mercoledì 30 giugno 2010

Kournikova, Pironkova e vecchi merletti.


WIMBLEDON 2010- Diario di (fuori) bordo - Day 9 (forse)

Allineato alle semifinali il tabellone femminile. Un torneo al rosa ricco di sorprese. In linea con quello che la wta ha offerto ultimamente. Pochezza ammorbante, fertile terreno per fiabe dense di gioiosa irrealtà. Si attendeva una rivelazione divina anche a Londra, come nelle altre tre capitali europee. Alla sopicciolata hanno ceduto tutte: Stosur, la gran donna d'altri tempi Kuznetsova, la povera "sorella di varenne pitturata a Greta Garbo" (auto cit.) Jankovic azzoppata, la Divina Justine alla poco convincente ricerca di quel titolo ai championschips che le manca. Quand'ecco che deragiliano anche la sua eterna carnefice Kim Clijsters e Venus Williams.
La cinque volte campionessa americana, in particolare, riceve un'autentica lezione tecnico tattica dalla numero 80 e rotti al mondo, tale Tsvetana Pironkova. Tipetta bulgara di fisico e aspetto adolescenziale, lunga e secca-secca. Ti aspetti possa avere sedici anni, ma poi scopri che ne ha ventitrè. Veleggia da anni nelle retrovie, ed il bene informato Bertezaghi mi rimarca come sia stata storicamente preda succulenta delle nostre tenniste, persino di Alberta Brianti. La ragazza gioca un tennis semplice, a tratti disarmante, e con angoli bimani di virtuosa fattezza. Ischerza letteralmente una Venus madida di sudore e frustrazione, ormai sempre più incamminata nell'oscuro vialetto del tramonto. Che sia questa Tsvetana la folgorante rivelazione londinese? Di sicuro c'è che questa piccola Sandra Bullock minore (ma molto minore) è in semifinale, senza aver ceduto un set. Giochicchia mica male e non è avvinta da quell'urticante spocchia-protervia-pseudo agonismo subumano di tante (troppe) sue colleghe. Sarà. Semifinali completate: Zvonareva-Pironkova, Serena-Kvitova. Ci stava bene la Pennetta. Ma anche Roberta Vinci o Moira Orfei.
Preso da questa situazione di appiattimento generale, con una dominatrice furibonda (Serena), e grande spazio per bradi svolazzi tutto intorno, a fine serata m'imbatto sulla cosa più bella dell'intero torneo femminile. Su un campo secondario, ecco un doppio d'eccezione. Il doppio delle "leggende" lo chiamano. Ci sono due inglesi sconosciute, una che sembra "orzoway" coi bermudoni, e l'altra tonda e tracagnotta invece trotta goffamente, col corto caschetto biondo che svolazza assecondandone i movimenti da comiche d'inizio secolo. C'avrà una cinquantina d'anni almeno quel buffo affare, che il regista fa fatica ad inquadrare.
Situazione ancor più stridente, se si prova a riflettere sulle avversarie: Martina Hingis, ancora giiovane ed in forma, ma ex a causa di una mai chiarita squalifica per cocaina, e l'eterna lolita Anna Kournikova. Tennistica meteora dall'ammaliante fascino inspiegabile. Non è bellissima, ma ha un dettaglio invisibile, quel piccolo particolare indecifrabile che la fa innalzare al di sopra di tutte. Se le mette nel taschino. Qualcuno lo chiama fascino. Solita treccia d'ordinanza, bel visino, fisico perfetto, compatto, sinuoso come un serpe pieno di lascive e conturbanti movenze. L'orrenda e perfida antesignana del filone di starlette-tenniste rubate alla passerella. Ma lei, poverina, non poteva mica sapere che sarebbe finita così. Con quelle agoniste insensate che vogliono persino convincerci di saper giocare a tennis. Più furba e saggia di tutti, ci ha gioiosamente preso in giro. Se n'è andata, ha mollato il tennis a vent'anni. Dedicandosi al jet-set. Al limite qualche esibizione, piacevolmente fine a se stessa. Ha capito tutto Anna. E merita eterna stima, e qualche minuto di inutile ammirazione per quelle deliziose labbra imbronciate, quasi disegnate dal demonio del fascino, coi bordi all'ingiù.

Quarti maschili. Saggi pronostici (a perdere).
Federer-Berdych. 1 (3-1). Lo svizzero ha mostrato due facce. Dapprima titubante, poi folgorante contro Melzer. Dovrà fare molta attenzione all'ex prodigio-promessa mai mantenuta Berdych, pronto a cogliere ogni suo torpore. Come? tirando forte (a volte tra le righe).
Djokovic-Lu. 1 (3-1). Il protagonista inatteso, contro il signor nessuno dagli occhi a mandorla. Encomiabile Lu, ma dovrebbe aver esaurito la carica tutta nel match contro l'incredulo Roddick. Forse.
Tsonga-Murray 1 (3-2). E' solo un auspicio, più che vaticinio sensoriale. Se Jo sta bene, se le stelle danzeranno nel giusto verso, se serve bene, se il fisico regge, e centosei altri "se"...si può crederci, e coltivare quella speranziella nel cuore, che Jo ci illumini di poderoso candore. Magàra.
Soderling-Nadal 1 (2-0). Anche questa è solo una speranza, estrema, finale. Il 2-0 non è certo un errore. Perché nella partita che ho visto io, sul 6-3 6-2 3-1, Nadal guarderà zio Tony e di comune accordo decideranno che un fastidiosissimo pelo incarnito lo impossibilita a continuare. Ed a memoria d'uomo ed in tempi recenti, non ricordo un Nadal negli slam che ha perso senza aver gravi problemi fisici.
Giocandovi il set betting di tre di queste quattro partite, diverrete più ricchi. O un pò più trasandati.

Nadal, mezzo numero uno



WIMBLEDON 2010 - Diario di (fuori) bordo - day 6/7/8.
La storia è zeppa di numeri uno al mondo. Spesso casuali, a volte leggendari. Longeve dinastie e brevissimi interregni. Quello di Rafael Nadal è un caso a parte, a tratti esaltante, spesso imbarazzante
Il maiorchino ha dominato da frullante cannibale la stagione sulla terra battuta, senza alcun cenno di cedimento, riprendendosi lo scettro dalle mani di un Federer svagato.
Lo spagnolo è dunque giunto a Wimbledon da numero uno, ma senza i favori del pronostico. Le superfici rapide lo espongono a probabile sconfitta. Da parte del picchiatore esaltato in buona giornata (forse Gulbis, Del Potro, Soderling). Gli altri invece, si ritrovano costretti a dover giocare la partita della vita. Variazioni impeccabili ed elaborati schemi che debbono riuscire alla perfezione. Altrimenti quello, il satanasso di Maiorca, riprende tutto. E' ovunque, te lo trovi in ogni angolo. Lo ammazzi solo con un colpo secco di scimitarra in testa, o con un lavoro ai fianchi che rasenta la perfezione immacolata. L'unico capace di farlo è l'ex monarca spodestato, Roger Federer.
In disarmo contro un Picasso. Eppure questo Wimbledon ci regala uno spagnolo in grave difficoltà. Finanche Philipp Petzschner ieri, di limella e frustate folli, è riuscito a fargli ammirare i fluttuanti fantasmi della sconfitta. Il tedesco stava per compiere l'impresa leggendaria. Quella che avrebbe consegnato il suo cristallino talento alla storia. Il gran perdente che riceve la rivelazione divina sulla via di Damasco. Quella storia la accarezzava con orrida dolcezza, Philipp. Stava per prendersela con sagacia, tecnica e forza. Sotto di un set, inizia a mulinare le gambette come un forsennato satropo ispirato. Finisce persino in prima fila, quasi in braccio ad un'imbacuccata carampana che lo coccola con materno compatimento. Gioca un match al limite delle sue umane e miserande possibilità. Quello che un pò scherzando si era auspicato nel pre partita, affinchè potesse almeno provarci: Servizio impeccabile, gran difese nell'angolo sinistro con slice velenosi. Per sfiancare l'iberico rimandandogli palle difensive basse o aprirsi il campo per il fulmine di dritto. E ancora proditorie discese a rete da funambolo squilibrato.
Ricami ed abomini sparsi, per il Picasso. Che pure non sarà Federer, ma ci prova. Rispetto allo svizzero gli manca il rovescio, le "palle", la mentalità, l'allenamento, il cervello e chi più ne ha... Eppure Nadal è sull'orlo del baratro. Vede le streghe sdentate, e quella faccia da Picasso che riluce oscenamente concentrata dall'altra parte della rete. Ispirato e centrato. Abbagliante, a tratti. Vuoi che regga l'istrionico tedesco possessore di un magnifico rovescio inesistente? Che riesca a chiudere? Difficile. Ma tiene Picasso, tiene alla grande. Non sembra patire di quei cedimenti o black-out che lo hanno reso celeberrimo perdente fulminato. Il pubblico s'esalta. Voglia il cielo c'è ancora qualcuno capace di riconoscere quanto quei ricami elaborati che dipingono il campo e le saette improvvise di dritto, siano qualcosa di prezioso.
Turbamenti e trucchi da scafato baro. E Nadal? Ad inizio del quarto set, incredibilmente sotto di un set, comincia a fare la faccia turbata, quasi seccata. L'altro gli rimanda una stop volley al millimetro simile ad una gemma rara, che avrebbe ripreso solo Nembo Kid truccato da Superman. E lui torce il labbro. Si tocca il poderoso braccio sinistro, dialoga col suo angolo. Gli hanno fatto credere d'esser Superman. E' lì l'inganno. Si tocca ancora, sofferente. Poi a gioco fermo tira un fendente di inusitata violenza intimidatoria. Forse per vedere fino a che punto è dolente l'arto, azzardo. Lo spagnolo comincia la saga del teatrante millantatore, ostentando al mondo il dolore che forse ha e con cui convive da anni. Quello che quando vince e rulla avversari sopporta con gran devozione da martire. E tira fuori, come gran mago delle carte truccate, solo al momento opportuno, appena avverte che il match rischia di sfuggirgli di mano. Ed eccolo fare smorfie urticanti. Si intuisce chiaramente il dialogo. Rafa rassicura Zio Toni sull'ordine di stop medico giunto dall'alto. Come contro Istomin al Queens, per dire dell'ultima sceneggiata degna dei migliori Carmando e "Alemerolao" di pallonara memoria.
Arriva il fisioterapista. Una specie di sciamano pazzo, dovrebbe essere. Gli chiede lumi, e Rafa mostra la faccia dell'indifferenza. "Fai quello che vuoi". Sembra dirgli, assai piccato. I commentatori inglesi se la ridono. Non hanno la benché minima paura o timore reverenziale a smontare la assai presunta correttezza (ormai divenuta legge) dell'iberico. E' solo un modo per spezzare il ritmo ad un avversario ispirato, lo sanno anche i sassi. Ma colpo di scena, il malessere tremendo dell'iberico non è al braccio, bensì al ginocchio. Uno a caso. Petzschner osserva le nuvole gonfie. Picasso intanto, in quei minuti interminabili, starà pensando alla storia. A quell'impresa leggendaria che deve solo andarsi a prendere. Che ormai non può scappargli dalle mani. Certo. Quale pusillanime codardo potrebbe essere lui, dovesse sfuggirgli una simile occasione contro un avversario ormai ferito? E pensa Picasso, pensa. La storia e quel centrale stracolmo che gronda fascino, nel torneo più importante al mondo. Con quello sguardo atrocemente ingarbugliato di chi ha la guerra atomica in testa. O il nulla più stordente.
Il match riprende, ed il lazzaro zoppicante, che pure sembrava sull'orlo dell'eroica tumulazione, sciorina gran colpi arrotati e corre come un ratto-coniglio invasato. Agita i pugni sul muso del "Petzsche". Quello lo guarda quasi con commiserazione. Sarà questo il numero uno? Si starà chiedendo. Ma il match gira, inevitabilmente. 6-2 per l'iberico e quinto set. Ora è il tedeso a stare male, seriamente. Non corre più Philpp. Il tempo di una ridicola "fiatella" trucidata a rete ed altre atrocità sparse, prima di cedere 6-3 al quinto. Bizzarrie di una regola sul medical time out che dovrebbe essere abolita.
Eretiche considerazioni sui trucchi da mezzi campioni. Viene in mente l'affermazione dell'ultimo Marat Safin. Il russo dopo aver dominato in lungo ed in largo Tomas Berdych perse il lume della ragione e la partita, dopo che il ceco s'inventò un pavido medical time-out. "Berdych non è uno sportivo e nemmeno un uomo, ha chiamato lo stop solo per spezzarmi il ritmo e due minuti dopo correva come un coniglio.". Queste le parole dell'inimitabile Marat. Tutti unanimi nel dargli ragione. Perché Berdych è Berdych. Guai ad estendere simili illazioni verso il campione maiorchino. Perché lui è l'emblema della corretezza "decouberteniana". Lo ha stabilito Dio, la bibbia o Gianni Clerici. Ma per fortuna gli eretici speaker della tv inglese e chiuque sappia di tennis, non può avere dubbi su quella tattica pateticamente oscena.
La realtà è che a Nadal si vuole un pò tutti bene. Un pò per la sua storia, un pò per quel carattere irriducibile che non può non destare ammirazione. Anche, e soprattutto, per questo si rimane sgomenti e sconcertati di fronte a simili trucchi da figuranti, mezzi campioni e mezzi numeri uno. Risulta imbarazzante che ad usarli sia il numero uno al mondo contro il numero 40 o 70. In un match che avrebbe comunque vinto, senza bisogno di minare le menti già in disarmo di avversari inferiori. Indegnamente surreale per chi dovrebbe essere il più forte di tutti.
Secoli fa, ricordo un diciassettenne cinesino con gli occhi a fessura da scugnizzo furbo, sul centrale del Roland Garros. Usò ogni trucco e carta al sua disposizione (non lo stop medico, non esisteva), per battere Ivan Lendl. Il numero uno non era quel cinesino, ma Lendl. Altri tempi, altra classe, altri numeri uno.

sabato 26 giugno 2010

Tennis, scommesse e pisciatine letterarie

WIMBLEDON 2010 - Diario di (fuori) bordo - Day 5


Ma la dovevate proprio vedere la mia faccia. Fiero, tronfio, raggiante. Da gran dritto insomma. Dall'altra parte, protetto da uno spesso vetro, un vecchio incanutito ed in malarnese, con la pelle bianchiccia ed appesa. Poco male, quando scommetto mi portano più fortuna i relitti prossimi alla morte per inedia, piuttosto che le gran fighe smorfiosette, civettuole ed ammiccanti. Le scommesse sono una cosa seria.
Snocciolo i miei pronostici. Poi all'improvviso l'incoscienza.
"Allora...228 non è quotato?" (il 228, è Petzschner-Nadal)
"Cosa vuole giocare?". Mi fa il morituro tremolante.
Ed ecco che si impadronisce di me quella faccia da intenditore, completamente padrone di se stesso. Fiero, impettito, con una specie di sorriso abbozzato.
"UNO.".
Quello, un pò rincretinito, e forse con l'ultimo anelito vitale.
"Cosa?".
E' tipico. Quando scommetti una stronzata umanamente impossibile a verificarsi, ti chiedono sempre conferme. Ti credono pazzo. O non vogliono che la loro agenzia vada in fallimento. Senso di appartenenza e spirito di soprvvivenza.
Ed io, con ancora maggior protervia snerchiuta: "UNO!".
Mi stampa la scheda. Milleduecento e rotti. Faccio per andarmene rileggendola distrattamente. Poi torno indietro dal vecchio ceppo di vite secca.
"Senta ne ristamnpi anche un'altra simile, così com'è, togliendo il 228 però. Non si sa mai, metti un infortunio, una giornata storta, che poi se le vendono pure le partite...nevvero? Poi trecento euro non sono da buttare, o no?"."ok...ok...", e quello me la ristampa, scuotendo un poco la testa.

Convivo con una donna, due giorni ogni due settimane. La poveretta non s'intende di tennis. Anzi lo considera uno sport per pericolosi squilibrati. Ma nemmeno a lei è sfuggito l'eco dell'epico match dei record Isner-Mahut. Non sapendo nulla, mi fa:
"Ma adesso questo mostro, con chi gioca, Federer o Nadal?".
"Nessuno cara, perderà già al prossimo turno. E' già morto, vuoto come un sacco di patate. Dovrebbe vincere due partite ancora per trovarsi di fronte a Nadal. Ma al prossimo turno, contro De Bakker terrà si e no due/tre turni di battuta in tutto.".
"Io certe cose non le capisco -
mi fa, pensioerosa - oggi serviva coe una bestia, e domani con un giorno di riposo, dici che sarà morto? Secondo me vince!".
"Ma che sciocchina che sei...mi fa quai tenerezza la tua ingenuità. Sei dolce, ti amo per questo lo sai. Ma il tennis è un insieme di fattori, nervi, muscoli, sangue, budella e cervello. Isner è ormai finito, consunto. Logoro nel fisico e nella mente. Vedrai che non sbaglio amore...".

Ha fatto la faccia della perlessità incurante, e s'è rimessa a leggere il suo giallo di Carlo Lucarelli. E' una fine lettrice, lei.
Il mttino seguente, via mail vengo chiamato a dare dei pronostici, così per gioco fine a se stesso. C'entra qualcosa un tale uomo di cemento, +PSTN+ si fa chiamare. E scrivo con solerzia:
"Isner-De Bakker 1".De Bakker-Isner 6-0 6-3 6-2

...l'ippodromo è un LAVORO come un altro, alla fin fine, e duro pure. se la nausea mi viene quando sono in buona forma, allora prendo e me ne vado via dall'ippodromo; se invece mi prende che sono fuori fase, allora attacco con le puntate balorde. un'altra cosa da tener presente è che è DIFFICILE vincere a qualsiasi gioco. perdere è facile. bella roba essere il Grande Perdente... chiunque è buono. quasi tutti perdono. un uomo capace di fregare i cavalli sarà in grado di fare quasi tutto ciò che si prefigge. l'ippodromo non è il posto per lui: costui dovrebbe trovarsi sulla Riva Sinistra davanti a un cavalletto, oppure all'East Village a comporre una sinfonia d'avanguardia. o sennò a far felice una donna. o sennò abitare in una caverna sulle montagne. frequentare gli ippodromi t'aiuta però a capire te stesso e anche la folla. adesso s'usa dire peste e corna di Hemingway, da parte di critici che manco sanno tener la penna in mano. sia pure, il vecchio Ernie ha scritto alcune cose piuttosto brutte negli ultimi tempi -qualche rotella gli s'andava allentando- ma, anche allora, faceva fare agli altri la figura di scolaretti che alzano la mano per chiedere il permesso di fare una pisciatina letteraria. io lo so perché Ernie andava alle corride. semplice: l'aiutava a scrivere. Ernie era un meccanico: gli piaceva aggiustare congegni sulla carta. la corrida per lui era paradigma di ogni cosa: Annibale che passa le Alpi coi suoi elefanti o un avvinazzato che picchia la sua donna in una stamberga. Hem batteva a macchina stando in piedi. la usava come un fucile. come un'arma. le corride erano un punto di riferimento per qualsiasi altra roba. gli stava tutto in testa come un blocco di sole o di burro: e lui lo trascriveva sulla carta. quanto a me, le corse di cavalli mi fanno capire dove sono forte e dove sono debole, sanno dirmi come mi sento quel giorno e come noi mutiamo e tutto muta, tutto il tempo, e quanto poco ne sappiamo di questo. e lo spennamento della folla è il film horror del secolo. TUTTI perdono. guardateli. se ne siete capaci. un giorno alle corse vi insegna più di quattro anni all'università. se mai insegnassi scrittura creativa, inviterei i miei allievi a recarsi all'ippodromo una volta a settimana e fare almeno una giocata da 2 dollari per ogni corsa. sul vincente. non sui piazzati. chi gioca sui piazzati è uno che avrebbe preferito restare a casa, ma poi è andato lostesso alle corse. i miei allievi diventerebbero senz'altro più bravi a scrivere, anche se molti di loro comincerebbero a vestire in modo trascurato, e dovrebbero magari andare a piedi. mi ci vedo, insegnante di scrittura creativa.
"come è andata, Miss Thompson?"
"ho perso 18 dollari."
"su chi ha puntato nella corsa clou?"
"su One-Eyed Jack."
"scelta scema. il cavallo rendeva 5 libbre, il che attira la folla, ma significa anche un passaggio a classe superiore. e un surclassato vince solo quando è giù di giri sulla carta. invece One-Eyed Jack aveva fatto registrare ottimi tempi, altro motivo di attrazione per la folla, ma questi ottimi tempi si riferivano a un percorso di 6 furlongs e, su tale distanza, la velocità è sempre più elevata, rispetto a quella che si realizza su altre piste. Inoltre, quel cavallo aveva risalito sei posizioni, quindi, ragionava la folla, avrebbe ben figurato sul miglio-e-un- sedicesimo. ma One-Eyed Jack non vince una corsa con 2 curve da due anni. e non è un caso, questo. quel cavallo è uno scattista, e solo uno scattista. che sia arrivato ultimo, pure dato 3 a 1, non sorprende."
"com'è andata a lei professore?"
"ho perso 140 dollari."
"su chi ha puntato nella corsa clou?"
"su One-Eyed Jack. la lezione è finita."
H.C. Bukowski

venerdì 25 giugno 2010

Wimbledon, the day after



WIMBLEDON 2010 - Diario di (fuori) bordo - Day 4 (the day after)

E il terzo giorno fu quello decisivo. 70-68, recita il tabellone, quasi fosse uno scherzo di "Tommaso 'o pallonaro". Ed il fenomeno da baraccone yankee John Isner si ruzzola a terra giulivo, come un fanciullo imprigionato nel corpo di un tirannosaurus rex. E' lui il vicitore della battaglia da leggenda contro Nicolas Mahut. E non sorprende. Il tennis è uno sport malvagio dove spesso vince chi gioca a basket.
Malgrado tutti siano concentrati sulla fenomenale battaglia del campo 18, il torneo "normale" va avanti. Dopo i regali tentennamenti di Federer, non si sottrae al brivido del nulla nemmeno Rafael Nadal. Urge una veloce capatina sul centrale dove il maiorchino soffre all'apparenza il bel tennis completo ed aggressivo di Robin Haase, giovane olandese di talento e agonista di balsa sostanzialmente dedito alla sconfitta combattuta. Se due indizi fanno una prova, la coppa Davis e l'acrobatica sconfitta del Roland Garros al quinto contro Nicolas Almagro, dicono già tutto. Tanta scena, eccitazione inutile e l'orange avanti di due set a uno. Una di quelle partite dove, malgrado il punteggio proprio non vedi come l'arrembante olandese possa vincere. E infatti Nadal comincia ad uncinare in modo feroce, e quell'altro si spegne come un lumino. Per lo spagnolo ben più minaccioso è il pericolo rappresentato da Robin Soderling, che per ora avanza come un automa, senza perdere un set.
Altrove arano incuranti della storia e del proscenio David Ferrer e Thomaz Bellucci, entrambi al terzo turno. Xavier Malisse prosegue nella sua furente corsa di rinascita regolando in quattro set il buon Reister. Due parole sul tedesco: Aggressivo, divertente, con bei colpi eleganti e neoclassici, pienotto e mediamente nevrastenico. Un'altro adepto del gioioso wunderbar teutonico. La Germania si conferma il Brasile del tennis continuando a sfornare ragazzi ricchi di talento e gradevolissimi a guardarsi. Ma a passare è Malisse, che al terzo turno trova l'uomo di cemento, Sam Querrey. Gran battaglia c'era stata tra Jo Tsonga e l'emergente ucraino Alexandr Dolgopolov jr., gran picchiatore ed inquietante sosia del dj ex capellone Roberto Ferrari. Cassius Jo si fa recuperare due set, ma chiude di puro carattere 10-8 al quinto. Cosa vuoi che sia dopo i record di Isenr-Mahut.
Protagonista di fine giornata Philipp Petzschner. L'eroe vero del torneo fino ad ora. Altra vittoria in cinque set. Stavolta in rimonta, contro il marcantonio polacco Lukasz Kubot. Una specie di pezzo di legno rigido come una quercia secolare che si produce in un divertente e confuso serve&volley, ma proprio non sa farlo. Ora il terzo turno che tutti attendono: Petzschner-Nadal.
Italia si, Italia no. Nella giornata della tremenda disfatta pallonara, giornata in chiaro e molto scuro per i colori azzurri del tennis. Andreas Seppi, (mio) super favorito per la vittoria finale, cede in quattro set al tedesco Kamke. Del resto si sa, meglio un Almagro morto che un Kamke vivo. Fognini diviene l'eroe di giornata recuperando due set al "cementaro" americano Russell, ed ora si trova Benneteau al terzo turno. La seconda settimana per il "McSafin" ligure è più di una speranza.
Tra le donne nessun problema per Flavia Pennetta e l'orridamente rantolante Sara Errani. Perde Alberta Brianti. Si arresta contro la rumena Dulgheru la fantastica corsa di Romina "Sarina" Oprandi, e quella di Roberta Vinci sconfitta dalla quotata russa Pavlyuchenkova. Tre sopravvisuti al terzo turno, ed è già una specie di miracolo.

Il tennis infinito di Mahut e Isner



WIMBLEDON 2010 - Diario di (fuori) bordo - Day 3


Quasi otto ore di partita, ed Isner ha concesso solo una palla break. La seconda gli sarà fatale, mi ripeto come un mantra interiore. Voglio convincermene. Ma non so se volerla più quella palla break. Una specie di orrendo paradosso. Io che fino ad un paio d'ore prima quel trampoliere yankee lo avrei voluto vedere come fenomeno da baraccone di un circo, al più.
L'inesplicabile sortilegio dell'equilibrio. Li avevamo lasciati bloccati dal buio, con un quinto set da giocare. Li ritroviamo il giorno dopo, Nicolas Mahut e John Isner, alle prese con una interminabile, inebriante e a tratti leggendariamente ammorbante avventura chiamata quinto set. Senza tie break, senza break. Senza nulla, ma con tutto il pathos e le emozioni che questi due magnifici "eroi per caso" riescono a regalare. L'allegro volleatore "postumo in vita" (per citare un libro dello scriba Clerici) gioiosamente vintage e che ancora osa giocare deliziose volèe ed il tremebondo battitore yankee somigliante ad un fenicottero affetto da gigantismo, continuano ad affrontarsi petto a petto, in una battaglia rusticana senza fine. Un servizio via l'altro tra l'incredula eccitazione del pubblico e della gente, che man mano ha affollato il campo numero 18, ben conscia che lì dentro si stesse scrivendo qualcosa di straordinario ed irripetibile.
Due tennisti di medio livello, un magnifico attaccante classico se ancora ce ne è uno in questo barbaro mondo, ed una pertica che oltrepassa i due metri e spara ace a grappoli, in un giorno riescono a stabilire record che rimarranno imbattutti per decenni: ace (per entrambi), game, punti, durata e chissà quanti ancora. Ma oltre ai numeri, a dipingere la straordinarieietà epica di questo match è l'atmosfera che si respira. Qualcosa che riesci a cogliere nitidamente già dall'inizio. Un sottilissimo filo d'equilibrio elettrizzante che non riesce e non può interrompersi, come per inesplicabile sortilegio che ti tiene calamitato a non perdere nemmeno un quindici.
Nicolas&John, diversi ma legati ed inscindibili. Isner dall'alto dei suoi due metri e rotti centimetri è forse il più tremebondo battitore del circuito assieme all'altro gigante Karlovic. Ma Nicolas Mahut sembra quasi aver accettato quella sfida, come combattente spavaldo. Tra i due, è lui il tennista. Quello che nei rari punti giocabili riesce ad esprimere un tennis brioso, divertente, antico. Eleganti saette classicheggianti, gran balzi da felino, volèe abbrancate sotto rete da elegante coguaro, elastico e felpato. E' iper eccitato, motivato a mille, il buon Nicolas, da anni autentico Don Chisciotte della racchetta. Lui e quel serve&volley obsoleto, che non paga in termini di vittorie, ma manda in estasi lo spettatore. Quello che qualcuno storce il muso se lo comprendi di diritto tra i primi dieci della tua personale classifica di irrinunciabili beniamini. E questo match non vuole proprio perderlo. L'altro è un autentico strazio mortifero. Un paracarro che si aziona con lentezza esorbitante. Quando non ottiene il punto con la battuta portentosa caracolla a rete con la stessa suadente grazia di uno stambecco gigante artritico. Ma la battuta proprio non si riesce a capire come possa riuscire a perderla. Nicolas salva con coraggio due match point sul 32-33. E nessuno ancor sa che si è solo all'inizio di questa pazza, inimmaginabile giornata sui campi di Wimbledon.Brutali ace e ricami. I due proseguono. Il francese seguita nel suo stato di trance agonistica. Un lottatore elegante e strordente nella bellezza dei gesti tecnici. Ma l'altro non ha alcuna intenzione di mollare la presa.
Da un lato 80 ace, dall'altro solo 65. E' qualcosa che sta davvero sconfinando nella tragicommedia. Entusiasmo e avvilimento si mesciano sinistramente. Non si capisce se maledire l'obsoleta regola che impedisce il tiebreak finale sui sacri campi, o benedirla nei secoli. Anelare il ritorno ai ruderi in legno o accettare entusiasticamente i nuovi materiali. Voler finire l'americano gigante a randellate nelle gengive o volergli persino un pò bene. Un picco di crudeltà insensata, una crudeltà gratuita, perché fa il suo onesto mestiere John. Dall'alto del suo grattacielo serve in modo mostruoso, e quando c'è da toccare la palla lo fa anche discretamente bene. Ma Nicolas è Nicolas, più va aventi il match e più zompetta eletrico e saettante con quei capelli tipici di chi è stato investito da una violenta tramontana. Isner è invece sempre più lento, una moviola insostenibile. Ma a perdere il servizio proprio non ci pensa.
Il match va avanti inesorabile, passano le ore, il punteggio assume connotati da fantascienza e i servizi calano un filo d'intensità. Si riesce a vedere qualche scambio in più. Ecco addirittura un lungo duello fatto di una dozzina di rovesci, quasi tutti in back. Un'ulteriore presa in giro ad opera di quei due mascalzoni. Che ci stiano prendendo in giro? Anche nello scambio, l'equilibrio è spaventoso. Ora Mahut che chiude con una saetta fulminante in controbalzo, con una smorzata o una volèe civettuola, poco dopo Isner tira una bordata di dritto da fermo, fa due tragicamente sgraziati passi d'elefante verso la rete, e chiude il punto.
Oltre la stanchezza, oltre tutto il razionalmente concepibile. Isner finalmente concede due palle break ma è vana illusione. Continuerebbero all'infinito, giorni, settimane, mesi. La partita si potrebbe concludere per sfinimento o per morte cerebrale di uno dei due. Seguitano a darsele di santa ragione, senza che nessuno vada al tappeto. Picchiano duro solo al servizio poi, stremati, esibiscono un tennis più lento, quasi vecchio di trent'anni. A beneficiare dell'avanzare atrocemente interminabile della partita da guinnes è Mahut. La stanchezza favorisce la sua maggior capacità di generare tennis, oltre a ridurre le distanze al servizio a livelli impensabili (alla fine l'incredibile score degli ace reciterà: 95-98). E' il momento di chiudere, mi dico. Ora o mai più magico Nicolas! Vola! Vola! O forse non farlo, perché è comunque stupendo che questa giostra folle prosegua all'infinito. Sto diventando pazzo, o forse già lo ero. Aristotile, il mio gatto, deve avere la soluzione. Isner infatti è stremato, ha l'espressione da pugile suonato da almeno quattro ore, quasi debba stramazzare da un momento all'altro. A vederlo camminare sempre più versione moviola di "Jurassic park", sembra stia vedendo sul nastro la sagoma baffuta di Santa Faustina che sorridendo amabilmente gli preannuncia di essere incinto dello spirito santo, stanco di vederlo deambulare per il campo. Il linguaggio del suo corpo strilla "pietà!". Ma il servizio proprio non vuole cederlo, per lasciare campo al magnifico transalpino.
Domani è un altro giorno, forse. Provo a fare qualche congettura, tornando malvagio: Bisognerebbe impedire a quel goffo tizio americano di calcare un campo da tennis? Imporgli come sport il basket? Segargli le gambe? Mandarlo a fare l'uomo sandwich come sponsor degli hot-dog a Disneyworld? Farlo battere un metro più indietro in proporzione alla sua altezza? Abbatterlo violentemente? Consegnarlo ad un circo come fenomeno da baraccone? Poi torno in me. Per una volta, bisogna ringraziarlo. John il gigante con la faccia da liceale, l'accecante transalpino e la magia dell'erba sono riusciti a ragalarci emozioni a grappoli. E non è mica finita, perché non sono bastati due giorni a darci un vincitore. Semmai possa esserci. Intanto domani i due riprendino dal 59-59, forse fino al calar del sole.

mercoledì 23 giugno 2010

Eroi d'altri tempi




WIMBLEDON 2010 - Diario di (fuori) bordo - Day 2E' stata la giornata degli inattesi eroi. Vecchi combattenti in disarmo fisico e cerebrale, che si rialzano come Lazzari e combattono sospinti da forze invisibili.
Sul campo numero due danno vita ad un match appasionante Xavier Malisse e Juan Carlos Ferrero. Il belga è in giornata d'ispirazione furente. Codino d'ordinanza, barbetta, passo impettito da torello vagamente panciuto, regala un'ora e mezza di tennis abbagliante. Servizi dirompenti e fendenti che partono con facilità quasi irridente da quel braccio che fu baciato dagli astri e bistrattato da una mente problematica. Gli chiamano un fallo di piede sul 6-6 del sel tiebreak del secondo. Si teme possa ammazzare tutti. Perde il secondo set. Cede. Sembra debba mollare ogni cosa, è scritto nel copione. Una volta, poi due. Sempre con quell'espressione da geniaccio disgustatamente paranoico. Nell'atteggiamento, tra i tanti nipoti, Xavier è il più naturale e credibile erede di John McEnroe, tocca dirlo.
Eccolo il crollo definitivo. Cede il quarto, perde anche la battuta all'inizio del quinto set contro un "mosquito" bello arzillo e saettante. Sullo sfondo un malinconico tramonto, che fa il paio con un fisico in cartongesso, le urla belluine ed una mente in eterno disarmo. Tutto ciò che a trent'anni lo costringe ai bassifondi di una classifica dopo una carriera da tornellista zoppo, invece che da primo attore. E invece Xavier sovverte ancora tutto, che genio sarebbe altrimenti. Perché gli rimane ancora il braccio, ed il delirio dell'ispirazione inspiegabile. Ritrova risorse in chissà quali anfratti, e chiude co un parziale di sei a zero col "mosquito" ora ridotto con la lingua penzoloni. Avercene di Xavier.
Ma questa memorabile giornata ha regalato altre emozioni inattese dai più. Osservo con gran curiosità la mia pupilla tortorella Romina Oprandi, opposta sul campo numero 18 ad una bimbetta inglese coloured. E' un bel peperino tale Heather Watson appena diciottenne. Gamba corta, gran corse, buoni fondamentali e grinta esagitata. Tutta contrita e frenetica, si comporta come fosse già campionessa navigata. Il tipico prodotto della scuola Nick Bollettieri. Lo capisci anche senza vedere la sua biografia. Le creano con l'orrido stampo. Romina invece si trascina stanca. Berrettino e pantaloncini, indolente e paonazza, si prende tutto il tempo tra un punto e l'altro per rompere la frenesia della teenager. Pare ogni volta sul punto di abbandonare. L'altra lotta, corre ed urla. Lei è piantata, ferma e silente. Una enorme fasciatura al ginocchio destro, oltre a quella al braccio ferito da tempo, contribuiscono a farla sembrare una malinconica reduce di guerra pronta all'abbandono o al viaggio della speranza per Lourdes. Ma a Romina rimane il braccio, menomato anch'esso dalla sorte, ma rimane un gran braccio signori.
Da ferma, ogni volta, trova angoli che paiono magia improvvisa. Limita le smorzate, perché quella morettina satanassa le riprende tutte, in stato di esaltazione. Raggiunta sul set pari, e sotto di un break nel secondo, sembrano non esserci più spiragli per Romina. E nessuno le chiederebbe altro. Ma ha ancora risorse infinite che sgorgano dal braccio. Lob che scavalcano l'inglesina e colpi improvvisi come fluidi magici. "It's a kind of magic!" squilla una delle croniste inglesi, che ormai non fuò negare l'evidenza prodigiosa dell'italo-svizzera. Romina con un finale strepitoso ed un'ottima tenuta mentale si porta a casa il terzo set 6-3. Ed ora il secondo turno, sempre senza ambizioni ed in leggerezza irreale.
Nicolas Mahut e John Isner si affrontano petto a petto. Gran bombarde al servizio e tennis da prati. Il francese già eroe di maratone incredibili nelle qualificazioni, si produce in ace a grappoli, volèe, zompi felini, tuffi acrobatici. Un gran bel vedere. Sembra possa farcela a battere il più quotato trampoliere americano. Uno che a vederlo cinque minuti, Karlovic diviene Leconte. Si spegne sul più bello Nicolas Mahut, cedendo malissimo il tiebreak del quarto set. L'oscurità rinvia ad oggi il quinto e decisivo set.
Mentre passeggiano ai loro esordi Nadal, Soderling e Murray, prova invano a farsi del male Misha Youzhny, la cui vena autolesionista a Wimbledon ritrova sempre nuova linfa. Ma alla fine il russo viene a capo dell'israeliano Dudi Sela. Prova l'ennesimo suicidio pirouettante anche Philipp Petzschner contro Stephan Robert. Francese con cui il nostro eroe potrebbe vincere anche bendato. E invece il Picasso, al buio di ogni immagine, si fa recuperare due set, per poi chiudere al quinto. Secondo una variabile del sopracitato copione della follia masochista.
L'Italia s'è desta. Dopo la giornata orribile di ieri, autentico trionfo per i colori azzurri. Nulla può Tathiana Garbin contro Wozniacki, mentre passano in scioltezza la sempre gradevole Roberta Vinci, Sara Errani, Alberta brianti e Flavia Pennetta. Ma il meglio è nel maschile. Andreas Seppi fa un sol boccone di Nicolas Almagro. Addirittura due tiebreak vinti in fila. La rivincita del nostro tigre montanaro albino, che affila le unghie e con lo sguardo sanguinario avanza ferocemente sui sacri prati. La finale è lì, poi si vedrà. E pazienza se il topo-scoiattolo iberico meno di una settimana fa era uscito dal campo imbarellato, con una caviglia a pezzi. Non si vuole certo sminuire una delle poche giornate di gloria del tigre. Che infondo se le merita.
Il culmine lo ha però offerto Fabio Fognini, sulla carta quello con minori chance, perché opposto al top ten Nando Verdasco. Vedo poco o nulla, più impegnato a cullare i sogni di Mahut e Malisse, ma le poche immagini bastano a capire qualcosa, farsi un'idea sbagliata. "McSafin" è in stato di grazia, anche mentale. E questa è una svolta epocale. L'altro gioca male, ma in certi casi bisogna anche essere bravi a rimanersi nel match ed approfittarne. L'iberico invece sembra il fratello scarso di Nando, che spara una serie indicibile di errori gratuiti. Lo guardo in faccia ed è terreo, con le occhiaie marcate. Vien da credere che abbia passato la notte in compagnia di Lady ga-ga. Perché una faccia simile su un campo da tennis non la vedevo da Safin-Johansson a Melbourne 2002. Col russo che venne tirato fuori da un night per giocare ed ovviamente perdere la finale di uno slam.

martedì 22 giugno 2010

Federer all'ultimo respiro




WIMBLEDON 2010 - diario di (fuori) bordo - day 1




Dev'essere una strana sensazione chiamarsi Falla. Nel giro di un mese il mancino tennista nato in Colombia affrontava per la terza volta il suo carnefice Roger Federer. E quello, con la faccia da "campesinos" rassegnato, s'inventa una partita memorabile. Ribattute di gran riflesso, buone geometrie leggere, ossessivi dritti incrociati a cercare il rovescio del gran monarca. Per poi partire con imprevedibili frustate di dritto. Il re è nudo, stizzito, a tratti incredulo. Come tutti del resto. Pathos e gridolini sugli spalti. Due set a zero per quel mancino che continua ad avere dipinta sul volto l'espressione di chi è vessato dalle gabelle. Il padrone di Wimbledon, con le sue sonanti sei vittorie, non riesce ad organizzare uno straccio di rimedio a quegli schemi così semplici e leggeri. Anzi, come spesso gli accade in simili circostanze, nel tenrìtativo di punire con ferocia l'ardire dell'avversario, va fuori giri.
Il povero Falla, che poi povero non è se ha vinto oltre un milione di dollari in carriera, si ritrova ad un passo da quella che a mia memoria sarebbe una delle più grandi sorprese della storia del tennis moderno: Avanti due set, 4-4 nel terzo e 0-40 sul servizio dell'elvetico. Tre possibilità del colombiano per andare a servire per il match, poi divenute quattro. Roger, tutto bello ed elegante nel candore del completino bianco con vezzose costine è terreo in volto. Si salva con un bel passante di rovescio, poi a Falla trema il braccino creolo al momento di chiudere una volèe. Sport crudele e diabolico il tennis. Quel colpo di volo in qualsiasi altro momento lo avrebbe concluso agevolmente. Federer non solo esce dalla buca, ma vince il terzo set. Quando si pensa ad un assolo svizzero, l'assurdo pomeriggio londinese continua a regalare emozioni. Il colombiano seguita a macinare giochi e martellare il nervoso svizzero. Arriva a servire per il match, l'eroico campesinos sudamericano. Ma ancora gli trema la mano, inesorabile. Due erroracci e via. Federer è una specie di miracolato vivente, che poi domina il tie-break del quarto, e vince, con tanto di impietoso 6-0 al quinto. E vincerà pure il torneo, a questo punto.
Si salva anche il redivivo "nosfreatu" Davydenko. Sotto di due set contro Kevin Anderson, sudafricano bianchissimo, legnoso come pochi, ma che su queste superfici rapide è brutto cliente. Nosferatu mulina le gambine rachitiche, lancia dei lamenti leggeri e tremendi, ma recupera due set. Tutto di bianco, con la maglietta a girocollo e i mutandoni larghi, sembra davvero un infermiere-sguattero in malarnese. Ma di gran tigna, lui che dimostra almeno 93 anni, la spunta alla distanza: 9-7 al quinto.
Previsti e prevedibili patemi anche per Djokovic. Il serbo non recupera due set, ma è ugulmente costretto al quinto, in un match concluso sotto i riflettori ed al coperto. Solito spettacolo di immodesta protervia e tracotanza. Gran vincenti e grappoli di erroracci, discese a rete da marionetta impalata. E per poco il lillipuziano belga Olivier Rochus, uno dei più bei rovesci classici in giro, non gli fa la festa. A margine, l'angolo del serbo è sempre più grata dell'ucciardone. Ora c'è anche il fratellino minore di Nole, il più invasato di tutti. E la "Famiglia Addams" è al completo.
Il resto della giornata ha visto l'eliminazione di Marin Cilic per mano di Florian Mayer, una sorpresa, ma solo perché arrivata così presto. Fuori anche Wawrinka per mano di Istomin. Passano agevolmente Roddick, Monfils e Gabashvili. Qualche patema per Taylor Dent. Il volletore americano che sui prati lotta all'arma bianca quattro set col terricolo calante Chela, indica qualcosa che non gira nel verso giusto: L'erba non più erba, o Dent non più Dent.
Capitolo donne. Avanzano in carrozza le due belghe Kim e Justine, facile anche Venus, Bartoli e Petrova. Vince con qualche difficoltà Jelena Jankovic, la cui bellezza potrebbe far uscire dal coma chiunque, e poi stecchirlo definitivamente. Doma in due set la giovanissima promessa british Laura Robson, tipetta dal buon futuro, ma che per ora si è fatta notare solo per aver dichiarato quanto le sue colleghe siano delle lascive ragazzacce dedite all'amor promiscuo. Sorpresa, ma solo se si guarda al passato, è la sconfitta di Ana Ivanovic contro la attualmente più quotata israeliana Peer. Vicenda ormai nota quella della serba strepitante e bizzosa come una puledrina riottosa. Non le arriva ossigenazione al cervello. O forse il cervello non ce l'ha. Il demiurgo Gunthardt sta provando a capirlo. E immagino maledica il giorno in cui ha accettato di allenarla.
Italtennis arrembante. Si chiude con uno sfolgorante 0-4 la prima giornata. Persino Francesca Schiavone tradisce le attese. La fresca regina del Roland Garros cede alla russa Dushevina in tre set. Sconfitta che può anche starci. Specie se si considera l'italiana come una trentenne di gran valore, che vale le prime 10/15 e che a Parigi ha trovato due settimane di magia ancestrale. Se poi si è commesso l'errore di crederla la grazia divina ed improvvisa, capace di completare il gran slam per i prossimi tre anni, ecco che la sconfitta riveste significati di tragedia. Niente può Maria Elena Camerin contro Kim Clijsters. Dignitosa resistenza di Paolo Lorenzi a Montanes, e prevedibile sconfitta di Starace contro Kohlschreiber. Un set vinto a causa del prevedibile pisolino del "kohli", e tanto di 6-0 subito al quarto dal napoletano. Ma tanto a lui cosa può importare di Wimbledon, tra poco c'è il fondamentale impegno di Umago.

lunedì 21 giugno 2010

WIMBLEDON 2010 - diario di (fuori) bordo - L'insostenibile leggerezza di Romina Oprandi



Qualcosa che se provavi ad ipotezzarla mesi addietro, anche a livello di fascinosa utopia, ti avrebbero scambiato per uno ormai pronto all'immediato internamento: Romina Oprandi si prende Wimbledon. Supera di slancio le qualificazioni, ed accede al main draw. Ancora ebbri come vespe che ronzano attorno alle tinozze di mosto dopo l'inattesa epifania parigina di Francesca Schiavone, questa piccola ma immensa impresa simile ad uno squarcio di sole, è passata quasi inosservata. Potrebbe anche passare un turno, due o nessuno. Ma non è faccenda rilevante.
Dissertando amabilmente di italtennis con un fruttarolo. Calboni, anziano venditore di zucchine e peschenoci, ascoltando il mio moderato segno di giubilo ed una commozione insensata, proprio non si capacitava. "Ma come, proprio tu che spari sempre a zero in modo cattivo sui poveri tennisti italiani...". Come dargli torto. Se critichi amabilmente Safin o Youzhny sei un gran simpaticone, un fine umorista. Se ti azzardi ad addentrarti nei ricercati meandri dell'italtennis, divieni un disperato. Pazzo, o addirittura pusillanime anti italiano. Un disertore da rinchiudere nelle segrete assieme ai molestatori di scimmie marsupiali. Prevenuti e miopi nel non rinvenire le enormi doti (potenziali e morte) dei nostri. Il Calboni, pur non essendo uno di quelli che ne fa professione intransigente, ma solo un appassionato e discreto giocatore della domenica, non sfugge alla regola. Va in brodo di giuggiole per il rovescio di Volandri, è fermamente convinto che se sono riusciti a vincere tornei i vari mezzi figuri tipo Stakhovsky o Llodra, con un pò di fortuna in più, ne sarebbero capaci anche tennisti molto più ricchi di talento, come alcuni della nutrita truppa di fenomeni italiani. Ci vuole buona sorte, però.
Il piccolo grande miracolo Oprandi. Romina Oprandi ha una storia da raccontare che trascende le bieche nazionalità. Le due operazioni alla spalla ed il calvario fisico affrontato, avrebbero stroncato molti. Sfortuna vera e cruenta, mica anelanti richiami a stelle propizie e buone sorti di chi, pur essendo sano come un crotalo, finisce sempre in padella. E per i quali si invoca comprensione. Le qualificazioni superate a Londra dalla nostra si rivestono di un significato particolarmente dolce, valgono come una vittoria. Solo un anno fa la si osservava intenta nel folle tentativo di rientrare, tra lo scetticismo generale di chi la sa lunga. Tanti tornei Itf giocati senza brillare, molti abbandoni. Fino al buon finale dello scorso anno e ad un 2010 da protagonista, nei tornei minori però.
Leggevo un'intervista in cui si dichiare felice. Si diverte a giocare a tennis, ma non ha obiettivi o mete. E senza ostentare tonanti ambizioni afone di altri, si iscrive alle qualificazioni di Wimbledon. Perché partecipare ai championships londinesi è dovere morale di chiunque ha deciso di fare il suo mestiere in modo professionistico, dicono i sovversivi. E le supera. La spalla martoriata ancora le provoca fastidi, gioca anche con un crociato a pezzi, muovendosi come goffa tortorella semovente, ma vince le partite e riavvista le prime cento, sempre in inspiegabile leggerezza. C'è da non ammirare questa piccola Heidi con le gote rubizze? Più asciutta ma ancora piombata sul terreno è lì, che disegna gran tennis. Bando alle chiacchiere, con un fisico non mostruoso, nemmeno normale, ma almeno lasciato in pace dagli infortuni, sarebbe l'italiana più forte. Se le berrebbe tutte come un ovetto alla cocque. E' una stolta convinzione che mi porto appresso dal 2006.
Quel bizzarro concetto di buona sorte. Eppure, c'è un malcelato spirito di razzismo di ritorno che respiro attorno alle mie parole. Tutto normale, o un riflesso condizionato che nasce dall'esser governati da Borghezio e Calderoli, forse. Infatti il Calboni torce l'orrido labbro vagamente leporino. Proprio non si capacita di come io possa snobbare il pregiatissimo e talentuoso parco giocatori italiano, ed esaltare quella ragazzotta nata tra i monti svizzeri, coi tratti del viso nordici e tutti quei piercing da rave più che da tennis. O forse sarà quell'intercalare tedesco che la fa sembrare la sorella di Werner Perathoner, a destargli scetticismo. E mentre sistema nelle cassette i peperoni "cornaletti", prova un bieco tentativo di dissuasione: "Più che gli infortuni, dovresti sapere che a limitarla è stata la scarsa professionalità, un'alimentazione non da sportiva...".
Delittuoso spendere belle parole per chi si è lacerata tutto e ci prova, doveroso invece compatire chi è svagato nella mente, ma se solo volesse...L'Italia è la "terra dei cachi" del resto. Il Calboni sarà un lettore fisso di chi loda ed incensa le proditorie cavalcate dei nostri. Li coccola con paterna devozione e comprensione bonaria ad ogni insuccesso (ovviamente frutto di quel fato avverso, sempre lui): Da Seppi che avrebbe la costanza per competere a grandi livelli, a Volandri...a beh, e se Filippo trova un pò di voglia e motivazione...e poi Bolelli che ha talento da vendere, se solo lavora sodo...e Fognini poi, quando aggiusterà qualcosa a livello di testa, vedrete... Evidentemente frustrato dalla immane fatica di giustificare tutto ciò, il fruttarolo libera un paradossale livore subnormale sulla ragazza italo-svizzera. Scarsamente professionale a tal punto da passare sopra ad infortuni che nemmeno il Dott. House impasticcato, avrebbe risolto pienamente.
A proposito di dotte considerazioni su motivazioni e ambizioni. La stessa somma idea di motivazione comincia a suonarmi come un affare misterioso, avvolto da un nebbione clamoroso. All'insipiente totale, verrebbe da chiedersi dove sarebbero ora quegli eroi azzurri, avessero affrontato la metà dell'odissea fisica di Romina. Se anche ora, sani e saettanti, affrontano Wimbledon come una scampagnata inutile. O nemmeno vi partecipano, perché non rientra nei loro certosini programmi. Cerco di immaginarli (facendo gli scongiuri): Probabilmente uno a stendere pizze in un chiosco di famiglia, l'altro a vender "grattachecche" al mirtillo in Lapponia.
Ambizione appunto. La Oprandi, lo ha ammesso con candore, non ne ha. Al limite le piacerebbe rientrare tra le prime cento. Prende tutto quello che viene con leggerezza inebriante. Si diverte. Lei che non ha nessun obiettivo è lì, nel tabellone di Wimbledon. Quelli che ne hanno a palate sbandierano al mondo miraggi di top ten, fantasmagoriche tabelle, rutilanti partecipazioni ai Masters. Shanghai come Londra. E chissà quale altra mirabolante avventura da super eroi. E intanto rimangono a casa. Al più trottano in un challenger per fare qualche punto. Potendo mangiare i tortelli fattincasa, mica quell'orrendo "fish&chips" o peggio ancora le fragole sfatte con la panna liquida londinese. E poi vuoi mettere quel grigio-piombo che attanaglia sovente Londra, e che avvilisce gli animi dei nostrani poeti della racchetta? Il tennis di chi ha grandi progetti non passa mica da Wimbledon.
E intanto quella senza fisico, che si alimenta in modo disordinato, poco professionale e svogliata, che pure avrebbe avuto mille motivi per lasciar perdere tutto, s'è presa il diritto di giocare Wimbledon, il torneo più importante al mondo. Per tutti, non per gli italiani.

sabato 19 giugno 2010

WIMBLEDON 2010 - diario di (fuori) bordo - tabelloni e pronostici dell'esperto


L'’ex numero uno verso il leggendario settimo titolo ai championships, con un tabellone di media difficoltà. Sentiero più ostico per Nadal. La fortuna aiuta gli audaci, non certo gli italiani. I quarti disegnati dal sorteggio, e folklore di contorno
Federer-Davydenko. Inizio in discesa, contro onesti figuranti per Sua Maestà lo spodestato. Il colombiano Falla, che ben presto l'elvetico si porterà a casa come l’orsetto delle giostre nel borsone delle racchette. Poi il più pericoloso (ed è tutto dire) si chiama "barbetta" Tipsarevic, talento dormiente, mezzo filosofo pensatore e mezzo tamarro semplice, che dopo mesi di agonia è tornato a giocare bene sull’erba olandese. Ottavi un filo più impegnativi, contro Jurgen Melzer. Curiosità nel vedere se il mancino austriaco proseguirà a veleggiare garrulo dopo l’exploit parigino, o tornerà nei suoi splendidi voli bradi da sofisticato perdente di valore. La seconda che ho detto, sicuramente. Interessante primo turno tra l’austriaco e l’attaccante reggae Dustin Brown. Ma da quelle parti può dire la sua l'eventuale luna ispirata di Feliciano Lopez. Occhio anche all’emergente lituano Berankis, tipo per il quale prevedo un buon futuro.
Improbabile che il rientrante Davydenko come ne "Il ritorno dei morti viventi", riesca a raggiungere Federer. Berdych, nella nuova versione con parvenze di materia grigia al posto del solito pungitopo campestre, mi sembra il più credibile (e temibile) avversario dell’ex numero uno nei quarti. Dovrà però ben fronteggiare un nugulo di arrembanti avversari: Il sempre tignoso Benjamin Becker da prati, la gramigna immarcescibile Schuettler, l’armadio uzbeko Istomin che per motivi insondabili da mente umana, sull’erba si esprime meglio che altrove. O addirittura Stan Wawrinka, reduce dalla vittoriosa campagna nel challenger terricolo di Lugano, dove ha ridotto a miti consigli Rezzonico, Gervasoni, il poliziotto Huber ed il pastore tedesco Augenthaler.
Djokovic-Roddick. Bizzarro ipotizzare che "la cosa" Djokovic risorga proprio sull’erba di Wimbledon dove, se possibile, il suo tennis soffre ancor di più. Già all’esordio il soldo di cacio belga Olivier Rochus ha le qualità per stenderlo graziosamente. Al limite Taylor Dent al secondo turno, sempre che il pesante e rattoppato reduce di guerra americano riesca a reggere almeno altre due partite. Dovesse passare questi fatui (ma per lui terribili) perigli, difficile vederlo oltre gli ottavi. Hewitt pare più attrezzato di lui ad andare avanti. Per l’australiano ex numero uno al mondo e recentemente vincitore ad Halle, ottimo spiraglio per un match di rivincita con Roddick.
Roddick, superato il morbo che gli ha intorcinato le budella rendendolo alter ego del terreo Pescosolido, avrà il suo bel da fare per arginare le morbide parabole antiche del transalpino Llodra. Quindi lo svampito ermellino Kohlschreiber o il bestiale Gabashvili nella rivincita del terzo turno parigino. Teimuraz il torneo può anche vincerlo, se squarcia il campo con 120 vincenti a partita. O stermina tutti brandendo una scimitarra paleozoica. Poi oltre all'impalpabile Cilic, ultimamente frizzante quanto una battuta mortifera di Marino Bartoletti, chance anche per il neo smilzo Mardy Fish, sempre isidioso sull'erba.
Verdasco-Murray. Percorso che somiglia ad una passeggiata di salute per il toreador "sciupa serbiatte", fino agli ottavi contro Jo Tsonga. Il picchiatore una volta capace di tirar dardi infocati e carezze come piume fluttuanti nel giro di uno scambio, ora ridotto a modesto pugilatore che annaspa simile ad un gigante d'argilla, provoca una gran morsa al cuore. In un confronto da non perdere, rischia già al primo turno contro Robert Kendrick, attempato americano in declino, ma pur capace di qualificarsi e che ben si destreggia sui veloci prati. Una specie di Roddick che vuole fare Mayotte, ma non sempre ci riesce. Poi il transalpino si troverà a fronteggiare le esplosive bordate dell’ucraino Dolgopolov jr. buone per ogni superficie, malgrado quello zigrinato cerchietto che ne raccoglie la chioma, quasi una ghirlandina floreale che farebbe invidia a Cristiano Malgioglio.
Murray, scozzese idolo degli inglesi, dopo un inizio agile troverà negli ottavi il sopravvissuto di uno spot di tabellone che pare una tonnara. Primo turno curioso tra Ferrero e Malisse. Entrambi trentenni, il primo ex numero uno al mondo, l'altro indiscusso reuccio dei talenti criminosamente gettati via. Vista la stagione erbivora giocata livelli di umana decenza, può spuntarla anche il pigro talento anarcoide di Xavier. Ma da quelle parti sosteggia fiero della sua bruttezza Sam Querrey. Siccome il mondo non potrà essere salvato dalla bellezza (vuoi che Dostoevsky conoscesse l'americano?), "L'uomo di cemento" già al primo turno inizierà lo sfegio di bellezza, provando a impallinare Sergiy Stakhovsky, airone che ha danzato elegantemente sull'erba di Hertogembosh.
Soderling-Nadal. Tabellone senza grossi ostacoli iniziali anche per il nordico taglialegna disturbato, prima di un eventuale e succulento quarto contro Nadal: Un remoto sirtaki gaudente di Baghdatis, o Ferrer. Ma il muratore iberico si destreggia sull'erba con la stessa maestria di un'anitra con le turbe che pattina nella melassa. Proverà a fargli la sorpresa al primo turno il vecchio bucaniere dei campi verdi Nicolas Kiefer, tipaccio crepuscolare che qualcosa di bello può regalarlo. Spesso niente, ma fatto assai bene.
Percorso simile ad un campo di guerra minato invece per Nadal, annacquato dalla rinuncia di Gulbis. Subito il redivivo Nishikori, poi quel che rimane di Blake, e alfine Petzschner. Chi meglio di lui nello sfibrare gli arrortamenti maiorchini. Per poi proseguire in un orgasmico crescendo fino alla finale, come una faina storpia. Probabilmente contro "Orzoway" o Andreas Seppi. Se sarà in versione venditore di bucce di sementi, perderà al primo turno, senza tanti premboli. Superato questo ostacolo, per l'iberico ecco la sagoma di Misha Youzhny sempre alle prese col concerto di "vuvuzelas" che ha nel cervello, e che già al primo turno (altro match imperdibile) se la vedrà con Dudi Sela in un fumigante duello di rovesci. Al limite John Isner. Altro accoppiamento di primo turno da tener d'occhio è proprio quello tra il pivot americano e Nicolas Mahut, autentico eroe antico, rusticano e volleante, del torneo di qualificazione.
Mondo Italia (un gran bel mondo). Non è andata bene come a Parigi, non v’è dubbio. Ma con un livello così basso, nemmeno Moggi avrebbe potuto studiare una griglia decente. Paolo Lorenzi ha un tabellone difficile, ma nemmeno impossibile. Montanes al primo turno, già sconfitto dal nostro alfiere a Roma, poi un altro secondo turno senza fenomeni. Andreas Seppi, il nostro tigre albino, trova un Almagro poco erbivoro e per giunta azzoppato, ma che dovrebbe giocare ugualmente. Ben sa l’iberico che il nostro Petar compagno di giochi di Heidi travestito da Tafazzi, non vince una partita nemmeno se gli mettono dall’altra parte una sagoma di carton gesso. Le voci fan presto a diffondersi.
"McSafin" Fognini, se Verdasco è in condizioni di deambulare dignitosamente, può solo sperare di far bella figura e raccogliere quante più bucce di lupini. Starace è chiuso dal tedesco Kohlschreiber. Sperare nelle sonnolenze cerebrali del tedesco si può, ma non basterebbe ugualmente. Ascoltavo una interessante dichiarazione di un personaggio importante (di cui ovviamente mi sfugge il nome), secondo cui Barazzutti e Panatta evitavano di prepararsi sull'erba perché s'innervosivano un poco. E così giungevano a Wimbledon più sereni d'animo. Un consiglio, quasi una massima filosofica, che parecchi dei nostri hanno colto al volo. Peccato non si chiamino Panatta o Barazzutti, ma nemmeno Garcia Lopez.

lunedì 14 giugno 2010

Il megapresidente si dà al tennis


Nelle prime ore del meriggio il megapresidente "pipino l'irrefrenabile" riposava nel suo umile baldacchino di 12 metri quadrati, sventolato con della ampie piume di struzzo dalle ossequiose domestiche Minzolini e Belpietro.
"Animo sguatteri!". Si udiva ogni tanto la voce ferma del sultano, un poco infastidito dalla loro fiacchezza, mentre piluccava qualche fragolina di bosco.
Poi si recò nella stanza dei lavori di Palazzo Chigi, laddove lavora per rimettere all'impiedi l'Italia. Ad attenderlo, impegnativi colloqui per la "pupa ed il secchione" ed una dozzina di svampite soubrettes da testare in prima persona.
Nell'altra sala, ministri, capigruppo, sottosegretari e servi della gleba facevano un gran baccano innanzi alla tv. Strillavano e scoreggiavano come cavalli da soma armeni. Assistevano alla finale del Roland Garros. Per la prima volta un'italiana in finale, Francesca Schiavone. Un evento epocale. Il messia si unì a loro, parecchio incuriosito.
"Ma chi è costei che tiene in alto i colori della nostra patria? Se vince domani la voglio a me! E' l'immagine vincente del nostro buon governo che non è in crisi. Chiamate il suo agente, chi è Lele Mora?".
Appariva incuriosito da quello sport misterioso. Faceva gran battute da gradasso con i ministri.
"Ma uditela come geme! Sembra o non sembra una che sta copulando col vostro premier? L'altra invece sta zitta, proprio come le donne di Bersani...".
"ahahahahahaha".
Risate grasse ed ilarità irrefrenabile nel consesso.
"Ammesso che ne abbia una o non sia pure finocchio...". Altre risate irrefrenabili
"ahahahahaha oltre che comunista pure frocio!!!". Gridò un esaltato Gasparri.
"Se è pure negro sta proprio male quel lì...". Chiosò Calderoli, provocando altre risate contagiose.
"Maestà lei è un umorista nato, oltre che bellissimo!", si lanciò un estatico Minzolini.
"La smetta viscido sguattero, che debbo gustarmi la partita. Questa strana ragazza sta tenendo in piedi l'orgoglio dell'Italia nostra.".
"Viva l'Italia!!!",
squillarono due gerarchi fascisti.
"Roma ladrona!!!". Risposero per le rime due squilibrati in camicia verde.
Il messia faceva un gran tifo, a volte non comprendendo le dinamiche.
"E' un bellissimo sport. Domani mi fate costruire centododici campi a Villa San Martino, e ci mettiamo le veline a giocare. Però le voglio tutte in perizoma, sotto i venticinque anni e con grosse tette.".
"Ben detto Sire, è tempo di svecchiare questo sport e la costituzione obsoleta, anche!".
Intervenne il maggiordomo Vespa, dopo avergli baciato le nocche con servile devozione. Ma il giovane premier era tutto preso.
"Ma questo arbitro è un venduto, un comunista! L'ho inteso bene! Come fa ad andare da 40-0 a 40-15? Che criminosa disposizione antidemocratica è quella dove un punto non vale uno? Bisogna cambiare la costituzione del tennis! Domani si fa un bel decreto delle libertà, è insostenibile...la sovranità appartiene al popolo, che la esercità secondo la costituzione, ma se la costituzione è da rifare, la esercito io...".
Grandi cenni d'intesa, e scrosciante applauso tra la servitù di governo.
L'azzurra ebbe un passaggio a vuoto. Il megapresidente osservava accigliato. Si lasciò andare a dotti commenti.
"Ma cribbio! Che combina questa qui? Sarà mica una perdente di sinistra, o addirittura una tifosa della Inter? disdite subito lo incontro, mandatela da Fassino...Deve buttarla più forte la pallina evitando l'off-side, giuocare sulle fasce, fre i cross al centro! Ma chi la allena un inetto? E' più incapace di Leonardo! Fossi io il trainer avrebbe vinto 6-2 6-1, almeno. Emilio, untuoso leccapiedi, prenda il telefono, chiami Parigi, mi faccia parlare con chi di dovere per dare dei consigli da vincente!". Era talmente infervorato per la filippica da Onnipotente in terra, che ebbe un'erezione clamorosa, ammirata con viziosa cupidigia da Minzolini.
Due galoppini, per non turbarlo, gli diedero una cornetta. Dall'altra parte del telefono Sandro Bondi imitava qualcuno dello staff tecnico dell'italiana. Facendo l'accento del Nebraska finse di accogliere estasiato le sue illuminanti disposizioni tattiche. Nello stadio terminale delle malattia mentale, al megapresidente viene fatto credere tutto. Chi gli è attorno non vuole adirarlo o sminuire le sue convinzioni di essere l'infallibile fattosi carne, invulnerabile in ogni anfratto dello scibile umano. Gli sguatteri ingaggiano anche le puttane per farlo sentire un gran conquistatore. Pagando un surplus per le dichiarazioni mendaci di costei sull'instancabile vigoria del tiranno.
E Farancesca Schiavone vinse in due set.
"Senza il mio intervento, mica avrebbe vinto! Sono INVINCIBILE!". Strinse le mani in alto in segno di giubilo.
Il giorno dopo ecco l'atleta azzurra a Palazzo Chigi. Il monarca è raggiante. Si mostra impettito al mondo, al fianco dell'Italia che vince. Che la crisi è la scusa dei pusillanimi, ora è ben evidente. Silvio la voleva molto più bella e slanciata, affinchè l'immagine fosse perfetta. Ma dovette sottostare, conducendola ugualmente ad un incontro privato, con fare da impenitente sciupafemmine capellone. La avvolge con un fiume di parole inarrestabile. Un eloquio inenarrabile. La povera tennista è silente, come estasiata o morta. Lui incalza, illustrando le sue vittorie nell'editoria, nelle tv, nello sport, nella politica, nelle opere pubbliche, lo strepitoso successo mondiale del terremoto dell'Aquila...
Condotta nel cinemascope personale, proietta un suo dirompente comizio fiume delle libertà. Inarginabile, balza in piedi ed accompagnato da Apicella esegue uno dei capolavori musicali del filone neo-sentimental-melodico, scritto di suo pugno in una notte di amoroso tormento insonne: "vasame chiane chiane". Applausi interminabili del pubblico improvvisato.
Alfine, l'istrionico monarca si esibisce in qualche barzelletta sporca, con gustosi doppi sensi..."Allora Francesca, quando andai in paradiso a trovare il babbo, mi ricordo che c'erano un tedesco, un francese ed un italiano...e sai chi ce lo aveva più lungo?". "Berlusconi!!!!!" esplosero all'unisono le dodici ragazze immagine pon-pon chiamate per l'occasione. Applausi interminabili e sorriso raggiante del Premier.
Poi il congedo. Francesca Schiavone è come in trance mortale.
"Molto benissimo Francesca, noi tutti siamo onorati per l'immagine che ha dato dell'Italia, simile al nostro governo del fare. Deve sapere che da domani mi adopererò per ammodernare il vostro sport...innanzitutto dei costumini più sexy, la gente vuole vedere le cose belle, lo chare è tutto...e lei che farà nei prossimi anni? So che nei vostri sport minori si gioca ogni quattro anni, le fisso un appuntamento coi miei segratari che vediamo, qualcosa si trova. E' troppo in là con gli anni per fare la velina, ma qualche ospitata o reality lo si trova lo stesso...".