari, a quello di una vitella da latte cui hanno fatto sciacquare il gargarozzo con la varechina prima di scannarla. Azarenka invece emette un gemito più sibilato, ma non meno agghiacciante. Sembra il rigurgito malato di uno spettro con gravi disturbi mentali. Mancano solo un cadente castello scozzese ed il sinistro cigolio di un vecchio portone. Tutte e due insieme, nello stesso match, provocano un concerto unico ed irripetibile, con la smarrente sensazione di non trovarsi ad un evento sportivo ma nel corridoio di una sala partorienti, reparto squilibrate di mente. Un’esperienza sensoriale. Durata fortunatamente poco più di un’ora. Emergenza ospedaliera evitata. Emergenza tennistica tragicamente in corso.
Victoria Azarenka: Linda Blair numero uno a mia insaputa Non che questa indemoniata valchiria bionda non ne avesse i mezzi, ma non mi aspettavo vincesse il suo primo slam e diventasse numero uno proprio a Melbourne. Lei che fino ad ora aveva la semifinale come massimo risultato nei major. Un’esorcista, sciamano pazzo o stregone le ha fatto superare i suoi più grandi problemi: L’immaginaria malattia ed una soglia del dolore talmente bassa da far impallidire addirittura il q.i. di un ipotetico essere frutto dello scellerato rapporto contro natura tra “il trota” e la Santanchè. Ma il vero progresso, questa ventunenne bielorussa con le gote violacee, l’ha fatto liberandosi/ci dalle proverbiali, raccapriccianti e pecorecce scenate da camionista bielorusso avvinazzato (a Parigi ancora ricordano l’assordante coro di fischi che l’accompagnarono all’uscita di campo nel match vinto contro il paperotto racchio Suarez Navarro, dopo una scenata fatta di urla, bestemmioni, racchette spaccate, pianti, ragli ed inconsolabili pugni e calci a teloni). Superati questi due gravi limiti, il resto viene da se. I colpi e qualche discreta geometria, li ha sempre avuti. Gli unici impicci glieli procurano le gran difese di Radwanska e l’esperienza di Kim Clijsters. Potente, ma più ritmata ed avvezza agli atletismi dello sport, rispetto alla spartana picchiatrice piombata Masha la siberiana, vince nettamente la finale, esalando sibilanti urla spettrali, “Ihhhhhhhhh”.
Maria Sharapova: La colonna sonora dell’orrore. Suo, almeno, il premio sulla colonna sonora horror. Un raglio incessante, instancabile, insostenibile, raccapricciante, demente, impunito, rivoltante…(e fermatemi che altrimenti continuo fino a domattina). Buon torneo comunque, condito dal successo su Kvitova. In finale fa la classica figura dell’urlante statua di gesso. Cede male e di schianto alla Azarenka, sfida che in un sol colpo poteva farle rivincere uno slam e proiettarla al vertice mondiale. Dopo Wimbledon, altra finale che ne avvilisce la proverbiale spocchia da starlette.
Petra Kvitova: La virulenta inchiodata. Favorita e lanciatissima verso il successo ed il relativo scettro mondiale, s’inceppa cammin facendo. Il donnone ceco con gli occhi smorti, fianchi larghi e ventrazza da birra, a suon di schizoidi guaiti d’incitamento e roncole devastanti, arriva in semifinale, ma senza più le iniziali credibilità. Bastano gli 8 (otto) games lasciati a Sara Errani per ridimensionarne le velleità di finale vittoria. Ad una come Errani (per l’onnipotente), se in forma da successo finale, doveva lasciargliene massimo tre/quattro. Perde da Sharapova in semifinale ma, sbaglierò, i prossimi anni sarà protagonista delle scene, assieme alla neo numero uno e qualche altra. Oltre alle mancine e devastanti roncole, questa giovane elefantessa sembra in grado di variazioni che altre picchiatrici non hanno.
Kim Clijsters: tenuta assieme per un prodigio degli dei. Rasenta lo stoicismo ancestrale, la belga mamma malferma. Piena di acciacchi e reduce da mesi di stop, si rigenera in una torrida estate australiana, che ne attutisce dolori e reumi alle giunture. Sarà un caso se ultimamente solo a Melbourne le sue ossa malferme riescono a trovare una flebile tregua. Sua l’impresa più clamorosa del torneo, con i cinque match point consecutivi annullati a Na Li. Metà frutto di una classe da numero uno in pectore, e per l’altra metà colpa della pavida manina gialla della tennista cinese. E’ di Kim anche l’impresa più significativamente simbolica: Lei numero uno in pectore, pone fine allo scempio di Caroline Wozniacki numero uno del computer, battendola seccamente nei quarti. Pur lottando, poco può in semifinale contro la furia bielorussa.
Caroline Wozniacki: Fine dell’imbarazzante regno senza terre. Una liberazione. Per noi tutti, ma fors’anche per lei che in fondo non ne aveva colpe. Perché associare il suo volto e quel mollo pallettone di difesa al numero uno delle classifiche, destava sconcerto vero. A Melbourne, per carità di-dio, fa il suo dovere arrampicandosi fino ai quarti, prima d’essere punita da Kim Clijsters. Se le altre cicalone s’inchioderanno ancora goffamente, lei da brava formichina pallettara, grazie ai canonici tre/quattro torneucoli semiparrocchiali d’accatto, forse al numero uno ci tornerà anche.
Na Li: Strizzacervelli cercasi. Solida, spartana, essenziale, sapida e calma. Tutto fino a pochi giorni fa. I cinque match point consecutivi gettati via contro Kim Clijsters (in particolare quello in cui si avventa molle-molle sulla smorzata pallonetto dell’avversaria), se li sognerà di notte, per anni. Rimane però quel magnifico titolo parigino di sei mesi fa. Cose che non si dimenticano.
Serena Williams: Il tennis dopolavoro ha fatto il suo tempo. Cede di schianto alla discreta (martellante e niente più) russa Makarova, dimostrando come ormai non basti più qualche svogliato ed occasionale impegno dopolavoristico per vincere gli slam. Le giovani leve sono cresciute moltissimo, lei ormai ha passato la trentina ed avrebbe bisogno di allenarsi. Addirittura.
Agnieska Radwanska: Scardinata dal tornado bielorusso. Torneo contraddittorio per la ginnica e smilza polacca col doppio mento. Rischia addirittura di lasciarci le penne, vittima degli attacchi folli della Mattek (Premio Veronica Ciccone 1987. Annuale oscar alla sobrietà). Ne esce fuori con pazienza, aspettando che l’altra si stanchi. E quella infatti, dopo due ore e mezza, si stanca. Scampato il pericolo, è forse l’unica che riesce ad infastidire Azarenka con estenuanti difese da faina che manco fosse una Murray in gonnella. In altri tempi quella avrebbe dato di matto lasciandole campo libero, stavolta no. L’impressione è che “Agnese dolce Agnese” (ah, sì) spesso si lasci vivere da fondo campo, lei che pure qualcosa d’altro la saprebbe fare grazie ad un bagaglio tecnico abbastanza completo.
Ana Ivanovic: Smilza insipienza bombarola. Secca come una Hantuchova versione smilza o un'acciuga con le paturnie schizoidi. Più mobile (meno piantata) e meno potente, la somma degli addendi non cambia. Questo chiodo arrugginito e cigolante arriva alla seconda settimana di uno slam, risultato che rispecchia il suo valore. Quasi ridicolizzata da Petra Kvitova, in una simbolica dimostrazione su cos’è una potenziale numero uno attuale e cos’era invece 3/4 anni fa, nel periodo più buio della Wta.
Romina Oprandi: L’anarcoide palombella ad una monca fit. Bellissimo torneo quello della miracolata Oprandi. Cede in tre set solo all’orchessa tettuta Goerges, non prima d’aver battuto Yakimova e ridicolizzato in due facili set una impresentabile Schiavone. Proprio in faccia ai soldati fit (Barazzutti in testa) schierati come torvi balilla dalla parte della leonessa. Ed era un derby. Passano due giorni e Romina sceglie di difendere i colori della Svizzera, accettandone l’offerta. Era ora. Mi sentivo quasi a disagio nell’avere grande simpatia per una tennista italiana. Sembrava strano, irreale. Quasi me ne vergognavo. Finalmente Romina mi ha liberato dall’ignominioso fardello di vergogna. In sintesi, è  l’inevitabile divorzio con una Federazione che ovviamente preferisce l’orrida affidabilità di una Errani, l’incredibile modestia di Camerin o l’esorbitante potenziale (da top 200 massimo) di Corinna Dentoni, allo svogliato e malfermo talento anarcoide di Romina. Lei, avendo il doppio passaporto ed essendo nata e cresciuta in Svizzera, preferisce la nazione che più le ha dimostrato interesse, garantendole anche spese mediche (in Italia devono lautamente pagare Barazzutti perché partorisca le sue meditabonde congetture ed ancora gli ultimi bollettini del miliardario premio a Schiavone) e partecipazione alle Olimpiadi. Tutti contenti, dunque. Anche io, specie se questi inetti ominidi antiestetici ed anti-ogni-estetica dovessero pentirsene amaramente tra qualche mese.
Sara Errani: Venghino, venghino! E’ arrivata l’arrotina! Miracolo autentico, quello di Sara Errani, un metro e sessanta di arrembante e tignoso non-tennis arravogliato. Senza armi ed arrotando palline a go-go, alternando qualche smorzata, arriva ai quarti di finale di uno slam. A Melbourne. Che potrebbe essere anche Acapulco, Bronx o Maiorca, visto che per arrivare tra le prime otto ha dovuto battere solo una testa di serie (la vecchia, e quasi ex, russa numero 28, Petrova. Anche infortunata.). Il futuro del tennis italiano è lei, Errani Sara. Preparatevi ad estatici godimenti in Fed Cup (hééééé), commentati dal leggendario Fabretti.
Francesca Schiavone: Il peggior match della carriera. Levatele dal volto quella ridicola, ed un filo patetica, espressione da numero uno di ogni era. Un fil di svogliata voce gettata lì, in pasto del popolo bue. Per partorire frasi di supponenza insostenibile e mai ascoltate nemmeno da una Wanda Osiris maschia, gnoma ed ebbra di ledocaina. L’impressione è che quel fortunoso torneo, con fortunoso tabellone e frutto di ancor più fortunose coincidenze che capitano ogni duecento anni nei mesi bisestili e in giornate di luna piena, deve averle bruciato le cellule cerebrali, facendole credere di essere la reincarnazione di Billie Jean King all’ennesima potenza. “La peggior partita della mia carriera…”, testualmente dice, a proposito della sconfitta con Oprandi. Peccato che di simili peggiori partite della sua carriera ne abbia giocate una ventina, dopo quell’epifania parigina. Gioco forza e per la proprietà transitiva applicata all'ornitologia, da quasi due anni esprimerebbe il tennis peggiore della sua carriera. Come quello pre-Parigi 2010. Come sempre, cioè.


P.s. Piccola divagazione en passant:
"...Tra l’altro, con Fognini che ha rinunciato, Seppi in bilico per le ben note vicende disertorie e Starace che sul veloce perderebbe tre set a zero anche dal 46enne Edberg, Cipolla (unico e vigliacco guastatore del record di sconfitte italico) rischia di far parte della squadra che giocherà sul veloce, in Repubblica Ceca. Forse, però. Sempre che Barazzutti non chiami il bucaniere Volandri o decida di puntare sui clamorosi rientri di Cancellotti e Pietrangeli (dato ancora in buona forma). Il nostro capitano potrebbe anche "pensare" che Flavio stia male, essendo fine pensatore. Quando, il romano, deciderà di difendere i colori della Svizzera o di San Marino, sarà sempre troppo tardi..." (Cit. un povero cristo che credeva di fare dell’ironia)
Convocazioni del capitano pensatore: Seppi, Starace, Bracciali, Bolelli.

Niente Cipolla. Ok. Cambia poco o niente. Un 5-0 o 4-1 netto, invece che lottato. Il dato di fatto è che questa Federazione è come Berlusconi. Inutile fare tante illazioni, preamboli o acrobatici giri di parole. Basta riportare le loro decisioni, e la risata nasce spontanea.






4 commenti:

  1. Se fossi nei panni del buon Cipolla, a questo punto giocherei la Davis per S. Marino...

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    1. Ne approfitto per una precisazione:

      Il cappotto, o quasi, in Repubblica Ceca non ce lo leva nessuno, nemmeno Mandrake. Ma (dati per scontati i due punti di Berdych, che in buona forma non lo battono nemmeno tutti e quattro messi assieme) per avere qualche miserabile chances si doveva sperare nei due incontri di Stepanek ed in un miracolo secolare nel doppio.
      Cipolla non lo avrebbe battuto, ma possiede infinitamente più possibilità di ben figurare, rispetto a Starace (assieme a Volandri l'unico terraiolo del circuito improponibile sul veloce, nel periodo di omologazione di superfici) ed un Bolelli ormai al di sotto dello stato follicolare.
      Ciao, a presto.

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    2. Premesso che sono perfettamente d'accordo con te (dalla Rep. Ceca le prendiamo di brutto in ogni caso), sono semplicemente dell'idea che Barazzutti non ha svolto quello che dovrebbe essere il suo compito (quello di presentare la formazione più competitiva possibile al momento del match). Cipolla con Stepanek qualche chance ce l'avrebbe avuta, secondo me.
      Inoltre la FIT dovrebbe avere come scopo anche quello di indicare modelli e valori, premiando l'impegno e la costanza e non solo il talento. In questo modo ad un giovane di belle speranze che sogna un giorno di poter giocare la Davis per la propria nazione(visione forse utopistica, la mia...) quale messaggio viene dato?

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    3. Il messaggio che passa è quello di una meritocrazia monca. E il modo in cui viene gestito il tennis in Italia, è un po' lo specchio del paese: Insipienza ed ignoranza di chi è nei posti di comando, che non può che generare fallimenti e disastri.
      A Tratti sembra esserci una simil-xenfobia di fondo, a dirigere l'agire dei fe-de-rali. Invece è solo cecità tennistica e sdegno per qualsiasi merito effettivo. Non occorre arrivare ad un ventina d'anni fa, quando allo stesso modo venne trattato Caratti (che pure aveva fatto quarti di finale in Australia), colpevole di far parte del reietto clan Piatti, ma basta vedere quello che hanno combinato con Romina Oprandi. Sbattendo la porta in faccia ad una che, se solo sta bene, se la gioca a livello delle prime 15/20.
      Cipolla non è un fenomeno ma, anche secondo me, con Stepanek qualcosa avrebbe potuto. Francamente mi provoca un po' di pena ormai il soldato Bolelli. Dopo averlo privato dell'unico allenatore che riusciva a pungolarlo e mantenerlo tra i 50, ora gli illuminati vertici avrebbero impedito la preparazione ed i relativi tornei in sudamerica. Solo per rispondere "obbedisco" in Davis. Inutilmente. L'istantanea di come questa federazione di nani ciechi riesce ad ammazzare anche i fantasmi.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.