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venerdì 27 giugno 2014

WIMBLEDON 2014: RIUSCIRA' CAMILA GIORGI AD AMMAZZARE IL TENNIS?







Giornate febbrili, patriotticamente avvincenti come un rutto di birra che squarcia il silenzio di un'afosa notte di fine giugno. «Gramellinesche» riflessioni post Mundial imperversano su giornalacci sado-tragi-porno, da cui ancora stento a riprendermi: «Italia Immobile», dal nome dell'umile attaccante sacrificato per far spazio al viziato bimbominchia Balotelli, emblema di un paese (immobile, per lo appunto). Cristo santissimo. Ovviamente un bel pezzo sull'Italia multicolore che cambia, alla faccia dei Salvini, ce l'aveva pronto in caso di Balotelli protagonista, ma il lazzarone ci ha fatto battere solo la perfida Albione.
Orbene, seguendo lo fulgido esempio (per i nazi grammar dal cazzo piccolo, è licenza) del Gramellini, mi era venuta una riflessione simile stamattina sulla tazza del cesso, dall'ammiccante titolo «Brunetta, piccola Italia». Pinzellacchere a parte, i primi turni all'All England Club segnano un'inversione di tendenza per il tennis italiano: uomini in discreto spolvero, donne in crisi (nessuna nostra rappresentante al terzo turno).
Di Fognini si sapeva: tabellone da challenger medio (omino del subbuteo Kuznetsov e tal Puetz), che ha provato a rendere a suo modo interessante con trovate da cabarettista. Ormai ne hanno tutti le balle piene e lo multano anche se si soffia il naso, ma lui si diverte ad essere trasgresssivisssimo. Bolelli: sconfitto nelle qualificazioni, ripescato, primo turno col flagello di Dio Ito, secondo contro il Kohli con la sciatica. Paolo Fox lo aveva letto nelle stelle: «vedo in Orione un culo clamoroso». Match surreale, tedesco infortunato e fermo. Nostro sanissimo, ma fermo: confronto equilibrato che Bolelli fa suo al quinto, di tigna.
Tutte già a casa le ragazze. Cede anche Camila Giorgi su cui si riversavano le maggiori aspettative di esperti e piccoli fans invasati («i camilers»).
Per mia sventura, riesco a carpire gli ultimi giochi del suo match-sciagura contro Alison Riske, biondina yankee dai buoni fondamentali, ma niente di che. Lo spettacolo è il solito, a metà tra l'horror splatter e la fantascienza, non senza venature di riflessioni esistenzialiste sul mondo, la razionalità di due neuroni che ballano il tip tap e la mutevole prospettiva della vita dopo una pugnetta. Lo ripeterò allo sfinimento come questa ragazza mi faccia molta simpatia e tenerezza, e al tempo stesso incuriosisca: perché proprio vuoi capire se davvero pensa (verbo forte) di poter giocare e vincere sempre a quel modo folle, che non ha un senso e (voglia il cielo) eguali nel circuito. In sovraimpressione dovrebbero salvaguardare i bambini scrivendo «Don't try this at home».
La vedi, compita, timida e merlettata, e capisci che non c'è verso. Un gelido automa, frenetico, impaziente di posizionarsi al poligono e sparare. Incapace di trasmettere emozioni. Ohi stronzo, e Edberg? E Federer? Ok, ma in loro c'è la leggiadria dei colpi a rendere tutto armonicamente credibile. Qualsiasi discorso tecnico è inutile, nessun vaniloquio su palle intermedie, cambi di ritmo, in mona quella vile idea di un recupero in slice per prendere campo. Chi ha progettato «Chuky bambola sparapalline» (Giochi Preziosi Sergio Giorgi) concepisce solo una filosofia: colpire quella stronza di pallina nel cuore, sempre. «Non sono mica una pallettara», disse. E valle a dare torto. Picchiare forte e non pensare, la coraggiosa scelta di chi ha paura. Lei è avvantaggiata, perché proprio non le hanno insegnato altro.
Personaggio che mi spaventa e affascina, perché è un'eretica, ebbra di furia iconoclasta e sgozzatrice di credenze centenarie, che i tradizionalisti vorrebbero mettere al rogo. Che poi, chi le ha scritte queste regole? siamo così sicuri che i soloni del passato ne sappiano di più del babbo-domatore Sergio? Questo ha i capelli di Valderrama e sembra un ultrà del Boca Junior, ma quasi zimbella fior di allenatori da slam che avevano espresso dubbi sul tennis estremo della sua creatura. E' uno scienziato della balistica coi contro fiocchi. E pazienza se a una Flipkens basti tirare uno slice basso per mandarla in tilt. Picchiando senza rotazioni una pallina che rimbalza trenta centimetri, quella finisce sui teloni. Lo sa un liceale che studia fisica, lo sapevo io a sei anni. Lei no, perché mica deve pensare. Non serve, non è stata mica progettata per quello. La sua missione santa è sparare tutto e vincere e distruggere ogni cosa, tennis compreso.
«Ho perso perché oggi sono stata troppo lenta» dice, disarmante. Mica perché il suo tennis è un tiro alla quaglia. Perdi? Fai 30 errori in un'ora? E' perché sei lenta. La prossima volta, con più velocità, andrà meglio. E allora è lampante: la creatura è talmente presa dal progetto folle, da essere completamente inconsapevole di se stessa e del mondo esterno.
E', a suo modo, unica. L'unicità non è certo un demerito, anzi. Qui però sembra pazzia. Ma perché (ormai mi faccio domande e risposte), i grandi geni visionari, all'inizio, non erano considerati pazzi? Può darsi. Allora specifico: sembra demenza. Perché un metro dentro il campo sulla buona prima dell'avversaria con l'idea di sparare risposte vincenti, somiglia a cocciuta demenza. Ossessionante ricerca di una presunta perfezione di sparo contraria alle logiche del mondo. Non escludo che la ragazza marchigiana (e il suo inventore) siano precursori di un nuovo sport che si rifà al tennis (alla lontana), con contaminazioni di cricket, bungee jumping e il tiro al piattello, con cui dominerà le scene. Merita una possibilità. Non siamo però di fronte all'Agassi che col suo anticipo da flipper cambiò (sul serio) il tennis, ma a qualcosa di più estremo e (apparentemente) irrealizzabile con strumenti attuali.
Si potrebbe discutere all'infinito dei meriti e demeriti del padre allenatore-domatore e quanto ormai (a 23 anni) sarebbe utile o solo dannoso cambiare il suo tennis. Il rischio di mandarla in confusione sarebbe concreto, e l'esempio Marion Bartoli è calzante (ok, i tecnici obietteranno: ma quella era racchia!). La francese, senza il padre-padrone-creatore, finì per smarrirsi. O ci si potrebbe domandare se con un gioco appena più pensato avrebbe avuto altra carriera o non sarebbe entrata nemmeno nelle duecento. E chi lo sa.
L'unica certezza è che Camila resterà così, nella sua utopia romantica e vagamente demenziale «di cambiare il tennis, prima che il tennis cambi me», parafrasando una canzone di merda.
Provo a immaginare, se davvero diventasse una top 5, frotte di allenatori che insegnano ai ragazzini il suo nuovo sport, e un po' l'idea mi fa gelare il sangue nelle vene.


10 commenti:

  1. Ragazza graziosa, Camila Giorgi. Fossi in lei però mi libererei al più presto da quel padre pallone gonfiato. Sarebbe ancora in tempo, perché dubito che, in caso di non riuscita tennistica, avrebbe le capacità di creare scarpe e gioielli come la signorina Bartoli (che ha pur sempre vinto uno slam), cioè crearsi una vita indipendente. A meno ché il papi, al momento opportuno, le procurerà anche il marito con il portafoglio largo.
    Fognini, un fenomeno incommensurabile! Riuscire ad accumulare 27,500 dollaroni di multa nel primo turno non è da tutti. Del genere, io pago, faccio quello che voglio. Poi, magari un giorno di questi una qualche TV lo manderà sull'Isola dei F....itusu e non avrà più bisogno di esibirsi sui campi da tennis.
    Ciao Picasso, buona giornata
    Anna Marie

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    1. Carriera da fuori dal tennis, non saprei. Per ora, a differenza di molte sue colleghe da pubblicità, sembra molto focalizzata sul tennis. Tennis, va beh, su quella roba lì.
      Fognini. Ormai non gliene fanno passare una, ma pure lui...io suoi non sembrano scatti d'ira ma sfoghi premeditati, evitabilissimi. Però alla fine i soldi sono suoi, e se vuole fare beneficenza alla Federazione internazionale, libero di farlo. Magari con qui soldi comprano dei cronometri di precisione per gli arbitri, per far applicare la regola dei 20 secondi.
      Ciao Anna Marie

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  2. Ciao Picasso,
    hai ragione su tutto, punto, chi ammira il suo "gioco", e ce ne sono, non sa quello che fa, o per lo meno lo sa nella stessa misura in cui lo sa Camila. Da parte mi posso solo dire che ieri, armato di non so quale strana e inspiegabile speranza che ammetto ogni tanto mi prende quando deve iniziare una sua partita, mi sono piazzato sul divano con la mia bella sigaretta fumata nei tre game iniziali di ogni set (così il rischio che finiscano i game prima della sigaretta diminuisce): sul 4 pari ho cambiato canale, non potevo più guardare, mi annoiavo a morte. tutto qui, è noiosa da vedere, per quanto mi riguarda, al di là che sia forte o meno, potenzialmente o meno, io mi annoio, ed non ci casco più, mi annoierò con qualcun altro la prossima volta
    Giuseppe

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    1. Quel tennis non lascia alternative, tecniche o tattiche. Sai già come finirà: o fa il punto bucando il terreno, o sfonda i teloni. Quindi, la noia è una delle opzioni possibili. Assieme al sonno, appena disturbato dai suoni tremebondi della pallina picchiata. Ciao Giuseppe

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  3. Sei completamente fuori, ma nel senso buono del termine :-))

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    1. Fuori come un balcone. Ne sono consapevole. Anche in senso negativo, non preoccuparti. :)

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  4. Ciao Picasso non ti allarma il cammino fatto sino ad ora da Rafito? Classico primo set perso, classica reazione animalesca e vittoria in scioltezza , tutto già visto e rivisto in molti slam alla fine vincenti, come è che avevi scritto in precedente articolo ? Se va avanti dovranno affrontarlo con l'elmetto? Fossi in chi vuole vincere questo Wimbledon inizierei ad attrazzarmi...pioggia permettendo mi gustero' un allucinante Ivanovic Lisicki....ciao Ste

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    1. Erba tutt'altro che veloce (eufemismo, vederlo recuperare quattro bombe terrificanti di Rosol, quando nel 2012 alla prima il ceco faceva punto, dà l'idea della differenza di velocità rispetto agli ultimi due anni), sabbia a fondo campo su cui può scivolare in recupero, allenamenti agonistici nei primi turni. Bah, se vince non lo so, ma dirà la sua sicuramente. E per batterlo ci vogliono elmetto e pure altro.
      Ciao Ste

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  5. Devo dire, pur non essendo mai stato un tifoso degli italiani in quanto tali in questi anni ho apprezzato molto il tennis femminile italiano, capace di produrre giocatrici di buon livello con un gioco spesso vario e intelligente, su tutte secondo me Schiavone e Vinci, ma anche la stessa Pennetta, pur con schemi più lineari ha sempre avuto buona tecnica, le varie Oprandi, Brianti e Garbin erano sempre divertenti da vedere anche se sono sempre rimaste ai margini del tennis che conta, e perfino la Errani tra un arrotone e l'altro qualche smorzata o attacco in controtempo lo piazza. Il fatto che la Giorgi con la sua distopia tennistica lobotomizzata venga elogiata come una ventata d'aria fresca che rompe gli schemi del tennis italiano mi sembra veramente un'aberrazione. Ciò che mi preoccupa è che per grippare i suoi non-schemi servono giocatrici capaci di usare il back e variare il gioco, e se ne trovano sempre meno. Contro avversarie che accettano una sfida a colpi di bazooka a bruciapelo può sempre essere pericolosa.

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    1. Sì, l'italia ha tradizionalmente sempre avuto tenniste o terraoile/pallettare o estrose e tecnicamente dotate. Non ha mai avuto una picchiatrice vera. Ora c'è questa (non dimentichiamo: di padre argentino, formatasi negli Usa), che però va anche oltre la definizione di picchiatrice. Non rompe solo gli schemi del tennis italiano, ma del tennis mondiale. Vediamo se ce la farà a dare continuità e precisione al suo nuovo sport.
      Ho citato Flipkens, o chi per lei, capace di mandarla in tilt con le sue variazioni. Se invece la mettono in palla e se in giornata, può vincere. O perdere. Monetina. Non fa nemmeno troppa differenza battere o perdere contro una top ten come Azarenka o Sharapova, o da una numero 300.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.