.

.

sabato 19 gennaio 2013

AUSTRALIAN OPEN 2013 – LA CONQUISTA OCEANICA DI SEPPI





Day 6 – Dal vostro inviato in rocambolesca fuga assieme a Corona, stile Thelma e Louise (o scemo + scemo). Direzione: Messico e nuvole.



E’ notte inoltrata, quando rimango estasiato dalle gesta di Jamie Hampton, giovane americana che mette alla frusta niente meno che Victoria Azarenka. E’ uno spettacolo inatteso, con questa ragazzona dai lineamenti da cherokee dei film sugli indiani che sciorina un tennis fantastico, accelerazioni di dritto, smorzate, slice, gran servizi. Tutto così facile e gioioso, che la forzuta sirena squillante dall’altro lato pare mi appare finalmente la vecchia generazione del tennis, nel suo momento più buio.
Jamie, con una bella mascella volitiva da ferro da stiro inghiottito, vince il secondo. Vika non ci sta, torna quella di qualche anno fa, con crisi isteriche smadonnamenti da camionista bielorusso che scrive numeri nei bagni dell’autogrill, gote livide di rabbia, racchette sbattute in terra. Si becca i meritati “buuuu” del pubblico australiano, dopo quelli parigini, londinesi e newyorkesi. Spettacolo indegno e mortificante, per una numero uno. E per una (apparente) donna. La Rod Laver Arena diventa una bolgia terrificante, ogni punto dell’americanina è accolto da un boato stile Bombonera. Malgrado un infortunio alla schiena, servizio che può tirare a velocità Errani ed espressioni di dolore a ogni colpo, Jamie tiene anche nel set decisivo, perso con onore. Ma che bello vedere una ragazza che  esegue brillanti schemi geometrici, completi, esteticamente piacevole e con un comportamento impeccabile, senza inumane esultanze laceranti ed espressioni da reginetta sulla passerella. E’ finita male, ma tra qualche tempo la sfida potrà avere esito diverso. In definitiva, notevoli queste giovani ragazze yankee. Dalla Stephens che continua a macinare avversarie (ieri seccata con veemenza la Robson), alla Keys. Senza trascurare Vandeweghe, McHale e quella Oudin in crisi spirituale. Un paio d’anni fa qualcuno rideva quando in Fed Cup vennero a fare esperienza in Italia, contro le campionesse nostrane. “oltre alle Williams, il nulla” si diceva, tutti contenti. Pensavano al futuro e tra poco a ridere saranno loro. Mentre l’Italia per i prossimi anni s’affiderà ancora alle stesse o a Burnett e Giorgi.
Graziosa e sfarfalleggiante, cede anche l’ultima italiana in tabellone, Roberta Vinci. Scadutami a livello di macchietta neo paggia di Errani dopo la sceneggiata newyorkese, rimane comunque deliziosa da vedere. Perde un tirato match contro la più solida russa Vesnina. Si chiude in mattinata la splendida cavalcata della 42enne Kimiko Date, battuta dalla serba di nuova generazione Jovanovski, con un rovescio che pare congegnato da un tornellista ricoverato in un frenocomio. La piccola giapponese è però stata autentica e indiscussa protagonista della prima settimana.
E’ quasi l’alba, quando, dopo il match di Hampton vedo i primi games di Seppi-Cilic. Orrendi, ovviamente. Il bradipesco gigante sbaglia tutto e Andreas lo emula, come macchinetta ancora intorpidita, che deve carburare. Mai tisana fu più efficace, per conciliare un sonnellino ristoratore. Non aver visto, però, mi aiuta ad inventare. Il nostro indomito alfiere la porta a casa, e in cinque set. Roba da non credere, chiedendo numi a stelle sgomente. Si sapeva che con Cilic se la sarebbe giocata, ma un’altra maratona di cinque set, sotto il sole a strapiombo dell’estate australiana, è ai limiti del surreale. Lui, abituato a bagnare i piedi nel lago di Caldaro, appena tiepido, nel pieno della mite estate tra i monti. Andreas s’è trasformato in gladiatorio combattente, e neo top 20. Una risposta a tutte le malelingue, non certo a chi come me da sempre lo sostiene in qualità di presidente onoriario del fan club “Hop-Hop Seppi nostro - Stärke Helden, kämpfen!”, riconoscendone le indubbie qualità agonistiche e il tennis così spumeggiante che t'inebria la mente. Mentre dormi, placido. Ora per il tupamaro tirolese ecco in pasto Chardy, che ha sorprendentemente fatto fuori Del Potro (ancora deludente), per un quarto da arpionare in slancio emozionale. Proverà quindi a spiccare il volo contro Murray (che ha battuto il delizioso Berankis) da impigliare come una carpa morente nella diagonale rovescia (ah-sì), per poi giocarsela in semifinale con Federer. La rivincita parigina contro Djokovic è già nei suoi occhi iniettati di sangue e vendetta.
Ultimo ma tutt’altro che ultimo, Federer. Lo spauracchio Tomic che tanto afflizionava i pensieri dei suoi supporters, s’è rivelato una minaccia fatua. Immaturo e ancora acerbo per le altissime platee, l’australiano. Ha vent’anni in fondo, ed una personalità forte, a tratti eccessiva, ma deve mangiarne ancora di focaccia genovese. Severa lezione impartitagli dal monarca, cui basta sciorinare un terzo del suo campionario per ridurlo in cesta. E la spocchia pre-match (comunque da preferire alla rassegnazione) di Bernard si trasforma in ammirazione da scolaretto. Già scritto, già visto. Negli ottavi, per lo svizzero, ci sarà Raonic: meno impunito, ma più insidioso del tanto temuto Tomic.
Mentre scrivo si stanno scarnificando Monfils e Simon. Tra infortuni inventati e veri, zoppie, crisi respiratorie, orridi scambi pallettari. Barellieri, stop medici, infermieri a bordo campo pronti a balzare nell’ambulanza, e sinistri uomini in nero: tumulatori professionali nel cimitero dei campioni alle spalle del campo. Vince Simon, esequie alle ore 17,00. La Francia tennistica non è però (vivaiddio) solo questa, ma anche Gasquet-Tsonga che si appaiano agli ottavi.

2 commenti:

  1. a tumulatori professionali ho ribaltato lo schermo...un saluto, ste.
    p.s.doppio post, questo aus open ti sta spremendo per bene eh...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, nello scrivere queste quattro cazzate, sono stremato e consunto, come Simon e Monfils prima d'essere tumulato, nella cerimonia post-match.

      Elimina


Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.