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domenica 4 novembre 2012

LA MAGIA DI PARIGI, E GLI IMPROVVISATI EROI









Se non avete mai baciato una donna sotto la pioggia di Parigi (citando Woody Allen), cosa potete capire dalla vita? Niente. Io la baciai nelle fratte di Fiano Romano durante un acquazzone torrenziale, ma non è la stessa cosa.
La città dell’amore per eccellenza, romantica e suadente, non poteva certo permettere che si svolgesse un ridicolo torneo, senza big e privo di appeal. Parigi s’inventa eroi inesistenti, sbucati dal nulla, o riemersi da gorghi dimenticati. Storie simili a fiabe moderne, che quasi fanno scordare l’assenza dei grandi dominatori. Ricamatori consunti agli ultimi inebrianti fuochi, o giganti polacchi esplosi dalle retrovie, deflagranti come virulente supernova.
Basta vedere l’attempato mancino volleante Michael Llodra, che si riscopre ancora competitivo a trentadue anni. Dopo una stagione costellata da sconfitte in serie che lo fanno sprofondare negli abissi delle classifiche, e il doppio come ancora di salvezza consolatoria. Innanzi ai tifosi di casa avanza, tra un guizzo e un ricamo, sempre con quello schema fisso, obsoleto ma ancora splendido del servizio seguito a rete. Anche nell’era dei compulsivi arrotamenti di palle e giunture, con bombarde che spesso gli ritornano nei piedi o sul gozzo mentre ancora prova a schizzare in avanti. Il tennista di serve&volley oggi è come un centometrista freddato dallo sparo dello starter. Ancor più ammirevole il francese vintage a prodigarsi in quell’arte dimenticata, e consapevolmente suicida. Il suo folle disegno merlettato, m’entusiasma. Pochi cazzi. Forse al canto del cigno, Michael s’issa fino alla semifinale. E per un’ora buona lotta alla pari con l’orrido vangatore Ferrer, sempre presente. “Con ‘sta pioggia e con ‘sto vento”, lui vanga. Incurante dell’orrore generato. Storia vecchia come il cucco, il confronto tra il bene e il male. Il lirismo insito nel tennis del francese, contro le orripilanze antiestetiche del volenteroso Ferrer. Il primo è numero 121 al mondo, il secondo numero 5. La bellezza di schemi d’attacco che sfioriscono mestamente, e bruta essenza di modernità clavatoria che sboccia come fiore di cemento. Vi sorprende che abbia vinto il primo in due set? Questo è il tennis, bellezza (immaginate la faccia di Formigoni, che lo dice), non è una commedia americana col lieto fine zuccheroso.
Parigi riesce ad inventare dal nulla i suoi eroi, crea spartiti folli, dipinge situazioni inattese e al limite della follia. Ecco allora che all’implacabile muratore iberico in finale si appaia un lungagnone polacco che supera i due metri, Jerzy Janowicz. Faccia da Marat il matto versione implume degli esordi, ciondolanti movenze di gigante timido che diventano sguardi da gaggio compiaciuto al suo angolo, appena dopo un punto pazzesco. L’effetto è irresistibile, da istrione in erba. Sbuca dal nulla, o quasi. Buon prospetto da junior, poi fino ai quasi 22 anni solo challenger e qualche capatina nei tornei major con scalpo di Gulbis a Wimbledon (per quanto il lettone sia ancora metro di giudizio). Passa con disinvoltura e l’incoscienza di un tennis spavaldo, dal challenger di Stettino in cui fatica ad arginare un ronzino iberico, alla finale di un Masters 1000. Tutto in una settimana di delirante disvelamento (“annunciazione-annunciazione”, gridava Troisi). Potere di Parigi, la vie en rose, la baguette e le acque lussureggianti della Senna scosse da una brezza di notturno venticello autunnale. E illuminate da luci commoventi.
Certo è che questo lungagnone polacco ha fatto cose folli. Passa le qualificazioni, si prende beffe di Kohli e Cilic. Gioca con sfrontatezza imbarazzante contro Murray. Ed è lì che avviene la deflagrazione e le divinità prendono i suoi duecentotre centimetri per mano. Stende il vincitore degli Us Open sciorinando colpi irriverenti: prima di servizio devastante, seconde diaboliche, dritti al fulmicotone, bei rovesci radenti e lungolinea. Bombarde, lampi e smorzate malate. Se ne contano 15, o 20. Probabilmente quante su un tappeto indoor non se ne vedevano da trent’anni. Col carico di provenire da quel grattacielo. Sgomento Murray, quasi irriso e col grugno disgustato nella rete. Vince Janowicz, ed il suo torneo (forse anche la carriera) si riveste di una luce nuova. Aura abbagliante.
“Nessuno può uccidermi, sono benedetto. Sono un fottuto cattolico”, sembra dirsi il gigante. E infatti dopo Murray mica si accontenta. Sorretto da un pubblico che lo elegge beniamino, continua a menare con quel tennis bizzarro, a tratti avvincente. Un mix che diverte anche per la sua estemporaneità. Mezzo tennista da nuova generazione da cacciabombardieri pivot, e molto naif proveniente dal passato, avvezzo a ricami e foglie morte in bianco e nero. Semovente e con picchi di tentacolari recuperi inattesi. Sostenuto dagli dei, adottato dai parigini, adorato dai polacchi, sostenuto da chi in questo tennis brama una qualsiasi novità che arricchisca il piatto a tratti più noioso di un comizio di Tabacci. Tutti con lui, affamati ed in crisi d’astinenza sa personaggi nuovo. Anche al costo di prendere un abbaglio e di considerare fenomeno chi potrebbe rivelarsi solo una meteora. Una, splendida, meteora che fa fuori come birilli anche Tipsarevic (ormai i ritiri a match già perso del filosofo-tamarro non fanno più notizia) e pupazzo pallettino Simon in semifinale. Sempre tra tuoni, lampi, saette e ricami. Concedendosi anche colpi in salto (come non bastasse), anacronistici drittoni in slice tentacolare dall’alto, facce d’antologia regalate all’estasiato allenatore che non crede alle sue fosche pupille. Fa bene al movimento intero, Jerzy. Parigi riesce nel miracolo, passando sopra alla programmazione ridicola a ridosso del Master, all’assenza dei big e coi semi-big a tranci, rendendolo una splendida fiaba d’altri tempi. O forse è solo l’inizio di una buonissima carriera. Il tempo è spesso galantuomo. Su questi lidi se ne sono presi tanti d’abbagli per cascare ancora ed accodarsi allo stuolo di neo veneratori del gigante polacco. Il tennis c’è, la personalità anche. Tanto basterebbe. Occorrerà vederlo altrove, quando le divinità e l’atmosfera di una plumbea e magica Parigi d’autunno non ci saranno più.
Quasi dimenticavo il contorno: la finale ha finito per vincerla Ferrer. Splendido nel suo orrore regolare. Simbolo lampante della bruttezza resistente a tutto Ridicolizzato dai tiranni, quando ci sono. Oscurato dalle favole di giganti polacchi, anche quando gli aguzzini non ci sono. Il tragico destino di un onestissimo lavoratore. Inarginabile per tutti, succube paggio con ciuffo da rottweiler dei primi quattro.
In coda, le giovani picchiatrici folli ceche hanno il sopravvento sulla coppia retrò d’inguardabili starlette diverse serbe. Pronostico rispettato. Non riesce nemmeno a vincere il “Masterino” bulgaro Caroline Wozniacki, battuta Nadia Petrova. Masterino d’importanza più o meno pari alla sagra delle olive giganti che si tiene a Sezze.

12 commenti:

  1. "Cedo alla violenza", disse Don Camillo a Peppone. E così sarà stato per Jerzy Janowicz, per Michel Llodra. D'altronde, che altro si può fare contro un bombardiere instancabile, indistruttibile che non molla mai ! ("Splendido nel suo orrore regolare".)
    In quanto a Murray, proprio non è riuscito a trovare il sistema per domare Janowicz. Ha tentato in vano di frenare l'esuberanza del giovanotto. La sua sconfitta era autentica, la sua delusione pure.

    Caro Picasso, ho letto con piacere il tuo resoconto di Bercy e mi complimento per la poesia che ci hai messo. Io però, nonostante tutto, continuo a coltivare la speranza che, in un avvenire non troppo lontano, la "bruttezza resistente a tutto" non la farà più da padrona, che lasci il posto alla classe (che non è acqua).
    Ti saluto cordialmente e ti auguro una buona settimana.
    Anna Marie


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    1. La poesia, ma di Parigi. In un avvenire...beh, la speranza è l'ultima a morire. Ma il tennis va in direzione completamente opposta al tennis di Llodra, per fare un esempio. Giocare come lui (e qualche altro) oggi è difficile, in futuro impossibile. E siccome nessun allenatore insegna ai ragazzi a giocare per perdere, difficilmente gli insegnerà il serve and volley o altro.
      Lo stesso Mirnyi spiegò come ormai sia una cosa controproducente da insegnare e nessuno lo fa più.
      Ci potrà essere il talento pazzesco che riesce a completarlo con mente d'acciaio e gran preparazione, ma siamo su eccezioni ad una regola ormai ovvia.
      Je ve salut Anna Marie.

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    2. Colgo la palla al balzo: chi vorrà vedere un giorno gente come Murray e Djokovic, possibilmente ancora più forti, prendersi a pallettate per 5-6 ore? Senza scomodare gli orrori estetici ancora maggiori come Monaco, Ferrer o Rafito. Li vedranno? Continueranno a vederli? Non si accorgeranno dell'orrido? Ci sono nati e dunque non capiranno la differenza tra loro e un Llodra o un Mahut senza scomodare Federer, Tsonga ecc?

      Quello che noto è che la parabola discendente è avvenuta ovunque: nel calcio il livello di gioco è sceso in modo pazzesco; eccezion fatta per un irripetibile Barcellona, nel giro di meno di 10 anni sono scomparsi completamente non solo i trequartisti e i fantasisti, ma anche i vecchi bomber; oggi tutti sanno fare un pò di tutto, corrono, si smazzano, nella loro discretezza; un pò come Nole, come Ferrer, come Rafa. Non hanno il colpo di genio, o se ce l'hanno (il dubbio dobbiamo sempre lasciarlo) non ne sono sedotti affatto, anzi lo reprimono con un gioco stucchevole e meccanico.
      Potrei dire lo stesso del basket NBA, dove sono scomparsi i playmaker, le shooting guard, i centri, sono rimaste una manica di armadi di 2mt e 10 PF che fanno un pò di tutto e che ovviamente, da guardare, sono un orrore.
      Ma non vorrei divagare.
      E in fin dei conti, da quando in qua (provocazione mode on) lo sport dev'essere arte?

      Klimt (nostalgia canaglia)

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    3. Ogni sport si evolve. Può piacere o meno, ma questo è. Vedi un match di Nastase e Laver, e pare di vedere la moviola.
      Nel tennis si va nelle direzione del fisico. Grandi atleti d'acciaio che (alla immancabile dote di base, tocca ammetterlo) abbinano resistenza e potenza che tende a raschiare la soglia dell'umano.
      Innegabile che in tutto questo il tocco di palla diviene un pregio, se non secondario, sicuramente destinato a soccombere.
      Avversari dei robot potrebbero essere i giganti (pare che il vecchio Bollettieri profetizzasse un futuro da tennis/basket stile Isner e nessuna possibilità per chi è sotto i due metri).
      Vedremo. Io spero d'esser già morto.
      Ciao Klimt (Albano). :)

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  2. Ciao Picasso, Becker ha dichiarato recentemente che a suo parere Federer difficilmente avrebbe battuto Borg e MacEnroe, utilizzando ovviamente le racchette di quell'epoca.
    So bene che questi paragoni sono tanto affascinanti quanto inutili, ma a me sembra che l'impiego di attrezzi non fantascientifici, come le attuali racchette, avrebbe esaltato ancor di più il talento dello svizzero.
    Credo insomma che con racchette di 30 e passa anni fa, Federer darebbe "scherzerebbe" tutti i top ten di oggi e se la sarebbe giocata tranquillamente (per usare un eufemismo) con Borg e Mac.
    Che ne pensi ?
    Un caro saluto.
    Enrico

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    1. Sono ipotesi affascinanti, forse proprio perché non vi sarà mai la prova del nove. Come stabilire chi è il più grande di tutti i tempi. Impossibile tenere conto delle diverse epoche e tutto il resto. Io mi affido all'emozione e dico Mecir, che uno slam mai l'ha vinto.
      Scherzi a parte, posso dire la mia (altri la loro, apro il dibattito ufficiale).
      Becker è simpatico. Ma visto il suo clamoroso abuso di luppolo tenderei a non dargli troppo credito. Federer con racchetta di legno non so se potesse battere McEnroe, Borg o Connors. Impossibile vedere gli atleti formidabili di ora, trent'anni fa quando la preparazione non aveva questo peso. Troppo diverso il tennis giocato con una racchetta di legno. Volendo azzardare che fosse anche preparato fisicamente come gli atleti di allora (non forsennata), dico di no. Allo stesso modo credo che se oggi si giocasse col rudere di legno, Federer avrebbe vinto 28 slam, e Djokovic, Nadal e Ferrer proprio non li vedrebbe. Troppo maggiore la sua sensibilità.
      Affascinanti queste teorie. E Becker che parla di materiali. Ma il suo tennis bum-bum, con una racchetta di legno forse non sarebbe mai esistito. E nulla avrebbe potuto contro Borg/McEnroe/Jimbo. Se non spaccare sei fusti a set. A questo proposito sono pienamente d'accordo su quello che invece disse Panatta: "McEnroe ed il vecchio tennis lo ha ammazzato Becker nel 1985".
      Il tennis antico è morto con un trapasso generazionale evidente nel 1985. Con l'avvento e predominanza dei nuovi materiali. Lendl (fino ad allora perdente sommo) si adattò alla perfezione grazie alla proverbiale meticosità da robot, diventando numero uno. Il tennis sempre più potente dei Becker prima esplose definitivamente. Poi la scuola americana del corri e spara di stampo Bollettieri e gli anticipi pazzeschi di Agassi (e i minori Courier etc..).
      Poco spazio per il talento naturale ed i bracci tennistici. Ci sono riusciti (e come) due grandissimi come Sampras e Federer che pur senza soffocare la tecnica hanno cavalcato la modernità.
      Ciao Enrico, grazie per il contributo (la notizia m'era sfuggita). Un saluto a te.

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  3. Ho letto anch'io l'ultima composizione di Boris Bumbum Becker. Ogni tanto ha diritto anche lui di farsi sentire, poveretto. L'ultima volta che l'ho sentito parlare era in un'intervista all'Oktoberfest di München (con il boccale di birra da un litrozzo in mano). Questa volta ha colto l'occasione del Masters dove è commentatore per SkySport. Francamente, trovo il suo discorso un po' inutile. Che paragoni vuoi fare tra sportivi di 20/30 annni fa e quelli di oggi ? Non è solo la tecnologia del materiale che ha fatto passi giganti ma anche le tecniche di allenamento. E poi c'è (ci dovrebbe essere) il talento.
    La penso come te, Picasso. Ci sono riusciti Sampras e Federer i quali senza soffocare la tecnica hanno saputo convertirsi alla modernità. A proposito di tecnica di allenamento, ho letto ieri su un quotidiano svizzero una delle rare interviste che Pierre Paganini concede: è lavoro serio e durissimo, quello che affronta Roger per tenersi pimpante.

    Je te salue aussi, mon cher Picasso et je te souhaite une agréable soirée. (Vale come prima lezione di "françois", hihihi)
    Anna Marie

    P.S. Hai visto oggi pomeriggio certi prodigi di Federer contro Tipsarevic ?

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    1. Sì, come ogni diacorso generazionale. Difficile dire chi è il più grande di tutti, o se questo avrebbe battuto quell'altro di quarant'anni prima. E' cambiato tutto. Questo ormai è altro sport. Dal punto di vista fisico, atletico, superfici, racchette, palline.
      Si può fare delle oggettive classifiche numeriche, a seconda di quanti titoli si sono vinti. Ma anche lì occorrerebbe tenere conto di altre variabili.
      Le statistiche sono fantastiche, se adeguatamente interpretate. E i paragoni tra atleti di diversa generazione, per quanto affascinanti, non possono essere assoluti ma condizionati da proprie sensazioni.
      Ciao Anna Marie (visto qualcosa del Master, per ora poche sorprese. Forse il solito Ferrer).

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    2. Il "volenteroso vangatore" David Ferrer ha dovuto soccombere alle furbizie del gioco di Federer che però non mi è parso in giornata 'yes we can'. Quanti errori ! Da tener conto che David Ferrer è indubbiamente un cliente difficile, unico nel suo genere. Corre dietro le palline come se fosse questione di vita o di morte e riesce a fare i punti. Come fa a non stancarsi mai, è un mistero. Il suo coach l'altro giorno in un'intervista ha detto che il buon David dopo queste partite massacranti inforca la bici per distendersi. Lo vedi pedalare nella campagna londinese ? Un fenomeno, quasi da baraccone !
      Ciao Picasso, passa un piacevole weekend. Noi abbiamo un impegno con il Masters (alla televisione). Che stress !
      Ti saluto cordialmente
      Anna Marie

      P.S. L'incommensurabile Fesso che non vince nemmeno a Ortisei è Seppi ?

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    3. Incommensurabilmente Fesso? Petzschner. Giù infatti rispondevo ad una domanda sulla sua eliminazione al primo turno ad Ortisei.
      Tutto si può dire,ma la stagione di Seppi non è certo stata catastrofica. Anzi. E ad Ortisei vince con un braccio solo.
      Buon w.end a te, salut.

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  4. Il nostro (grande fesso) si è reso appena protagonista dell'ennesima tragedia sportiva...si era presentato al challenger di ortisei per entrare nei 100 ed evitare le quali agli ao...morale: ha perso al primo turno da un qualificato numero 281 del mondo...che dire ancora pic?
    saluti, Ste

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    1. Già. Nemmeno ad Ortisei riesce a vincerne una. Oggettivamente una stagione ignobile. In doppio dopo due stagioni al Master e slam vinti, niente di che. Fuori dai cento anche in singolo, malgrado una finale raggiunta a 'S-Hertoghembosh. Senza quelle sarebbe fuori dai 150.
      Gli vanno concesse le attenuanti di infortuni in serie, e che mai ha giocato al meglio, però si conferma incommensurabilmente Fesso.
      Probabile che la prossima stagione sia l'ultima per provare a vincere un altro Atp. Se muoiono tutti gli altri. :)
      Ciao Ste, alla prossima.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.