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martedì 13 novembre 2012

JEEG-DJOKOVIC ROBOT D'ACCIAIO






Lor signori “incruattati” perdoneranno il superficiale commento di ciò che è avvenuto alla 02 Arena. Frugale come un amplesso tra due bonobo. Finale guardata mantenendo uno strabico occhio sull’emozionante confronto elettorale per le primarie Pd. Memorabile dibattito di cui ho scritto qui. A breve mi prodigherò anche in rutilanti dissertazioni sul balletto classico dell’Opéra de Paris per una rivista francese, a quattro mani (ma ne basterebbe una) con l’adorata Eleonora Abbagnato. Vi comunicherò a tempo debito. Quando necessità imporrà.
Il tennis professionistico mi piace sempre meno. I due Master (Wta e Atp) non mi hanno entusiasmato. Il mio cuore invece già pompa emozione pazza per il Master dell’Atpchampionstour alla Royal Alber Hall, con Johnny Mac alla difficile ricerca di una conferma. Fornirò dettagliatissimi resoconti dell’evento. Sorteggio effettuato: Gruppo A: John McEnroe, Jeremy Bates, Ivan Lendl. Gruppo B: Pat Cash, Mats Wilander, Henri Leconte.

Novak Djokovic 8. Basterebbero i rituali apotropaico-religiosi e il rosarione gigante che l’implorante fidanzata snocciola nel corso del primo set, per riassumere tutto. L’orrore vero, che annulla tutto. Non c’è bisogno di altro. Finisce la stagione vincendo, come aveva iniziato. Dopo un centrale appannamento. Questo il suo 2012. A Londra però è a tratti brutale. Nel girone vince una gran battaglia d’esordio con Murray, stronca Berdych e Tsonga, sempre un gradino sotto il livello di vertice assoluto. Poi il capolavoro è nel far girare a suo favore la semifinale con Del Potro, quand’era sotto di un set ed un break. Complice anche un argentino in riserva psicolabilfisica. Ecco la forza di questo mostruoso (nel significato più genuino di mostro da Famiglia Addams) tennista da playstation che non muore mai, ma che ha tre vite come nei videogames. Tutto storto e snodato, da destra a sinistra del campo come marionetta, sfruttandone tutti i centimetri-pixel. Lendl era un robot di vecchia generazione, questo lo è della nuova, con il carico di un agonismo a tratti raggelante e nervi d’acciaio. In finale soffre l’avvio di Federer, quasi sgomento dal tennis meraviglia dell’avversario. Ma resta lì, riflessi terrificanti in risposta, sempre piantato nel match, attento a non affondare. Bravo a sfruttare la prima occasione per riemergere, portare l’avversario sul suo terreno preferito e a batterlo. Chapeau e contro chapeau. Rosari, fidanzatine esagitate, pugni sul cuore, tre dita e quella faccia di livore orrendo ne fanno “qualcosa” di repellente, per cui non potrò mai simpatizzare (“e che ci impipa”, direte voi).
Roger Federer 7. “Non discutere con un idiota. Ti porta al suo livello e ti batte con l’esperienza”, diceva Oscar Wilde o Martufello. Possiamo traslare questa massima di verità assoluta al tennis. Federer non dovrebbe farsi trascinare da Djokovic al suo livello di bruto tennis demente. Dovrebbe abbreviare i punti, evitare la mortale rete di scambi e prendere quella vitale delle volée. Ci prova. Inizia dominando, come un assolo punitivo. Regala sprazzi di consueto splendore racchettaro: mezze volate, volée abbrancate allungandosi come ballerina, colpi metafisici con la pallina che era ormai scivolata alle sue spalle. Poi però si lascia trascinare nella pugna cruenta, tra le spire di scambi sempre più lunghi e massacranti. Ed è il solito match, tra magie di stelle filanti, cadute clamorose, errori banali. E quello la spunta d’esperienza. Serve ugualmente per portare il match al terzo, ha due set point, prima dell’inspiegabile fuga dalla realtà, trasformandosi in Bolelli che imita Gasquet. Il campione svizzero ha 31 anni, ma sfido chiunque a capirlo vedendolo giocare. Maestoso nelle vittorie con Tipsarevic e Ferrer, e soprattutto nella semifinale in cui rimanda a cuccia le velleità di Murray. Chiude la stagione con la vittoria di Wimbledon, la prima piazza mondiale riacciuffata per qualche mese e una manciata di record (per il godimento dei morbosi collezionisti). Ma soprattutto esprime un livello di competitività ad alti livelli sbalorditivo. Al punto che ti domandi se mai possa esserci un umano declino tennistico per lui, che di umano sembra aver poco.
Andy Murray: 6-. Passo indietro, rispetto ad una seconda parte di stagione che lo ha visto rompere il ghiaccio, anzi i ghiacciai del circolo polare artico manco cavalcasse l’effetto serra. Il campione olimpico e di Flushing Meadows esce con le ossa rotte nella “sua” Londra. Sconfitto in battaglia da Djokovic, seccato senza appello da Federer in semifinale. Di buono ha una bella maglietta nera coi manicotti giallo-oro-verde muffa. Appare stanco e non mostra quei miglioramenti che gli hanno fatto compiere il salto di qualità, grazie all’ottimo lavoro del robotizzatore Lendl: resistenza fisica, più consistenza nel dritto e maggior fiducia nei suoi mezzi.
Juan Martin Del Potro: 5,5. Sempre sull’altalena da gigante ciancicato. Sbertucciato da Ferrer (non propriamente Borg), si salva approdando alla semifinale grazie alla vittoria con un Federer ormai qualificato. Getta alle ortiche un match quasi vinto, contro Djokovic. Frantumato e sgretolato come semovente statua d’argilla. Netta la differenza di solidità mentale col serbo. Dopo l’infortunio sembra incapace di tornare ai livelli che lo videro principe di Nuova York nel 2009. O quel livello è impossibile da raggiungere perché fu frutto di due settimane magiche ed irripetibili. Ai posteri.
David Ferrer: 6. Gli sfugge la semifinale per mera questione di differenza set. Semifinale che pure avrebbe meritato, in quanto lodevole vincitore dello scontro diretto con Del Potro. Ancora una volta uccellato, con sapida ed antiestetica mestieranza. Il ronzante tre ruote in gara contro una fuoriserie che si va a schiantare contro i muretti ad ogni curva, spesso vince. Il resto è cosa nota: brutto a vedersi e generatore d’impotenza sessuale quanto la visione di la Russa in perizoma maculato durante la copula.
Thomas Berdych 5. Doveva provare a battere Murray o Djokovic, ma quelli si dimostrano ancora di altro livello. Consolatorio successo su Tsonga. Per il resto, la solita impressione d’impostata violenza miope, e fine a se stessa. Metodico e legnoso, intifabile anche quando dopo aver ingollato mezza bottiglia di Jack Daniel’s Tabacci inizia a sembrarti di sinistra.
Jo Tsonga 5- (d'immutata stima). Fa un po’ tristezza/tenerezza, perché per lui è stato un Masters senza sussulti. Quasi rassegnato contro Murray e Djokovic. Non c’è nemmeno spazio per l’illusione dell’esaltazione esibita altre volte, e l'innegabile carisma da bisonte alla scellerata carica. Tono minore in linea con dichiarazioni in cui traspare consapevolezza (che fa rima con) rassegnazione d’inferiorità. Perde anche il solito duello da “primi degli altri”, contro Berdych. Urge un’attenta riflessione sul futuro, e domanda a se stesso con conseguente risposta stile Marzullo alle 2,45 di notte: restare mina vagante d’alto livello da tennis anarcoide, o provare a fare il salto di qualità grazie a un mezzo coach che ne temperi l’esuberanza? Vedremo, sapremo.
Janko Tipsasrevic 4. Barbuto cenerentolo designato, e confermato. Due bustine di lupini raccattati contro Federer e Del Potro, un set strappato a Ferrer. Forse nemmeno in perfette condizioni dopo l’ennesimo ritiro ignominioso, a Parigi Bercy. La bellezza salverà il mondo, malgrado lui.



12 commenti:

  1. come sempre un piacere leggerti, soprattutto dopo aver letto sul El Pais il resoconto piú o meno sullo stesso tema di Carlos Moya che é una palla gigante, anche un gran giocatore ma come giornalista proprio non ci siamo.
    Io non ho ancora capito come ha fatto Federer a farsi soffiare il secondo set, con l´esperienza che ha una cosa cosí sembra quasi impossibile.
    Malefici della fidanza di Nole, che il rosario sia benedetto dal Pope di Belgrado?
    Su Murray avrei scommesso qualcosa di piú, nei match precedenti e in generale nelle settimane passate avevo notato una aggressivitá feroce sulla seconda degli avversari. Con Federer non si é vista molto, ma lo svizzero ha detto dopo il match di aver giocato le seconde con meno spin e piú veloci per evitare che Murray lo crocefiggesse.
    Adesso Lendl si ritirerá in meditazione per trovare alternative per il suo pupillo...

    Stagione finita a parte la Davis.
    Quindi, buone vacanze Picasso!
    e non sciuparti troppo alle Galapagos!-)

    Saluti dalle terre dei barbari
    Luca

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    1. Non sei l'unico. Penso che nessuno, in primis lui, sa darsi una spiegazione di come abbia fatto a perdere quel set. Sono quelle vicende inspiegabili razionalmente. Avevo contato un parziale di 14/3 o roba simile (coi numeri mi ci raccapezzo poco).
      Murray è migliorato tantissimo nel dritto, nella resistenza e nella risposta (però sempre stato suo punto di forza). Federer è stato furbo a variare molto i servizi e limitare quall'arma.
      Lendl fa paura. E' maniacale. Quando giocava, narrano che ogni tanto cercasse uno sventurato sparring partner (mai forte, altrimenti carpiva i suoi segreti, ma tipo numero 100 al mondo). Ci si allenava nella sua villa per due settimane massacrandolo come pupazzo delle giostre. E quello sventurato, appena tornato nel circuito, dal numero cento saliva al numero 40, tempo di un mese.
      Ciao Luca, un saluto alla terre dei barbari..:)

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  2. Bell'articolo Pic; su Federer, l'incomprensibile, regna un alone di mistero: all'inizio sembrava di assistere all'allenamento di un fiorettista alla corte del Re Sole contro un giocatore di football dell ML americana. Poi giù, a fondo. Fisicamente sembra che stia bene. L'unica cosa che, nell'impensabile presuntosità di poter anche analizzare con fare tecnico la suddetta partita, mi viene in mente è il rovescio dello svizzero che è quanto di più ballerino si possa vedere; non spinge praticamente mai e quando lo fa stecca. O si appoggia oppure è costretto a fare la sua famosissima circumnavigazione di dritto che però non gli è stata troppo possibile data la profondità dei colpi di Nole.

    Per il resto: Master (Federer escluso of course) da dibattito PD come tu hai detto; kolossal dal titolo "Morte a fondo campo"!

    Ciao,
    Klimt

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    1. Sì, ci sono state due partite in una. Anzi quattro, due per set. Delirio tecnico e fuga mentale. Nel secondo è proprio uscito dal match, come se gli si fosse spento il cervello di colpo.
      Il rovescio quando non è in giornata e comincia ad essere in affanno nel punteggio, risulta sempre il punto debole. In generale, più che un colpo o il fisico però, nella finale lo ha abbandonato la testa.
      Non avevo scritto che il Master è stato come il dibattito delle Primarie, ma che con un occhio stavo guardando quello con l'occhio strabico. :)
      Ciao Klimt, a presto.

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    2. Oops, pardon, pensavo che l'analogia fosse implicita!

      Comunque si, è chiaro che il principio primo è il cervello. Lo svizzero non è nuovo a queste fughe, agli US Open del 2009 vs Delpo fece circa lo stesso nel quarto e decisivo set! Poi gli viene quella faccia da disagio, quasi gli passassero accanto i morti; boh, un mistero!

      Ciao, a presto!
      Klimt

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  3. Bella la definizione dello Smurf (puffo): Jeep robot d'acciaio ! Mentre lui con sguardi allucinati sputava l'anima per vincere, la sfittinzia sua bistrattava il rosario. E poi i ruzzoloni, il sangue (nell'arena), le espressioni da "Maria Addolorata"...... Vabbè, mettiamo un velo peloso (pietoso) sopra. Roger Federer a tratti era sublime. Ma poi inspiegabilmente si è lasciato ingaggiare in scambi lunghi con quello là ed è rimasto fregato, finiva per steccare. Cervello in vacanze. Peccato.
    Tsonga, tenerone. Deve riflettere seriamente sulla sua situazione e darsi una regolatina. Se vuole continuare ad alto livello deve accettare la disciplina (che, a detta di lui, detesta).
    In fine una cosa simpatica che Marc Rosset ha detto su David Ferrer (tenerone anche lui): nel circuito lo chiamano il "ciclomotore/motorino con turbo nel bagagliaio".

    Ciao Picasso, mi piace il tuo resoconto sul Masters di Londra (che mancava di sale).
    Ti mando un cordiale saluto. All'anno prossimo, spero.
    Anna Marie

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    1. Cose brutte-brutte. Hanno trasformato il tennis i rituale sadico-religios-apotropaico. Che orrore.
      Federer s'è sciolto due volte come neve al sole, inspiegabilmente.
      Tsonga purtroppo è ad un bivio. Per conformazione mentale ed attitudine lui sia anarcoide, indisciplinato ed imprevedibile. La sua caratteristica è quella. Ma forse tentare qualcosa non nuoce.
      Ciao Anna Marie, a l'anno prossimo. Ma anche per il GLORIOSO Master alla Royal Albert All.

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  4. Adesso ho troppo sonno, ma con questa foto vado a dormire col sorriso! Certo che il serbo sulle foto tira fuori il meglio di te ;)
    Jess

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    1. La foto è vecchia. Mi piaceva il vestito, che faceva ancora più robot del solito.
      "Merito" suo, ogni foto si riveste di un orrore nuovo. :)

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  5. Guardando la foto del Djoker così combinato mi viene in mente Carlo Verdone quando fa il camionista/tamarro in uno dei suoi film (non ne ricordo il titolo). A differenza del buon Novak, Verdone mette in mostra un petto villoso e aprendo l'armadio perfeziona il suo look con le collane/catene. Alla fine, con uno sguardo compiaciuto, esce e va a "caccia".

    Anna Marie

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    1. Oscar Pettinari. O il tamarro che recluta un compagno a caso per un viaggio sessuale a Cracovia ("li vedi questi? ognuno è n'amplesso").
      Comunque sì, li ricorda.
      Salut

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    2. il mitico enzo.marco

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.