.

.

sabato 1 settembre 2012

US OPEN 2012 - SORRISI, BATTAGLIE, RITIRI E MINCHIONI





Day 5 – Dal vostro inviato, sul jet di Gulbis. Sperando cada. 



Le facce di Laura Robson, Lleyton Hewitt, Andy Roddick ed Ernests Gulbis, come simbolo di questa appassionante edizione degli Us Open. Sorrisi, battaglie, ritiri e minchioni sommamente inutili. L’adolescenziale incredulità della teenager Laura Robson che pare aver visto la beata vergine Maria alla fine di ogni match, invece ne ha solo seccato un’altra, Na Li, di gran giustezza. E continua a guardare sbigottitamente submentale, come non fosse cosciente delle proprie azioni. Sì, hai vinto tu, nessuna essenza ultraterrena. Rivelazione del torneo, questa mancina inglesina con un futuro assicurato, ben più della pur solida marcantonia Stephens.
C’è poi il volto livido, di tradizionale color viola tumescente del vecchio Hewitt, in furiosa lotta nel quinto set contro l’attaccante spelacchiato Muller. Tra passanti e gran colpi d’incontro. Lontano parente di quello che vinceva slam ed era numero uno, fisicamente tenuto assieme per miracolo, ma una volta in campo poco importa. Viene a capo dell’avversario dopo cinque set di maratona terrificante, esalando i roboanti “c’mon” della casa, distillati con più saggezza. Lascia tutto sul cemento, il vecchio “rocchio 47” che nell'ultima istantanea di commossa esultanza pare voler comunicare al mondo che ha ancora i “pugni nelle mani”. Perché mica importa se si lotta per un secondo turno, o per la finale. Essenza purissima di agonismo, l’australiano. 
Ma questo è soprattutto l’ultimo Us Open di Andy Roddick, come Hewitt protagonista dell’ultimo decennio tennistico. In piena notte decido di assistere al suo match, convinto che non sarà l’ultimo, ma non si sa mai. L’americano dimostra ancora buona condizione, e senza strafare frustra in scioltezza le evoluzioni difensive del giovane australiano Tomic che rema, tra slice di rovescio e goffi dritti partoriti manco stesse spadellando le caldarroste. Sempre con quell'esacerbante espressione compassata, da gaggio. Insomma se gli attuali eroi furoreggiano, i vecchi prossimi al ritiro sono ancora in grado di dare lezioni tennistiche alle nuove leve travestite da impiastri ancora acerbi. Poca cosa questo Tomic, pochissima. Dopo Wimbledon 2011 mi ero convinto potesse almeno avvicinare i primi, sbagliando clamorosamente. Roddick appare quasi liberato dall’aver dato alle stampe la notizia dell’addio, lo si vede anche dall’intervista finale. Ora attende Fognini, facilmente impostosi su Garcia Lopez. Sarà il fantastico italiano a  porre fine alla carriera dello yankee? Chi può dirlo. Penso di no, ma una cosa è certa: dopo il centrale di Parigi, quello di Londra, il ligure proverà le sensazioni anche di quello newyorchese. Insomma, c’è sempre lui, unico italiano da slam. Piaccia o non piaccia, o ripugni, è così.
Sorrisi, battaglie, ritiri, si era detto. Mancherebbero i minchionazzi. Ed allora come non guardare la faccia da sommo ebete tennistico di Gulbis? Facile, fin troppo scontata la profezia fatta la volta scorsa: Dopo aver rovinato il torneo ad un tennista vero come Tommy Haas giocando in modo fantascientifico e con misconosciuto ardore, questa mezza controfigura di tennista ridicolo si suiciderà contro l’americano Johnson (“niente di che” al cubo). E così è stato. Tutto troppo prevedibile, ormai. Fate qualcosa. Arrivo a dire: lasciatemi Roddick e prendetevi Gulbis. 
E adesso andiamo di rutilanza, con una carrellata dei match di giornata. Ancora gran battaglie, e divertimento: Wawrinka deve sudare le proverbiali sette camice ed arrossare quei brufoli orrendi sul volto deturpato, per venire a capo di Darcis, una specie di ananasso belga talentuosetto ed in buona forma. Lo svizzero recupera e vince 7-5 al quinto. Tipsarevic domina Brian Baker, miracolato americano ritornato al tennis dopo cinque anni da infermo. Isner continua a soffrire, ma vince contro il finnico Nieminen. Avanti facilmente Djokovic, Gasquet e Ferrer, vincitore sull’elegantissimo orange Sijsling, mentre Del Potro lascia un set ad Harrison. Pura anarchia tennistica che si sposa con ridanciane parabole, tra Dolgopolov e Baghdatis. Vince il primo in quattro set, ma che meraviglia può ancora generare questo sport. Mentre sull’Arthur Ashe sono tutti in apprensione per vedere cosa succederà all’eroe Roddick, in un campo secondario stanno dando vita ad una battaglia ferocemente bella, Benoit Paire e Philipp Kohschreiber. Cinque set e cinque ore di maratona, tra rovesci sviolinati del cincillà tedesco, brutali accelerazioni e circensi colpi estemporanei del naif francese che urla alla luna monologhi deliranti. La spunta il più esperto tedesco, 7-6 al quinto. Sempre nella notte newyorchese, ci vuole tutta la milizia da vecchio lupo dei campi di Benneteau, per domare le giovanili impertinenze del diciottenne statunitense Novikov. Tra Sock e Johnson, che crescono come tennisti-battitori di baseball, questo ragazzino con la faccia imberbe da Kraijcek e l’incedere a spalle scoscese, se ancora ne capisco qualcosa, è il più talentuoso di tutti. Dà almeno un paio di piste agli altri ragazzi americani più grandi di lui. Quello con la maggiore facilità di colpi e più brio tennistico. Tra accelerazioni al fulmicotone e cucchiai smorzati di dritto assai notevoli. 
Nel tabellone femminile, già detto della dipartita di Na Li, prosegue invece la campionessa uscente Stosur che batte la storta Lepchenko. Ora però ora si ritroverà quella Laura Robson “ammazzagrandi” di cui sopra. Avanti sicure Kvitova e Bartoli (sempre più vezzosa). Nessun problema per le urlatrici svitate Azarenka e Sharapova, con la siberiana che si abbatte con una scure su una sconosciuta ragazzotta americana cellulitica, tal Bourdette, il cui nome rimanda ad onomatopeiche gelatine budinose.

6 commenti:

  1. Partita bellissima tra Baghdatis e Dolgopolov, mi sono divertito come un matto. Peccato che mi sia perso Kohli-Paire.
    Concordo in toto sull'inutilità dannosa di Gulbis. Averci Tommy Haas adesso ci aspettava un meraviglioso terzo turno con Gasquet!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Klimt, sì. partita fantastica, tagli, rabone, slice, fiammate improvvise. Tennis assolutamente irrazionale. Il cipriota la poteva portare al quinto, prolungando la goduria.
      Paire-Kohli, visto nella notte piena. Il francese ha retto alla grandissima, tra deliri e soluzioni impossibili. Ma alla fine ha vinto il più esperto. Anche lì, tra i due però, si cadeva sempre bene. :)
      Ciao, a presto.

      Elimina
  2. E io cosa leggo per il Day 6 ? Dimmi la verità, non starai mica battendo la fiacca.
    Ciao Picasso, ti auguro una buona domenica e ti concedo il meritato risposo.

    Anna Marie

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bontà sua...molto umana.
      Il problema è che:
      1) non ho obblighi editoriali, su come e quando scrivere e se mi va di farlo e per il mio piacere personale. Al limite qualcuno può pagarmi per non scrivere, e ci sarebbe anche.
      2) scrivo al solito di mattina, nella mezz'ora post caffè. Normale che in settimana lo faccia alle 8,00. Durante il week end, bontà sua, mi conceda di farlo alle 13,00. :)
      Ciao, alla prossima.

      Elimina
  3. E se penso che il mio marito mi ha detto di non rompere le scatole di domenica. Ma spero che vorrai perdonare questa mia (scherzosa) intrusione nel tuo ritmo quotidiano.
    A proposito di Ernests Gulbis: Thomas Haas avrebbe probabilmente avuto i mezzi per battere l'americano Johnson.
    E' proprio un dispettoso, questo Gulbis.
    Ciao, terrò conto dei tuoi orari, sarò umana.

    Un cordiale saluto
    Anna Marie

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Di niente.
      Il giullare di corte è a sua completa disposizione. E degli altri due/tre lettori.
      Ma ti preparo...quando non vedrai più on-line questo blog, non venirmi a frustare.
      Tutto molto surreale. :) Scherzo eh, comunque ciao e buona domenica a te.

      Elimina


Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.