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martedì 31 luglio 2012

LONDRA 2012 – TSONGA SUPERA LA PROVA DI FUOCO RAONIC





Day 4 – Dal vostro vigile e solerte inviato. Nel caldo umido di un internet point bengalese



Ti accorgi d'essere pazzo, o esserlo in modo differente dagli altri quando prima di tornare a casa e per non perderti le fasi finali di un match, ti fermi in un internet point gestito da due simpatici indiani col testone quadrato, la riga al lato e la fronte impralinata di sudore. Sembrano Leander Paes in camicia scozzesina. Tra odori di spezie orientali, e la calura opprimente appena mitigata da un ventilatore del 1957. Manca solo una sigaretta beedie fatta con foglie di tabacco arravogliate e la musica di Sandokan. Mi sintonizzo alacremente su uno streaming, per seguire le fasi finali del match tra Tsonga e Raonic. In un locale indiano, becco proprio il link in italiano. A casa invece trovo sovente esotici streaming del Qatar o del Botswana. Ma bene, le due in cabina di commento casalingo (pare che le trasferte costino troppo) sembrano due sciure attempate che in spiaggia sghignazzano, fanno battutine sui fisici e le pendule carni dei bagnanti, prima di andare a mangiare un gelatino al baretto. Si divertono un mondo nello stucchevole richiamo all’Isner-Mahut quasi come biblico riferimento alla primigenia colpa e che le costringerebbe al lavoro supplementare. Perché in effetti, sul set pari, Jo ed il giovane canadese hanno dato vita ad una terrificante battaglia di servizi. Quasi impossibile fare il break, o solo avvicinarsi. Il giovane canadese è addirittura più sicuro, calmo, serafico. Tutto si potrà dire di questa gigantesca pera ancora imberbe e col volto da Potsie Weber versione inquietante, ma ha davvero una mentalità già matura. Sembra non conosca la paura, riuscendo a giocare benissimo sotto pressione. Quasi venti volte ha servito per rimanere nel match. E lo ha fatto in modo incredibile, sfondando con grande perizia e senza strafare. 
Sono 20-20 o 21-21 è lo stesso e le due carampane, anche simpatiche alla fine, si lanciano in rutilanti scommesse ridendo di gusto. Jo soffre, annaspa, ma regge. Rischia di lasciare su quell’erba molte delle energie che potrebbero servirgli per giocarsi le medaglie. Sbuffa, ma tiene botta, tra un drittone fenomenale, una zampata arpionata a rete e la solita, atavica, lentezza elefantiaca in risposta. Oltre ad un rovescio sfarfallato nell'indecisone se giocarlo ad una o a due mani. Per assurdo sembra più a suo agio sull’erba il giovane canadese. Anche lui goffo nel muoversi, ma più pulito e puntuale ad attaccare la rete. Ecco, è un Del Potro che bastona in modo folle e con grande facilità di violenza, meno solido, ma che attacca di più. Sempre con quella faccia da preadolescente garbato ed un po’ impacciato che da sempre mi ricorda il primo timido Sampras versione Forrest Gump fatto in casa. La spunta d’esperienza, e prima che calino le tenebre, un pur pesante Jo Tsonga. Più scafato a questi livelli. Può essere un segnale. Buona sensazione lasciata ancora da questo canadese, oltre che per il tennis, per un carattere non comune. bello, magnifico e conciliante con la genuina essenza di questo sport è il sorriso che condisce il saluto dei due a fine partita. Grandi agonisti, ma sempre gentili e puri. Poco a che vedere con le occhiatacce torve, i pugni violenti, gesta da tagliatori di gola in guerra e le urla malate del 90% degli esagitati tennisti moderni. Boccate d'ossigeno, questi due ragazzi.
Ora il francese trova Feliciano Lopez giustiziere di Monaco. E sulla sua via Djokovic che dopo il balbettii del primo turno schianta in modo cruento Andy Roddick. Per lui altro ottavo con un protagonista vintage: Quell’irriducibile ex “Rusty il selvaggio” che come prevedibilmente imprevedibile, uccella il pennellone croato Cilic. Tipo forte, ma soggetto alle lezioni da parte di vecchi marpioni come l’aussie e Haas due settimane fa. Facile facile anche Murray sul finnico mancino Nieminen. Passa anche Nishikori sui resti di Davydenko, mentre Baghdatis ridicolizza per l’ennesima volta Gasquet, sempre più Mozart del tennis incrociato con un coniglio narcotizzato. Sbuffa e col volto assente, quasi scocciato, dichiara che “non sarà certo questa l’ultima mia sconfitta”. Come non credergli. 
Tra le donne soffre Sharapova contro la teenager di casa Robson. La Sharapova minore Kirilenko invece, fa fuori l’altra moretta britannica Watson. Niente da fare per Maria José Martinez Sanchez contro l’orrido uragano ululato della trucicomica Azaranka. Momento incredibile per il tennis tedesco al femminile (per qualcuno nettamente inferiore a quello italiano). Giovani, violente e feroci. Avanti tutte: Goerges, Kerber e Lisicki. Continua anche la fiaba di Venus Williams a forza quattro (games lasciati per strada), che tratta la canadese Wozniak quasi come Errani. Vanno avanti invece le due coppie di doppio italiane, Errani-Vinci e Schiavone-Pennetta. Maggiori possibilità di medaglie per queste ultime, con le prime che s’imbatteranno nelle sorellone Williams.

4 commenti:

  1. Bene, due delle tre che prevedevo sul podio son tornate a casa (Radwanska e Paszek). Mi tocca sperare nella Cerbera :) Meno male che non scommetto mai per principio :)

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    1. Scommettere fa bene, ma "con moderazione". :)
      Cerbera sarebbe Azarenka? pronostici tra le donne non ne ho fatti, ma rimango della mia teoria svalvolata. Serena e Kim se tengono, si giocano le finali di tutti e quattro gli slam. Soprattutto la belga però, lo sappiamo che si tiene assieme col nastro adesivo. Sharapova dietro. Tutte le altre sgallettate, a giorni alterni, ad inseguire.

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    2. Cerbera, per assonanza, è la Kerber :)

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    3. Ah, boh. A memoria, dovrebbe battere Azarenka (e oggi Venus) per entrare nel giro medaglie. Poesse tutto. Certo è che questo "essere" ha raggiunto un equilibrio terrificante tra roncola e difese malate. Difficile da battere.
      Gioca il misto con Petzschner.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.