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mercoledì 14 marzo 2012

FRANK DANCEVIC, INFERMA DELIZIA DA NICCHIA RACCHETTARA


Una tranquilla serata d’oppio tennistico. Provo nervosamente a trovare un lacero streaming di quello che secondo me è l’evento più importante di questo inizio stagione: La tappa scandinava del “championstour”, a Stoccolma. Si vuole anche provare a discutere? Johnny Supermac, Stefan Edberg, Goran Ivanisevic, Pat Cash. Per l’inossidabile genio mancino il vero ostacolo verso la finale è Thomas Muster. Se il tappeto è veloce, il serve&volley del 53enne yankee può anche infastidire l’arrotato tennis spuntato dell’austriaco. Lo stesso che voleva ritornare a competere coi ventenni e che fino a pochi mesi fa ci ha regalato indimenticabili ruggiti in derby della savana con Di Mauro e co. Venderei al mercato della pulci una dozzina di milioni di cellule neurocerebrali (capirai…) per vedere il confronto, ma temo non si potrà.
Assai deluso, toccherà solo immaginarselo. Esercizio utile, a volersi consolare, per allenare un qual certo genio creativo. E lo sappiamo che a me dovevano dare una cattedra accademica ove insegnare a giovin capre i segreti della “scrittura creativa”. Il sito “bettistico” regala però un’infinità di tornei e incontri. Ci sono i professionisti che si dimenano nel rarefatto deserto californiano di Indian Wells. In un picco di misoginia tennistica ci negano la visione dei donnoni in gonnella, mostrando solo gli ominidi in mutandoni. Ad ogni modo, Masters 1000 letteralmente minato e stravolto dal morbo intestinale che ha colpito diversi atleti. Cagotto e nausea. Primo a beccarlo, manco a dirlo, “vomitino” Seppi. Tra sbocchi vari, fuori Murray, ma non per colpa del virus, semplicemente trova una giornata da anatra svagata. Già a casa, superfluo rimarcarlo, tutti gli italiani ardimentosamente giunti in America malgrado il fastidioso viaggio intercontinentale.
In realtà poco mi avvince questo torneo, cerco grandezze nascoste. A Dallas si radunano i prematuri ritirati di Indian Wells e quelli che non avevano classifica per entrarvi. Trasmettono addirittura le qualificazioni. L’ambiente è meraviglioso. Cinguettio sollazzante dei cardellini texani a far da colonna sonora. Sul cemento color apparato funebre del piccolo catino, ecco un match epocale: Frank Dancevic opposto a Maxime Authom. Lo sanno tutti, ho un debole che rasenta l’omosessualità tennistica per il canadese infermo. Ormai è perso per le grandi platee, ma è riuscito per quasi miracolo a rientrare tra i primi duecento. Schiena divelta, fisico cigolante e mente assente, prova qualche buon risultato nei tornei minori o l'eroica qualificazione negli slam (lo scorso anno, quattro su quattro). Solo un paio di settimane fa a Wolfsburg si è consegnato all'immortalità tennistica abbandonando il campo e ritirandosi sotto 7-6 5-3 40-0. Ma il braccio sior-siori, che braccio. Sciccheria, delizia e spreco. Per quegli eunuchi e repressi patrioti dannunziani che intravvedono persino nel pim-pum-pam di Bolelli del talento…beh, si prescrivono due ore di Dancevic a settimana. Per via rettale.
Bastano un paio di scambi di un primo turno di qualificazione challenger, per ritemprare anche il mio malandato e bistrattato spirito, facendomi dimenticare semi finali e finali di slam sempre più simili a truculente lotte greco-romane tra storpi mostri partoriti dalla mente malata di Stephen King. Ci si accontenta di poco, insomma. Un rovescio divinamente sviolinato dal canadese, un approccio contro tempo e volée ri-ri-controtempo per chiudere con stop volley di dritto. O altro rovescio sguainato che viaggia a velocità siderale, lasciando l’altro di sasso. Lo vedi e lo palpi nitidamente il fascino, il talento di cristallo. Come fai a non accorgertene? E come fai a descriverlo, povero pazzo? Impossibile. E’ come spiegare il fascino di una bella donna? più facile osservarla accavallare le gambe e tirarsi su la gonna, dando una svogliata boccata alla sigaretta. Lo stesso è nel tennis, ti basta vedere un colpo contro balzo. E Frank sembra davvero giocare tutto in mezza volata. Recupera le magagne di un fisico da invalido civile, di solo braccio. Tanto basta per venire a capo del belga, in tre tiratissimi set.
Sempre sui magnifici campi di Dallas c’è un altro primo turno (di qualificazioni) assai interessante: Il cementaro americano con t-shirt a giro manica Russell s’avventa senza pietà su tal John Nallon. E chi cazz’è? A saperlo…insomma, è un tipo che a 26 anni gioca il primo match professionistico. Temo (ed il pericolo è autentico) sia il suo primo match di tennis in generale. E’ inquietante, malgrado le telecamere fisse ci neghino un primo piano. Cranio bombato e luccicante, su un fisico quadrato da Tofting. E spero qualcuno se lo ricordi, Stig Tofting. Poi lo vedi giocare, ed è ancora peggio. Tiene a malapena la racchetta in mano. In due turni di servizio gli chiamano sei falli di piede. Fantozzi-Filini al confronto impallidisce. Bastano due scambi per farmi capire che al doppio sei-zero non v'è alternativa, occorrono invece tre games al sito, per levare ogni scommessa sull’evento onde evitare il fallimento epocale. Perché ci sarebbe da giocarsi i miliardi, sul doppio bagel. Russell, che avrà anche gli anni di Matusalemme, ma ancora si tiene a discreti livelli da top 100/120, sembra infastidito dal non potersi nemmeno allenare bene. Prova in tutti i modi a lasciargli un game ma l’eroe antico Nallon proprio non riesce a mandare la pallina di là.
Non è finita la giornata di gran tennis. Potrei tirare in ballo quel curioso affare di nome Marko Djokovic, fratello giovane di Nole, che ad ora di pranzo si rende ridicolo nel torneo di Sarajevo. Da lontano e con inquadrature fisse, sembra Nole. Identiche mosse urticanti, gesti, scenici caracollii, spalle scrollate, urla belluine all'angolo. Persino la racchetta sbattuta in terra con la stessa innaturalezza goffa. Poi però lo vedi giocare, e capisci che è di una povertà tecnica rara. Scannato da tal Albot (che Federer non è). Rimane lo stridore tra i gesti da campione affermato, e le palline sgozzate in un palazzetto deserto, su un tappeto luccicante che manco una palestra dell’ardimento da scuole medie. Evitiamo, allora, e continuiamo con lussureggiante serata del Picasso, alternativa alla visione di “porta a porta”. Oltre a Dallas, si gioca anche in Messico, a Guadalajara. Leggo qualche nome impegnato. Opto per Vasek Pospisil, rampante canadese già visto altre volte e destinato a buona carriera. Non dispiace, ma nemmeno m’entusiasma. Sa fare tutto, ma sembra troppo macchinoso. Ieri il match ha dell’inquietante. Innanzi a lui uno strambo botolo di un metro e venti scarsi per 123 kg, dall’immaginario tennis spumeggiante: Daniel Garza. Non sembra reale, quell'affare. Rotola e tira colpi come viene, a volte anche casualmente molto belli. Tra i non professionisti, dovrebbe spadroneggiare. L’altro, tutto impostato, spara terrificanti bombe, attacca in back come da manuale del tennis pag 23 versetto 2, mentre il nostro tappo messicano, ormai eletto idolo incontrastato di ogni era, annaspa. Grugnisce, urla come un pazzo strafatto di tequila, tira colpi alla sperindio. Ma rimane in corsa Daniel, anzichenò, vince il primo e regge alla grande nel secondo. 
Ad un certo punto si chiama un medical time out, a game in corso. Perché così gli piace. Pare gli sia finita la tequila e finché non arriva altra scorta, lui non gioca. Pospisil vorrebbe morire. Spiega ai messicani le regole del tennis, ma quelli mica capiscono lo anglese. Mica solo noi abbiamo La Russa. Il canadese si mette in mezzo al campo ed inscena un brioso teatrino d'ira schizoide. Fa la gallina, poi lo struzzo. Quindi attacca ad urlare come se richiedesse una camicia di contenimento. Credo vorrebbe morire, davvero. E’ contrario ad ogni legge fisica, questo botolo messicano. Uno speedy Gonzales obeso legato a doppio filo a Frank Dancevic (che batté in epico match di Davis. Pensate. Pensiamo, cos'è la vita). Ma serve molto meglio di Volandri e Fognini, dall'alto del suo metro e venti di statura. Il pingue peone se la gioca punto a punto, irrazionale ed incomprensibile. Rimane dietro sulla prima e segue la seconda di servizio a rete come un satrapo. Il giovane colosso canadese pare impazzire per davvero, dà i numeri manco fosse Berdych che guarda l'orrenda sagoma spiritata ed ispirata di Petzschner. Si chiederà: "ma com'è possibile che me la stia giocando in volata con questa cosa qui?". L’eroe messicano continua ad attaccare con furbizia encomiabile, ma finisce tristemente per soccombere allo sprint: 4-6 7-5 7-5. 
Ma di questo Daniel Garza ne risentiremo parlare. Non nelle cronache nere internazionali, si spera.

2 commenti:

  1. Anche un ricco challenger può riservare una grande gioia. Grande Frank!!

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  2. Ciao Kassovitz,
    ho visto il gran trionfo texano. Davvero felice per questo talento pazzesco. Tennisti come lui fanno il bene del tennis.
    Pensare che scrissi questo pezzo dopo il primo turno di qualificazione, avessi puntato qualche euro sulla sua vittoria, magari ora ne avrei mille di più...

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.