
La guardavi palleggiare durante il riscaldamento, cappellino al contrario calato in testa, pantaloncini e piercing sul labbro. E proprio non capivi cosa centrasse quella curiosa ragazzotta con il tennis. L'incontro cominciava, e la buffa e pesante sagoma bionda si tramutava in aggraziata e leggiadra tortorella volteggiante. Il campo diveniva un prato stracolmo si fiorellini delicati, che lei coglieva con dolcezza inebriante. Come per divertito miracolo degli dei, il grottesco elefantino d'improvviso prendeva a fluttuare come una piuma, leggera e leziosa, accarezzata e condotta da vento propizio. Il dipinto di un anacronistico mistero, inspiegabile agli occhi umani. Romina Oprandi, incurante di tutto, inscenava la sua opera burlesca, fatta di tagli, ricami e smorzate improvvise.
L'apice della sua storia da raccontare si ha nel 2006, durante gli Internazionali d'Italia di Roma. Non le ci volle molto per trascinare il pubblico del Foro, a tratti chiassoso e maleducato, ma competente e amante viscerale di personaggi curiosi e pieni di estro. Una partita via l'altra, la miseria di quattro games lasciati a Samantha Stosur, soltanto uno ad una impotente Vera Zvonareva. Divenne il piccolo fenomeno italiano, una giovinetta paffuta e dai nordici tratti del viso, gentile dono della svizzera tennistica, che non credendo in lei, la donò alla federazione italiana. Partendo dalle qualificazioni, un drop velenoso via l'altro, arriva ai quarti di finale, e l'allora ventenne Romina, proprio non vuole terminare la sua opera istrionica e burlesca, una variazione sul tema che sconfina quasi nell'irridente. Svetlana Kuznetsova, avversaria dei quarti, non riesce a capacitarsi, e neppure a prendere le misure a quella pulzelletta imprevedibile e incantatrice, guascona e impertinente. Una smorzata che ricade dolcemente morta dall'altra parte, piena di un candore inspiegabile e così atipico per un'impugnatura bimane. E poi lob chirurgici, volèe coraggiose e splendide, sorrisi genuini e rivoletti di ciccia. "Romina, Romina, tu mi piaci grassottina...", vien da cantare, mutando nome e rubando il testo ad un quadro di Botero o una vecchia canzone.
Il pubblico impazzisce per la fanciulla irriverente, e Romina non solo se la gioca contro la fortissima picchiatrice russa, ma va ad un punto ed un centimetro dalla vittoria. Poi d'improvviso si trascina semovente e sofferente, coi cosciotti paffuti e bardati, quasi fosse un'eroina di guerra azzoppata o un giovane balenottero spiaggiato e smarrito. Lotta, stringe i denti, riacciuffa il tiebreak finale prima di arrendersi 7-6 al terzo. Esce comunque tra il tripudio di una gente in crisi d'astinenza da beniamini italiani, e che quasi non crede ai suoi occhi nell'averne trovato una così geniale e piena di talento. Poco male, una semifinale al foro italico sfiorata d'un soffio, ma il futuro è della giovane italo-svizzera, che a vent'anni raggiunge il numero 46 al mondo.
Ma come in tutte le favole c'è il cattivo in agguato, qualcosa che intralcia il meritato lieto fine. E l'ostacolo è travestito da subdoli infortuni in serie, braccio e spalla, fino ad arrivare al crack definitivo. Il suono macabro di ossa che stridono sinistri e carni che si lacerano, vicende che racconta con distacco, quasi quel corpo non fosse suo. Il tennis non è tutto, riferisce, come a voler mascherare l'odio per quel destino cinico e baro, che le aveva tolto tutto, senza averle mai dato tutto quello che meritava. Nessuno riesce a trovare un rimedio ad un infortunio così subdolo e definitivo. Persino Justine Henin, regina aristocratica del tennis mondiale, per molti algida e spocchiosa, a causa di una scarsa inclinazione ai siparietti finti e ruffiani di altre, è colpita dalla storia. Mette a disposizione della giovane Romina, i suoi medici personali. Niente da fare, proprio non si riesce a venirne a capo. Come in un malvagio sortilegio, che la colpisce con la sua stessa arma prediletta, la smorzata senza ritorno. Il braccio è bloccato, lo stesso braccio che pareva intarsiato nella madreperla. Le dita non riescono a muoversi, figuriamoci impugnare una racchetta. Tanto vale non pensarci più, pensare a guarire per condurre una vita regolare. Dice basta a soli 21 anni, parte, inizia una vita normale, lavora all'estero come animatrice turistica.
Poi il braccio migliora, e la tentazione di riprovarci è troppo forte. Riprende ad agosto dello scorso anno, partendo dal basso, assieme a ragazze che non hanno un mignolo della sua classe, e che la battono in modo impietoso. Sul campo c'è solo la sagoma menomata e ferita di quella tortorella giuliva e graziosa, simile ad un venticello brioso. Vince qualche partita, tra un ritiro e l'altro, senza mai rientrare nel tennis che conta.
Concludo con una riflessione profonda, su cosa la spinge da oltre un anno a viaggiare con lo zaino a tracolla, in tornei che devono sembrarle un vero purgatorio, e del quale non può vedere la fine. Forse perchè il tennis le piace ancora molto, e pazienza se può giocare al 30% (ad essere generosi) di come faceva da giovane ed integra promessa del tennis mondiale. Ha solo 23 anni, e non rimane che la speranza. Che magari recuperi ancora, prendendosi una rivalsa sulla cattiva sorte. Già rientrare tra le prime cento, sarebbe un piccolo miracolo di tenacia e tecnica, violentate dal destino. Questo è almeno quello che spera chi ama il bel tennis.
La scorsa settimana leggo i risultati del torneo itf di Glasgow, e il nome stridente della povera Romina, che rema costantemente attorno al numero 300, sconfitta nettamente al secondo turno. E scrivo le righe di cui sopra. Ho parecchie doti (nascoste), di certo non quelle di chiaroveggenza o lettura dei tarocchi. E ne ho fornito prove lampanti. E neppure posseggo il talento di riuscire a portare bene. Ma a distanza di qualche giorno, arriva una notizia che apre il cuore a quella speranziella che avevo chiamato, flebile ma significativa. Quasi invocata. Ad Ortisei, torneo itf che si gioca tra le ridenti dolomiti, all'ultimo istante decidono di concedere una wild card a Romina. E la tortorella ferita non si lascia pregare. Vince 7-6 al terzo contro Lucie Sefarova, tennista di livello mondiale. Poi si ripete contro l'altra azzurra emergente Floris, e la promettente Brianti, spazzate via in sicurezza leggera. Ora la semifinale. Qualcosa si muove insomma, nel magnifico mondo di Romina.
L'apice della sua storia da raccontare si ha nel 2006, durante gli Internazionali d'Italia di Roma. Non le ci volle molto per trascinare il pubblico del Foro, a tratti chiassoso e maleducato, ma competente e amante viscerale di personaggi curiosi e pieni di estro. Una partita via l'altra, la miseria di quattro games lasciati a Samantha Stosur, soltanto uno ad una impotente Vera Zvonareva. Divenne il piccolo fenomeno italiano, una giovinetta paffuta e dai nordici tratti del viso, gentile dono della svizzera tennistica, che non credendo in lei, la donò alla federazione italiana. Partendo dalle qualificazioni, un drop velenoso via l'altro, arriva ai quarti di finale, e l'allora ventenne Romina, proprio non vuole terminare la sua opera istrionica e burlesca, una variazione sul tema che sconfina quasi nell'irridente. Svetlana Kuznetsova, avversaria dei quarti, non riesce a capacitarsi, e neppure a prendere le misure a quella pulzelletta imprevedibile e incantatrice, guascona e impertinente. Una smorzata che ricade dolcemente morta dall'altra parte, piena di un candore inspiegabile e così atipico per un'impugnatura bimane. E poi lob chirurgici, volèe coraggiose e splendide, sorrisi genuini e rivoletti di ciccia. "Romina, Romina, tu mi piaci grassottina...", vien da cantare, mutando nome e rubando il testo ad un quadro di Botero o una vecchia canzone.
Il pubblico impazzisce per la fanciulla irriverente, e Romina non solo se la gioca contro la fortissima picchiatrice russa, ma va ad un punto ed un centimetro dalla vittoria. Poi d'improvviso si trascina semovente e sofferente, coi cosciotti paffuti e bardati, quasi fosse un'eroina di guerra azzoppata o un giovane balenottero spiaggiato e smarrito. Lotta, stringe i denti, riacciuffa il tiebreak finale prima di arrendersi 7-6 al terzo. Esce comunque tra il tripudio di una gente in crisi d'astinenza da beniamini italiani, e che quasi non crede ai suoi occhi nell'averne trovato una così geniale e piena di talento. Poco male, una semifinale al foro italico sfiorata d'un soffio, ma il futuro è della giovane italo-svizzera, che a vent'anni raggiunge il numero 46 al mondo.
Ma come in tutte le favole c'è il cattivo in agguato, qualcosa che intralcia il meritato lieto fine. E l'ostacolo è travestito da subdoli infortuni in serie, braccio e spalla, fino ad arrivare al crack definitivo. Il suono macabro di ossa che stridono sinistri e carni che si lacerano, vicende che racconta con distacco, quasi quel corpo non fosse suo. Il tennis non è tutto, riferisce, come a voler mascherare l'odio per quel destino cinico e baro, che le aveva tolto tutto, senza averle mai dato tutto quello che meritava. Nessuno riesce a trovare un rimedio ad un infortunio così subdolo e definitivo. Persino Justine Henin, regina aristocratica del tennis mondiale, per molti algida e spocchiosa, a causa di una scarsa inclinazione ai siparietti finti e ruffiani di altre, è colpita dalla storia. Mette a disposizione della giovane Romina, i suoi medici personali. Niente da fare, proprio non si riesce a venirne a capo. Come in un malvagio sortilegio, che la colpisce con la sua stessa arma prediletta, la smorzata senza ritorno. Il braccio è bloccato, lo stesso braccio che pareva intarsiato nella madreperla. Le dita non riescono a muoversi, figuriamoci impugnare una racchetta. Tanto vale non pensarci più, pensare a guarire per condurre una vita regolare. Dice basta a soli 21 anni, parte, inizia una vita normale, lavora all'estero come animatrice turistica.
Poi il braccio migliora, e la tentazione di riprovarci è troppo forte. Riprende ad agosto dello scorso anno, partendo dal basso, assieme a ragazze che non hanno un mignolo della sua classe, e che la battono in modo impietoso. Sul campo c'è solo la sagoma menomata e ferita di quella tortorella giuliva e graziosa, simile ad un venticello brioso. Vince qualche partita, tra un ritiro e l'altro, senza mai rientrare nel tennis che conta.
Concludo con una riflessione profonda, su cosa la spinge da oltre un anno a viaggiare con lo zaino a tracolla, in tornei che devono sembrarle un vero purgatorio, e del quale non può vedere la fine. Forse perchè il tennis le piace ancora molto, e pazienza se può giocare al 30% (ad essere generosi) di come faceva da giovane ed integra promessa del tennis mondiale. Ha solo 23 anni, e non rimane che la speranza. Che magari recuperi ancora, prendendosi una rivalsa sulla cattiva sorte. Già rientrare tra le prime cento, sarebbe un piccolo miracolo di tenacia e tecnica, violentate dal destino. Questo è almeno quello che spera chi ama il bel tennis.
La scorsa settimana leggo i risultati del torneo itf di Glasgow, e il nome stridente della povera Romina, che rema costantemente attorno al numero 300, sconfitta nettamente al secondo turno. E scrivo le righe di cui sopra. Ho parecchie doti (nascoste), di certo non quelle di chiaroveggenza o lettura dei tarocchi. E ne ho fornito prove lampanti. E neppure posseggo il talento di riuscire a portare bene. Ma a distanza di qualche giorno, arriva una notizia che apre il cuore a quella speranziella che avevo chiamato, flebile ma significativa. Quasi invocata. Ad Ortisei, torneo itf che si gioca tra le ridenti dolomiti, all'ultimo istante decidono di concedere una wild card a Romina. E la tortorella ferita non si lascia pregare. Vince 7-6 al terzo contro Lucie Sefarova, tennista di livello mondiale. Poi si ripete contro l'altra azzurra emergente Floris, e la promettente Brianti, spazzate via in sicurezza leggera. Ora la semifinale. Qualcosa si muove insomma, nel magnifico mondo di Romina.






