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mercoledì 24 febbraio 2010

BORDERLINE KOELLERER



Per gli annali ed i semplici appassionati del tennis, Daniel Koellerer è soltanto un modesto giocatore austriaco. Ma è forse il più famoso dei tennisti di basso livello. Perché i suoi match assumono contorni inquietanti.
Ogni match di Daniel Koellerer è uno spettacolo nello spettacolo. Qualcosa che fa la felicità di sociologi e strizzacervelli. Lo studiano da anni, correndo il rischio di ritrovarsi tutti quanti in semicerchio nel giardino di un ospedale per menti disagiate, mano nella mano, che si ciucciano il pollice con gli occhi sbarrati, ed un imbuto in testa. Perché il fenomeno Koellerer non ha nulla di spiegabile. O forse è talmente facile farlo da non perderci tempo.
Folle artista dell'antisportività. Faccia inquietante, barbetta posticcia, sguardo da killer seriale, sempre accigliato e spaventoso. Ritrovarselo di fronte in piena notte, non deve essere una bella sensazione. Con gli anni, “crazy Dani”, come lo chiamano nell'ambiente, s'è costruito la fama di giocatore più insopportabile e scorretto del circuito. Antisportivo, maleducato, violento, supponente, sbruffone. Quasi afflitto da gravi disturbi della personalità, che sconfinano nella pazzia reale. Detestato da colleghi e pubblico, amato da qualche supporter che adora il modo così borderline di interpretare il match. Chiede di giocare con la palla che gli ha dato l'ultimo punto o pretendere che il malcapitato raccattapalle gli porga l'asciugamano ben disteso, e tenendolo per gli angoli. Lui si deterge con perizia, e sovente lo restituisce al ragazzino sbattendoglielo in faccia. Il repertorio di Daniel, è sconfinato, passa da queste innocue fisime orrendamente metodiche, fino a danzare sull'invisibile filo che separa la follia dalla criminologia penale. Lotta e si crea avversari ovunque. Ed eccolo inveire con arbitri, minacciare giudici di linea. Ma non sono loro il bersaglio preferito. Inizia una snervante azione di logoramento alle meningi dell'avversario. Perdite di tempo ed ancora gestacci, sputi, ed ogni tipo di nefandezza, più o meno lecita.
Aneddoti e leggende metropolitane. Le storie su Koellerer si sono accavallate, spesso ingigantite da un alone di leggenda, che non meriterebbe. La più gustosa lo vuole richiedere una pausa per bisogni fisiologici. E Dani non torna. L'avversario, livido di rabbia e frustrazione, prende a servire col campo vuoto. Vince anche il game in un clima surreale. Più tardi rinverranno l'austriaco nel verde del villaggio, intento a scrutare l'orizzonte con l'i-pod in testa. Due inservienti lo riconducono in campo a braccia, e quello vince pure il match. Ripetute risse da saloon, fino al suo colpo migliore: Lo scientifico dileggio di avversari che sbagliano un colpo. E finiscono per struggersi ed impazzire di rabbia impotente. A lui poco importa, ha fatto il suo sporco lavoro. Il pubblico fischia e getta in campo di tutto. Incurante ed ancor più beffardo, si inginocchia in mezzo al campo, neanche fosse Borg a Wimbledon. E con un sorriso da arresto immediato, esclama candidamente: “Grazie, siete fantastici!”.
Pazzo per non andare in guerra. E' così, Daniel Koellerer. Apparentemente pazzo, irrimediabilmente pazzo, con vaghe sembianze di possedimento demoniaco. Con l'espressione di chi è prossimo all'internamento in un neurodeliri, dichiara: “Non so cosa mi succeda, è come un fragore che scoppia dentro di me (boooom!)”. Niente di strano, il mondo è pieno di pazzi. Parecchi sono folli geniali, Koellerer è solo geniale nel fare “il matto per non andare in guerra”. Perché appena finito il match o poco prima, non v'è nessuna traccia di quel pericoloso squilibrato. E' un ragazzo persino capace di gentilezza e garbo. Con avversari e spettatori che poco dopo indicherà con l'indice medio alzato e gli occhi sbarrati. Tiene anche un divertente diario su internet, dove scrive tutto con divertita gioia fanciullesca. Come un bambino la notte di natale, racconta le aspettative del suo esordio negli slam. Salta alla mente l'immagine di Mike Tyson, che stacca un orecchio all'avversario, con un morso. E poco dopo accarezza un piccione, commuovendosi.
Daniel è una specie di genio diabolico, che trasforma ogni incontro in un match di provocatoria psicologia, che va dal grottesco al violento, fino al disgustoso. Diventa un serial killer di avversari dai fragili nervi o dall'ego molto piccolo. La scelta tattica di chi può vantare un repertorio tecnico assai modesto, fatto di una buona mobilità, discreti fondamentali e qualche maldestra smorzata o inutile ghirigori.
Da criminale, a divertente clown. Uno convinto della reale follia che alberga nella sua mente, penserebbe ad un comportamento simile anche nei confronti di un top player. Ammetto di aver sperato, con un pizzico di sadismo, ad un confronto con uno tipo “mano de piedra” Gonzalez. Per avere la conferma della mia idea, e un po' per la gioia di poterne trovare notizie nella pagina della cronaca nera, invece che in quelle dello sport. E a New York, dove non sono arrivati echi delle sue gesta, trova Del Potro. Invece del solito spettacolo oscenamente antisportivo, inizia gustosi siparietti da clown. L'argentino lo osserva divertito, e con un minimo di compassione. Daniel trascina il pubblico, sorride (!), lo aizza, richiama l'ovazione e gioca persino il più bel punto del torneo, prima di perdere. La sua mente malata, ha bisogno di qualcosa per alimentarsi e combattere. E dove non può irridere avversari senza rischiare la morte violenta, s'inventa altro. Scientemente, come non fanno i pazzi. Un autentico genio dall'istrionica inventiva teatrale, una volta pazzoide omicida, un'altra giullare. Può piacere o essere detestato, ma a lui importerà poco.
Scritto per Tennis.it

4 commenti:

  1. bel ritratto, bravo, molto psico, anzi psycho...
    A presto!!
    Bruno

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  2. Salve Bruno (ma non aggiorni più il blog?),
    non voleva essere una diagnosi.
    semplicemente descrivere quello che si vede.
    Non è pazzo (perchè fuori dal campo è una personcina a modo).
    Non è nemmeno un agonista, di quelli che trasformano la loro personalità durante un incontro (perchè il dileggio va bene coi vari Junqueira, ma non con Del Potro, che poteva anche finirlo fisicamente).
    Rimane un lucido furbo, che sfrutta tutte le sue armi.
    Ciao, alla prossima.

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  3. Carissimo, sì che lo aggiorno il blog, non hai letto le mie recensioni sul Festival di Sanremo, poco psico e molto gossip?
    A presto!!

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  4. Ok, vado a sbirciare...
    Spero ci sia lo spazio che merita, sul principino, e i suoi versi immortali...=)
    A presto.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.