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lunedì 29 gennaio 2018

PAGELLONE AUSTRALIAN OPEN 2018 - FEDERER FA VENTI, WOZNIACKI PIGLIA TUTTO



Donne

Wozniacki-Halep: bromuro per cavalli. "Finale epica, emozionante, thrilling". Certo, manco Hitchcock in coma irreversibile. Arrivano in finale dopo rocambolesche battaglie da Benny Hill Show. Entrambe regolariste ("pallettare" suona offensivo, dicono), entrambe perdenti supreme, stavolta si ritrovano in finale e una deve vincere per forza, anche se il rischio che vincesse un'occhialuta raccattapalle taiwanese dodicenne o un koala che dorme è concreto. Halep spinge più dentro il campo, Wozniacki trotta e rema come un'ossessa. La spunta Caroline Wozniacki (8), brava dopo otto anni di anonimato d'alto livello da quando arrivò al numero uno, a tenere duro. Vince il primo slam e torna numero uno. Quanto ai miglioramenti che, a sentire in giro, sarebbero sbalorditivi, posso confermare: non è più una regolarista, ma sa variare (lobboni a buttare l'avversaria fuori dal campo) e giuoca molto più a rete (fa delle ributtanti parate stile Valerio Fiori). Simona Halep 7, perde la terza finale di fila. Una, prima o poi, la vincerà. Infortunio alla caviglia, mp annullati, 15-13 alla Davis dopo quasi quattro ore, altra battaglia con Kerber e per finire un ricovero per disidratazione. Ammetto che avrei preferito una sua vittoria.

Angelique Kerber 6,5. Tornata la Angelicona Briegel che mulinella i prosciuttoni e disinnesca picchiatrici una dopo l'altra. Contro chi non mena (Halep, per non parlare di Hsieh) mostra limiti raccapriccianti nel fare gioco.

Elise Mertens 6,5. In gran forma, questa belga poco appariscente. Geometrica e con un buon rovescio. Perde con onore contro Wozniacki, ma come erede di Henin e Clijsters ha la stessa credibilità di Speranza erede di Berlinguer.

Elina Svitolina 5. La terza incomoda tra Halep e Wozniacki, con in più il carico da avvenente Bridget Jones che vuole fare la fotomonella, fa scena muta contro Mertens. Non ha un piano B. A dire il vero nemmeno quello A si vede benissimo.

Su-Wei Hsieh 7. La guardi e pensi che quel curiosissimo ossicino quadrumane debba essere sbranato come un'aletta di pollo da Kerber. Invece la tedesca per quasi due set diventa matta di fronte a quegli angoli e parabole sibilanti a fil di rete.

Petra Martic 7. La solita petrella sottiletta che si esalta negli slam. La leggerezza d'attacco però non riesce a sfondare il muro dei quarti.

Maria Sharapova 3,5. Restano le urla di chi non si rassegna.

Garbine Muguruza 4. Ingiocabile per tre/quattro settimane. Nitrisce, rotta o fuori forma, il resto dell'anno.

Agnieszka Radwanska 3. L'amica Carolina ha vinto uno slam, si ripeterà, pallida in viso, al terzo piano di un frenocomio a Varsavia, pronta a dedicarsi al balletto classico o all'apicultura.

Ashley Barty 6,5. Più larga che alta, con un tennis ordinato e bagaglio tecnico completo, si erge a disinnescante baluardo delle picchiatrici smidollate: l'animalesca, primordiale, Sabalenka (aiuto!) e la bambola svalvolata Giorgi.

Italiane: Errani, stando attenta ai tortellini, è tornata sui suoi livelli. Può anche tornare tra le 100 sfruttando la stagione su terra. Vinci non si capisce cosa sia a fare in Australia, forse surf. Giorgi offre sporadici scampoli d'ingiocabilità positiva prima di arrendersi alla fisica. Per il resto, Paolini, Chiesa, Trevisan: tutte e tre insieme farebbero una top 50. Forse.



Uomini

Roger Federer 9. Più forte di tutto e tutti, anche di slogan menagramo #RoadTo20, in stile #RoadToCardiff dei morti di champions. Gli altri invecchiano o si rompono, i giovani balbettano, lui segue per la sua strada e fa 20, tornerà numeno uno a 36 anni, vincerà il pallone d'oro, tre Oscar, il Festival Sanremo categoria nuove proposte, ambrogino d'oro e, se gli gira, moltiplicherà pure pani, pesci e champions della juve. In finale gli organizzatori si premurano di chiudergli il tetto sulla santa testa, sia mai che possa sudare un poco. E il pubblico si esalta come nell'arena, lo sostiene come fosse entità sovrannaturale. Un santo in vita, di cui puoi dire d'aver visto il miracolo in diretta. Rifuggendo come peste bubbonica i retorici toni trionfalistici e levandoci le fette di prosciutto San Roger dai nostri occhi strabici, non è stato il miglior Federer. Vince con un cammino non dissimile da quello di Nadal a New York (contro nessuno cioè, più quei pochi rimasti in piedi). Ma questi sono rimasti. In finale un paio di amnesie rimettono in gioco Cilic, poi steso al quinto. Sento dire: gioca meglio ora che nel 2011, e resto perplesso. Gioca in modo diverso, compensa col braccio qualche ritardo delle gambe, ha subito meno degli altri (chi morto, chi in reparto traumatologico) l'usura del tempo per una sola, magica parola: "naturalezza". Quella che manca a Nadal, Djokovic, Murray, costretti a sfibrarsi per raggiungerne e superarne il livello.

Marin Cilic 7,5. Torneo robusto. In questo clima da obitorio, è l'avversario più credibile di Roger Federer. E a Federer piace molto averlo come avversario. Moltissimo. Consistente picchiatore raziocinante, lento come un bradipo. Basta per la finale, inziata con un primo set di smarrimento (colpa del tetto o meno). Aria ancor più dimessa del solito, da vittima sacrificale, per placare la sete di sangue del pubblico inferocito. Bravo quindi a rientrare in partita, sfruttando un paio di menopause svizzere. Quando coraggiosamente riesce a portarla al quinto pensi che possa far valere la sua freschezza contro uno che va per i 37 anni. Invece la stanchezza la paga lui e assiste inerme allo sprint finale di Federer, fresco come una rosa di maggio.

Rafa Nadal 6. Prova la solita progressione da toro da monta. Lo tradisce un muscolo della coscia. Avrebbe anche ragione nella critica ad personam sulla programmazione e gli infortuni di molti big. Si gioca troppo sul cemento, verissimo. Ma la colpa vera non è delle superfici, quando delle estremizzazione fisica di questo sport, oltre la soglia umana, innaturale: strisciate, recuperi non ortodossi e scambi lunghi su superfici dove non si potrebbe. La soluzione? La auspico da tempo: tornare all'erba australiana, stagione su terra, allungare quella inglese on grass (tradizionale però), ridurre il cemento a quello che era negli anni 80 (estate americana, Indian Wells e Miami). Poi racchette in legno, pantaloncini aderenti e gonnellini di pizzo. Magari Stepanek e Mahut avrebbero dieci slam a testa, lui quattro o cinque. Ma sarebbe sano.

Heyon Chung 7. Finisce per arrendersi a Federer (immagine biblica quasi), dopo il bestiale sforzo per arrivare in semifinale. Tennista solido, dall'esplosività di gambe spaventosa e difesa da muraglia Cinese versione coreana. Uno che devi ammazzare tre volte. Significativo che abbia battuto Djokovic con quelle che un tempo erano le sue stesse armi, prima di arrendersi in semifinale, quasi scarnificato. Tolto Federer, l'attuale tennis è una questione fisica, dove prevale chi riesce ad andare oltre il proprio limite. Poi dopo si rompe anche lui, infatti.

Kyle Edmund 7. L'unico (guarda caso assieme a Chung) tra i classe 95-99 snobbato e scarsamente pronosticato. Più brutto della multipla, ma efficace. Sembra figlio di Roddick e di una isterica capra albina. Gran servizio. Dritto orrendo ma produttivo, rovescio inguardabile e modesto, rete schivata come nemmeno Valanzasca con un posto di blocco, atteggiamento (specie in semifinale) fastidioso. Ma è in semifinale e può diventare top 10 (uno in più o in me meno...).

Grigor Dimitrov 4,5. Poteva essere il suo slam, come da quasi un lustro. Prendersi lo scettro in quella terra di mezzo tra i fab four morti o calanti e giovani acerbi. Invece lo vedi, capisci che ha parecchio talento, avrebbe tante soluzioni. E mentre riflette a quale usare, viene infilzato da uno sgorbio lungolinea di Edmund.

Tennys Sandgren 7,5. Batte due top ten (Wawrinka e Thiem), più di quanti ne hanno battuti i vincitori degli ultimi due slam. C'è un filo magico che lega le sue imprese, qualcosa di eroico e antico, poco spiegabile. La favoletta dell'uomo normale inventatosi eroe dal mantello svolazzante. Da onesto lavoratore ai quarti slam, travestito da Mecir ed esaltato come un Connors destro, mentre in realtà è il più debole ad arrivare nei quarti di un major da tempi di Paul Chamberlin a Wimbledon '89.

Novak Djokovic 6. Guarito ma non troppo. Aspetta che Chung sfondi e lui ribatta come al solito. Quello, con sapienza asiatica: "no, no, prego, vadi lei, che io son bravo a difendere, vieppiù". Nole allora ci prova, uno, due, tre timidi forcing, prima di cannare e toccarsi il gomito. Che il gomito per un tennista è un guaio serio, come la minchia slogata per Siffredi.

Dominic Thiem 5,5. Ottusangolo.

Nick Kyrgios 5. Perde un'altra occasione, il potenziale track. O track di Gomorra. Carattere e spavalderia non supportate dalla crescita che ci si aspettava.

Italiani: Due alfieri tricolori negli ottavi non si vedevano da quando si giocava con le racchette di legno, il Milan aveva cinque Champions in meno e c'era il Papa buoni. Fognini 6,5. Torneo normale, batte chi deve battere, perde con chi deve perdere (Berdych 7, rinato a vecchia vita) senza mai entrare in partita. Seppi 7. Vince un challenger a Camberra, ben figura anche a Melbourne con tanto di epica vittoria sul gigante Ivo (7, ha fatto più volèe lui in un set che i restanti 127 in tutto il torneo). In Australia si esalta. Gli altri, anche quelli tosti, si sciolgono, lui resta immutato, mollo come sempre, ma non si squaglia. Leggo dall'italia strepitii, caroselli, masturbazioni (dopo aver assunto viagra in dosi equine) per Sonego (So-ne-go!!!), classe 95, che passa le qualificazioni e un turno. E allora penso...che penso? Niente.


6 commenti:

  1. Ahahaha, sono rimasto piegato dal più brutto di una multipla!!

    Comunque slam molto brutto, poche le partite interessanti (Dimitrov-Kyrgios) e il livello generale mi è parso piuttosto basso, come di consueto negli ultimi tempi; femminile lasciamolo proprio perdere; anch'io avrei preferito Simona, speriamo che prima o poi arrivi anche il suo momento, meriterebbe più di molte altre.

    Su Federer, nulla da dire, in finale si vedeva fosse teso, in pratica si è mantenuto in piedi con servizio e sagacia, il resto non pervenuto; rimangono quei 2-3 colpi sbalorditivi (un dritto in controbalzo da metà campo mentre arretrava su una gran botta di cilic, un paio di smorzate e qualche colpo a rete) che valgono più di tutto il resto dell'AOpen.

    Ciao Pic,
    Klimt

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    1. Sì, anche Kyrgios-Tsonga e poco altro. Specie nelle battute finali non è stato un grande spettacolo.
      Halep per quanto passato durante il torneo forse meritava di più, ma Wozniacki alla fine l'ha spuntata.
      Federer, cosa vuoi dirgli. Per me si amministra e ha passeggiato con due marce in meno, mentre gli altri erano a mille. Non mi è parso in formissima, però riesce a compensare tutto col braccio anche nelle situazioni difficili. contro un avversario sette anni più giovane al quinto il più fresco era lui, perché fa meno fatica.
      Ciao Klimt, alla prossima.

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  2. Con Svitolina sei stato severo. Contro Mertens stava proprio male.
    Paolo

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    1. Io ho visto una che non riusciva a trovare le contromisure al gioco dell'avversaria (che non era certo Graf o Henin), e poi ha mollato. Come spesso le è capitato. Poi per carità, può essere che non fosse al meglio, lo ha pure detto mi pare.
      Ciao Paolo, alla prossima.

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  3. Torneo povero di emozioni e di qualità, quello maschile.
    Anch'io pensavo che Dimitrov o Kirgios potessero aspirare alla vittoria, e comunque fare meglio, considerate le tante assenze (per fortuna mi sono astenuto dallo scommetterci).
    Il bulgaro secondo me soffre troppo dal lato del rovescio. E, forse, Vallverdu non è proprio il top come allenatore (Panatta docet).
    Di Kirgios trovo invece incomprensibile lo schema di gioco, se così può definirsi. A parte il servizio – dritto, semplice ed efficace se spari l'80% di prime a 220 km/h, ci sono degli scambi in cui entra in “modalità Sara Errani” quanto ad efficacia dei colpi, anche quando non è in difficoltà: inutili pallacce arrotate e lente, neanche troppo profonde, agilmente aggredibili da un avversario di livello. E così perdi il 15, salvi regali.
    In altri scambi, invece, è irresistibile di dritto e robusto sul rovescio, e anche nella partita con Dimitrov a lungo dava la sensazione di poter fare molto di più.

    Concordo sulla non eccellente condizione di Federer, che tuttavia non gli ha impedito, complice il tabellone favorevole, un percorso illibato sino alla finale.
    Cilic invece mi è piaciuto, nei limiti in cui il suo tennis può appassionare. Contro Nadal, dopo un primo set sottotono, ha iniziato a giocare a braccio sciolto e, sparando traccianti e prendendo campo, ha messo sotto severa pressione il dritto del maiorchino, prima dell'infortunio di quest'ultimo. Si sa, per colpa dei campi in duro, brutti e cattivi, sui quali Lui non riesce a vincere quasi mai (!).
    Cilic bravo anche a battersi nella finale, sfruttando le poche amnesie del divino svizzero nell'illusoria speranza di scompaginare il copione, già scritto, di un film a lieto fine.
    E quale migliore occasione per l'ennesima intervista al Volandri nazionale, che su La Repubblica ha per la 74esima volta ricordato di quando impartì una lezione al Maestro, non so se hai avuto il piacere di leggerla...
    Tanti saluti

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    1. Sì, tutto condivisibile quello che scrivi su Dimitrov e Kyrgios. Per diversi (antitetici) motivi ancora incapaci di vincere uno slam. Uno per me con schemi troppo cervellotici (se non sei Federer), l'altro troppo grezzo e spartano.
      Federer ha fatto, benissimo, il suo. Le uniche difficoltà le ha avute in finale, con Cilic bravo a inserirsi. Quando ha accelerato alla fine però non ce n'è stata. Al quinto era più fresco lui a 36 anni, perché gioca al tennis e fa meno fatica di tutti.
      Velo pietoso su Volandri. Cos'ha detto/scritto, che insegnò tennis a Federer nella diagonale rovescia? Pozzi e Stoppini hanno battuto Agassi, ma non è che lo ricordano anche quando vanno a fare la spesa.
      Ciao Luca, alla prossima

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.