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domenica 16 luglio 2017

WIMBLEDON 2017 DAY 13 - L'OTTAVA MERAVIGLIA DI FEDERER



Il giorno più atteso. Cielo di cemento. I due gladiatori entrano nel Tempio del Centre Court, un po' Colosseo, molto Cappella Sistina british. Gridolini ettrizzati delle composte dame sul centre court. Ceppi con cappellini di paglia inforcano occhiali binocolari. Vecchie cariatidi del passato, da Laver a Chris Evert, Edberg e Annette, inquadrate sugli spalti, ostentano gommose facce da party mondano retrò. William e consorte nel palchetto reale scorreggiano silenziosamente. E Homer Bum Bum Becker ebbro di birra, tra un rutto e l'altro, ci presenta il match per la Bbc che (fatale errore) ha deciso di pagarlo in birra e domani dichiarerà fallimento.
Il bimbo Luca getta la monetina. Roger in tenuta di bianco più bianco che il Dash non puote, nasconde la tensione dietro gesti flemmatici e un sorriso di finta serenità. Mirka, con coppie di gemelli, è la più tesa di tutti. Cilic pare lì per caso, vittima sacrificale già a partire dalla standind ovation riservata alla leggenda che entra nell'arena. "Cosa ci faccio qui?", si ripete guardandosi attorno con la faccia di bambinone solcata da orrende sopracciglia unite. Prova a scovare sulle tribune i due eroici, svitati, supporter croati con tanto di maglia a scacchi. È un utilmente inutile intralcio alla storia, il povero pastore di Medjugorie. E lo sa bene.
Anche l'inizio lascia trasparire una qual certa tensione. Federer balbetta nei primi turno di battuta, salva anche una palla break, poi scioglie il braccio e strappa la battuta al croato. Boato. 3-2 e match finito.
Da lì è solo esibizione. Sontuosamente scenica ostentazione di grandezza. Una maestosa dimostrazione a favore del mondo. Federer danza, fluttua magico, veloce e rapace. La magia nasce dal contrasto tra quella leggerezza di ballerino e la velocità siderale delle saette che schizzano via dalle corde.
Un dritto in controbalzo, balzetti in punta di piedi velocissimi, e smorzata improvvisa di rovescio scavata dalla pancia, che va a morire esangue appena varcata la rete.
È in tranquillità e totale rilassamento, Sua Divinità Immortale. Condizioni ideali per esprimere tutta la sua arte. Nessun eretico cannibale dall'altra parte, convintosi di poter arginare il Dio, ma il mite Marin, smarrito fino a fare tenerezza. Perfetto per quello che il Divino ama di più, la marcia isolata, in fuga dall'inizio, senza doversi abbassare nella pugna, inzaccherarsi la candida divisa in un testa a testa cruento. Aborro. Lo vedi non solo dal servizio e dritto devastanti, rapidità e condizione atletica straripante, ma anche da un rovescio quasi intimidatorio, giocato in modo sicuro, senza ritirare il braccio santo, grazie al quale strappa ancora il servizio all'avverasario per chiudere il primo set 6-3.
Cilic contina a fare il suo, ma il match è già finito dopo tre giochi. Forse lo era già nel tunnel d'ingresso. Nella sala d'attesa, magari. Pesta palline con velocità di bradipo, mentre l'altro, a dispetto dei sette anni di differenza, guizza come un luccio argentato. Spera in qualcosa, Marin. Che magari dal cielo grigio come l'acciaio inizi a cadere la pioggia. Che dal cielo scendano petali magici o un qualche aiuto umanitario. Ma nemmeno quelli potrebbero salvarlo dal tristo destino. Sul centrale continuano a piovere invece missili quasi invisibili ad occhio umano. Chi per la prima volta vede Federer ispirato è spinto a chiedersi da quale galassia sia sbucato quel figuro dal volto assente scocca dardi violenti con altrettanta, impressionante, grazia. In sourplace. Chi sia quell'incrocio tra Nureyev e Cassius Clay, intento a schiantare il malcapitato sparring,  invitato lì solo per rendere la grandezza dell'attore protagonista ancor più maestosa, quasi sulle note della quinta di Beethoven. Che invece è l'ottava di Federer.
6-3 6-1 sottolineato da gridolini quai preoccupati. Per la salute di Cilic e perché lo spettacolo non finisca subito. Qualcuno, mosso a compassione, riserva al croato dei battimani d'incoraggiamento. Tanto da spingerlo a opporre una qualche resistenza. Interrompere in qualche modo la cavalcata delle valchirie elvetica. Anche un medical time out va bene.
Ok, lo scafato spettatore che ha visto in diretta o cassetta i primi due set di McEnroe-Lendl a Parigi 1984, non si fiderà ancora. Tutto può succedere nello sport del Demonio. Ma Cilic non è Lendl, Federer non è Supermac.
Solo una parvenza di equilibrio a inizio del terzo, con pugnetti d'incoraggiamento di un Cilic sul patibolo, tanto comici quanto teneri, prima che l'altro non lo infilzi col break decisivo anche nel quarto. Federer ora piazza un servizio da marchio di fabbrica e lancia un urlo d'incoraggiamento che uno si aspetterebbe sul 5-5 al quinto. Invece siamo 6-3 6-1 4-3 30-15. E l'altro aveva osato vincere un periglioso quindici. È la sua particolare forma di agonismo da cannibale, intento a suonare una sinfonia devastante. O semplicemente per non assopirsi.
Uno straordinario, brevissimo, scorcio di sole illumina il centrale mentre Federer si appresta a servire per il match. Nessun sussulto, tremore, figurarsi, per andare ad acchiapparsi l'ottava meraviglia e la storia. Un'altra.

2 commenti:

  1. Ancora non riesco a capire esattamente le sensazioni di questo Wimbledon: gli Australian Open sono stato un delirio, il vero film americano pieno di pathos, di sofferenza, di guerra, il nemico storico sconfitto senza mai ritrarre il braccio, quel punto sul 4-3 del quinto che lo portava a palla break, il brivido finale. Era proprio un kolossal dove ognuno recita alla perfezione la sua parte. Indian Wells e Miami avevano impreziosito il tutto con tanto di finale bis con Rafa e pugne incredibile con vecchi (Berdych) e nuovi (Kyrgios).

    La partita con Zverev ad Halle è stata un pò la svolta nella mia visione di questo Wimbledon: avevo seguito Roger per tutta la settimana tedesca e mi era sembrato sciatto e impreciso, poi in quei 51 minuti si era capito ancora l'abisso, l'insondabile abisso che ancora separa il suo tennis da (quasi) tutti gli altri; e ho affrontato Wimbledon con ulteriore serenità guardandolo provare colpi con Lajovic, Zverev, ischerzare Raonic e un ottimo Berdych.

    Curioso di capire come procederà il resto della stagione, l'impressione è che ad un invidiabile forma fisica sia sopraggiunta una serenità mentale che, combinate con l'infinità qualità e quantità di colpi a sua disposizione, lo rendano quasi imbattibile; ovviamente se non c'è un Donskoy ispirato o un Tommy Haas in vena di grazia!!

    Ciao Picasso
    Klimt

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    1. Concordo, credo che Melbourne e Londra siano stati due fenomeni diversi. Non ci piove che in Australia dal punto di vista agonistico e simbolico, sia stato un torneo più emozionante. Battere il giovane rampante, Wawrinka e Nadal in rimonta, dimostrazione di forza e agonismo (e spesso era ne era rimasto invischiato).
      A Wimbledon è stata una dimostrazione di forza e superiorità spaventose, più in Federer style da sinfonia solitaria. Raonic, Cilic, Dimitrov annichiliti erano quanto di meglio ci fosse in giro, li ha resi lui dei figuranti. Gli altri, quelli che componevano il fab four o five, rotti o scoppiati.
      Il resto della stagione non so. Certo che con questa condizione fisica e serenità mentale, può essere tutto in discesa.
      Ciao Klimt, alla prossima

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.