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lunedì 9 dicembre 2013

MCENROE IL ROTTAMATORE








Sta diventando ormai un mistico burlesque di fine anno, lo «Statoil Master» dell'Atp Champions Tour, nel mitologico scenario della Royal Albert Hall, la cui finale questa volta cade nella domenica d'Immacolata concezione. Un caso, per carità. E altrettanto casuale è la concomitanza con le primarie Pd. Malgrado gli acciacchi tipici della senilità e conati di vomito per la sbronza della sera prima, organizzo la mattinata: Santissima Messa (arrivo in ritardo e rinuncio, ma la volontà c'era. Ripiego per il bar: tre birre gelate in mezz'ora) e fila all'addiaccio per votare alle primarie Pd, ripetendomi come un mantra sciamanico: immagina di stare dall'altra parte e dover scegliere in primarie immaginifiche tra Silvio, Berlusconi e Abbelluscone. O ancora d'essere un fanculizzatore e ti chiamassero a votare uno tra Beppe, Peppe e Grillo. No, e allora eccomi lì, indefesso. Attento a non appostarmi su un tetto con una carabina di precisione per fare una strage dei banali qualunquisti della domenica, lanciatisi in struggenti latrati, tra i «din-don-dan» natalizi: «Renzi è come Abberluscono, è di destraaa-aaa (eco)», «Parla parla ma non ha contenuti è gnentologgia-aaa (altro eco)». Santo cielo. Ma santissimo.
Appena in tempo per scaldarmi al caminetto, piazzandomi davanti alla tv per la finale del Master e il clima di catarsi mi fa evitare gesti inconsulti.
Sinfonia di musica e tennis, tra vecchi campioni che ancora accordano violini e racchette, sbevazzando champagnini, birrette e colpi ormai in disuso tra i moderni eroi nerboruti. Sorteggio malvagio per l'eroe delle ultime edizioni, John McEnroe, classe '59: i «giovanotti» Sergi Bruguera e Wayne Ferrera, entrambi classe '71, mentre i vegliardi Bates, Wilander, Leconte finiscono nell'altro. Vuoi vedere che la «longa manus» è arrivata anche qui? Supermac poco se ne cura, stende Ferreira in due set, guizzando come vecchio rapace che accarezza l'aria
Esperienza sensoriale, mistica, divina, ultraterrena, scatarrante, il genio che non invecchia. Cose belle da sentire, e basta. Il genio invece invecchia, ingrigisce, appassisce. Al limite lo fa bene. O diventa altro. Lento, incapace di sprigionare quattro ore di tennis ispirato. Resta il braccio, ugualmente straordinario e due o tre parabole goduriose in due set. A chi si lagna, inconsolabile, di Federer numero 6 do appuntamento tra vent'anni, quando ultra cinquantenne sciorinerà magici colpi mettendo in riga i giovani quarantenni Kyrgios o Quinzi.
Sale in cattedra Supermac, mentre attorno a lui gettano le spugna i più giovani Edberg (sciatica), Philippoussis (gotta), «maghetto» Santoro (femore), Bates (cataratta). E sdottora anche fuori dal campo, tra tweet a Federer proponendosi come consulente d'arte (?), alla commemorazione di Mandela, fino alla cruda, crudele, ma lucida considerazione sul doppio, i cui attuali dominatori non vincerebbero due giochi contro il numero 100. Con buona pace dei Bryan's-Righeira. Meglio abolirlo, dando quei soldi a chi è fuori dai 200. Giusto, sacrosanto. Atto d'amore-odio di chi pure ha vinto nove slam quand'era giocato ancora dai top players e che a 47 anni era tornato a giocarlo (e vincere, ma questo è superfluo, assieme a Bjorkman) provando a salvarlo. Ridda d'invettive e critiche, più di quelle suscitate dalla nobile considerazione di un attuale numero uno per giustificare una connazionale dopata «nel doppio non serve doparsi». Amen. «Bocca mia taci», che sull'argomento ci sarebbe da scrivere un tomo. Di letame radioattivo.
Incontro simbolo del torneo quello contro il due volte vincitore del Roland Garros, Bruguera,


Iberico dal ghigno di faina, ancora in età da circuito maggiore (doppio via, in coppia con Nestor o Paes) e neo allenatore del «senza famiglia» Gasquet (i più vividi, fervidi, auguri: ne ha bisogno). Così tanta differenza generazionale, che i due non fecero nemmeno in tempo ad affrontarsi nei tornei Atp. Match divertente e intenso. Tirato. L'iberico rantola come un montone, tira dirittoni agricoli, bombe di servizio e rovescio quasi crudeli. Il geniaccio argentato perde il primo ma resiste, affetta palline, ricama, azzanna la rete con la dentiera semovente, si prende il secondo set e cede solo in volata, nel super tie-break, ma la finale è ugualmente in cascina per differenza set.
Ancora finale, la terza consecutiva, opposto a lui Mats Wilander, già schiantato lo scorso anno. Lo svedese, smilzo e in discreta forma (noioso quanto Cuperlo che arringa la folla, ma comunque meglio rispetto a quando ammorba in «Game, set e Mats») mette in campo tutto il suo proverbiale pallettarismo intelligente, ma non può certo bastare contro Johnny: fiondate di servizio, dritto con racchetta magicamente resa un tutt'uno flessuoso col braccio, rovesci radenti come lama di rasoio. Delira, entusiasma, rottama il doppio e vince.
Spettacolo nello spettacolo il tormentoso rapporto con l'occhio di falco: non ne becca mezzo. Li chiama in modo insensato. Mica quando pensa di aver ragione o ha visto la palla sulla riga, ma dopo aver tirato un colpo così bello che sarebbe un delitto chiamarlo fuori. Un oltraggio E chiede conferma, ausilio alla moviola. E s'incazza se nemmeno quella rispetta la geniale pennellata, spostando la riga. Inconcepibile. Quando poi gli chiamano fuori un colpo ben dentro la riga, ma interlocutorio, nemmeno lo chiama. I geni sono così.


2 commenti:

  1. crepuscolo di semidei claudicanti.
    non so come valutare. forse dovrebbero fermarsi per preservare l'immagine epica. oppure per non mostrare la grazia appassire.
    cosa ne pensi? mm

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    1. Cosa ne penso è scritto sopra. Se in 5 (6mila) battute non è chiaro, dovrei farmi due domande sulla mia efficacia. :)
      Crepuscolo. Semidei. Claudicanti.
      Nessuno dei tre sostantivi/aggettivi, per me, c'entra molto.
      Non stiamo cianciando di Federer (sempre lì finite, ce lo so, ce lo so, vi vedo), Nadal o Nalbandian.
      Ma di un anziano signore che ha smesso 21 anni fa. Ogni tanto gioca splendide esibizioni. E basta lì. Non certo quattro ore di serve & volley, ma un'oretta e mezza in cui fa tre o quattro magie. Che mi divertono più di sette ore di Nadal-Djokovic.
      Di crepuscolo bisognava parlare nel '92. Semidei, tranne le inutili favole letterarie, non esistono. Claudicanti per niente proprio. A 54 molti vorrebbero claudicare come lui.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.