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mercoledì 29 luglio 2009

Classifica dei 10 migliori tennisti dell'ATP (Alieni Tendenzialmente Perdenti). Parte seconda


1-Marat Safin. Gigante russo, benedetto da astri propizi, che gli donarono un braccio possente e denso di fluido magico, e poi si divertirono ad infilargli delle locuste urlatrici nel cervello. A chi non ne avesse conosciuto le gesta, basterebbero alcune frasi, due episodi, forse tre, per descriverne la carriera. Us Open 2000. Pete Sampras, novella e fulgida divinità dell'olimpo tennistico, che dichiara a fine match: “E' stato frustrante. Per la prima volta in carriera non potevo fare nulla.”. Marat Safin lo aveva appena demolito in finale 6-4 6-3 6-3. Irriguardosa e schiacciante dimostrazione di superiorità annichilente, contro il più forte di sempre (così dicevano gli esperti allora), e che dichiara di non aver potuto fare niente. 2005, semifinale dell'Australian Open. Opposto al cavallo pazzo russo, un'altra leggenda, pure lui battezzato il più grande di ogni era, tal Roger Federer, nel pieno di una carriera da marziano. Ne viene fuori la più bella partita che i miei miserabili occhi abbiano potuto vedere su un campo da tennis. Due supernova di accecante bellezza, luminose, eleganti e potenti, che impattano e partoriscono uno spettacolo futurista. Giocano il tennis che si vedrà su marte nel 2400. Il meraviglioso danzatore elvetico, ed il gigante russo, se le suonano a viso aperto. Marat sbraita, colpisce duro, rintuzza e riattacca, senza paura o timori riverenziali verso il numero uno. Figuriamoci, lui, Marat Safin, è più forte di tutti. Sono gli altri a dover avere riverenze. Se solo vuole e si decide, ovvio. Va ad un punto dalla sconfitta. Affonda ancora di rovescio, e con una volée di brutale bellezza porta la partita al quinto. Gigioneggia, eccita e trasporta le folle che lo adorano, gesta schizoidi appena accennate, urla disumane, le vene della pazzia che si gonfiano improvvise, palline morsicate, racchette frantumate con ferocia, carisma debordante che avverti sottopelle. Niente a che vedere coi pugnetti isipienti dei vari pupazzetti, di cui pullula il circuito. Un quinto set d'immaginifica bellezza, con scambi brutali. E ancora dritti danzanti e fatati del Mozart elvetico e pennellate poderose di rovescio del russo. Mai visto un rovescio a due mani così bello, dai tempi di Miloslav Mecir. Possente, flessuoso, regale, devastante. Potenza fluida, che annichilisce. Incrociato o magicamente lungolinea. E a vincere, 9-7 al quinto, dopo cinque ore, è il russo con la faccia da guascone, e il cervello in continuo cortocircuito. E vincerà anche il torneo. Lo stesso russo, per dire, che nel 2002, sempre in Australia, aveva regalato il titolo a Johansson, dopo una nottalba danzereccia, fatta di bagordi, vodka, e fanciulle strepitanti.
Smetterà a fine anno, Marat, perché annoiato dalla routine, alberghi, aerei, etc...Se qualcuno gli chiedesse di barattare il suo decennio schizoide con una vita da atleta modello e qualche slam in più, qualche record, non ho dubbi, si farebbe una grassa risata. E' stato numero uno per qualche settimana, ha vinto due slam, è diventato miliardario, se l'è goduta dibattendosi, bello come un mitologico adone greco, tra safinettes urlanti, “pagandole per uscire dal suo letto” (così dichiarò, con la proverbiale classe), ha demolito i due più forti di sempre (Sampras e Federer, così dicono). Dimostrato a se stesso di essere il più grande. Non aveva mica bisogno di esibirlo a tutti, ogni giorno, allenandosi e facendo la vita monacale del chierichetto. Così gli avranno suggerito le locuste stipate nel cervello. Perchè lui era semplicemente Marat, irridente guascone. Ed ecco che ci ha negato una rivalità che sarebbe passata alla storia come la più bella di sempre (proprio con Roger). Ma lo si è amato, forse, anche per quello. Per essere anticonformista e svitato, talentuoso e indolente, il contrario del prototipo del tennista mediocre che si allena con abnegazione e raggiunge i vertici.
Ha 29 anni, ma è come ne avesse 42. A Los Angeles (ieri) gli hanno fatto giocare una esibizione col 38enne Pete Sampras. Lui l'ha vinta, ma solo al terzo set. Quassi fosse un ex. Ed in effetti, da almeno tre anni si comporta da tale. C'è solo l'immagine furente ed avvilita del campione che fu, e qualche colpo regalato, qui e là. I più cinici, si chiedono perché si ostini a voler mostrare al mondo i suoi resti malinconicamente vulnerabili. Lui se ne frega, finita la partita, avrà altro a cui pensare, che non una sconfitta. Se il tennis fosse stato puro “gioco”, sarebbe rimasto numero uno per 15anni di fila. Altri ancora, sconcertati dalle ultime esibizioni, ne reclamano l'abbattimento, come un qualsiasi cavallo di razza che si rispetti. Io lo considero un po' come una rock star alla sua ultima tournèe. Immaginate Robert Plant, a 80 anni. Che canta tutto il suo repertorio. Gli si perdona tutto, stonature e stecche. In attesa di un ululato perfetto, magari in coda a “whola lotta love”. Ecco, quella è la speranza. Dopo l'esibizione da baraccone con Sampras, gioca e porta a casa una partita tiratissima in doppio assieme a Kunitsyn, ed in singolare vince in rimonta contro Robby Ginepri (fresco di successo a Indianapolis), e la speranza dell'ammiratore che non si rassegna all'evidenza, che rinasce. Il solito "ma vuoi vedere che...". Rimangono cinque o sei tornei, poi se ne andrà. “Sono stanco, dal prossimo anno voglio fare qualcosa di diverso”, ha detto. Come se avesse avuto una carriera da tennista normale. Qui, Marat, nella epocale sfida con Federer. Se non vi si rizzano le carni, leggete altrove, di tennis.

2-Philipp “Picasso” Petzschner. L'ammirazione per questo curioso personaggio mitologico, nasce qualche anno fa. Il suo talento riluce come cristallo, cozzando inesorabilmente con una scarsa attitudine all'allenamento, schemi, lavoro. Come tutti i geni, non pensa, e se lo fa, ritiene che basti il talento, che lui non abbia bisogno di faticare come gli altri muli insipienti. Ma lui non è John McEnroe. Non è Maradona, è Domenico Marocchino, al limite un Dejan Savicevic. E di allenarsi, un minimo, avrebbe bisogno. E così i risultati non arrivano, si spacca anche un ginocchio e pare avviato ad essere una delle tante ipotetiche speranze talentuose, disperse nella boscaglia dellAtp. Mi chiedo come si faccia a non adorare un personaggio simile. Cito un episodio surreale, sul quale ci si potrebbe scrivere un libro. Philipp, che si barcamena, sconosciuto, oltre la trecentesima posizione, si ritrova (per caso) al fianco di Roger Federer durante una partita di calcio. Lo fissa in modo inquietante, con gli occhi sbarrati e la faccia di Picasso. Lo saluta e gli dice: “Ah, così tu saresti Federer, quello che ha un gran talento, come me?”. Lo svizzero si guarda attorno, pensa a un pazzo, un attentatore. Crede glielo abbiano mandato Nadal e Zio Toni, per condurlo in modo definitivo sul lettino di uno strizzacervelli.
Poi Picasso decide di rimettersi in discussione, lavora sodo, si riprende dall'infortunio. Regala qualche sprazzo isolato. Nel 2007 si esalta contro Tommy Haas nel secondo turno degli Us Open. Perde, ovviamente, al quarto, ma è forse quella la miccia che gli fa capire di potersela davvero giocare nell'Atp. Lo scorso anno, a Wimbledon, recupera due set ad Ancic, ma poi perde al quinto. Fino al magico autunno dei folli. Torneo di Vienna. La culla dei musicisti svitati. Picasso supera le qualificazioni ed entra nel torneo. L'ambiente viennese, come un valzer che ballonzola nelle meningi, deve ispirarlo non poco. Vestito tutto di nero, senza uno straccio di sponsor, e con la maglia della nonna, mette in fila Wawrinka, Hernych, Moya, Feliciano Lopez, e l'orrid'uomo Monfils. Uno via l'altro, altro giro altro Valzer surreale. Sempre con quell'espressione ritorta ed arricciata, e l'aria di chi è stato piazzato lì da forze oscure ed aliene, sordo ed immune a tutto, meno che alla musica che avverte nelle vene. E a Vienna Von Karajan pare dirigere alla perfezione il concerto di scimmie strepitanti nella cassa cranica. E va alla grande, vince il torneo tra l'incredulità generale. Del resto, i geni hanno bisogno di ispirazione, non possono fare tutto per becero dovere. Lo chiamano Picasso per il suo gioco, e l'abilità di dipingere il campo. Pennellate ora lievi, ora saettanti, a spazzolare angoli incredibili. Ha mano dolcissima il tedesco, esegue rotazioni assolutamente classiche. Stordisce gli avversari con morbosi e dormienti rovesci in back, prima di partire con accelerazioni improvvise, rasoiate di dritto incrociate, smorzate candidamente folli, volée ricamate. Se è in giornata, è davvero puro godimento, per chi ama un certo tennis. E seria preoccupazione per l'avversario. Il problema è trovarla, la giornata. Potrebbe battere chiunque, o perdere con un'anziana signora, tutto dipende da come gli gira, da quale piede ha messo a terra per primo, dopo essersi destato.
Quest'anno si difende bene, ottiene discreti risultati, ora è numero 45. Quasi un miracolo. Intendiamoci, Picasso lo si prende così com'è. Si accetta tutto il pacco. Imprevedibile e gustosa macchietta. Estemporaneo godimento di un nulla fatto bene. (questa l'avrò già scritta, ma mi piace). Eccolo qui, nel concerto di Vienna.

3-Richard Gasquet.
Sul francese ho già scritto troppo, e dunque non mi dilungo. Se possibile, le fresche vicissitudini, me lo hanno reso ancor più simpatico, e gli hanno fatto guadagnare due posizioni. Ma non perché sono un bastian contrario e mi diverta a scrivere il contrario di quello che fanno altri. Semplicemente
 meravigliosa l'immagine di Richard, che per evitare la gogna della squalifica per doping alla cocaina, s'inventa un languido bacio alla francese con una ragazza cocainomane. Una soluzione pavida e geniale, in perfetto sincrono con la sua carriera. E qui, altro paradosso, potrebbe addirittura spuntarla, laddove sul campo, spesso, non ha funzionato.
Richard, se ritorna in sella, può continuare per anni a deliziarci, a sibilare quel rovescio incantatore per il mondo. Ha solo 23 anni, e una carriera davanti. Ma oramai mi sono fatto un'idea piuttosto chiara su di lui. Avrebbe il talento di battersi costantemente alla pari con Federer e Nadal integro, ma ha un cervello da perdente nato. Non è solo carenza di carattere o spirito autolesionista, ma vero e proprio terrore, fobia, pavidità genuina da bambino smarrito. Letteralmente strozzato dalla pressione che gli hanno messo addosso, di dover diventare l'erede di Federer a ogni costo. Il chiaro esempio di un talento ingabbiato. Lo vedi sul campo, con le gambe storte, il cappello calato al contrario, fisico da paperotto, e pensi che non è nemmeno un tennista. Poi comincia a dipingere traiettorie fatate e rovesci scintillanti, con quel braccio benedetto, e ti sale la rabbia incantata ed impotente, quando lo osservi smarrito. La soluzione migliore, sarebbe la più semplice: non obbedire alla mente (che non ha), lasciando andare il braccio ed evitando pasticci a ripetizione. Chi gli è attorno non sta certo migliorando la situazione. E solo col braccio è arrivato tra i primi dieci. Invece di pensare a cosa potrebbe essere, non rimane che godersi questo rovescio in corsa a Montecarlo, sul match point, e contro Federer (sempre lui, sarà un caso?), quando Richard aveva 18 anni, ed una mente sgombra.

4- Fabrice Santoro.
“The magicien”, “The lizard”, o semplicemente “Maghetto”. Chiamatelo come volete. Una specie di piccolo monumento artistico, trottante ancora per i campi di tutto il mondo. Ha 37 anni, il francese tascabile. Smetterà a fine anno anche lui, e la mia scuderia si assottiglierà tristemente. Ed è un peccato. Perché a differenza di un Safin, è ancora capace di giocare al suo massimo livello ed essere tra i primi 40 al mondo. A lui mai nessuno ha chiesto di portare a casa uno slam. Ma semplicemente di divertire, vincere qualche torneo minore, battendo quelli meno forti di lui. Il suo tennis è autentica burla irridente.
Il minuscolo Fabrice, in ventidue anni di carriera, ha compiuto un vero miracolo, un prodigio della tecnica. In un tennis dominato dalla fisicità esasperata, dopo un inizio da modesto pallettaro dei campi, ha saputo inventarsi un modo di giocare unico, compensando la mancanza di forza e del fisico. Ammirevole, geniale e divertente come pochi. Dritto e rovescio a due mani, una specie di lucertolina di terra quadrumane ed invisibile: corricchia e ti ritrovi ovunque, affetta, ricama, partorisce pallonetti scucchiaiati, rotazioni velenose o completamente morte, facendo impazzire nerboruti avversari di due metri, che non sanno mai cosa aspettarsi. Nel guardarlo, mi viene in mente una parola: “tricotage”. Descrive onomatopeicamente il personaggio. Il suo tennis è un uncinetto stilettato e godurioso, smorzate imprevedibili, improvvise e geniali. Da autentico maghetto, appunto.
Carriera è lunghissima, dignitosa e leggendaria. Che potrebbe sembrare un controsenso, ma non lo è. Con quel fisico da fantino, ha saputo sfidare l'epoca del virgulto atletismo, spesso vincendo, e quindi, mai uscendone sconfitto. Negli ultimi due mesi, sull'erba si dimostra ancora competitivo, facendo semifinali a Eastbourne e Newport, e battendo Kiefer a Wimbledon. Il prossimo anno non ci sarà più, e dispiacerà a tutti. Il suo nome veniva sempre visto con curiosità nei tabelloni. Una specie di mina vagante imprevedibile. Avendo imparato a sopperire al fisico, con un gioco atipico e tremendamente divertente, meno di altri avvertirebbe il calo dovuto all'età. Ma ha deciso di dire basta e non rimane che godersi per qualche altro torneo, le sue fluettate improvvise, magheggi urticanti, scucchiaiate quadrumani, quasi adagiando la pallina al di là della rete col palmo della mano. Eccovene, una breve raccolta.

5-Jo-Wilfried Tsonga.
E' passato un anno e mezzo da quell'Australian Open. La crisi d'astinenza verso personaggi in grado di abbinare ogni componente, talento, grinta e fisico, era così tanta, dall'indurmi a gridare al miracolo gaudioso. Dalle retrovie arriva in semifinale e demolisce Rafael Nadal: 6-2 6-3 6-2. Intendiamoci, un Nadal di lusso, numero uno in pectore e senza bue alle ginocchia. In tre set stellari, riduce l'invasato maiorchino ad agnello rassegnato e impotente. Un dimostrazione di forza impressionante. Si abbatte sulla scena tennistica e sullo spagnolo con la stessa forza d'urto di uno tsunami devastante. Servizi mostruosi, dritti marmorei, atletismo scintillante, gioco di rete esplosivo. Un po' tigre assassina assetata di sangue, un attimo dopo cigno leggero. Pare avere tutto per essere l'uomo giusto, quello che si aspettava da tempo, “l'unto del signore” (e non vi vengano in mente immagini di giovani premier in vena di confessioni personali). Il predestinato insomma. Su un fisico statuario e muscoli luccicanti, capaci di delicatezze inaspettate, si ammirano carattere da vendere, carisma innato, braccio brutale e talentuoso. Una somiglianza fisica incredibile col grande pugile Cassius Clay-Mohammed Alì, e che si estende anche al suo brioso modo di interpretare il tennis. Ora poderoso, ora ricercato e leggiadro come venticello godurioso. E' anche un personaggio nato, gioca col pubblico, spavaldo e irriverente, scrolla le spalle, mostra facce da attore consumato, poi si esalta, trascinandolo con gesti da gladiatore nell'arena. E il pubblico non può non adottarlo.
Tutto insomma, faceva propendere per la nascita di una nuova fulgidissima stella. Succede poi, che qualcosa si rompe. Specie nel fisico, macchina potente ma delicatissima e che già ne aveva pregiudicato l'inizio carriera. Rimane tra i primi 10, certo. Ma mai è capace di ripetere quella partita. Negli Australian Open di quest'anno, sofferente, si difende con le unghie fino ai quarti. A Parigi si dibatte come un balenottero nell'infida terra di casa e fa quel che può. A Wimbledon viene tramortito dal tornado di servizi di Karlovic. E' lampante come la sua superfice congeniale sia il cemento, o al limite i tappeti indoor. O forse nessuna. Perché il dubbio crudele è che quella partita con Nadal sia stata solo il frutto di un meccanismo divino irripetibile. Casuale, direbbe qualcuno crudele. Ma a quel modo bisogna anche saperci giocare, rispondo io. Attendo con fiducia. E intanto inserisco le prove di quel flash abbagliante, in Australia. E se non vi mas-turba lo spirito, siete degli insensibili.

15 commenti:

  1. 4 su cinque non è male,peccato per tsonga però le tue parole"Nessuna traccia dei più forti"sono state fuorvianti,almeno per me.ciao marco.
    p.s. la farfalletta si stà preparando sul cemento?anche questa settimana niente tornei

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  2. Ciao, beh si...se non baravo un pò, era troppo semplice. Sulla farfalletta, non ho notizie fresche. Sapevo che avrebbe giocato a Los Angeles, settimana prossima, ma il draw non è ancora uscito, credo. Ciao Marco.

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  3. da brividi il ritratto di Marat, uno, per citare il sommo Clerici, che dovendo scegliere fra il tennis e la vita optò per la seconda....e si può dargli torto?
    Onore a te grandissimo pazzo russo.

    giovanni

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  4. Ciao Giovanni,
    ti ringrazio. Certo, nessuno di quelli che lo ammirano può avercela con lui, per "aver optato per la vita". Dura il tempo di una partita. Poi capisci che il tennista non è una fredda macchina nelle tue mani da tifoso, e gli vuoi bene comunque. I suoi ammiratori sono come lui, forse. Immagino lo sia anche tu, tempo fa ne scrissi qualcos'altro, se ti va:

    http://blog.libero.it/PostOffice/7020658.html

    Intanto, notizie freschissime. A Los Angels, l'esibizione tra ex con Sampras, deve avergli solleticato l'orgoglio. Dopo il doppio vincente, il primo turno in rimonta con Ginepri (3-6 6-3 6-4), altra pennellata contro Gulbis (erede smidollato, che non ne vale un'unghia). Sotto 2-6 1-3, riacciuffa la partita, 2-6 6-3 6-4. Tra l'altro rimontando anche 0-2 nel terzo. Gulbis non fa molto testo, ma chi lo sa. Bellissimo e quasi impossibile quarto ora, con Tommy Haas. Da vedere assolutamente. Ciao, a presto.

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  5. Stupenda la parte su Marat!Complimenti davvero.
    Marty*

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  6. Grazie Marty, ben venuta inueso luogo di perdizione. Il merito è solo di questi personaggi come Marat, su cui si potrebbero scrivere libri.
    A presto...

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  7. Figurati^^Ho letto anche l'altro tuo articolo,e l'ho trovato ancora più bello di questo.Se scrivi un libro su Marat fammelo sapere,eheh.Lui è un idolo per me(lasciando stare il fatto dell'essersi rovinato la carriera)^^
    Marty*

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  8. Ciao Marty, pure tu una di quelle assuefatte al maloox, o una safinette? Abbi fede, prima della fine ci regalrà un'altra fiammata (certo). Quanto all'altro articolo, ti riferisci a "Marat il matto", o ad altri scritti qui? Si il libro è in cantiere. Anzi pure sfornato (non proprio su Marat, pero...). Quando lo pubblico, te ne invio una copia omaggio. Inoltra richiesta alla mail, in calce al mio profilo utente. =) Ciao, a presto

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  9. Sì,pure io una di quelle assuefatte al maloox.Certo,che lui sia un bel ragazzo è un dato di fatto,però mica mi rovino i nervi e lo stomaco per uno che è soltanto bello,non sono ancora a quei livelli^^Io spero che l'ultima fiammata sia vincere gli U.S. Open,così chiuderebbe dignitosamente la sua carriera(anche se è penoso pensare che tra poco smetterà).Mi riferivo a 'Marat il matto',quì ,invece,di Marat, ho letto,oltre a questo articolo,la parte relativa a Wimbledon.Mi hai incuriosito per il libro,aspetterò.Se ne scrivessi anche uno solo su Marat mi renderesti pazza di gioia eheh
    A presto^^
    Marty*

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  10. Oh, ma mi pare di averne scritto altre volte qui. Boh, mi scordo delle cose. Certo Marat vincerà gli US Open, ed io batterò in volata Suor Germana nel premio campiello 2099 odissea nello spazio. =) Ti tengo aggiornata.

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  11. Sì,lo so che essendo realisti e vedendo i suoi ultimi risultati il fatto che potrebbe vincere gli U.S Open suona come una battuta^^Però come si dice sempre la speranza è l'ultima a morire^^Comunque si cercando ho visto che hai scritto altre cose,e mi sono piaciute pure quelle.
    Marty*

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  12. Intanto a Cincinnati, 7-5 7-6 a Robby Ginepri. Di nuovo. In completa scioltezza e sicurezza (15ace,se non sbaglio). Se tutti gli avversari si chiamassero Ginepri a New York, ci sarebbe più di qualche chanses. =)

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  13. No, gli ace erano 13 =).Dai,dobbiamo essere positivi =)^^
    Marty*

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  14. ....'mazza. Per la precisione direi...=)
    sono tanti lo stesso, e stasera bellissimo incontro con Stepanek, con nel mirino il vampiro scozzese dai denti aguzzi e dagli inutili ed urticanti "c'mon" urlati con la faccia inespressiva, da triglia in salamoia.
    Mi sa che dovrei creare un'area dedicata alle ultime evoluzioni di Marat, a questo punto.

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  15. Si sarebbe una bella cosa dedicargli un'area=).Io Murray lo vedo più come una sogliola ma anche la triglia rende bene l'idea di quello che penso di lui =)

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.