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mercoledì 6 giugno 2012

ROLAND GARROS 2012 - LA CARICA INTERROTTA DEL BISONTE TSONGA






Day 10 “Tengo le idee pazze nella testa, pazze”. Ebbè, non è che in manicomio rinchiudono chi ha idee sane.

L’apice dell’orrore è una vetta tutt’ora inesplorata, ove nessuno ha piantato la sua spaventevole bandiera. Sarà per questo che solo la sua idea terrorizza, ghiaccia e blocca lo scorrere del sangue nei polsi delle umane genti. Ad esempio, ci sarà un’esponenziale evoluzione ancor più riprovevole di La Russa? E’ umanamente concepibile? Sembrerebbe quasi impossibile, ma seguendo i dettami de “l’etica nel funerale dell’estetica. Morale suicidio di un nichilista devoto dell’onanismo spirituale anaorgasmico” ponderoso tomo scritto di mio pugno due anni or sono, non si puote escluder nulla. Nemmeno che esista una vetta ancor più raccapricciante.
Il tennis non è certo immune da questo terrificante periglio di naturale degrado abominevole. Inutile negarlo, l’attrattiva dell’orrido ha una certa presa e fascino autolesionista. C’è quasi curiosità o gusto del macabro nel voler capire fin dove mai potremo arrivare. Mentre Roger Federer con regale e furtivo Minuetto tennistico batte in lussureggiante rimonta Del Potro, come danzando leggiadro sul percuotitore di tamburi stravolto, il tutto è bilanciato dall’essenza di quell’orrore in aberrante fase evolutiva: Djokovic nella giornata tipo. Ha l’occhio sbarrato, spaventoso, atroce, inumano, e la fornace aperta, sopra una scucchia da Totò versione sadica. Immagino anche un alito agghiacciante tipo fogne di Calcutta. Lo sappiamo ormai, ma si fa ugualmente fatica ad abituarsi. Quell’espressione ce l’hai quando uccidi qualcuno, combatti le crociate sante o hai appena vinto una manche ai campionati di roulette russa con tre pallottole che si disputano a Manila. Non è sport quello, ma pura e semplice esaltazione dell’agonismo morboso, malato, invasato. Non puoi quindi non attaccarti a quella che è la sua nemesi, ancora di salvezza sotto forma di invocata giustizia divina. Ieri era nitida ed evidente, nelle fattezze di Jo Tsonga, bisonte al furente attacco che prova a spezzare in due l’esagitazione fisica e tennistica di Serbia.
Splendido purosangue che non vuole ammazzare nessuno, ma infonde solo del brillante, esplosivo e coinvolgente agonismo grazie ad un tennis che è inno alla gioia, il francese. Carica Jo, carica. Tutti attaccati al destriero transalpino, e non solo il pubblico dello Chatrier. I francesi hanno fatto le prove ieri con Gasquet, e con Jo si esaltano. Nel loro tifo, stavolta, non vi è surreale desiderio di una dolce morte ricercata, ma assoluta voglia di vibrante vittoria. E Tsonga è l’ideale per agitare e scuotere gli animi delle folle. Servizi, sassate di dritto in perenne forcing, rete aggredita con una veemenza ammaliante. Il granito e la svolazzante carezza marpiona.
Continua a caricare a testa bassa e cuore caldo il bisonte, addirittura avanti due set ad uno dopo un inizio da incubo. Il punto, contro questa salamandra gigante che striscia e riprende tutto col la bocca ritorta, lo deve fare cinque, sei, sette volte. Ma non importa stavolta, lo schema gli riesce. La marionetta però rimane lì, sempre orridamente attaccato al match coi suoi tentacoli collosi. Non è nella forma dello scorso anno, è addirittura stato ischerzato per due set da Seppi, ma è durissimo a morire. L’orrore non muore mai. Da un lato all’altro del campo come pupazzo di caucciù, con le gambe a compasso o in pattinata mortale che abbranca qualsiasi cosa, in quell’evoluzione della forsennata filosofia del fortino difensivo nadalista. Esala degli inquietanti muggiti di quasi morte cruenta, come una mucca trascinata a viva forza nel mattatoio e che si avvita nel terreno. Dov’è la magica naturalezza del gesto tennistico? Tutto è estremo, strappato, forzato, innaturale. Occorre chiedere perdono agli dei e guardare a mo di rosarione gigante due ore di Ilie Nastase, per redimersi. O provarci, almeno.
Jo continua l’arrembante danza di tribale attacco, con quella capigliatura che rimanda a moicani assalti. Sontuoso, abbagliante. Arriva ad un punto dall’impresa, mentre l’altro continua nei laceranti e strazianti recuperi squarcia tonsille. Verrebbe da sperare che qualcuno entri in campo con un grosso badile e lo finisca, ponendo fine alla sofferenza. Potrebbe farlo con la racchetta il francese, ma in quel passante in corsa di rovescio dopo un fantastico recupero c’è tutto il fatalismo della bellezza che soccombe all’orrore.

12 commenti:

  1. Brutto, brutto, brutto! E' sta una fatalità ma che triste fatalità. Povero Jo.

    italtennis esagitato per l'Errani, mi turba.
    Jess

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    1. Sì, bruttissmia cosa.
      Leggevo che non ha rimpianti, Tsonga. In effetti è così. Non l'ha persa lui, malgrado i 4 match point, quanto vinta l'orridissimo alla grande.
      Ormai sono rassegnato al peggio.
      Mi sto ritemprando pranzando con McEnroe/McEnroe (ma quant'è scarso Patrick. Peggio di quand'era giovane) vs Gomez/Sanchez.
      Sarita e Rafito che fanno le foto con le coppe. Già me l'ero sognata quella scena. e poi la frullano orrendamente.

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  2. C'è solo il Djoker!!!! Sempre più immenso anche quando non in giornata ideale... Chapeau!!!!

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    1. "Più immensissimo" dipingerebbe meglio la situazione. :)
      Dai via, mettiamola così, non mi garba come tennis e atteggiamento, ma quando deve tirare gli attributi è innegabile che li tiri fuori.
      Ciao Tom.

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    2. Io capisco che possa non piacere lo stile pero' nn gA nemmeno un braccio da fabbro come Nadal... E più che altro da un punto di vista agonistico oltre che atletico e' davvero impressionante.... Per vincere un punto contro di lui gli avversari ne devono fare 20... Certo... Il tennis di 20 anni fa non era diverso... Era proprio un altro sport...

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    3. Massì, Tom. Come avrai capito anche dal post sulla Errani, io scrivo in tono ironico (provo già biecamente a rendere meno inflessibile il "solenne pegno"). =)
      Qualcuno che mi piace c'è malgrado la modernità. Chiaro che il tennis attuale è questo, hai ragione anche tu. E bisognerebbe farsene una ragione. So bene di sembrare "Nonno Abraham Simpson", ma tant'e...

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  3. "Dov'è la magica naturalezza del gesto tennistico ?" Me lo chiedo anch'io. Lunga vita (tennistica) dunque a Roger Federer, ballerino leggiadro, campione eccellente di questo meraviglioso sport.
    Dopo di lui dovremo assorbirci occhi sbarrati dal fanatismo, giocatori macho agli estremi delle loro forze che battagliano ping-pong, ping-pong urlando come al maccello per ogni colpo/punto. Che mordicchiano le coppe, si battono il petto come i gorilla (senza offesa per i gorilla). Quelle horreur ! Complimenti per l'articolo e cordiali saluti da un'ammiratrice incondizionata del Roger National.

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    1. Salve "incondizionata ammiratrice" del Roger, si appalesi con un nome, che non mozzico come Rafito e nemmeno esalo urla triviali da orango in fase di copula. :)
      Sì comunque, Il gesto tecnico è sempre più stuprato, e la naturalezza tende spesso a soccombere difronte alla corsa ed alla resistenza fisica.
      Dicono sia la modernità, questa. Sarà, ma è difficile abituarcisi.
      Ciao, a presto.

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    2. Non mozzica e nemmeno esala urla triviali.... in tal caso eccoLa accontentato: l'incondizionata ammiratrice del Rotschi porta il nome di Anna Marie.
      Mi sono divertita con le Sue dieci giornate. A proposito di Wozniacki, l'ho battezzata l'elefantino. Forse dovrei essere un po' più clemente con lei, suo padre/allenatore era un calciatore. Quello della Bartoli è un medico il che è già più preoccupante. Justine Henin, reviens !

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    3. Il Lei m'imbarazza un poco. Sono appena reduce da una gara di rutti con la femminilissima Shvedova. Ovviamente ha vinto lei, di slancio e per distacco.
      Wozniacki elefantino? beh, sì...si presta a parecchie visioni. Certo è che l'apice del surreale lo si ha nella pubblicità di cui è testimonial: Tira addirittura un vincente. Fin troppo evidente che si trattava di una finzione scenica. Sono cinque anno che ne aspetto uno sul campo.
      Quanto a babbo Bartoli, sì...purtroppo. Un medico sulla cui sanità mentale ci si interroga da tempo e che ha congegnato la sua "creatura" in modo inquietante, nei sotterranei del suo studio. Pare avesse anche antenati tedeschi, negli anni '30. Ma è solo una diceria.

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  4. E' difficile non tifare per Tsonga: tennis esplosivo ma di talento, variopinto e a tratti scriteriato.. nelle membra di un omone tanto grosso quanto fragile. Fragilità corporea innanzitutto, aggravata dal non essere esattamente un peso piuma; talvolta anche psichica, emblema ne sia la sfiorata riedizione dell'harakiri con Wawrinka, ma non ieri. Gli credo quando dice che non ha rimpianti per la sconfitta. A livello mentale i primi due, gli amatissimi maratoneti sparapalline, sono di un altro livello. Anche nelle giornate in cui non riescono ad esprimersi come vorrebbero, il gap viene compensato da una solidità mentale impressionante. Se la posta in palio è succosa stanno in campo, con la testa prima che con il corpo di cyborg che si ritrovano, sino all'ultimo 15: poi, quando sembra che stiano per cedere, emergono inspiegabili risorse e, magicamente, quello che non riusciva loro nel game precedente, nel punto determinante diviene tangibile realtà. Certo, una forma di timore reverenziale da parte delle seconde linee spesso li agevola, ma non spiega il fenomeno. La conclusione è che può non bastare la prestazione eccellente di un avversario forte come Tsonga per (ab)batterli (ahimè :-)), persino se non ha regalato nulla, primo set a parte.

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    1. Quando perdi avendo quattro match point a favore, chiaro che qualcosa ti frulla in testa. Pensi che almeno quello in cui hai avuto uno spiraglio potevi giocartelo meglio. Però ribadisco, in quei frangesti è stato solidissimo di testa il serbo, amen.
      Peccato.
      Tsonga e (vabbè) a tratti anche Berdych o Del Potro sono lì. Alla fine, la differenza tra i primi e chi è immediatamente dietro è spesso sottilissima. Spesso si risolve in pochi punti fondamentali dove a prevalere è chi ha maggiore attitudine a giocare meglio sotto pressione. Poi, mi ripeterò, i primi due hanno fatto della difesa terrificante un'arma vincente. Per batterli (o abbatterli, che si presta meglio =)) devi giocare al limite della perfezione stando nel match punto per punto. E la cosa ti logora, contribuendo a consumarti energie psico-fisiche non indifferenti. Quasi ti prendono per sfinimento. Non a caso il francese nel quarto è sparito, completamente svuotato.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.