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domenica 10 maggio 2015

INTERNAZIONALI D'ITALIA 2015 - La favola di Pollicino





Diario di bordo, da una canoa sul Tevere



Un caldo bestia della Madonna ci accoglie al Foro super blindato con tornelli e controlli, per evitare infiltrazioni talebane e di grillini al grido "Le-ga-li-tà".
Subito mi imbatto in un duo romantico-vintage, che trasuda ormoni erculei e voglia di divertirsi ancora da ogni muscolo: Schiavone-Stosur sulla Pallacorda. 
Vorrei chiedere qualcosa, ma temo mi rispondano con un rutto, in canna dal 2010. A proposito di coppie di fatto, struggente nostalgia per l'idilliaco legame in frantumi tra Vinci e Errani, una volta tutti assieme: loro due, allenatori, parenti, bambini garruli. Ora la romagnola si allena con Bouchard (che si produce in qualche fuoricampo sbalorditivo). Alla faccia delle scelte tecniche, tra le due italiane sono volati stracci dopo il vergognoso doppio di Fed Cup, con tutta la ragione (e di più) dalla parte di Robertina. Ma, come nell'ex URSS, non si può dire. Dopo la separazione tra Albano e Romina, questa sarebbe troppo.
Eccoci al tennis. Il trullo volante di Alberobello Fabbiano, ridimensiona il teenager russo Rublev e si qualifica per il tabellone principale. Un mediterraneo soldo di cacio piccolo e scuro, di mezza età e con maglia di tre misure più grandi, batte senza attenuanti il giovanissimo gigante russo destinato a grandi platee. Si capisce subito che l'italiano può farcela: ben dentro il campo e con grandi anticipi, batte un russo forse già convinto di avere il match in saccoccia. Ha gran carattere, per essere un '97. Il paradosso è che si trasformi in mancanza di umiltè, malgrado sia un '97. 
Poi, aspettando Dolgopolov ci si deve sorbire l'interminabile Dulgheru-Tsurenko che non vogliono saperne di liberare il campo. Qualcuno (io), potendo, le sparerebbe con una carabina di precisione. Altri sventurati si suicidano gettandosi dalla piattaforma nella piscina olimpionica. Vuota. Per fortuna che di fronte ci allieta la Signora Pina Fantozzi Niculescu, coi suoi agricoli diritti in back. "Fa così schifo che io je la regalerebbe a mi socera", dice un genio.
Una cosa è certa: tutte le partite femminili intraviste, rasentano la turtura indocinese.
L'ucraino butterato non delude, disintegrando il mollusco Del Bonis (ufficiale, il più brutto a vedersi. Di sempre).
Poi a zonzo. La cinghialona Kerber si allena con Kas, primo storico compagno di doppio del fesso Petzschner (una prece). Kyrgios fa spavento anche in allenamento blando con Tomic, che ha solo voglia di una serata tunz-tunz. Bestiale. 
Vedo Luca Vanni con commovente seguito familiare. Poi Gaio, bel torello di media stazza, con faccia da attore porno. Entrambi potranno dire di aver giocato il primo turno a Roma. Vincere era oggettivamente troppo. L'impresa vera la fa Donati battendo Giraldo. Ovviamente non l'ho vista ma il ragazzo, malgrado un fisico da liceale, sembra il più completo dei giovani italiani. Per chiudere con grand'Italia, Arnaboldi vince il derby con Napolitano e approda nel main draw. Non è mai troppo tardi (Lorenzi docet) e poi il lombardo gioca in modo delizioso. Qui sento la migliore di giornata. Forse un grillino in vena d'irresistibile umorismo, si supera: "Chi è sto Napolitano? Un raccomandato parente di Re Giorgio? Kasta!1!!". Arrendiamoci, siamo circondati. 
In tempo per vedere Paire che deambula svogliato sul numero uno. Lento, poco ispirato, sempre in ritardo sulla palla. Basta la prova regolare di un altro Pollicino, l'argentino terraiolo Scwhartzmann, a farlo fuori, malgrado il commovente sostegno di un manipolo di fans (forse evasi notte tempo da un manicomio navale).
Mentre ce ne andiamo, sento immotivati "Tomaz, Tomaz!" riferiti al mandriano Bellucci. E non capisco quale droga aleggi sul campo numero 3. Oddio, ci sarebbe anche Ernesto Gulbis, ma non voglio farmi altro male. E poi sento una voce perentoria che sembra uscita da "Borotalco": "Daje Enzo, che me sto a coce!".

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.